31 ottobre 2010

Esorcizziamo un “mostro”

Un po’ di tempo fa mi ero abbastanza appassionato alla lotta infinita tra Massimo Mazzucco, gestore del sito Luogocomune.net, e Paolo Attivissimo, presunto “cercatore di bufale”, riguardo l’11 settembre. Mazzucco sostiene che la ricostruzione ufficiale del governo americano sull’avvenimento contenga delle falle e delle palesi contraddizioni alle leggi della fisica; Attivissimo sostiene che Mazzucco e i cosiddetti “complottisti” siano solo dei cialtroni che non hanno nulla da fare nella vita, che disonorano tutte quelle famiglie che hanno perso i propri cari nell’attentato e che è palesemente dimostrato che le cose siano andate proprio come la versione ufficiale dichiara. Il tipico “debunker”, insomma.

Bene, è il momento di mostrare che chi disonora le famiglie delle vittime è proprio il caro Attivissimo, il quale si rende ripetutamente esponente paladino di una menzogna palese e indifendibile. Dato che siamo in clima Halloween (che è una roba insulsa e soltanto commerciale), mi sembra giusto esorcizzare questo “mostro” e non dargli neanche una caramellina per pietà.

Dopo aver visto questi video vi chiederete qualcosa del tipo “Ma con che coraggio questo ‘signore’ si permette ancora di parlare?! Dovrebbe solo vergognarsi, ‘sto venduto!”

Buona visione!
(Il video è disponibile per intero su Arcoiris.tv)


(video tratti da Luogocomune.net)









P.S: complimenti a Massimone per l'ottimo lavoro e per il titolo geniale!


AGGIORNAMENTO: a causa di un contenzioso assurdo con Mediaset, il canale Youtube di Luogocomune è stato cancellato, ma Mazzucco ne ha creato un altro sul quale sta ricaricando tutti i video. Ho aggiornato i link dei video con quelli nuovi.

26 ottobre 2010

L’11 settembre raccontato in Germania – Parte II

Ecco l’epilogo della vicenda del giornalista tedesco Oliver Janic, il quale ha esposto sulla stampa ufficiale del suo Paese le incongruenze e le verità sull’11 settembre. Cosa pensate che gli sia accaduto?

(tratto da ComeDonChisciotte.org)

LA VERITÀ SULL’11 SETTEMBRE ERA SOLO UN PESCE D’APRILE FUORI STAGIONE: TAPPATA A TEMPO DI RECORD IN GERMANIA LA FALLA NEL MURO DELL’OMERTÀ MEDIATICA 
 
DI ROBERTO QUAGLIA
www.edicola.biz

Era un pesce d’Aprile e ci siamo cascati, ingannati probabilmente dal fatto che adesso è ottobre, cronologicamente agli antipodi di Aprile.

Avevamo riportato, pochi giorni fa, dell’incredibile fatto che la grande stampa si fosse finalmente occupata (in Germania) dei retroscena dell’11 settembre trattandoli per quelli che sono: una colossale truffa nei confronti del mondo intero! Si trattava di una piccola breccia nel muro dell’omertà mediatica con cui i giornalisti contemporanei nascondono, a quella parte fiduciosa della popolazione che vuole continuare a credere a ciò che fidati giornali e telegiornali raccontano loro, gli straordinari progressi dell’investigazione popolare sui fatti dell’11 settembre.

Nell’arco di dieci mesi il coraggioso giornalista tedesco Oliver Janic ha pubblicato non uno, ma ben due ampi articoli sulla importante rivista economica Focus Money, letta da centinaia di migliaia di persone. Articoli elaborati e ben argomentati, dritti al nocciolo delle cose, senza omissioni ed inganni. Avevamo ipotizzato che questo potesse essere il preludio al crollo della diga con la quale si cerca disperatamente di arginare l’afflusso della verità sul tema verso le popolazioni dell’Occidente democratico. Avevamo preconizzato uno tsunami di purissima merda il giorno che la diga fallata avesse ceduto.

Tutto sbagliato.

La falla nella diga è stata riparata a tempo di record dagli esperti ingegneri tappabuchi tedeschi della divisione “Orwell”.

L’articolo è stato infatti rimosso dalla versione online del giornale, al giornalista Janic è stato intimato di rimuovere la copia in PDF ospitata sul suo sito, ed il giornalista Janic stesso è stato epurato. Non lavorerà mai più per Focus Money. Né per le altre importanti testate con le quali aveva già collaborato, quali l’edizione tedesca del Financial Times, la Süddeutsche Zeitung ed altre.

“Nei miei confronti è già iniziata l’opera di character assassination.” Ha dichiarato Janic. La distruzione dell’immagine dei personaggi scomodi è ormai una prassi molto consueta, nell’Occidente democratico. La rivista “Der Spiegel” ha immediatamente lanciato un attacco ad personam contro il giornalista. Ricordiamo che Der Spiegel, che adesso cerca di coprire i veri autori dell’11 settembre, in un passato affatto lontano analogamente si distinse per negare la diretta responsabilità nazista nel rogo del Reichstag nel 1933, l’evento che segnò l’affermazione finale del nazismo.

Ovviamente, tutti si guardano bene dall’entrare nel merito dei fatti riportati da Janic nei suoi coraggiosi articoli. Nessuno prova a smontarne gli argomenti. Ci si limita a cercare di nascondere i cocci sotto il tappeto, sperando che la gente si dimentichi di quanto ha letto. Anche il caporedattore di Focus Money, che ha approvato gli articoli, è stato ora messo sotto pressione.

Tutto ciò sia istruttivo per chi, per inerzia, sentimentalismo o pigrizia, ancora si ostina a conservare fede nelle proprie testate giornalistiche preferite.

Una delle obiezioni che negli anni mi sono sentito rivolgere più spesso riguardo al mio libro sull’11 settembre, è stata quella che se l’11 settembre ci fosse stato un complotto governativo di tale portata, non si sarebbe riusciti a tenere le cose nascoste, qualcuno avrebbe parlato, i giornalisti avrebbero indagato. Umberto Eco stesso ha pubblicamente sostenuto questo argomento.

Adesso abbiamo l’irrefutabile dimostrazione empirica del perché questo argomento sia sbagliato.

In verità, sono stati moltissimi quelli hanno parlato, quelli che hanno fatto trapelare notizie segrete, in verità non si è riuscito a tenere le cose nascoste, in verità tutto ciò che era nascosto è in effetti saltato fuori nel tempo. Però, coloro che noi abbiamo delegato ad informarci rispetto a tutto ciò, ovvero i giornalisti, semplicemente… non ce lo hanno mai detto! Non ce lo hanno mai detto!

Ed ora abbiamo sotto gli occhi anche la prova sperimentale, la certezza empirica del perché non ce lo hanno detto!

Se un giornalista della grande stampa compie correttamente il proprio lavoro a questo proposito, perde immediatamente ogni possibilità futura di lavorare, i suoi articoli già scritti vengono cancellati, rimossi, nascosti, viene declassato per sempre al rango di innominabile paria. Oliver Janic non è il primo a subire questa sorte. Volete la lista intera?

Questo spiega perfettamente come mai il vostro quotidiano o telegiornale preferito non vi parlerà mai dei retroscena ormai assodati in merito ai fatti dell’11 settembre, e quando lo facesse, sarebbe solo per sviarvi, per vaccinarvi contro ulteriori curiosità. Se ancora è sopravvissuto nel vostro cuore un giornale o un telegiornale preferito, investite qualche minuto del vostro prezioso tempo a riflettere sul caso emblematico di Oliver Janic. Se la fede nel vostro giornale o TG sopravvive anche a queste riflessioni, guardatevi allo specchio. Negli occhi. A lungo. Chissà che non aiuti.

Mi era giunta voce che io fossi invitato a presentare il mio libro Il Mito dell’11 Settembre alla Fiera del Libro che si svolgerà a Trieste ad inizio novembre. Poi l’invito sarebbe decaduto. Per “motivi politici”. Chissà perché, la cosa non mi ha sorpreso affatto.

La mole di evidenza che dimostra la totale insensatezza della narrazione ufficiale dei fatti dell’11 settembre è tale, e continuamente cresce e si perfeziona e si consolida, che chi cerca di tenere la cosa nascosta agli ultimi ignari ormai evita a tutti i costi di entrare nel merito del problema, poiché in una discussione corretta non avrebbe alcuna chance di salvare la faccia. Per non parlare del fondoschiena.

Poiché l’epurazione di Janic costituisce una prova inoppugnabile del fatto che, proprio come nelle dittature, i giornalisti delle democrazie occidentali non sono più liberi di fare informazione come si deve, SOSTITUITEVI AI GIORNALISTI INADEMPIENTI E CONDIVIDETE QUEST’ARTICOLO CON QUANTA PIU’ GENTE POTETE, con tutti gli amici che avete, su Facebook e nella blogosfera. Molti hanno già capito da tempo come stanno le cose, ma ancora in troppi sono sentimentalmente incatenati a qualche giornale o giornalista a cui nel tempo si sono affezionati, e non vogliono rendersi conto di essere in realtà sempre stati - e di continuare a venire presi per il culo da dei mangiapane a tradimento. Forse questo piccolo caso tedesco li aiuterà a crescere.


Il numero di Gennaio 2010 e quello di Settembre 2010 di Focus Money,
che contengono i due articoli “incriminati”

L’articolo precedente, nel quale si riportava l’exploit di Janic, lo trovate qui.

E qui trovate una traduzione in francese dell’articolo, che potete segnalare ad eventuali amici francofoni.

Per chi capisce il tedesco, ecco una lunga discussione telefonica con Oliver Janic, effettuata su un sito tedesco di controinformazione. In passato, per accedere alle informazioni censurate i cittadini che vivevano nella Germania nazista potevano sintonizzarsi su Radio Londra, mentre nelle dittature del comunismo del Patto di Varsavia ci si poteva informare su Radio Free Europe. Oggi, Internet offre qualche opportunità in più per prendersi delle sane vacanze dalla propaganda.


***


Originalmente pubblicato su Edicola.biz e Newspapers Online
Qui potete scaricare il PDF della versione cartacea dell’articolo su Focus Money, per futura memoria, prima che, come preannunciato, venga rimosso per sempre.

Post Scriptum: Non ci vuole un genio a capire che tutta questa faccenda, prima ancora che una ”minaccia alla democrazia” è soprattutto un insulto all’intelligenza. Alla resa dei conti, probabilmente ciò che da più fastidio è proprio questo. Bisogna evitare che i nostri teatri mentali si trasformino in discariche pubbliche, intasate da barzellette tossiche spacciate per informazione.

24 ottobre 2010

L’11 settembre raccontato in Germania – Parte I

Sì: parte 1, perchè domani o dopo metto la seconda, con l’epilogo della vicenda, in modo che si capisca bene come il sistema difenda sè stesso.

(tratto da ComeDonChisciotte.org)

IN GERMANIA SI INCRINA IL MURO DELL’OMERTÀ MEDIATICA SULL’11 SETTEMBRE

 
In occasione del nono anniversario dei tragici fatti dell’11 settembre, è apparso sulla stampa tedesca di serie A un articolo davvero rivoluzionario e significativo: “11 Settembre 2001, la sequenza dei fatti”. Lo ha pubblicato Focus-Money, una delle più importanti riviste tedesche di economia, a firma di Oliver Janich.

La cosa incredibile di questo articolo, è che per la prima volta sulla grande stampa occidentale, la sequenza degli eventi riportati è quella vera, senza gravi omissioni, ed essi sono stati scelti fra i più significativi, anziché come di solito, fra quelli più irrilevanti (quando non addirittura falsi). Un precedente in verità c’era stato, mesi prima, ma ad opera dello stesso giornalista sulla stessa rivista.

E’ risaputo che il giornalismo italiano è in genere di così bassa lega, che spesso gli articoli più belli e significativi che vi leggiamo sono stati in realtà comprati e tradotti da qualche fonte anglosassone. Ciò avviene sia sulla carta stampata, che in televisione.
I migliori documentari storici o sul mondo della natura che vediamo in tivù sono quasi sempre di matrice straniera, tradotti ed inglobati in contenitori pseudo-italiani dove il pseudo-giornalista italiano di turno si limita a quattro ciance superflue prima e dopo il documentario che non è farina del suo sacco, al solo scopo di giustificare il suo lauto ed immeritato stipendio. Del nulla assoluto che ormai riempie qualsiasi telegiornale, inutile parlare.

Ovviamente, nel caso del bell’articolo sull’11 settembre, la stampa italiana si è guardata bene dal farne menzione. Non parliamo neppure dell’opzione di tradurlo! Eppure, l’articolo in questione è davvero clamoroso. Ed ignorarlo non è un’opzione. E’ uscito a settembre, quindi la scusa delle vacanze non vale. Lo hanno visto, lo hanno letto, fanno finta di niente.

In precedenza, quando la grande stampa si occupava delle versioni “non allineate” dei fatti dell’11 settembre, ad un occhio attento traspariva chiaramente la volontà di disinformare, di confondere le acque nel merito, di annacquare le verità scomode. Questo lavoro si chiama “controllo del danno”. Si finge di informare, così da dare agli ignari l’impressione di avere appreso qualcosa in merito ai fatti, così che ogni eventuale interesse all’approfondimento si spenga.

Tutto un altro discorso nell’articolo su Focus-Money. Oliver Janic non ha trascurato nessuno dei fatti più rilevanti, né soprattutto ha cercato di confondere le acque con le solite ciance con cui gli pseudo-giornalisti subdolamente discreditano le notizie che a malavoglia sono costretti a dare. La sua esposizione dei fatti è intensa ed efficace, e nel suo lungo articolo essa tiene perfettamente il passo con lo stato dell’investigazione collettiva da parte dei ricercatori indipendenti su Internet.

Per esempio leggiamo:

“Trovate tracce di esplosivi. Vi sono prove univoche a riguardo. Più di 1200 architetti ed ingegneri sotto la conduzione di Richard Gage fanno notare come un crollo simmetrico dei tre grattacieli WTC 1, 2 e 7 è stato possibile, nel rispetto delle leggi di Newton, solo se le strutture portanti sono state rimosse in modo mirato e contemporaneo, mediante esplosioni. A tale proposito, il professore di fisica Steven Jones ha trovato nella polvere del World Trade Center tracce di Nanotermite.” (…) A Giugno 2009 il rinomato Istituto Britannico di Nanotecnologia ha confermato i risultati delle analisi: Lo studio, dichiara l’Istituto, «fornisce la prova incontrovertibile (indisputable) che nella polvere di tutti e tre gli edifici che l’11 settembre 2001 sono crollati a New York è stato trovato un esplosivo ad alto livello tecnologico, dal nome di nanotermite. Questo esplosivo d’alta tecnologia può venire prodotto solo in laboratori militari specializzati.» Questo dato di fatto toglie sgonfia la tempesta di critiche di cui era oggetto Steven Jones, secondo le quali il professore avrebbe messo in gioco la propria fama fabbricandosi le prove da solo, pur di dimostrare la propria tesi della demolizione controllata.”

Con buona pace dei cretini (o delinquenti) che (anche in Italia) se ne erano usciti con l’affermazione che le fotografie delle particelle di termite erano in realtà immagini di pittura antiruggine. E degli stormi di allocchi che se la sono bevuta.

ed ancora:

“Il 10 settembre [Rumsfeld] dichiarò in una conferenza stampa, come riportato da CBS il 29 Gennaio 2002, che dal bilancio del Pentagono erano scomparsi nel nulla 2,3 miliardi di dollari. Il giorno dopo il mondo cambiò, e nessuno mai più chiese di rendere conto di questa incredibile somma. Secondo la “Pittsburg Post Gazette” del 20 dicembre 2001, 34 dei 65 impiegati dell’ufficio risorse dell’esercito morirono quel giorno al Pentagono. La maggior parte dei deceduti in quell’ufficio erano contabili privati, ragionieri ed analisti di budget.”

Non traduco di più, visto che tutte queste cose (e molte altre) ci sono anche nel mio libro sull’11 settembre e mi sento scemo a faticare adesso per tradurle dette da un altro.

Tuttavia scrivo questo pezzo poiché è importante sottolineare l’importanza di questa breccia nel muro di omertà con il quale la libera stampa dei paesi democratici si è in tutto e per tutto resa complice dell’insabbiamento dei fatti dell’11 settembre e di riflesso dei milioni di morti prodotti dalle guerre che ne sono seguite. Non importa che una percentuale in costante rialzo dei cittadini occidentali non creda più alle menzogne ufficiali. Analogamente a Hitler ed il suo entourage negli ultimi giorni dell’assedio di Berlino, i giornalisti asserragliati nel bunker mediatico vivono ormai in un mondo tutto loro. Persistono a vaneggiare di una realtà alla quale nel mondo esterno al bunker sempre più gente non crede più. Ma adesso che è iniziata la defezione di qualcuno di loro, come reagiranno? Prima o poi dovranno consultare degli psicologi che li aiuti a superare lo stress post-traumatico. Psicoanalisi obbligatoria per la classe dei giornalisti, dunque, purché non a carico della mutua!

Di colpo non sono più i cosiddetti “complottisti di internet” a raccontare la vera storia dell’11 settembre, ma la stampa ufficiale. Una parte, una piccola parte, della stampa ufficiale. Ma pur sempre stampa ufficiale, quella per intenderci che si fregia dei crismi della professionalità e della credibilità. Quella che si illudeva di poter stabilire indefinitamente gli standard della realtà condivisa.

I dileggiamenti e sorrisetti di compatimento, quando non espliciti insulti riservati a quelli di noi che già anni fa osarono rifiutarsi di credere alle assurdità della narrazione ufficiale, non colpiscono stavolta il coraggioso Oliver Janic. Gli pseudo-giornalisti stavolta ammutoliscono e come struzzi ficcano il capo più a fondo che mai nel terreno. Dov’è adesso quel loro umorismo insultante e triviale, con il quale sono soliti irridere i blogghisti che fanno il lavoro che sarebbe toccato a loro? Gli pseudo-giornalisti non parlano dell’articolo apparso su Focus-Money, non cercano di smontarlo, non tentano contro di esso i loro abili giochetti delle tre carte, nei quali la verità ti viene mostrata per un attimo al solo scopo di fartela subito dopo sparire alla vista per sempre. No. Il mondo del giornalismo tace intensamente di fronte a questa defezione che implicitamente è un’accusa per tutti loro.

Ma il silenzio non è più un’opzione. Ha funzionato benissimo, ad esempio, per tenere il mio libro nell’ombra – in parecchi anni non ho avuto neppure una recensione negativa, chi voleva affossarlo semplicemente lo ignorava del tutto. Ma adesso che la storia si è intrufolata nei media ufficiali, questi signori si ritrovano con un elefante incazzato nella cristalleria, e nascondere la testa sotto la sabbia non lo farà sparire.

A dire il vero ci fu un precedente, in Germania. Nel 2003, i giornalisti Gerhard Wisnewski e Willy Brunner realizzarono per la rete pubblica tedesca WDR una seria inchiesta giornalistica sui misteri dell’aereo che l’11 settembre 2001 si schiantò in Pennsylvania, inchiesta che andò in onda e riscosse parecchio successo presso il pubblico. Tuttavia, da lì a poco la rivista Der Spiegel pubblicò una spietata requisitoria contro i “visionari” che vedono cospirazioni nei fatti dell’11 settembre. L’articolo si intitolava ”Panoptikum des Absurdum“, e delle esemplari tecniche di manipolazione utilizzate in questo articolo mi dilungo in dettaglio nel mio libro Il Mito dell’11 settembre. Come conseguenza, Wisnewski e Brunner furono “epurati” e non fu più loro consentito di lavorare per la televisione tedesca. Secondo Wisnewski, il suo documentario è stato addirittura eliminato dagli archivi della WDR. Tutto questo, nel 2003.

Oggi, nel 2010, dopo l’articolo su Focus-Money, Der Spiegel – così come tutte le altre Zeitungen, i giornali tedeschi - tace. O piuttosto, riecheggia a gran voce il monito di Londra e Washington secondo il quale sarebbe di colpo cresciuto soprattutto in Germania il pericolo di attacchi terroristici. Tutto ciò non è scevro di una certa logica, il cui filo lascio indovinare ai miei lettori.

La verità nuda e cruda pubblicata su un’importante rivista economica tedesca spazza via ogni alibi residuo per gli pseudo-giornalisti, che un domani non potranno un giorno rifugiarsi dietro alla solita scusa “ma noi non sapevamo”. I fatti nudi e crudi sono sempre di più sotto gli occhi di tutti. Il presidente dell’Iran Mahmud Ahmadinejad ha ufficialmente chiesto in sede ONU l’istituzione di una inchiesta internazionale sui fatti dell’11 settembre, dicendo che nella stessa America due terzi della popolazione non crede più alla versione governativa, e che molta gente si è convinta che ad organizzare gli attentati siano stati gli americani stessi. Due terzi della popolazione americana mi sembra effettivamente una stima azzardata, ma a New York probabilmente siamo già a più della metà. Sapendo che effettivamente sempre più gente si sta convincendo che l’11 settembre fu un’operazione made in USA, l’abbandono della sala da parte della delegazione americana non è esattamente la cosa più opportuna da fare per convincere i dubbiosi della propria innocenza a riguardo. Se sai di essere innocente rispetto ad una accusa che sempre più gente ti rivolge, non scappi – chiaro sintomo di coda di paglia. Rispondi invece per le rime e smentisci con argomenti solidi alla mano chi ti ha accusato. Soprattutto quando ciò si verifica all’ONU, sede creata al precipuo scopo di permettere alle nazioni di discutere ed ascoltarsi. Quando si inizia a non essere in grado di fare l’uno e l’altro, il problema è evidentemente serio.

 



Un efficace video in inglese che mette a confronto le parole all’ONU di Ahmadinejad con la infelice replica di Obama.

In conclusione, il bell’articolo di Oliver Janic su Focus Money è una vistosa crepa nella diga che tuttora tiene separati i due mondi – quello di chi ha capito, e quello di ancora si fida dei giornali “autorevoli”. Qualcosa mi dice che il giorno in cui la diga fatalmente cederà – perché un giorno essa verrà giù, piaccia o non piaccia, e non possono esserci dubbi a riguardo – il nostro mondo si ritroverà sommerso da un autentico tsunami. Di purissima merda.

Un articolo precedente di Focus Money, risalente a Gennaio 2010, nel quale per la prima volta si affrontava in modo critico l’argomento 11 settembre. Il titolo è “NON VI CREDIAMO”. Nalla galleria di personaggi raffigurati, spicca anche la foto di Francesco Cossiga, che come è noto dichiarò anni fa al Corriere della Sera che l’11 settembre era stato un inside job. Chissà perché, nessun giornalista italiano volle riprendere o approfondire questa clamorosa notizia.

Originalmente pubblicato su Edicola.biz e Newspapers Online
Qui potete scaricare il PDF della versione cartacea sell’articolo, che si presenta molto meglio della versione online.

17 ottobre 2010

Riflessioni su Luttazzi e il plagio

Come forse molti di voi sapranno, da un po’ di tempo a questa parte in Rete si è scatenato un putiferio pazzesco nei confronti di Daniele Luttazzi reo, secondo i suoi accusatori, di aver copiato/plagiato battute di comici stranieri tra cui Bill Hicks, George Carlin, Eddie Izzard, Chris Rock e tanti altri ed averle inserite nei suoi spettacoli senza citarne l’autore.

Luttazzi da parte sua si difende sostenendo che il tutto è alla luce del sole, dato che è dal 2005 che ha lanciato una sorta di gioco chiamato “Caccia al tesoro” rivolto ai fan per scovare le varie “citazioni” da altri comici.

Premetto che non riesco ad odiare Luttazzi: fino a qualche anno fa non mi piaceva (troppo volgare), poi crescendo (e dopo aver visto e apprezzato due mostri sacri come Hicks e Carlin) il mio giudizio è cambiato ed ha iniziato ad entrare nel mio personale cerchio dei comici “non solo comici” che meritano rispetto.

E premetto anche che i suoi spettacoli li ho visti una massimo due volte, quindi non mi ricordo tutte le sue battute.

Ma questa faccenda vuole essere uno spunto per esporre un paio di fatti e verità incontrovertibili. Prima di tutto, cos’è un plagio: è prendere pari pari, sapendo di farlo, un contenuto intellettuale di qualcun altro, meglio se poco o quasi per nulla conosciuto, e riproporlo come proprio e inedito, sfruttando magari l’ignoranza del pubblico, senza citare la fonte o l’autore di suddetto contenuto. Seconda cosa: non si fa, specialmente nel mondo della comicità. Terzo: non è plagio trarre spunto dal lavoro altrui per poi rielaborarlo in modo personale ed evolverlo, adattarlo ad una determinata situazione o contesto. E’ questa, tra l’altro, la base dell’evoluzione umana: prendere il passato e i suoi concetti e rielaborarli, farli progredire, modificarli, adattarli e formarne di nuovi.

Quindi, finchè si prende una battuta o un concetto di un altro comico per poi rielaborarlo e tirarne fuori un discorso nuovo, tecnicamente non è plagio e non si è obbligati a citare la fonte, anche se sarebbe comunque un gesto di umiltà ricordare il gigante del passato al quale si è saliti sulle spalle. Ma fin qua è accettabile: si prende spunto e si crea qualcosa di nuovo. Perfetto.

Il dramma sorge quando non si prende spunto ma si riporta parola per parola, o quasi, un discorso, una battuta, un concetto espresso precedentemente da un altro comico, poco conosciuto dal pubblico ricevente, senza dirne il nome. Esempio:

copiato spudoratamente da George Carlin:

Questo è un plagio bello e buono. La difesa di Luttazzi in queste situazioni è sempre la solita: “lo avevo già detto nel 2005 con la ‘Caccia al tesoro’, non è una novità”.

Al che sorge spontaneamente un quesito: in tutti gli anni precedenti il 2005, Luttazzi non ha mai fatto menzione al grande pubblico (inteso proprio come grande pubblico, non solo i suoi fan) di aver “preso in prestito” battute di altri comici. Come mai questo out out? La risposta che mi è venuta in mente è che, non essendo egli un pirla, ha messo le mani avanti; sapeva che, grazie ad Internet e a siti come ComedySubs, sarebbe stata solo questione di tempo prima che la gente dicesse “Uè, ma ‘sta battuta la dice anche Luttazzi! Ma questo spettacolo è del 1988! Quindi… vuol dire che ha copiato?” ed ha messo lì questa storia della “Caccia al tesoro” con la spiegazione che serve come difesa verso le accuse e le denunce anche legali oltre che intellettuali.

Il che ha senso SOLTANTO quando, come nel finale del monologo a RaiPerUnaNotte, usa concetti non prettamente comici ma più “universali” (anche se in RaiPerUnaNotte ha citato l’autore originale), di grandi filosofi del passato e satirici originali.

Non si applica assolutamente, però, quando si prende una battuta o un intero discorso di qualche minuto da altri comici contemporanei. Vedi questo esempio:

e la versione originale, purtroppo senza sottotitoli:

(se cercate “Eddie Izzard Circle ita” o cose così su Google et similia trovate lo spettacolo intero sottotitolato, che fa morire dal ridere. Oppure c’è una serie di video intitolata “Il meglio (non è) di Luttazzi” che mostra un po’ delle “prese in prestito”, e sono veramente tante, tra le quali quella di cui sopra sottotitolata)

Qui la difesa del “l’avevo detto in tempi non sospetti” non sta in piedi: ha preso un pezzo intero di un altro comico senza dirne il nome. E’ plagio. Punto.

Tra l’altro, in un articolo inerente alla “Caccia al tesoro” sul suo blog, Luttazzi dice:

“ … La cosa col tempo è diventata una strizzatina d'occhio ai fan. Una complicità fra appassionati di comicità, come nel jazz quando Fred Hersch inserisce in una improvvisazione una frase di Monk: chi se ne accorge entra a far parte di un circolo di eletti.”

Già, UNA frase. Non una miriade di pezzi che vanno dalle battute one-line a blocchi interi di 3-4 minuti, per di più in ogni spettacolo (che non è proprio un’improvvisazione…).

Volendo vedere, effettivamente un “richiamo” non esplicitato ai grandi del genere è anche un bel gesto di riconoscimento nei loro confronti e una nota intelligente per i più “attenti”, ma solo quando non è troppo frequente. Una battuta ogni tanto va bene e anche il pubblico più “sveglio” la apprezzerà; una serie bella fitta di questi “richiami” nascosti rende automaticamente il tutto etichettabile come plagio. Anche perchè le citazioni sono di solito brevi, dell’ordine di una o pochissime righe, certamente meno di 2-3 minuti di monologo alla volta. E una citazione, solitamente, è riferita verso un soggetto conosciuto, in modo che il pubblico la possa riconoscere e capirla. Qui c’è la lista delle battute/pezzi di monologo, finora scoperte, prese praticamente pari pari da altri comici. E qui, invece, la lista di Luttazzi stesso di comici e non solo dai quali ha “preso spunto”. Infine, qui c’è la lista ripulita dai non-comici, cioè la lista effettiva delle persone ai cui lavori ha attinto più o meno pesantemente rubandone dei contenuti.

La cosa che mi ha dato molto fastidio è che nel monologo “Adenoidi” del 2003 (quindi prima della pubblica ammissione) ad un certo punto Luttazzi dice proprio che non si copiano battute di altri, vantandosi della paternità di quelle dette da lui (vedi dal minuto 6 di questo video). Questo mi ha fatto girare parecchio i coglioni perchè stimo Luttazzi tuttora, nonostante questo macello, per il lavoro di ricerca che ha svolto e che continua a svolgere, esplicato meravigliosamente nell’ultimo spettacolo, “Decameron”. Ma queste affermazioni, francamente, se le poteva risparmiare.

Insieme alla stronzata del Letterman Show. In pratica, Luttazzi dice di aver scritto una battuta che poi, dopo uno scambio di mail con Bill Scheft del Letterman Show, è stata ripresa qualche giorno dopo da Letterman stesso e adattata al contesto. Scheft ha poi replicato sul suo blog dicendo di non avere mai avuto questo scambio di email, che lui non è l’headwriter dello show (come invece ha scritto Luttazzi), addirittura affermando di non conoscere nemmeno Daniele Luttazzi e che quella battuta Letterman non l’ha neanche detta. Ma anche ammettendo che questo scambio ci sia stato, che la battuta Letterman l’abbia detta, comunque non è plagio, come dice giustamente Luttazzi: è un riadattamento, che non è esattamente quello che fa lui in centinaia di occasioni. Questo mi fa incazzare e rende il nostro eroe un po’ un cialtrone. Colto, coltissimo, ma un po’ cialtrone.

E poi quella dal sito di Repubblica del 2001, relativa allo show televisivo “Satyricon”:

“… Infine, tutte le battute di "Satyricon" sono originali. (Se si sostiene il contrario occorre fare degli esempi precisi, altrimenti mi si devono delle scuse)…”

E il dire “lo faccio perchè voglio smascherare l’ignoranza di chi mi accusa”, riferito ai vari Berlusconi&co, NON può applicarsi alle battute prese da altri comici, ma solo alle citazioni erudite di Quintiliano e altri pensatori del passato. Altrimenti si presenterebbe una situazione del tipo “Oh, non puoi offendere Dio!”, Ma non l’ho fatto io. Le battute sono di George Carlin”, “Ah… Allora ammetti di aver preso battute di altri e averle spacciate per tue”, “Eh ma allora l’ignoranza è tua. TU dovevi sapere che sono di George Carlin” che onestamente non sta nè in cielo nè in terra, come spiegazione. Andrebbe bene, ripeto, per “una volta ogni tanto”, ma qui siamo molto oltre.

Per fare un parallelo, è come la Panda cinese. Un po’ di tempo fa erano uscite delle foto di auto cinesi che erano quasi in tutto e per tutto identiche alla Fiat Panda. E’ chiaramente un plagio, ma ammettiamo di non sapere dell’esistenza della Panda: cosa penseremmo? “Apperò, hai visto ‘sti cinesi che bella macchinina hanno fatto? Piccola, consuma poco, esteticamente non un capolavoro ma passabile, perfetta per la città”. E la colpa sarebbe nostra perchè non sappiamo della Panda? Ok, diciamo di sì: fatto sta che è una copiatura bella e buona. E’ ovvio che poi, quando si viene a sapere, sentendoci presi per il culo, non ci si può aspettare una reazione del tipo “Bravi cinesi! Continuate così!”. L’ignoranza della gente NON E’ un dito dietro il quale nascondersi e pensare di farla franca. E non toglie assolutamente dalla circolazione il fatto in sè: il plagio rimane, solo che non viene riconosciuto.

E poi se avessi voluto vedere Eddie Izzard… sarei andato a vedere Eddie Izzard, che con i suoi pezzi fa più ridere della chiamiamola “reinterpretazione” di Luttazzi.

C’è chi lo difende, poi, dicendo che il suo è un lavoro di traduzione delle battute, e non costituirebbe plagio. Piuttosto patetica come difesa, ad essere sinceri. Quello di ComedySubs è un lavoro di traduzione, non questo. Cosa vuol dire, che se prendo una battuta di Benigni e la spaccio per mia è plagio mentre se ne uso una di Robert Schimmel è traduzione?! Come se il vincolo linguistico fosse un’attenuante. Io so l’inglese, non ho bisogno di traduzioni: quindi per me è plagio.

Allora, secondo questa logica, se io prendessi dei pezzi di 2-3 minuti dai suoi monologhi e altre battute sciolte senza riadattarle, con un bel copia-incolla, andassi in un circolo della Lega Nord a Ponte di Legno, dove le battute di Luttazzi non sono molto conosciute, e le dicessi in dialetto milanese stretto, non si potrebbe considerarlo plagio ma solo traduzione. Ah no beh, giusto…

Visto che sta subendo attacchi da qualsiasi posto su cui lo sguardo riesca a posarsi, ora se la prende con l’anonimato garantito da Internet (che poi non è vero che si è anonimi su Internet, ma tant’è…) che consente a chiunque di dire quello che vuole e, nella fattispecie, di diffamarlo. Primo, non è diffamazione ma solo un’indagine e una richiesta di chiarimenti da parte di gente che magari ha speso anche dei soldi per comprare dei libri per leggere il punto di vista di Luttazzi, per andare agli spettacoli a sentire il punto di vista di Luttazzi e si è beccata inconsapevolmente i punti di vista di 50 persone diverse, tra cui, piccolo piccolo e nascosto, quello di Luttazzi. E questa gente chiede ragionevolmente delle spiegazioni. Poi è ovvio che ci siano in mezzo dei cretini a cui non frega un cazzo: il mondo ne è pieno e ciò si riflette anche in questo ambito come in tutti gli altri, anche e soprattutto fuori dalla Rete. E, dopotutto, bastava non fare il copia-incolla di centinaia di battute altrui per evitare questo macello.
Secondo: l’anonimato è una tutela della libertà di espressione e permette a tutti di esprimere idee che possono risultare scomode ai piani alti della società senza per forza esporsi e mettersi nei guai. (non tutti hanno la possibilità di riempire teatri con qualche migliaio di persone paganti, di vendere libri ed avere programmi in tv…) Se poi qualcuno lo sfrutta per fini malevoli, il problema NON E’ l’anonimato: è chi lo usa per quei fini. Il carro, da che mondo è mondo, sta sempre dietro i buoi.

E sempre nello stesso post di cui sopra, datato 15 ottobre 2010, insiste con la storia del “sono citazioni, non plagi”.

“…si tratta in realtà di citazioni per la Caccia al tesoro, di calchi e di riscritture con variazioni, ammonticchiati alla rinfusa come in un ossario, a impressionare i bimbi: ma non sono plagi;
citazioni nascoste, calchi e riscritture con variazioni sono, infatti, tecniche legittime, che si imparano frequentando i Grandi (Chaplin, Totò, Lenny Bruce, Woody Allen, Plauto, Shakespeare, Moliere, Mozart, Rossini, Puccini, John Zorn, Picasso, Joyce, Nabokov, Beckett, Barth, Barthelme, Pynchon…)…”

Citazioni nascoste? No. Calchi? No. Riscritture? Assolutamente no, se col termine “riscrittura” si intende un adattamento al contesto, un’evoluzione di un concetto espresso da qualcun altro. Assolutamente sì se invece si intende il posizionamento di un foglio scritto in inglese su una scrivania ed accanto ad esso un altro di pari foggia ma completamente bianco, sul quale il soggetto, comodamente appollaiato su una sedia regolabile in pelle con ruote, riscrive con pochissime ed insignificanti variazioni quello che fu stampato nella lingua di Shakespeare da qualche fredda macchina. Una sorta di auto-dettato: “’Keith Richards outlived Jim Fixx, the runner and health nut’… Ok, quindi ‘Keith Richards è sopravvissuto a Jim Fixx, il fanatico americano inventore del jogging’. Sì, così va bene: è una riscrittura con variazioni”.

Ripeto: a me Luttazzi, nonostante il letame che sta venendo a galla, piace e non mi sento di denigrarlo completamente (anche se leggendo questo post può sembrare che lo stia facendo, ma fidatevi: non è mia intenzione), perchè comunque ha avuto il merito di portare la comicità satirica italiana ad un livello più alto della tipica battutina idiota sull’altezza di Brunetta. Però il mio rispetto per lui è piuttosto scemato, perchè chi ruba mi piace un po’ meno di chi non lo fa.

E ora che il tutto è allo scoperto, sono curioso di vedere il materiale dei suoi prossimi spettacoli, perchè ora la minima fallacia verrà immediatamente notata. L’ignoranza sulla quale ha marciato per anni è molto diminuita e non può più permettersi passi falsi. Ma se non “citerà” più, sarà allora una implicita ammissione di avere fatto il furbetto per anni ed essere stato colto con le mani nel sacchetto di merda. In entrambi i casi, ci saranno ulteriori discussioni, utili o meno.

Dai Daniele, la testa per scrivere una comicità distruttiva dello status quo e allo stesso tempo divertente ce l’hai: faccela vedere! Sarò io il primo a sostenerti e a dirti “Bravo! Così si fa!”.

Già in Decameron e a RaiPerUnaNotte ne hai dato un saggio. Continua!

 

 

P.S: rileggendo il post mi è sembrato di interpretare la parte di Fini con Berlusconi: “Sei uno stronzo, padre padrone e losco! Ma ti voto la fiducia”.
Non ho intenzione di tornare sull’argomento, salvo che per svolte clamorose. A dire il vero sono sempre rimasto piuttosto estraneo alla faccenda, ma in questi giorni non sono stato troppo bene e non so se sia stato per via della febbre o del mal di testa che mi è venuta voglia di addentrarmi in questo mondo tempestoso, ma vorrei evitare di rientrarci: pensàtela come cazzo volete, il mondo va avanti lo stesso.

10 ottobre 2010

Bill Hicks in un’intervista alla BBC

E’ arrivato! L’ennesimo video da me tradotto su Bill Hicks è qui! Ho avuto qualche inconveniente di codifica dei caratteri che mi ha fatto perdere un po’ di tempo, ma alla fine ce l’ho fatta. E siete sempre voi, cari lettori e care lettrici del blog, a vederlo in anteprima ;-) Ed oggi è anche il 10/10/10… Non vuol dire niente, ma fa figo scriverlo…

In questa clip vediamo Bill durante un’intervista della BBC, nel 1992. I giornalisti sono due, ma quella particolarmente irritante da quanto non capisce un cazzo è la signora (guardando il video capirete perchè). Non che il tizio sia molto meglio, ma almeno ride e dice cose con un minimo di senso.

E’ un’occasione per osservare Bill off-stage, più “comune mortale”, e sentirlo parlare della sua professione con relative frustrazioni.

Spero vi piaccia! Buona visione!

03 ottobre 2010

Ahahahahaha!

Oddio che ridere... Scusate, è un post che non serve a un cazzo ma il titolo del Corriere Della Sera, che riporta le parole di Belpietro, è meraviglioso.
Della serie "nessuno mi capisce perchè sono piccolo e nero", ecco a voi Maurizio Belpietro!

«Io come Saviano, un recluso per quello che scrivo»

Aahhahahahaahahahahahahaha!!!!

E non basta!

«Quando un giornale di sinistra fa un'inchiesta vince i premi; se la faccio io, un moderato, tutto è considerato fango e basta».  

Ragazzi di Spinoza e tutti quelli che mandano battute sul blog di Daniele Luttazzi, fatevi da parte: abbiamo già il vincitore assoluto per manifesta superiorità.

Basta, va...

01 ottobre 2010

I gay nell'esercito

ComedySubs ha tradotto questo pezzo dello straordinario album "Rant In E-Minor" dell'Immenso Bill Hicks.
Probabilmente l'avete già visto... Beh, riguardàtelo che fa sempre bene!