21 maggio 2018

Quando la realtà è il contrario

In più occasioni ho sottolineato come le parole e i concetti da capire ci siano già tutti: basta solo... capirli. Per farlo, è necessario prenderli e lavorarci sopra. Il risultato è che, quelle parole e quei concetti, li abbiamo fatti nostri. Per prenderli e lavorarci sopra, è necessario mollare un istante la titanica mole di idee, convinzioni, giudizi, pregiudizi e credenze a cui siamo tanto affezionati. Per mollare tutto ciò, è necessario uscire dalla gabbia della nostra percezione attuale. Per uscire dalla gabbia, è necessaria un po' di umiltà. Per essere umili, è necessario fare un passo indietro: "forse non ho tutte le risposte e magari alcune di quelle che ho sono basate su presunte verità altrui, o su ragionamenti influenzati dal mio contesto sociale, o su interpretazioni errate, o su esperienze altrui e non vissute da me in prima persona".

L'altro giorno il titolo di un articolo su Internet mi ha attirato: "Lettera aperta a Krishnamurti". Avete presente, no, il famoso filosofo/maestro spirituale indiano. Devo dire che non l'ho mai seguito molto, non mi ha mai "harbato" alla follia, ma un po' il suo pensiero l'ho ascoltato e letto. Va bene: apro l'articolo dal blog "Maestro di dietrologia" e lo leggo. Wow, ragazzi. È meraviglioso. Illuminante, oserei dire.

"Perchè?", vi chiederete. Semplice: perchè, da quelle parole, risulta chiaro come mille soli estivi che l'autore, in merito alla spiritualità o evoluzione individuale, non ha capito un beneamato cazzo. Ma niente, proprio.

E non c'è nulla di male in questo. Lo ritengo un articolo illuminante davvero, perchè mette in evidenza un tipo di approccio alle idee che è tipico della maggioranza delle persone nella maggior parte dei casi. Per dire, basta pensare alla questione "Dio esiste oppure no": un puttanaio atomico di gente che è convinta che esista e altrettanti che hanno le prove logiche della non esistenza, in un dibattito destinato ad andare avanti fin quando l'umanità non verrà scacciata dalla faccia della vita. In quanti, però, si chiedono: ma non è che stiamo basando tutto su un'idea di Dio sbagliata?

Ecco: l'autore della "lettera aperta a Krishnamurti", come purtroppo un numero mostruoso di persone, non rientra nell'ultimo modo di ragionare. Lui ha letto o ascoltato le idee di Krishnamurti (che poi sono sempre quelle, in giro da migliaia di anni... Il buon Jiddu non ha inventato nulla di nuovo), si è convinto che cozzassero con le sue convinzioni e le ha rigettate in blocco. Ha provato a capirle? Manco pe' niente. Esempio.
"Il discorso sulla libertà intesa come assenza di scelta, il discorso del pensiero dell'IO visto come limite umano, il discorso contro il dualismo.
Dicevi che proprio questa divisione dualistica impedisce la percezione diretta che è alla base del conflitto e dell'infelicità dell'uomo. Tutto ciò, però, è contraddetto dal fatto che sei sempre attento a qualsiasi alito di vento mentre cammini, alla faccia dell'assenza del'IO e dell'EGO, del lasciarsi andare, sei il primo a tradire i tuoi intenti.
Non c'è persona più egoica di quella che pretende di insegnare ad azzerare la memoria personale ed il pensiero mentale dell'IO, questo nirvana come luogo-non luogo di salvezza dal mondo illusorio, è una chimera per gli schiavi.
"
"Annullare l'Io" non significa "azzerare la memoria personale e il pensiero mentale": significa "far morire" quella parte "inferiore" (la "natura bassa" di cui ho parlato nel post precedente) con la quale ci identifichiamo. Gesù diceva: "Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà." (Matteo 16, 24-25). Stessa cosa. La morte di Gesù in croce è essa stessa un'altra raffigurazione della "morte" della carne e della "nascita in spirito".

E, parentesi, è proprio quando l'Io/ego/chiamatelo-come-volete sparisce che si è davvero "sempre attenti a qualsiasi alito di vento". Quando invece è presente l'Io, è l'inconsapevolezza a regnare sovrana perchè è lui a prendersi tutta l'attenzione, a vivere al posto nostro. È il contrario, insomma.

Comunque... Altro esempio.
"Forse devono viaggiare parallelamente per essere compiute e realizzate queste due vie, non può esistere spirito senza materialità, come piacerebbe a voi GURU / NON-GURU, il pensiero oggettivo, l'osservazione pura del mondo e stronzate del genere, NOI siamo incarnati in questa realtà proprio perché dobbiamo sperimentare il dualismo e non baipassarlo, dobbiamo sperimentare i sentimenti che sono la base del dualismo, la libertà in questa dimensione deve passare dal "sangue", dalla terra, a meno che il padrone di turno non faccia il suo mestiere ed allora potremo anche noi saltare queste fasi di apprendimento sociale."
Il dualismo non va bypassato: va trasceso. È diverso. Bypassarlo significherebbe saltarlo, ignorarlo; trascenderlo significherebbe comprenderlo, studiarlo, capirlo. È il contrario. Chi ha detto di "bypassare il dualismo"? Non ricordo esattamente ogni singola parola pronunciata da Krishnamurti, ma sono piuttosto sicuro non abbia mai inteso di "saltare il dualismo". Avrà forse detto di "uscire dal dualismo", che non è proprio la stessa cosa.

Insomma, avete capito. Cos'è successo? Questo tizio ha interpretato i concetti che ha sentito da Krishnamurti riportandoli alla sua visione, al significato che gli è stato detto che quei concetti hanno. Interpretazione, in pratica. Ma vi dirò di più: scommetto che l'autore non ha nemmeno mai minimamente tentato di capire davvero. Non si è mai messo lì a dire: "Aspetta, cos'è che ha detto questo qui? Io... Non-Io... Cosa intende? Cos'è l'Io? Zittire la mente? Cioè?". Nulla di tutto questo. Ha sentito che "la mente è sempre occupata a pensare e non c'è mai spazio per qualcos'altro. Dunque bisogna zittire la mente" e ha subito associato questa idea con "annullare i miei pensieri, le mie conoscenze, me stesso. È un'idea sbagliata, fa comodo al potere, quindi la rifiuto". Ma questa non è l'idea di Krishnamurti, del Buddismo, dell'Induismo, del Cristianesimo o di qualsiasi altra filosofia dell'evoluzione personale seria: è la sua stessa idea personale. L'autore non sta rifiutando un pensiero altrui: sta rifiutando la sua stessa interpretazione di un pensiero altrui.

E lo facciamo tutti, eh, molto spesso anche.

Negli ultimi anni mi è capitato di leggere della "teoria della Terra piatta". Ricordo che, all'inizio, rimasi talmente colpito da un'ipotesi del genere che ne fui interessato. "È una cosa talmente grande e ovvia, la forma della Terra, che potrebbe benissimo essere una bufala". E non sarebbe nemmeno la prima di proporzioni simili. Già solo questo senso di straniamento misto a fascino mi portò ad accantonare un attimo le mie (e, penso, vostre) convinzioni in merito, facendomi decidere di andare più a fondo. Ho letto un po' di informazioni a favore del "terrapiattismo", guardato immagini, video... Insomma: mi ci sono tuffato senza pregiudizi. Ero proprio semplicemente curioso, come un bambino. Quando sono stato soddisfatto dalla ricerca, ho tratto la mia conclusione: la "teoria della Terra piatta" è una cagata pazzesca. Sarei potuto giungere al medesimo verdetto senza spendere tempo ed energie con una ricerca? Sì, penso di sì. Però mi piace, e ritengo sia più corretto, tenere la mente aperta e analizzare seriamente punti di vista anche strani e fantasiosi. Solo così, prendendo informazioni e facendole nostre, ci si può fare un'idea delle cose, ma spesso non lo facciamo. Eh vabbè...

Ne approfitto, intanto, e cito ancora un passaggio dell'articolo per evidenziare un punto spinoso che io stesso ho faticato a comprendere, nel corso del mio cammino: l'osservazione.
"Capisco faccia comodo al POTERE, lo stesso che poi ti mantiene (brutto termine, ma quello si REALE e poco illusorio), fare tabula rasa del pensiero soggettivo, della nostra di coscienza, LUI si adopera a fare bene il suo mestiere, siamo noi che latitiamo e poi ci chiedi di osservare, di non ribellarci, di non fare nulla... 

Ok, dammi i tuoi soldi allora, poi ti prometto che rimango impassibile come una canna di bambù."
L'osservazione è la chiave della comprensione di noi, dei nostri meccanismi. Osservarsi significa diventare consapevoli di ciò che siamo/di ciò che è. E spesso, quando si cerca una spiegazione di cosa significhi "osservare", si legge qualcosa del tipo: "osservare significa non farsi trascinare dagli eventi, dai pensieri, dalle emozioni. Allo stesso tempo non significa 'resistere' o 'opporsi' ad essi. Significa 'lasciare andare'". Letto così, è facile associare l'osservazione con la passività: qualunque cosa succeda, io non faccio niente e lascio che vada da sè.

Nulla di più lontano dalla realtà. In effetti è l'esatto contrario della realtà.  State guardando il telegiornale e appare Renzi; lo vedete... e vi incazzate perchè è di un'antipatia unica. Ok? Bene. La prossima volta che guardate il tg e appare Renzi, lo vedete... e vi incazzate perchè è di un'antipatia unica, da prendere a sberle quanti sono i granelli di sabbia sulla faccia della Terra e sul fondo del mare.

Voi reagite. Giusto? Ok. Domanda: secondo voi, il vostro è un atteggiamento attivo o passivo? Pensateci bene. Tutte le volte che Renzi appare al tg, voi reagite sempre incazzandovi. Siete attivi o passivi?

Come avrete facilmente intuito dalle mie domande, la risposta è la seconda (ma va?): "passivi". Ma perchè? Perchè bisogna intanto chiedersi chi è che reagisce: siete voi o è il "pilota automatico" animale? La reazione è spontanea o "addestrata"? Sfido chiunque a dire con la certezza più assoluta che la reazione è spontanea. Perchè non lo è. A un certo punto, Renzi vi è stato sui coglioni per qualche motivo (come sta sui coglioni anche a me) e da lì in poi la sola vista del suo faccione paffuto genera in voi un certo fastidio. E voi cosa fate? Seguite questo fastidio. È lui a prendervi per mano, e voi accettate il suo invito senza che ve ne accorgiate.

Rifaccio la domanda: secondo voi, il vostro è un atteggiamento attivo o passivo? Scegliete di seguire il fastidio... o vi fate trascinare?

L'osservazione è l'esatto opposto. Io osservo il fastidio, non faccio resistenza (cioè non lo reprimo) nè mi faccio prendere: lo osservo. Io sono altro, sono staccato, separato. Lo sento, lo vedo, lo percepisco, lo vivo... ma sono in una posizione per cui scelgo io se ed eventualmente come seguirlo. Questo è un atteggiamento attivo. Si chiama "libertà". Voi guardate Renzi al tg, magari il fastidio lo provate, ma su di voi non ha effetto a meno che non siate voi a decidere che lo abbia.

Come fare? Accorgetevi. Fermate il pilota automatico, mettetevi in mezzo, interrompete il flusso, siate presenti. Lo si può fare in ogni momento della giornata e risulta particolarmente efficace farlo mentre si sta provando un'emozione, o un pensiero che genera un'emozione, negativa. In questo modo ci si renderà conto che quell'emozione, scatenata da un evento o un pensiero, è fragile, ha fondamenta leggere e, per di più, non è l'unica e sola emozione sperimentabile in quel determinato momento per quelle determinate cause. Trasmutare le emozioni da "succhiatrici di energia" a "donatrici di energia" non significa "cambiare i pensieri" e farli diventare tutti positivi. Quella è una forzatura, una sostituzione di merda brutta con merda bella: sempre merda è. Qui non bisogna sostituire niente: bisogna solo riconoscere ciò che già c'è. Punto.

È uno sforzo di volontà non indifferente ma tanto, ragazzi, la prospettiva finale è sempre e solo una: a un certo punto, qui, si deve morire. Preferite andarvene tormentati avendo vissuto solo per un paio di minuti, se vi è andata bene, oppure avendo provato davvero a vivere ogni singolo istante?
A voi la scelta.

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