31 dicembre 2009

Buon 2010, 2011, 2012, 2013...

Non voglio scrivere un post classico su cosa sia stato il 2009, cosa sarà il 2010, "auguroni per un gran 2010! Pepe pepepepe! Pepe pepepepepepepepe!" e similari: troppo banale. La mia speranza per l'anno nuovo (e per gli anni nuovi) è che possiate andare dove è stata questa donna: alla scoperta di Noi stessi. (magari andarci in maniera più soft rispetto a lei...)
La signora qui sotto è una neuroanatomista e si chiama Jill Bolte Taylor e qui parla della sua esperienza: un ictus. "Vacca bboia! Che colpo!" direte voi. Sì, che colpo... ma in positivo! Vi consiglio di guardarvi le 2 parti perchè ne vale davvero la pena.
La Felicità è qui, adesso...
Buona visione!...






...(e buona Felicità!)

16 dicembre 2009

La libertà di espressione è TOTALE. Punto.

(dal Corriere della Sera)

«La libertà di espressione e quella di manifestazione del pensiero vanno garantite - ribadisce Maroni - ma se un utente fonda un gruppo chiamato "uccidiamo Maroni", siamo davanti al reato di istigazione a delinquere. E se scrivo "quel tizio ha fatto bene a spaccare la testa al premier" può ravvisarsi l'apologia di reato»

Sembra tutto corretto, no? (sorvolando sul fatto che siano parole uscite dalle inaffidabili fauci di Maroni, le stesse che hanno azzannato un poliziotto e che gli sono costate una condanna a 4 mesi e 20 giorni, alla faccia del "condanniamo la violenza"...) Dicevo, sono parole giustissime, no?
No, sono sbagliatissime. Sono stufo di sentire parlare a vanvera di "tutelare la libertà di espressione", che "è un diritto inalienabile" e tante altre belle frasi fatte che perdono automaticamente il loro significato non appena le vengono appiccicate aggiunte del tipo "però, quando una persona insulta il prossimo o istiga alla violenza, allora è un reato".
Allora, dico io, non appena poni un limite a questa libertà, la stai negando in toto e meriti di essere etichettato come "dittatore", processato ed espulso dalla tua funzione pubblica senza mezzi termini.
"Però ha ragione, scusa. Non puoi creare un gruppo su Facebook chiamato 'uccidiamo Maroni'. E' una palese istigazione alla violenza". Perchè? Cos'è, siamo bambini del cazzo che fanno tutto quello che si dice loro? Siamo emulatori? Siamo automi col cervello programmabile? O forse, ma dico forse, siamo ESSERI UMANI DOTATI DI COSCIENZA? Puoi ripetermi all'infinito "uccidi Maroni uccidi Maroni uccidi Maroni uccidi Maroni uccidi Maroni" e non lo farò mai. Che istigazione alla violenza è?! Solo perchè qualcuno la pensa così allora devo pensarla così anche io?!
Vi sembra una cosa logica? Possiamo smetterla di pensare a noi stessi come a degli idioti smarriti? Qua stiamo usando lo stesso identico ragionamento del "se qualcuno ti dice di buttarti nel pozzo". Uguale. "Se qualcuno fonda un gruppo di sostegno per Tartaglia e invita all'emulazione, tu la faresti?", "Certo! Io faccio tutto quello che leggo e che mi dicono di fare! Sono un coglione! Sono assuefatto da anni di 'impeditemi di fare del male perchè io da solo non ci riesco'. Sono alla costante ricerca di un tutore che guidi la mia vita e mi dica cosa posso e non posso fare".

La libertà di espressione deve essere TOTALE, PURA, SENZA LIMITAZIONI DI ALCUN GENERE. Io voglio sentire tutto, non voglio un tizio che mi dica "No, tu questo non lo senti. No, tu questo non lo leggi. No, tu questo non lo dici". Che cazzo di libertà è questa?! Sapete come si chiama? CENSURA. Punto.
Se io voglio unirmi al club "negazionisti dell'olocausto" devo avere la libertà di farlo e di non andare contro la legge. E' il mio pensiero, non deve per forza essere quello di tutti. Non devono imitarlo tutti solo per il fatto che esiste. E comunque sia, se tu lo ritieni stupido, sbagliato ed inutile non dovresti esserne indifferente? Senti il tuo pensiero minacciato? Hai paura di rimanere influenzato? Cerchi qualcuno che ti dica cosa è giusto e cosa è sbagliato? Ma non ci arrivi da solo?!
Maturare, gente, maturare!
Ma quando arriveremo a pensarla così, nessuno si sognerà mai di fare del male agli altri e tutto questo casino sarà un problema inesistente...

Quindi, dopo tutto questo discorso, vi mando affettuosamente affanculo e che possiate passare un gran bel Natale di merda. Va bene come libertà di espressione?


(è un post un po' grezzo. Dovevo pubblicarlo settimana scorsa, come si può intuire dalla data del link al sito del Corriere. Poi tra una balla e l'altra ho rinviato e poi mi sono beccato una bella influenzetta, non so se suina o no tanto sono uguali, con relativa febbre, mal di testa e mal di gola. Adesso sono quasi a posto: febbre andata, mal di gola quasi ok e un po' di mal di testa ogni tanto. Devo rimettermi un po' in pari con le notizie "underground" uscite in queste giorni. A presto!)

15 dicembre 2009

Il Martore (Martire di Arcore)

Riporto un bell'articolo dal blog Blogghete! di Gianluca Freda riguardo il lancio del dardo spigoloso ornato di Madonnina verso l'impalcatura sorridente di Lord Berlusconi.
Buona lettura.

(tratto da Blogghete!)


SCARFACE

“Pensate di riuscire a prendermi? Vi servirà un fottuto esercito per prendermi!”
(Tony Montana nel finale di “Scarface” di Brian De Palma)


Ammetto che ho riso. Chiedo scusa ai sostenitori del politically correct, agli adepti del culto berlusconiano, agli scemi che credono di essere di fronte a un revival degli anni di piombo, a chi (giustamente) è preoccupato per le interferenze israelo-statunitensi sugli affari interni del nostro paese, ma ho riso. Non è umanamente possibile rimanere seri di fronte ad uno spettacolo del genere: un tipetto elegantemente vestito strepita per mezz’ora, serio serio, con piglio deciso e magniloquente, di lotta senza quartiere ai magistrati politicizzati, di revisione costituzionale, di intransigenza verso i traditori della patria. Dieci minuti dopo si becca un modellino del Duomo sul muso. Hai voglia a parlare di attacco proditorio, di clima politico avvelenato, di scissione del paese… come si fa a restare seri?

A mia parziale discolpa dirò comunque che l’allegria è durata poco, spenta ben presto da tristi considerazioni. La prima umana: il volto allibito e sanguinante del Presidente del Consiglio che risaliva in auto per essere accompagnato al San Raffaele portava il segno della fine di un’era, della decomposizione ineluttabile di un sogno durato quindici anni. Un sogno sciocco, forse, irrazionale, fasullo e deleterio per la società italiana; ma pur sempre un sogno che milioni di italiani hanno condiviso: quello della rinascita del paese per mano di un leader determinato, immortale e invincibile. Veder morire un sogno, per quanto puerile, non è mai un bello spettacolo. Come tutte le grandi tragedie della storia, il tramonto di Berlusconi mescola insieme comico e drammatico, farsa e tormento, in un impasto dolceamaro dal sapore indefinibile, un autunno del patriarca dalle grottesche tonalità. I toni grotteschi erano accentuati dallo sconcerto muto della folla acclamante, dalla stizza impotente del contuso, dalla litania lamentevole di quell’anonimo signore che, con fare atterrito e trepido accento del sud, correva dietro al corteo presidenziale in allontanamento gridando “Presidente siamo con te! Tieni duro!”. Pover’uomo! Vittima di una classe politica che ha saputo donargli solo emigrazione, disoccupazione, semianalfabetismo; e a quella stessa classe politica (di cui Berlusconi è a tutti gli effetti un esponente di spicco, sia pure non necessariamente il più inguardabile) egli si aggrappa con la disperazione di un naufrago che crede ancora nella clemenza delle onde. Forse solo Flaubert o Zola sarebbero riusciti a delineare un personaggio così paradossale.

La seconda considerazione che mi ha spento il sorriso attiene invece all’ormai palese strategia di destabilizzazione che la Madrepatria (chiamerò così, da adesso in poi, le potenze straniere che detengono il controllo politico-economico delle colonie europee) ha posto in essere e, da qualche mese a questa parte, intensificato per rimuovere dallo scenario politico italiano un personaggio che ha sempre considerato, e considera oggi più che mai, una palla al piede delle sue prospettive egemoniche sul nostro continente. Chiarisco: riguardo a questo episodio non mi sento particolarmente complottista. Non credo affatto che le ferite di Berlusconi siano state realizzate con Photoshop o che l’attacco sia una messinscena o che la mano di Tartaglia sia stata armata dalla CIA. Non mi risulta che la CIA abbia mai utilizzato modellini in metallo di noti capolavori architettonici per eliminare i suoi bersagli. Sarebbe un modus operandi decisamente inconsueto. Ho sentito dire che Obama sta tagliando i fondi all’intelligence, ma che siano già ridotti a sostituire i Carcano 91/38 con il lancio della paccottiglia non riesco a crederlo. Eppure la situazione politica italiana di questi giorni ha un inconfondibile gusto di deja vu. C’è la “rivoluzione democratica spontanea” del popolo oppresso che ha finalmente trovato il suo colore: il viola, un colore che in Italia porta sfiga e che nessun PR autoctono sano di mente si sarebbe mai sognato di scegliere per un movimento di protesta. C’è il balletto dei congiurati che condannano in pubblico il clima d’odio e la violenza di piazza e si preparano in privato a prendere il posto del deposto sovrano. Fini ha già annunciato ai suoi marescialli l’imminente “regime change”, affermando testualmente in una riunione: “Berlusconi è morto. Mor-to. Lo capite? A maggio non sarà questo l’assetto politico.” E se lo dice lui, buona camicia a tutti. Scommettiamo che rivedremo il “movimento viola”, com’è ormai consuetudine internazionale, a contestare la prevedibile vittoria elettorale berlusconiana delle eventuali elezioni anticipate, denunciando brogli e acclamando a furor di popolo il nuovo quisling inviato dalla Madrepatria come nunzio di una nuova primavera politica?

Soprattutto – ed è la cosa più inquietante - c’è all’opera la figura ormai canonica del “pazzo isolato” che abbatte “spontaneamente” l’odiato monarca, dando voce all’insofferenza dei dominati e realizzando così (per pura coincidenza) le mire geostrategiche dei dominanti. Ripeto, oggi non mi sento particolarmente complottista: però quando sullo scenario storico fa la sua comparsa il “pazzo isolato”, l’evoluzione della trama diventa di solito prevedibile. Fornisco qui di seguito un breve ed incompleto elenco di “pazzi isolati” del Novecento le cui mitiche gesta hanno sempre rimodellato la politica internazionale nel senso desiderato dai suoi progettisti.

Potremmo iniziare da Gaetano Bresci, “anarchico” italoamericano pazzoide, venuto direttamente da Paterson, nel New Jersey, per ammazzare a Monza il re d’Italia Umberto I, il 29 luglio 1900. La storiografia successiva evidenzierà i legami di Bresci con la Mano Nera americana (antesignana della mafia) e con Maria Sofia di Borbone, mettendo in luce l’assurdità del suo successivo “suicidio” nel penitenziario di Santo Stefano a Ventotene. Ma si tratta di ricostruzioni che restano confinate agli ambienti della storiografia specialistica e che al grande pubblico devono restare ignote.

Altro “anarchico” sparatore è Leon Czolgosz, che il 6 settembre 1901 esplose due colpi di pistola contro il presidente degli Stati Uniti William McKinley, in visita al Tempio della Musica di Buffalo, New York. Mc Kinley morirà otto giorni dopo. Durante la sua presidenza si era opposto con determinazione al sistema monetario voluto dai banchieri ebraici, primi fra tutti i Rothschild, che mirava all’istituzione di un conio illimitato di valuta, non legato al “gold standard”. La sua morte aprirà la strada al Federal Reserve Act del 1913, con cui l’emissione di moneta americana verrà affidata ad un ente privato, sotto il controllo della finanza ebraica. Leon Czolgosz verrà giustiziato sulla sedia elettrica, con straordinaria rapidità, appena un anno dopo l’attentato.

Citerò Alfredo Costa e Manuel Buiça, i due membri della Carboneria portoghese (a sua volta legata alla Massoneria internazionale) che il 1° febbraio 1908 assassinarono a Lisbona il re del Portogallo Carlo I e l’erede al trono Luigi Filippo, ponendo fine all’esperimento di lotta alla corruzione pubblica del primo ministro Joao Franco, togliendo agli inglesi ogni concorrenza sui domini coloniali in Africa e aprendo la strada alla futura dittatura salazarista. Costa e Buiça furono immediatamente giustiziati dalle guardie reali sul luogo stesso del regicidio e non poterono mai chiarire i propri legami con i poteri internazionali.

Potremmo proseguire con Gavrilo Princip, l’uomo che sparando all’Arciduca Francesco Ferdinando d’Asburgo-Este, erede al trono di Austria-Ungheria, e a sua moglie, la contessa Sophie, rappresentò la scintilla che fece esplodere la Prima Guerra Mondiale. Anche lui era finanziato, insieme ai suoi compagni anarchici di Bosnia, dalla Mano Nera americana, una pedina in un gioco molto più grande di lui.

En passant, nominerò Herschel Feibel Grynszpan, il diciassettenne ebreo polacco che il 7 novembre 1938 sparò al segretario dell’ambasciata tedesca a Parigi, Ernst vom Rath, scatenando in Germania (almeno secondo ciò che riportano i testi di storia più diffusi) quell’ondata di rappresaglie antiebraiche conosciuta con il nome di “Notte dei Cristalli”. La versione che ci è stata raccontata è solita presentare questa insurrezione come un vero e proprio pogrom, volto a colpire ogni singolo ebreo tedesco, distruggendo luoghi di culto e attività commerciali. La realtà è assai più inquietante e complessa e meriterebbe un approfondimento a parte che prima o dopo mi deciderò a scrivere.

E Lee Harvey Oswald, il “lone gunman” accusato dell’assassinio Kennedy, altro presidente favorevole al ritorno ad una moneta stampata dal governo? Un capro espiatorio, frettolosamente tolto di mezzo da un altro sparatore solitario, Jack Ruby, anche lui legato ad ambienti mafiosi di alto livello.

L’elenco degli attentatori solitari è lungo: fra i più noti ricordiamo Sirhan B. Sirhan, il giordano di origine palestinese accusato di aver sparato a Bob Kennedy, fratello di John, proprio quando Bob si preparava a diventare presidente, riprendendo la politica del fratello; Mehmet Alì Agca, che sparò a Giovanni Paolo II nel 1981 senza riuscire a ucciderlo, in un periodo in cui la Santa Sede era devastata dagli scandali finanziari; e Yigal Amir, il colono ebreo estremista che assassinò nel 1995 il primo ministro israeliano Yitzhak Rabin, colui che nel 1993 aveva firmato gli Accordi di Oslo e aveva stretto la mano di Arafat a Washington, aprendo la strada ad una fase di distensione con i palestinesi che i vertici del potere israeliano non potevano tollerare.

Ora, sia lungi da me ogni intenzione di paragonare il povero Massimo Tartaglia e il suo contundente souvenir a questi ben più illustri ed efficaci predecessori. Neanche Berlusconi è esattamente JFK, se è per quello. Dico solo che la sceneggiatura storica sta assumendo, non so se per calcolo o per coincidenza, un pattern riconoscibile e collaudato. Sfilacciato, magari, deviato in farsa e usurato dalle repliche infinite e dall’inadeguatezza degli attori, ma immediatamente identificabile come il format di un programma televisivo di largo successo. Del resto non è semplice parlare di “gesto nato per caso” se è vero che il regicida, oltre al souvenir incriminato, aveva addosso anche “una bomboletta di spray urticante, una lastra in plexiglass di venti centimetri, un crocifisso in gesso lungo circa 30 centrimetri, un soprammobile in quarzo e un accendigas di grosse dimensioni”. E’ difficile spiegare falle tali nelle misure di sicurezza da permettere ad un individuo, che era stato visto pochi minuti prima inveire e bestemmiare contro il premier, di avvicinarsi indisturbato al suo bersaglio senza che nasca il blando sospetto di una distrazione premeditata. E’ infine impossibile considerare l’intensificarsi degli “avvertimenti” contro Berlusconi succedutisi negli ultimi mesi (dagli scandali sessuali alla sentenza Mondadori, dagli attacchi della stampa internazionale alla defezione degli alleati, dalla crisi familiare pilotata a mezzo stampa alle flosce “rivelazioni” di Spatuzza, dalla funestamente presaga kermesse viola di sabato scorso all’aggressione di ieri) come qualcosa di diverso da un progetto di demolizione controllata preparato con una certa cura ed attuato in vertiginoso crescendo.

Solo che Berlusconi non vuole saperne di morire. Ha resistito e sta resistendo ad un fuoco incrociato di tale potenza che avrebbe abbattuto da un pezzo non solo un qualunque altro primo ministro di qualunque nazione del globo ma un intero battaglione di marines. Soprattutto, cosa più stupefacente, ha resistito e sta resistendo alla frana dell’illusorio sogno di benessere nazionale e di propagazione metafisica della ricchezza che lo aveva condotto al potere nel 1994. Mi ricorda Al Pacino nel finale di “Scarface” di Brian De Palma, che imbottito di pallottole dagli avversari venuti per ucciderlo sfida ogni legge fisica e medica, non crolla e resta furiosamente in piedi a sparare contro gli assalitori. Cos’è che lo tiene in piedi? E’ davvero soltanto la paura di perdere il suo impero, la cui salvezza potrebbe tranquillamente contrattare con i suoi persecutori in cambio della dipartita politica? E’ un demone interiore, come quello che impedisce a Tony Montana di lasciar spegnere i suoi fastosi progetti di dominio dinanzi alla tuonante banalità di un diluvio d’artiglieria? E’ la protezione della P2, piccola e miserabile realtà massonica poco più che locale se paragonata alla potenza di fuoco a disposizione degli immensi interessi attualmente in gioco?

Mi sono fatto un’idea.

La Storia è un fiume in piena che non arresta mai il suo corso. Può apparire immobile a chi la osserva dalla prospettiva ristretta dell’arco della sua vita, ma, appunto, non resta immobile per più di una vita, cioè per un miliardesimo dell’intervallo che il tempo impiega a batter le ciglia. I rapporti di forza economici tra le nazioni mutano di continuo, nuovi equilibri geopolitici nascono e muoiono, nuove nazioni si affacciano sul palcoscenico degli eventi stravolgendo il vecchio ordine e ribaltandone i parametri. Esistono figure umane che, a loro insaputa e indipendentemente dal giudizio politico ed etico che si può dare di loro, perfino dal raggiungimento degli obiettivi prefissi, fungono da catalizzatori del cambiamento. Re spartani tengono a bada con un pugno di uomini oceanici eserciti mediorientali; condottieri romani conquistano imperi e rimodellano a propria immagine le istituzioni repubblicane; testarde regine inglesi fanno a pezzi la flotta più potente del mondo con un’armata di piccoli e rapidi vascelli; oscuri sottotenenti francesi approntano strategie militari che rovesciano imperi e trasfigurano il volto dell’Europa. Questi piccoli o grandi uomini sono agenti del divenire storico e la Storia è profondamente indifferente alle loro qualità e ai loro vizi, alla loro onestà o corruzione, alla loro ferocia o bontà d’animo. Finché lavorano per la metamorfosi dei rapporti di forza sembrano immortali e invincibili, perché il cambiamento è la vita del genere umano e il genere umano è per definizione immortale. Non possono cadere fino a quando la trasformazione di cui sono ingranaggi non sarà stata portata a termine, consentendo al fiume di continuare a scorrere. Solo quando l’opera sarà compiuta potranno lasciarsi cadere a faccia in giù nella loro piscina di Miami e sottoporsi al giudizio dei propri simili, all’irrilevante assoluzione o all’irrilevante condanna. Per tutti coloro che lo amano (e per i molti come me che lo detestano) inizio a pensare che il nostro Scarface nazionale, con i suoi saldi legami con i guastatori dell’ordine imperiale che ci ha accompagnato lungo la seconda metà del Novecento, sia uno di questi coriacei catalizzatori. Se davvero è giunta l’ora del suo tramonto, è un’intera epoca storica che, nel bene e nel male, tramonta con lui, e un’altra ignota si affaccia all’orizzonte, con fisionomie e caratteri che al momento non ci è dato immaginare. Malediciamolo pure, contestiamolo pure, imputiamo pure a lui solo (forse un po’ ingenerosamente) tutti i disastri che l’epoca di transizione storica ha prodotto nelle nostre vite. Bersagliamolo pure con le miniature del Duomo, se la cosa diverte. Mi accontenterei che lo facessimo nella consapevolezza di non essere noi a governare e guidare la nostra mano.
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Naturalmente, l'occasione è stata colta al balzo, come era ampiamente prevedibile, per mettere sotto accusa la Rete, questa bestia immonda priva di qualsivoglia controllo, piena di teppisti, terroristi, stupratori, ricattatori, delinquenti, razzisti, che non porta altro che odio. Brutto posto, Internet; molto meglio la tv con la sua calda atmosfera, ricca di contenuti affidabili e imparziali quali il TG1, TG2, TG3, TG4, TG5, Studio Aperto, TGLa7, le stupende rubriche di approfondimento Porta a Porta, Ballarò, Matrix, le apertissime sfide di Amici, i meravigliosi video musicali di MTV; e che dire delle avvincenti sfide di Chi Vuol Essere Milionario, delle appassionanti fiction Un Medico in Famiglia, Carabinieri, I Cesaroni e delle esilaranti gag di Zelig e Colorado.


"Go back to bed, Italia, your government has figured out how it all transpired.
Go back to bed, Italia, your government is in control again.
Here... Here's Grande Fratello. Watch this! Shut up!
Go back to bed, Italia, here's Grande Fratello.
Watch these pituitary retards and congratulate you on living in the land of freedom. Here you go Italia! You are free to do as we tell you! You are free to do as we tell you!"

Bill Hicks - Revelations (riadattato da me per il caso dell'italica penisola)

04 dicembre 2009

Bye bye Silvio?

Acciderbolina e poffarbacco, vuoi vedere che c'avevo visto giusto? A giugno, giusto un paio di mesi dopo l'inizio dei mega-scandali del nanetto, avevo scritto due post (uno, due) cercando di capire il perchè di questi pesanti "attacchi", tanti e ravvicinati, da parte dei media controllati dal Cavaliere stesso.
Le ultime staffilate aguzze e continue di Fini, tra cui quel filmato del fuorionda "casualmente" raccolto e pubblicato, non possono essere passate inosservate ai più acuti di voi, soprattutto se le sommiamo a tutto il letame sparato addosso (giustamente) a Lord Silvio da aprile a questa parte. Ebbene, ecco qua un interessante articolo da ComeDonChisciotte a riguardo.

(tratto da ComeDonChisciotte.org)

Go, Johnny Franky, go!

DI ALBERTO SIGNORINI
blogghete.blog.dada.net/

È Gianfranco Fini la nuova carta degli USA

Una volta costretto a ritirarsi dalla scena politica, Berlusconi potrà intitolare le sue memorie Come covarsi una serpe in seno, inserire il libro nella nuova collana Mondadori “Chi è causa del suo mal...”, e dedicarlo a Gianfranco Fini. Il 25/11 scorso, infatti, con una significativa coincidenza, l’editoriale del Corriere della Sera celebrava il tramonto del quindicennio berlusconiano, mentre La Stampa titolava in prima pagina: «E ora gli americani puntano su Gianfranco», preannunciando che a febbraio il Presidente della Camera è atteso negli USA «da interlocutore privilegiato». Siamo dunque alla resa dei conti, e stavolta neanche un chirurgo riuscirebbe a ricomporre una frattura ormai esposta alla luce del sole.


Ne è passata di acqua sotto i ponti da quel dicembre ’93, quando l’allora segretario missino sfidò Rutelli per la carica di sindaco di Roma e Sua Emittenza dichiarò la propria preferenza per il primo. Lo “sdoganamento” era iniziato, e al delfino di Almirante si offriva un’occasione insperata. Il 40enne che aveva appena teorizzato il “Fascismo del 2000” fu lestissimo a fiutare il mutar dei venti e a capire che, per sfruttarne la spinta, il vecchio veliero erede della RSI – i cui marinai si chiamavano ancora camerati e si salutavano romanamente – necessitava di un profondo restyling. La metamorfosi fu talmente rapida che nel giro di un anno l’antifascismo divenne un valore fondante per gli ex fascisti riverginati in AN. Le acque passate a Fiuggi (gennaio ’95) furono attentamente esaminate a Washington, Londra e Gerusalemme, che certificarono la perfetta riuscita dell’operazione: anziché l’antica ostilità all’imperialismo anglo-americano, un atlantismo a prova di bomba; niente più destra sociale, e avanti tutta col liberismo imposto da Wall Strett e dalla City; condanna dell’antigiudaismo mussoliniano e virata di 180° verso il fascismo sionista (l’antisemitismo rimaneva, virato però contro i palestinesi e gli arabi in genere). L’ex nostalgico di Salò aveva insomma creato una destra “per bene”, e il plauso dei perbenisti fu entusiastico. Miracolati dopo 50 anni di ghetto, ai suoi non parve vero che si spalancassero le porte del potere e del sottopotere.

Grazie al Cavaliere, che l’ha insediato prima come ministro degli Esteri, poi come vicepresidente del Consiglio e infine come terza carica dello Stato, l’ambiguo e ambiziosisimo numero 2 è arrivato là dove forse puntava fin dall’inizio. Ma il parricidio dev’essere inscritto nel suo destino come qualcosa d’ineluttabile. E dunque, dopo l’abiura dell’eredità ducesca e almirantiana, ecco giunta l’ora di detronizzare il sovrano di Arcore caduto in disgrazia. Da qui l’accelerazione degli ultimi mesi, che vede mister Arrogance prendere ogni giorno le distanze dal suo stesso governo, dal partito di cui pure è co-fondatore, e soprattutto dal leader cui deve tutto.

Poco importa che l’uomo sia sfuggente come un’anguilla e rotante come una banderuola: è abilissimo a recitare le ultime banalità del politically correct. Non per nulla, ai tempi del Fronte della Gioventù, i suoi camerati l’avevano soprannominato «dietro gli occhiali niente», e di lui Craxi diceva che è «un vuoto incartato: dentro, non c’è il regalo». Un bluff ambulante, insomma, uno zero ben confezionato. Ma, proprio per questo è quel che ci vuole per eseguire fedelmente i desiderata d’Oltreoceano: uno che si può tenere saldamente al guinzaglio facendogli pendere sul capo la spada di Damocle del suo passato. I politici ricattabili sono infatti i più “fungibili”: il padrone che li ha gratificati assumendoli come camerieri, nel caso si prendano troppe confidenze può sempre rimetterli al loro posto. Cosa divenuta assai più difficile con un soggetto anomalo come Berlusconi: straricco di suo, senza trascorsi politici da farsi perdonare e con un seguito popolare tuttora vastissimo, non è ricattabile, e dunque risulta inaffidabile.

L’assalto finale al Cavaliere, del resto, è stato candidamente preannunciato da Paolo Guzzanti, che ha rotto col premier accusandolo di aver tradito Washington per vendersi a Mosca. Sul suo blog, l’11/9 scorso, il senatore fuoriuscito dal Pdl scriveva testualmente: «L’ordine è arrivato dagli USA: Berlusconi va eliminato. (...) A me già lo disse chiaro e tondo l’ambasciatore Spogli, che andai a salutare quando lasciò l’ambasciata di via Veneto: “Vogliamo un’Italia che non dipenda dalla Russia come una colonia e non vogliamo che la Russia incassi una somma di denaro di dimensioni mostruose, che poi Mosca converte direttamente in armamenti militari”. Da allora, un fatto nuovo di enorme gravità si è aggiunto: l’Italia ha silurato il gasdotto Nabucco (che eliminava la fornitura russa passando per Georgia e Turchia) facendo trionfare South Stream, cioè l’oro di Putin. Contemporaneamente Berlusconi organizzava la triangolazione Roma-Tripoli-Mosca associando Gheddafi nell’affare. (...) L’operazione è stata preparata con cura attraverso una campagna mediatica di lavoro al corpo di Berlusconi, basato sulle vicende sessuali, sulle inchieste di mafia e sulla formazione, nell’area moderata, di un’alternativa politica a tre punte: Luca Cordero di Montezemolo, Perferdinando Casini e Gianfranco Fini, ciascuno a suo modo e con le sue vie, ma in una sintonia trasparente. (...) Lo scontro è ravvicinato e mortale. La grande manovra è cominciata, le artiglierie già battono il campo». Il giorno dopo, per i duri di comprendonio, Guzzanti aggiungeva due particolari illuminanti: «Le grandi inchieste Mani Pulite sono nate dalla polizia USA (non dalla Cia, ma dall’FBI)» e «Il nuovo ambasciatore USA David Thorne, che davanti al Senato USA ha spiegato di essere consapevole dei problemi che dividono USA e Italia (oltre al bla-bla-bla dell’amicizia sempiterna), ieri ha reso visita per mezzora a Montecitorio a Gianfranco Fini» (www.paologuzzanti.it ).

E infatti, puntuale come la morte, ecco avvicinarsi il botto definitivo: il 4 dicembre, ossia 17 anni dopo i fatti, il mafioso pentito Gaspare Spatuzza testimonierà che Berlusconi è il mandante degli omicidi di Falcone e Borsellino, nonché delle stragi del ’93 (degli assassinî del mostro di Firenze per ora no, ma non si sa mai).

Ecco perché, algido come un blocco di ghiaccio, impettito come un tacchino, sprezzante e pieno di sé come non mai, Fini è oggi sulla rampa di lancio per una nuova e ben più importante investitura. Piace alla destra laicista e tecnocratica, piace a una sinistra ormai incapace di distinguere una patacca da una pepita, ma soprattutto piace agli USA, decisi a sbarazzarsi d’un miliardario ch’è uscito dal seminato ed è diventato una pietra d’inciampo. E allora fiato alle parolacce demagogicamente proferite di fronte ai giovani immigrati contro chi osa definirli “diversi”, tanto non c’è nessuno a ricordargli che la legge tuttora in vigore contro gli stessi si chiama Bossi-Fini.

Quando avrà fatto fuori il Cavaliere, Fini potrà coronare il suo sogno di gioventù. Se infatti la sua scelta missina fu causata dai sessantottini bolognesi che gli impedivano l’ingresso a un cinema dove si proiettava Berretti verdi, avrà presto di che consolarsi: accolto a braccia aperte dai guerrafondai yankee, per i quali John Wayne è sempre un mito, verrà forse ricevuto alla Casa Bianca, dove siede uno zio Tom che raddoppia l’impegno militare in Afghanistan, apre un nuovo fronte in Pakistan, non chiude Guantanamo e riceve perfino il Nobel per la Pace. Campioni di coerenza, i due sono fatti per intendersi.

Alberto Signorini
Fonte: http://blogghete.blog.dada.net/
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Boh, staremo a vedere, poi magari non succede niente, eh... Però...

03 dicembre 2009

Un paio di video "consapevoli"

Metto qui due interessanti video che ho trovato errando nelle sperdute terre di Internet.
Buona visione!


 (parte 1)



(parte 2)