30 maggio 2014

Una lampadina sui vangeli - Il diavolo

Continuo a parlare dei vangeli sperando di riuscire a scatenare in voi un piccolo cortocircuito, dato che queste non sono le classiche spiegazioni mongoloidi del catechismo, ma dovrebbero invece suscitare un minimo di ragionamento, oltre a mostrare alcuni controsensi e ipocrisie tipiche sia dei cristianoni della domenica, sia di tanti altri studiosi e/o teologi pseudo-intellettualoidi che si riempiono la bocca di frasi a mo di pappagallo. Se non c’è un minimo di sentimento, non c’è niente e purtroppo tanti, sia “devoti” prelati e amici vari, sia detrattori dell’ultimo minuto perchè adesso “fa figo parlare male della religione”, si perdono in millemila elucubrazioni mentali da far schifo. O sono ignoranti o sono ottenebrati e rincoglioniti da anni e anni di sapiente lavoro atto a dare una forma mentis molto precisa, nella quale si sono inevitabilmente persi al punto da non trasmettere più nessun sentimento insieme alle parole.

Comunque sia, qui non si fa catechismo.

Se seguite questo blog da un po’, sapete bene che l’ho menata parecchio sul diavolo, fino allo sfinimento, perchè mi sono rotto le palle di continuare a leggere articoli nei quali si parla del diavolo seguendo sempre schemi inerenti la forma mentis di cui sopra. Il tizio con lo stramaledetto forcone di ‘sta cippa, in pratica, venerato dai quei grandi geni dell’èlite mondiale, che sta sempre lì a punzecchiarti il culo e a farti odorare lo zolfo.

No, non è così: il diavolo è “colui che divide”. Proprio etimologicamente. E chi è che divide? Tu, inteso come quell’agglomerato stantio di convinzioni, schemi mentali e identificazioni. Tu che ti metti in mezzo tra la vita e l’esperienza della vita. Tu sei il cazzo di diavolo ogni volta che confondi ciò che sei veramente con l’animale biologico. Questo più o meno è il riassunto della faccenda.

Leggendo, però, sempre il vangelo di Matteo è sorto un ragionamento. Se sui comandamenti è stata più una folgorazione istantanea e potente, qui l’evento è stato più soft, un sottile filo di sentimento da seguire. Tra l’altro, Matteo parla delle tentazioni del diavolo nei confronti di Gesù nel capitolo 4, ben prima dei due comandamenti enunciati da Gesù stesso (capitolo 22). Per un motivo a me ignoto, è però arrivata prima la folgorazione sui comandamenti e solo in seconda battuta il ragionamento sul diavolo. Vai a capire…

Il risultato del ragionamento va a colmare un vuoto nel puzzle, collegando concetti diversi e solo apparentemente staccati tra loro. Vediamo se riesco a farvi capire. Tutto parte da due considerazioni di base: il diavolo è “colui che divide” e l’esistenza in questo spettro di universo è composta da cicli. I più facilmente osservabili sono quelli giorno-notte e l’alternarsi delle stagioni, oltre ovviamente a quello vita-morte. Cos’è, fondamentalmente, un ciclo? E’ un succedersi meccanico di avvenimenti. Nell’universo, i cicli servono a far sì che la natura si mantenga in vita, che mantenga delle condizioni di sopravvivenza imprescindibili per generare l’esperienza. I cicli sono una conseguenza della separazione primaria, quella che dall’unità ha portato alla formazione del dualismo. L’eternità, senza inizio nè fine, improvvisamente si trova “spaccata”: per cui a un certo punto nasce ed è meccanicamente destinata a morire. Un ciclo.

Il ciclo delle reincarnazioni, il samsara… Stessa roba: cicli.

Cioè, non vorrei dire, ma è già scritto. E’ il diavolo. In formato macro, se vogliamo, da integrare al diavolo “micro” dentro ognuno di noi, ma d’altronde è il famoso “come sopra, così sotto”. La natura, intesa come insieme di cicli: questa è diavolo. Il dualismo, quella cosa che inizia e finisce, positiva e negativa, interiore ed esteriore. Il ciclo è prevedibile e previsto. E’ meccanico, mentale, in un certo senso, pensato, pianificato, studiato. E’ “morto”, gli manca la scintilla di imprevedibilità, di spontaneità. Di vita. Sottostare al ciclo significa non essere vivi: si sa già come va a finire, è già “scritto”, è ripetitivo, è una routine. Oltre a questo, poi, divide l’eternità/l’infinito in due: nascita-morte, giorno-notte eccetera. Più diavolo di così!

Dio non è prevedibile: è spontaneo, non può sottostare a nessuna “legge”, a nessun ciclo. E’ la vita stessa, non è pensato, non ha routine. La natura/diavolo ha la necessità di ripetersi sempre uguale e per farlo deve necessariamente mantenersi. L’esempio più lampante e più ovvio è il sesso. Restringendo il campo al solo sesso umano, la natura a un certo punto ha iniziato un ciclo “umanità”, chiamiamolo, e da allora, tramite il sesso, permette al ciclo di continuare. “Aaaaaaah! Adesso è chiaro! Ecco perchè, per esempio, i satanisti puntano di brutto sul sesso nelle sue forme più animali!” L’energia sessuale è la più potente e, se usata in un certo modo (con una certa consapevolezza), può portarci fuori dal ciclo; viceversa, se usata in altri modi (ignorando il suo potenziale e fermandosi solo alla riproduzione o al piacere), può legarci di più ad esso.

“Ma quindi stai dicendo che la natura è il diavolo stesso?” Sì, in un certo senso sì. Ma qui sta il bello, perchè emerge sottilmente un dato di fatto: la natura non è cattiva. I cicli non sono “sbagliati”, e il diavolo non è “il male”: sono quello che sono. La natura è quella che è. Per fare funzionare un ciclo è sì necessario un certo livello di intelligenza, ma è comunque un livello limitato, fatto di leggi naturali, di paletti. Oh, non sto dicendo nulla di astruso: lo sperimentiamo tutti i giorni. Tirate una palla per aria e questa ricadrà meccanicamente al suolo, tanto per fare un esempio banalissimo. L’unico scopo della natura a livello meccanico/ciclico è mantenere le condizioni necessarie affinchè l’esperienza della vita soggettiva possa verificarsi. Fornisce il palcoscenico, l’ambiente necessario affinchè l’esperienza possa accadere in tutta la sua magnificenza. E’ funzionale a Dio, diciamo. Tutto qua. Ma non sta scritto da nessuna parte che noi dobbiamo rimanere incastrati nei cicli. Uscire dal ciclo significa essere vivi; significa realizzarsi; significa “entrare nel regno dei cieli” o nel nirvana; significa trovare Dio; significa sentire la perfezione dell’esistenza; significa “sconfiggere” il diavolo; significa trascendere il dualismo, congiungere gli opposti eccetera eccetera. I “capi” di questo mondo è ovvio che siano satanisti: il loro scopo è mantenere le cose come stanno. E’ lo scopo della natura: sopravvivere, così da fornire i mezzi necessari per lo svolgimento (meccanico) dei cicli.

Un ciclo di vita qui è un tentativo. Butti il gettone nella macchinetta, giochi e vedi se vinci. Hai perso? Butti un altro gettone e tenti di nuovo. E così via.

Poi capita di leggere articoli sui satanisti farciti di giudizi negativi, su quanto sia forte il male e quanto noi siamo nella merda. Niente di tutto questo. Oppure quelli che scrivono dell’èlite satanista che si rifà agli insegnamenti luciferini della teosofia di Helena Blavatsky, mettendo la sua citazione del pezzo in cui dice che “Satana è il signore di questo mondo”. “Aah! Stronza! Vedete quanto questa gente sia malata e perversa? Sono convinti devoti del Cornutazzi e vogliono portare qui il suo regno su tutti noi!” No no, avete capito male. La Blavatsky ha ragione: Satana è il signore di questo mondo. Poi sul resto può anche essere un’esaltata in delirio, ma su questo ha ragione. Forse dimenticate un passaggio evangelico e qui entra in scena Matteo, capitolo 4:

[8]Di nuovo il diavolo lo condusse [Gesù] con sé sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo con la loro gloria e gli disse: [9]«Tutte queste cose io ti darò, se, prostrandoti, mi adorerai». [10]Ma Gesù gli rispose: «Vattene, satana! Sta scritto: Adora il Signore Dio tuo e a lui solo rendi culto». [11]Allora il diavolo lo lasciò ed ecco angeli gli si accostarono e lo servivano.

“Tutte queste cose io ti darò”. Capito? Come si fa a dare qualcosa a qualcun’altro se non si è proprietari di quella cosa? Gesù, ovvero noi nella nostra più vera essenza, la massima coscienza e consapevolezza, lo scaccia perchè è consapevole che quelle cose non sono di nessuno al di sotto di Dio. Il diavolo (ovvero la natura meccanica) le ha in gestione, diciamo, le possiede su mandato. Ma comunque è “lui” il “proprietario” più diretto. Noi, dimenticatici di essere Gesù, “adoriamo” il diavolo nel senso che siamo presi dentro la natura animale, meccanica, per cui non sentiamo il legame con Dio e invece percepiamo solo la natura meccanica stessa, quella animalesca. Quindi, mettiamo il diavolo tra noi… e noi, sostanzialmente, tra la vita e la vita. Il diavolo è il “primo signore” di questo mondo, ma che dico: di questo spettro di universo. E’ un’intelligenza “limitata” al servizio del padrone ultimo, del solo ed unico vero capo della baracca, il quale è creatore di ogni intelligenza in ogni angolo di tutto l’universo. Dio è l’intelligenza ultima, senza regole nè confini.

Riesco a farmi capire? Sentire l’intimo legame con l’essenza dell’universo significa percepire la presenza del vero “padrone”. Ecco perchè Gesù respinge Satana: perchè Gesù non è di questo piano di esistenza e non risponde all’intelligenza (limitata) che questo piano lo “gestisce” (con tutte le migliori intenzioni, per giunta). Finchè non ci si riesce a liberare della falsa coscienza, delle identificazioni, dei binari mentali sedimentati, del punto di vista costruito da altri per noi e da noi assimilato in toto, ovvero: finchè non si riesce a fare emergere Gesù, noi tutti rispondiamo alle regole del “padrone” più “diretto” di questo spettro di universo. E quindi giù di cicli, di causa ed effetto, di nascita e morte, di schiavitù agli istinti animali e tutto il cucuzzaro.

Ripeto: non c’è alcun tipo di giudizio, nell’intero discorso. La natura meccanica, di sopravvivenza, dell’universo non è sbagliata, non è il male, anzi è fantastica perchè, se non ci fosse, l’esperienza qui sarebbe impossibile. Se tutto andasse ad minchiam, come sostenuto dagli irriducibili più accecati dalla scienza (non migliori di quelli più accecati dalla religione), questo universo sarebbe già andato a puttane da qualche miliardo di anni. Se continua a fornire lo scenario perfetto per la vita è perchè c’è un’intelligenza che sa il fatto suo. Il diavolo è la natura nel suo livello di consapevolezza più basso, quello più inerente la sopravvivenza e il mantenimento. E’ la natura conflittuale, necessaria per generare l’attrito adatto ad accendere la fiamma, a generare una tensione sufficiente affinchè il dualismo stesso non vada in corto ed emerga la percezione della Verità con la “V” maiuscola. Punto.

Il passo successivo è comprendere intimamente che ognuno di noi non è destinato a sottostare a questo basso “livello di intelligenza”, ma è invece qui per trascenderlo e percepire di essere un “esponente fisico” di un’intelligenza infinitamente superiore, generatrice e sola vera padrona dell’intera realtà. E c’è anche questo nei vangeli.

Stay tuned!

27 maggio 2014

Una lampadina sui vangeli - I comandamenti

M’è arrivata una folgorazione. Non è la prima, ma era comunque da un po’ che non succedeva. Provo a descrivere il momento esatto come meglio posso, dato che stavolta più delle altre sono riuscito a essere un filino più presente.

Qualche giorno fa ho sentito l’impulso di andare a rileggermi i vangeli. Sarebbe la seconda volta che me li scorro tutti. La prima è stata più di un anno fa. Paradossalmente, finchè ho avuto una visione più cristiana canonica, essendo cresciuto in una famiglia cristiana come tante, non mi aveva mai sfiorato l’idea di sedermi a leggere di Gesù. Poi è arrivata la fase “ateismo acuto” e figurarsi… Dopodichè con il tempo la situazione è andata cambiando parecchio, ma non avrei mai pensato di accostarmi così tanto al messaggio del Cristo. Sia ben chiaro: il fatto di non aver mai letto per intero i vangeli prima di uno schiocco di dita fa, è stato una benedizione. Se fosse accaduto diversamente, infatti, mi sarei trovato di fronte a parole astruse e infarcite mentalmente di un significato molto superficiale che, per di più, nel suo complesso non ha molto senso. Tutto, però, si è incastrato perfettamente e i vangeli, sia canonici che apocrifi, me li sono spupazzati solo dopo qualche anno di “disintossicazione” mentale sull’argomento e di ricerca individuale, vedendo di attingere da fonti diverse e imparando a stimolare un genuino senso critico.

La ricerca, ovviamente, continua. E capita che porti con sè dei momenti, chiamiamoli magici, nei quali è come se un fulmine elettrificasse per un attimo la mente, rendendola improvvisamente sveglia e galvanizzando, con lei, anche il corpo. Sono quei classici momenti della pensata, della lampadina che tac! si accende e in un solo, imprevedibile istante ci si ritrova a comprendere ciò che finora era sempre stato lì, davanti ai nostri occhi ma a noi estraneo, guardato ma mai visto.

Ecco, venerdì nel tardo pomeriggio è stato pressappoco così. Stavo leggendo il vangelo di Matteo, cercando di carpire il senso profondo di quelle parole che non possono essere soltanto un semplice, quanto particolare, racconto di narrativa. Cambiando la chiave di lettura dal Gesù storico, fisico, vissuto 2000 anni fa al Gesù come coscienza, consapevolezza senza forma, spazio nè tempo, rappresentazione della vita stessa che muove ogni corpo, ogni mente e l’universo intero, i concetti espressi prendono un significato molto diverso. Non è più un tizio prodigioso che elargisce regole morali di comportamento in un tempo che non c’è più: è ognuno di noi, la vera essenza di ognuno di noi, la vita stessa nella sua più alta espressione a parlare “all’altro noi”, a quell’aggregato volatile di idee con il quale ci identifichiamo quotidianamente. Gesù è ognuno di noi spogliato di ogni identificazione, in sostanza. Non è tanto diverso dal buddhismo…

Tenendo a mente questa chiave di lettura, stavo leggendo appunto Matteo e, a differenza di un anno fa, quando i vangeli li avevo sì letti tutti ma piuttosto velocemente, stavolta mi son sentito di andare più lentamente e “gustarmi” meglio ogni frase perchè, cazzo, un senso profondo ce lo devono avere. Ho perfino deciso di creare, per ogni vangelo, un file doc nel quale inserire le parti migliori, quelle che più mi “restituiscono” una sensazione di bellezza e verità. Chiamo questi file “Best of”. In questo caso, “Best of Matteo.doc”.

E leggo e leggo, copio e incollo nel file doc e tutto va piuttosto tranquillo, con alcuni punti che parlano di tanto altro oltre le semplici parole. Questo tra mercoledì e giovedì. Poi arriva venerdì, quasi di sera. Sto leggendo il capitolo 22, che a un certo punto recita così:

[34]Allora i farisei, udito che egli aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme [35]e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova: [36]«Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?». [37]Gli rispose: «Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. [38]Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. [39]E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. [40]Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

“Ma certo! E’ ovvio! Come ho fatto a non capirlo prima?!” Finalmente ce l’avevo davanti agli occhi… e lo vedevo! Il senso dei comandamenti, intendo. Dal nulla è emersa una sensazione piacevole, di grande meraviglia. E’ come quando sbatti centinaia di volte la testa contro un concetto senza mai riuscire a capirlo e poi di colpo, in un battito di ciglia, toh: eccolo qui. E’ come quando si legge un testo scritto a mano con una calligrafia discutibile, si arriva a una parola molto importante per il senso del discorso ed è scritta malissimo, uno scarabocchio più simile a una macchia di Rorschach che a una parola di senso compiuto. E si sta per un tempo eterno lì a fare congetture, a provare a interpretarla in tutti i modi, tentando di capire se quella è una “t” o è frutto di un colpo di starnuto improvviso. Nemmeno un dottore scriverebbe così male, li mortacci sua. Poi, dopo tremilaquattrocentocinquantanove tentativi, bam! l’attimo risolutore. Tempozero e l’enigma è risolto. Non era una parola sola, ma due e più precisamente: “cazzo leggi?!”.

I comandamenti non sono precetti da seguire a tutti i costi, sforzandosi come dei pazzi così che non appena capita un evento esterno al quale reagiamo, chessò, in contrasto con il “non desiderare la roba d’altri”, allora ci mettiamo lì nel tentativo di auto-convincerci che in realtà “il desiderio è falso e illusorio e noi non desideriamo nè dobbiamo desiderare”. Non funziona così e i comandamenti non dovrebbero essere intesi in questo senso. Mamma mia che confusione che c’è in giro! Piuttosto che dogmi o leggi da non infrangere (o da illudersi di non infrangere), sono una breve descrizione di ciò che c’è e non c’è nel momento in cui si “prova Dio”, ovvero quando, anche solo per un istante, sparisce ogni identificazione, il dialogo mentale va a nanna e la consapevolezza si espande, facendoci provare un senso di verità profondissima, fuori dal mondo. La famigerata “illuminazione”. In quello stato d’essere, infatti,

1) si è il Signore Dio nostro, non c’è più separazione tra nulla, tra nessun fantomatico “io” e “il resto”;
2) non si hanno più altri dei, nel senso che si percepisce la sola e unica verità e non ci si lascia più ingannare dal mondo;
3) non si pronuncia il nome di Dio invano, perchè ogni parola è in un certo senso “guidata” da quella sensazione di perfezione;
4) ogni giorno è il settimo giorno, per cui è santificazione totale;
5) si onorano il padre e la madre in ogni declinazione, da quella fisica/umana, a quella naturale, astrofisica, fino a quella archetipica delle due polarità, del dualismo;
6) l’omicidio è totalmente fuori discussione;
7) idem l’adulterio, dato che non solo sparisce l’attaccamento a qualsivoglia desiderio (non è più nemmeno un desiderio…) ma anche l’istinto sessuale viene totalmente trasceso, per cui il problema non si pone;
8) rubare? E perchè?
9) dire falsa testimonianza? Impossibile quando c’è solo verità;
10) desiderare la roba d’altri e la donna d’altri… Ma va! Perchè attaccarsi alla materia? Tanto non è eterna come noi…

I comandamenti svolgono due funzioni: da un lato mostrano ai “profani” che cosa si prova quando si “entra nel regno dei cieli” e dall’altra potremmo dire siano una sorta di lista di controllo per chi, essendo già nell’estasi divina, avesse comunque dei dubbi sulla veridicità dell’esperienza. Tutto qua.

Vogliamo aggiungere i due comandamenti espressi da Gesù nella citazione di prima? Perfetto, ci rientrano tranquillamente;

1) “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. E’ ovvio, è il significato stesso di “illuminazione”, “realizzazione” eccetera;
2) “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Altrettanto ovvio.

Ma non ci si sforza di “amare il prossimo come noi stessi”: è spontaneo, emerge naturalmente, senza impegno nè altro. Basta fare spazio internamente, sciogliere un po’ i lacci delle identificazioni e delle dipendenze. Piano piano, poi, quella roba lì emerge da sola.

Bellissimo poi quando Gesù dice che il secondo comandamento è simile al primo. E’ così, ha perfettamente ragione: sono la stessa cosa espressa in due modi diversi. I farisei e i sadducei siamo noi nel nostro caos quotidiano, noi quando non siamo “nel regno dei cieli” ma ci perdiamo nei nostri mille falsi volti, perdendo di vista il fatto di essere la vita stessa, ovvero Gesù stesso.

Figata, eh? Quando è sorta questa presa di consapevolezza ero anch’io “un fariseo”, un ego vivente, e naturalmente lo sono ancora. Dopo aver provato questa folgorazione, mi sono chiesto: “Da dove viene? Da dove è venuta?” La risposta è stata: “Non lo so. Non da me (inteso come ego, personalità eccetera), non l’ho pensata io”. E questo, per me, è più che sufficiente, è un punto fondamentale a sostegno della sua autenticità. Ovviamente PER ME è un punto a favore: voi non dovete assolutamente crederci a prescindere, dato che non è capitato a voi in prima persona. Però è una figata…

;)

21 maggio 2014

De buch is on de teibol - II

Nel post precedente vi avevo fatto una domandina semplice semplice: voi, nella vostra vita, avete mai visto un tavolo? Spero siate stati onesti e sinceri con voi stessi, nel dare la vostra risposta. Qualcuno, che ringrazio, l’ha messa pure nei commenti al post. Tanto non ci sono risposte giuste o sbagliate ed è tutto libero da giudizi. Comunque sia, la domandina serviva per portare alla luce una realtà incredibile quanto sconcertante: noi non vediamo il mondo. Non lo vediamo, non lo percepiamo, ci scappa da sotto il naso. Siamo convinti di vederlo. Ma non lo vediamo. Vediamo sempre una descrizione del mondo, fatta di parole ed etichette. Ma il mondo reale non lo vediamo. Badate bene: con “mondo” intendo tutto, noi compresi.

Il tavolo della domandina sa di essere un tavolo? No: è quello che è. Siamo noi a dargli un nome ed è giusto che sia così, altrimenti è un macello, non ci si raccapezza più. Il limite però è sottile e noi l’abbiamo superato: il nome, da mera etichetta, è diventato l’oggetto stesso. Abbiamo sostituito alla realtà una sua rappresentazione arbitraria e non ci accorgiamo nemmeno del disastro. Perchè non ne abbiamo consapevolezza. Quindi le cose e gli esseri viventi non sono più “quello che sono”, ma sono: un tavolo, un albero, una persona, un uomo, una donna, un cane, una macchina. Per noi il mondo è questo qua:

Tra le varie parole, aggiungete pure “tavolo”

Letteralmente.

Noi stessi non siamo più ciò che siamo. Essere ciò che si è equivale a dire “realizzazione”, “illuminazione”, “Cristo”. Noi, invece, crediamo di essere. Ecco il grande ingannatore. Crediamo di essere Salvo Mastanco, nato 36 anni fa a Sanprepuzio Invaginato, junior market analist per la Place-In-Your-Ass assicurazioni, amante delle auto e del colore verde, delle bionde, dell’astrattismo maculato, accanito elettore del Partito Deituoisoldi, tifoso dell’Interlan, laico catto-induista, fidanzato tre volte e mollato quattro, placido e spietato, laureato in economia internazionale – specializzazione “commercio eco-sostenibile della lanetta dell’ombelico”, acerrimo oppositore della risoluzione Onu sulla limitazione del fosfato pneumo-idrogenato ai paesi del Terzo Mondo. E altre mille puttanate simili. (Un saluto agli amici di Sanprepuzio Invaginato)

Forse è una questione a cui non diamo molto peso, ma a Salvo basta un colpo in testa ben assestato per farlo entrare in coma. E può benissimo capitare che, una volta sveglio, non riconosca più i suoi cari. Può anche cambiare improvvisamente carattere e diventare letteralmente un’altra persona, irriconoscibile. Da amante del colore verde può diventare cultore del rosso; non è più tifoso dell’Interlan ma della Torintus, diventa ateo-buddhista, scontroso e sensibile, tendente a scacciare quello schifo infantile dell’astrattismo maculato in favore del neorealismo ad acqua. Cambia completamente, molla moglie e figli, tanto manco li conosce, e scappa con una brasiliana 23enne di nome Gnocchinha.

Ma cosa è cambiato davvero? Lui o la sua personalità? Per come la vediamo noi, è cambiato lui. Questo perchè siamo identificati con la nostra personalità, con tutto quel mare di idee/gusti/convinzioni/modi di pensare che abbiamo assorbito da quando siamo nati. Ma la vita, quella roba che muove il corpo e la mente di Salvo, non se ne è mai andata e non è mai cambiata. La vita è la vita. Che siamo tristi, felici, incazzati o innamorati, la vita è la stessa medesima. Siamo noi, quella roba lì. La personalità cambia, le emozioni ci trascinano dal paradiso all’inferno, ma la vita non si muove. Il fatto che diciamo “vivo la mia vita” è indicativo del caos nel quale siamo immersi. Nessuno vive niente: siamo già la vita stessa. Ma non ce ne accorgiamo perchè abbiamo schiacciato noi stessi sotto un mare di cagate alle quali continuiamo a credere. Quindi, per noi sono reali. A tutta questa marea di informazioni “artificiali”, impiantate, aggiungete l’aspetto biologico-animale, quello del corpo e degli istinti ormai fuori controllo per via del caos mentale. Non siete nemmeno l’animale: l’animale esiste perchè c’è la vita a renderlo possibile. Voi rendete vivo l’animale.

Per come stiamo messi, il tavolo della domandina nel post precedente è realissimo, ma basta fare un piccolo balzo “in alto” per capire che in verità non esiste. E’ finto, irreale, non c’è. Non è un tavolo: è quello che è. “Realizzarsi” significa mollare tutto: nome, cognome, modi di pensare, tifi vari, emozioni. Mollare tutto, smettere di rimanerne appiccicati. Per farlo è necessario rendersi conto di cosa siano in realtà. Una volta presa la consapevolezza il nome sarà solo un nome, il cognome solo un altro nome, i modi di pensare solo alcuni schemi tra tanti, i tifi solo dei passatempi scherzosi e le emozioni solo dei capricci. Tutti strumenti utili per la comprensione, ma destinati ad essere mollati, trascesi.

Uso il “voi” così ve la faccio pesare di più. Volete capire quanto siete rincoglioniti? Ok, lasciate perdere il tavolo e rispondete a questa, di domanda: chi siete voi?

Fermi! Fermate la testa! Sta già vagando. Se avete avuto la lucidità di scartare nome, cognome, animale eccetera, scommetto il mio testicolo destro che siete già partiti di immaginazione nel tentativo di appigliarvi a un concetto, a una risposta. Vi state inventando una definizione, state vagando nel mondo della fantasia. Perchè? Perchè siete superbi, già convinti di avere la risposta, e non vi piace/non volete ammettere la verità: non sapete chi siete. E’ inutile illudersi con espressioni tipo “sono spirito”, “sono anima”, “sono un’emanazione di Dio” e simili. Dietro queste parole c’è il vuoto. Poco fa ho scritto: “Nessuno vive niente: siamo già la vita stessa”. Bello, bellissimo, figata. Ma cosa significa davvero? Non lo sapete. Prendete la parola “vita” e la farcite con delle definizioni arbitrarie, che avete appreso da altri. Ma non c’è un vero sentimento, una vera comprensione delle parole finchè vi aggrappate a concetti mentali, li seguite e vi convincete siano reali. Lasciateli andare (tanto non sono vostri) e arrendetevi di fronte alla verità: non sapete chi siete. Fate un bel respiro profondo. Fatene un altro. Ascoltate quello che c’è. Non provate ad ascoltare: ascoltate.

Rendersi conto effettivamente (ovvero sentirlo dentro) di non avere idea di chi siete è un passo avanti chilometrico. Potete andare a sentire millemila pseudo-guru, life coach e altri cialtroni dalle belle parole, spendendo magari cifre a due o tre zeri e una quantità spropositata di tempo senza fare il minimo passo avanti. Il motivo è semplice: le loro belle parole non smontano ma anzi gonfiano ancora di più il vostro cosiddetto “ego”, ovvero ciò che credete di essere, i vostri modi di pensare e percepire, di rispondere agli stimoli del mondo. Fanno soldi dicendo alle persone, tendenzialmente con problemi di autostima, depressione, smarrimento o semplicemente rincoglionite, che “sono esseri meravigliosi, capaci di imprese straordinarie. Potete ottenere quello che volete, se lo volete davvero. Siete fantastici! Forza, alzatevi in piedi e gridatelo al mondo intero: ‘io sono bellissimo!’ Forza!”

Cazzate! E’ solo un altro modo per farli fuggire dalla loro condizione di miseria. Stanno male, evidentemente, e tu cosa fai per aiutarli? Li fai scappare (ancora) nel mondo della fantasia, li fai autoconvincere di nuove vaccate. Non è una cura, è un’altra inculata bella e buona. Non siete meravigliosi, stupendi, dei capolavori: siete delle merde ignoranti. Fate schifo, non siete niente. Guardate in faccia la verità, per una volta nella vita. Come vi sentite? Sentite di essere perfetti, fantastici? Ne dubito fortemente. Quindi, al momento, la realtà per voi è una sola: siete delle merde, la miseria fatta a persona. E allora smettetela di raccontarvi palle su palle. Smettete di fuggire, tanto non funziona: anche lo scappare è una mera fantasia perchè dalla realtà non si scappa. Si pensa di scappare, ci si illude di riuscirci. Ma non si scappa. E’ il miglior primo passo che possiate fare, la presa di consapevolezza “di base”. Poi sarà anche vero che siamo perfette emanazioni divine, che la realtà è intrinsecamente “buona” eccetera eccetera ma, al momento, non è quello che percepiamo. E’ pura immaginazione, basata su immagini mentali arbitrarie e costruite per aria. Lasciatele andare e ascoltate quello che c’è ora.

Esercitate la presenza. Sentite Renzi in tv e ogni parola lanciata dalla sua bocca è per voi un’offesa all’intelligenza? Reagite. Nel momento stesso in cui lo fate, siate presenti, testimoni della reazione. Non è nemmeno un’auto-osservazione o uno sviluppo dell’attenzione: è proprio… esserci, presenza, essere lì in quel preciso momento. Arriverà una presa di consapevolezza e un istante dopo sorgerà immediatamente una domanda: perchè? “Perchè ho reagito così?” Vi accorgete, per la prima volta in vita vostra, di aver reagito allo stesso modo già altre mille volte, sempre in risposta al medesimo stimolo. E non ve ne eravate mai accorti. Ovvio, non c’eravate. Non c’era consapevolezza, presenza, vita, niente: era tutto automatizzato. E’ come quando premete il tasto “P” sulla tastiera. Cosa vi aspettate di vedere sullo schermo? Una “V”? No, è meccanico, pre-definito, non è propriamente intelligente. Schiacci “P” ed esce “P”. Sempre. Ecco: siete voi in questo momento. Sopiti, addormentati, trascinati dall’intelligenza minima della sopravvivenza, arricchita da un oceano di idee e convinzioni che non vi appartengono. Infatti non è un caso se siete a disagio…

Siate vigili, presenti. Non immaginate i cambiamenti che potrebbero sorgere: emergeranno spontaneamente, alcuni piccoli e altri più grandi. E piano piano il mondo diventerà più chiaro, meno nascosto dai significati arbitrari dati alle parole. Diventerà più vero. Arriverà il momento che alla domanda “voi, nella vostra vita, avete mai visto un tavolo?” risponderete qualcosa tipo “E’ da una vita che non ne vedo uno”. Che ne so, sparo a caso. Comunque la risposta cambierà spontaneamente perchè sarà cambiato qualcosa dentro, senza sforzo, senza congetture su cosa fare e cosa dire e come comportarsi. Sarà tutto spontaneo.

19 maggio 2014

De buch is on de teibol

Vi faccio una domanda, semplice, senza giri di parole, trabocchetti, analogie o metafore. Se volete rispondere nei commenti sentitevi liberi di farlo. Non ci sono risposte giuste o sbagliate, non ci sono giudizi o pregiudizi: rispondete con onestà e sincerità. Tutto qui. Sì/no/non so. La domanda è questa:

Voi, nella vostra vita, avete mai visto un tavolo?

14 maggio 2014

Il miglior risultato del M5S

E’ una sottigliezza. Non è fatta di proclami, promesse nè programmi elettorali. Potete notarne un esempio nel video qui sotto. E’ un pezzo della trasmissione “Che tempo che fa” nel quale il vice direttore de La Stampa, Massimo Gramellini, parla dell’imminente partecipazione di Beppe Grillo al programma “Porta a porta” di Bruno Vespa. Prego la regia di agevolare il filmato.

http://www.rai.tv/dl/RaiTV/programmi/media/ContentItem-9b4a5b22-26c8-419e-905a-8af92270f7bc.html

Purtroppo i geni della Rai non l’hanno caricato su Youtube, per cui non riesco a incorporarlo nell’articolo. Comunque basta cliccare sul link qui sopra e andare al minuto 30 circa.

Gramellini mostra un video del 1983 nel quale si vedono Grillo e Vespa insieme. Dopodichè riporta alcune parole scritte da Grillo sul suo blog nel 2008 e indirizzate proprio a Vespa, ovvero:

Bruno Vespa è un danno per il Paese, per l’informazione libera e per l’economia. Devespizziamo la Rai a partire da questo insetto. Non comprate più i prodotti pubblicizzati all’interno di Porta a Porta.

Ecco cosa aggiunge Gramellini:

Io gli auguro [a Grillo] che i suoi elettori non lo prendano alla lettera, visto che stavolta il prodotto pubblicizzato all’interno di ‘Porta a porta’ sarà lui.

Gelo in studio. Nessuno ride. Il nulla. Manca solo il fischio del vento e la palla di fieno ruzzolante. Fazio prova colmare il silenzio con una delle sue considerazioni da spalla pseudo-comica in veste pseudo-intellettuale ma con scarsi risultati, tanto che lo stesso Gramellini evidenzia subito ironicamente l’imbarazzo:

Era di gran lunga la più bella battuta che ho detto nella mia vita. Non ha riso nessuno. Sono disperato.

Applauso del pubblico per sottolineare l’apprezzamento all’autoironia.

Ora proviamo a immaginare una notizia del genere ma cambiando il protagonista. Facciamo che al posto di Grillo mettiamo Berlusconi e facciamo finta che “Porta a porta” sia un inespugnabile feudo della miglior Sinistra, di quella vera e stoica. Quindi: 1983 – Berlusconi insieme a Vespa; 2008 – Berlusconi si scaglia nettamente contro Vespa e il suo programma di comunistoni falce e martello, inneggiando alla “devespizzazione” della Rai. Gramellini dice la stessa identica battuta:

Io gli auguro [a Berlusconi] che i suoi elettori non lo prendano alla lettera, visto che stavolta il prodotto pubblicizzato all’interno di ‘Porta a porta’ sarà lui.

Che reazione vi immaginate, da parte del pubblico in studio? E da parte vostra? Risate/risatine e applausi a scena aperta. Come mai? Perchè con Grillo no?

Perchè ironizzare nel senso di ridicolizzare/screditare il Movimento 5 Stelle non piace troppo. A parte i più convinti (e rincoglioniti, aggiungerei) berlusconiani o renziani o altre idiozie terminologiche simili, al resto delle persone non piace ridere di scherno verso Grillo e i 5 Stelle. Il motivo è presto detto: sono diversi, si differenziano nettamente dall’informe massa di cialtroni prezzolati che ormai hanno sfondato da parecchio il limite dello schifo e del ribrezzo. I 5 Stelle vengono percepiti come migliori, come unica e credibile alternativa all’immondizia del resto del Parlamento. A parte qualche elemento, tipo Vito Crimi, sugli altri e sul Movimento in generale è estremamente difficile riuscire a fare un’ironia “distruttiva”: la gente non l’appoggia e alle persone non viene da ridere. E’ un segno della credibilità e della serietà operativa che il Movimento è riuscito a costruirsi.

Prendiamo Crozza, toh, e il suo “Crozza nel paese delle meraviglie”. E’ da più di un anno che prova, giustamente essendo un comico, a ironizzare sui 5 Stelle e qualche volta c’è pure riuscito bene: qualche pezzo su Crimi, Casaleggio che “profetizza” delle assurdità sul futuro. Poi ha provato a caricaturizzare Grillo, facendogli dire una cosa e un attimo dopo l’esatto contrario, perchè “è un comico e quindi deve sempre stupire il pubblico”. Ha fatto ridere, effettivamente, ma come caratterizzazione del personaggio non c’ha preso granchè: Grillo non mi sembra cambi idea ogni due per tre, anzi: quello che dice una cosa e ritratta o cambia versione dopo tre secondi mi pare di ricordare essere un altro. Quindi, mmm, ancora non ci siamo. Ultimamente è venuto fuori con “Game of streaming”, una parodia in salsa 5 Stelle del “Trono di spade”, con risultati altalenanti.

Ma si è dovuto inventare una roba del genere per provare a schernire il Movimento e, anche qui, non ci riesce clamorosamente. Per deridere gli altri personaggi, di solito, bastano una parrucca e dei baffi. Maroni, Bossi, Berlusconi, Brunetta, Renzi, Formigoni, Razzi, Bersani, Ingroia, Monti, Napolitano (senza nemmeno la parrucca, tra l’altro), Salvini, perfino la Merkel. Indubbiamente, fa più ridere “Game of streaming” o un Formigoni? O un Bossi-Maroni? E poi tutti questi personaggi li ha imbroccati subito, al primo colpo: solo dopo, al limite, ha inserito qualche variazione comunque secondaria, più che altro per non diventare eccessivamente ripetitivo.

La gente non è troppo disposta a vedersi deriso il Movimento 5 Stelle, anche perchè, oltre al discorso sulla credibilità, di personaggi palesemente incompetenti o che comunque offrono il fianco alla derisione popolare non è che ce ne siano molti. Sì, si può ironizzare su alcune sparate di Grillo o su Casaleggio. O su Crimi. Ma non c’è il Renzi di turno, o il Formigoni a catalizzare ridicolmente la scena: ci sono persone comuni che si danno da fare e si ha la percezione che senza di loro saremmo totalmente nella merda. Poi si può discutere se sia effettivamente così o se invece sia solo una percezione, se siano davvero loro il cambiamento o se siano anche loro manovrati dai soliti noti (e non), ma l’alone di credibilità verso il M5S c’è. E non è cosa da poco.

09 maggio 2014

E’ tutto meravigliosamente paradossale

Ho letto un breve articolo che parla di un’esperienza della cosiddetta “illuminazione”. Dentro ci ho trovato tanti elementi praticamente identici a quelli che ho avuto il culo di sperimentare anch’io, un paio di volte. Ma leggendo le parole di quell’articolo e ricollegandole alla mia esperienza personale, è sorto un pensiero, forse una sorta di constatazione. Vi metto qui giusto un paio di frasi dall’articolo, unite a un altro paio di frasi tratte dai miei post su quella che ho chiamato “piccola espansione di consapevolezza”.

(tratto da RicercheDiVita.blogspot.it)

"Non ci sono parole per spiegare ciò che ho provato in questo mio primo intensivo di illuminazione ma tento lo stesso di descriverlo: è come aver fatto l’Amore con Dio, mi sono sentita inondare e riempire il cuore di Amore, mi sono sentita per la prima volta immensamente amata. […] tutto il dolore che era compresso si è frantumato e dissolto in un attimo. Da quel momento in poi ho iniziato a sentire tutto l’Amore universale riversarsi nel mio cuore in modo immenso ed infinito. […] ho sentito un senso di pace e beatitudine infinita, non avevo più bisogno di niente, credo di aver capito come si sta in paradiso, mi sono sentita dissolvere ed essere ovunque, abbracciare il mondo intero.

E ora ecco le mie.

Il continuo dialogo interiore si è improvvisamente fermato in toto, lasciandomi un meraviglioso quanto incredibile silenzio. […] Questo silenzio mi ha permesso di provare una straripante sensazione di amore indistinto per chiunque avessi intorno e per qualsiasi situazione in cui mi trovassi. Avete presente quando siete innamorati alla follia di una persona? Ecco, prendete quella sensazione, moltiplicatela per n-volte ed estendetela da voi stessi all'intero universo. Era un amore incredibile in primis verso di me e, come conseguenza, verso tutto il resto. E' indescrivibile... Ogni azione che compievo mi sembrava di compierla per la prima volta nella mia vita […] Mi sono reso conto di quanto noi siamo convinti di vivere ma in realtà stiamo non-vivendo […] Ricordo distintamente dei momenti in cui camminavo per strada e riuscivo a riconoscere l'unicità anche di un palo di ferro grigio con un segnale stradale attaccato: non era un palo di ferro qualunque, era quel palo di ferro, unico in tutto l'universo, straordinario nella sua perfezione. […] E non parliamo del giudizio e del giudicare. Cosa sono? Si mangiano? Non ce n'era neanche l'ombra: l'unica presenza era la vita. Punto.

Fantastico, bellissimo, trascendente. Vi auguro davvero dal più profondo del cuore di avere occasione di sperimentarla perchè è un qualcosa di indimenticabile. Quella sensazione di verità profonda… Adesso ne ho solo un ricordo, ma è stato qualcosa di vero. Ma vero, ma vero, ma vero, vero, vero, vero, vero. Si poteva sentire la verità, annusarla, toccarla, percepirla ovunque, letteralmente ovunque.

E adesso, invece? Eh eh, adesso cippa. C’è il ricordo delle sensazioni. C’è sicuramente stata una presa di coscienza che fornisce un’immagine del mondo diversa da prima, per cui è da questo che parto ed è a questo che torno quando parlo del tanto rumore e della tanta confusione presente nel mondo in relazione a noi stessi e alla spiritualità/religione. C’è la voglia di entrare di nuovo in questo stato di percezione. E di rimanerci. Paradossalmente è proprio questa voglia, o desiderio, a bloccare la strada. Insieme ad altri mille motivi, ovviamente.

Ma la constatazione che è sorta si riferisce proprio al forte contrasto presente nell’intera faccenda. Come è possibile che una roba del genere, così palese, così profonda, così totale, così vera sia anche così difficile da percepire? Dovrebbe essere la norma: ognuno di noi dovrebbe, in questo stesso momento, essere nella completa contemplazione dell’esistenza, nel suo intimo sentire. D’altronde è l’esistenza, mica pizza e fichi. Eppure non è così. Questa meraviglia è per noi normalmente sconosciuta. E’ qui, ce l’abbiamo davanti e dietro agli occhi, la respiriamo… ma non la percepiamo se non molto, ma molto superficialmente e in maniera distorta, ma molto distorta. Va che è incredibile, è una meraviglia anche questa: hai “Dio” ovunque e in ogni istante… ma puoi stare per anni e anni senza “vederlo” nè “sentirlo”. Altro che l’elefante nella stanza.

E’ pazzesco, è palesemente “un’illusione”, è uno stato di percezione “finto”, “parziale”, “non vero”, “non reale”. E’ una magia: ti fanno, e ormai ti fai tu da solo, sparire la vita da sotto il naso senza accorgertene e, anzi, ti convinci di essere davvero vivo. E’ lì, cazzo. Sono tre carte: un re di quadri, un due di fiori e un re di picche. Il re di quadri è lì, sulla destra. Mischiamo un po’ le carte ed eccolo lì, ovviamente al centro. Non lo perdi di vista neanche un attimo. Mischiamo ancora: bravo, è tornato a destra. Mischiamo: certo dai, è a sinistra. Mischiamo ancora, ti va? Adesso, dov’è? Accidenti che peccato! E’ proprio un peccato! E’ un re, sì, ma è quello di picche. Riprova, dai. Hop hop hop hop hop, è qua lo vedi? Hop hop hop hop. Vai, scegli. Ma no! Non è al centro! Dai, riprova.

E così via. Straordinario, magnificamente perfetto.

01 maggio 2014

L’uomo nel mezzo - parte II

Quando il tempismo ci si mette è davvero capace di piccole magie. Come avrete probabilmente letto sul blog, da circa un paio di settimane la mia attenzione si è spostata abbastanza sul discorso ego/diavolo/dualismo/uomo nel mezzo. L’ultimo articolo che ho pubblicato sull’argomento aveva, nel titolo, la dicitura “parte I” perchè avevo già in mente di scriverne il seguito mettendoci dentro alcune frasi di Gesù tratte dai vangeli canonici e, specialmente, dagli apocrifi. Tanto per far capire che il discorso sull’ego è estremamente correlato col principio cristico della piena e pura realizzazione di Dio nel corpo umano. Manco a farlo apposta, sullo schermo del mio computer compare un video: “Intervista a Roberto Dal Bosco – Il volto oscuro del buddismo”, inserito in un articolo del sito LoSai.eu (oh, è la seconda volta in pochi giorni che prendo spunto da ‘sto sito). Che c’entra il buddismo?, chiederete. Non tantissimo, effettivamente. Quello che mi ha ispirato è più che altro contenuto nelle parole del Dal Bosco. Contrariamente a quanto lui ritiene, c’è un discreto parallelismo tra alcune delle idee buddiste da lui aspramente rigettate e quelle cristiane a cui invece tiene tanto.

Come avrete già intuito, ci risiamo: c’è un tizio che dice alcune cose, lo ascolto, vedo dei tratti che ritengo non propriamente corretti e inizio a martellare parole digitali e sentenze durissime verso il povero malcapitato. Quindi tengo subito a precisare: non ce l’ho con le persone, manco le conosco. Tutti gli articoli nei quali sembra voglia distruggere le opinioni altrui, elevandomi a detentore della verità assoluta e manifestazione fulgida della Parola, dovrebbero essere intesi solo come esempi, ovvero: le persone delle quali parlo non sono il bersaglio diretto delle mie invettive. Non ce l’ho con loro, non mi ritengo più sapiente e men che meno migliore. Loro esprimono delle idee, dei concetti, delle interpretazioni: io le ascolto e capita che, nei loro ragionamenti, veda quelle che io ritengo essere “imprecisioni” o “incongruenze”, le quali sono più diffuse di quanto non si creda. Per cui, ad esempio, oggi prendo Dal Bosco ma non per affossarlo o per entrarci in polemica o per esibire la maggiore lunghezza del mio pene: è solo che mi è capitato di sentire da lui alcune idee sulle quali si può discutere. Funge da megafono, ecco. Magari sono idee che avete pure voi o sulle quali non avete mai riflettuto. Tutto qua.

Ora si può cominciare. L’articolo inizia così.

“Abbiamo già riportato un‘intervista a Roberto Dal Bosco, scrittore italiano autore del libro Contro il Buddismo. Dal Bosco ha viaggiato diversi anni in India, Cina, Giappone, ecc. e parla le lingue orientali. Purtroppo tanti occidentali conoscono solo alcuni aspetti, spesso distorti, delle grandi religioni politeiste.”

Fantastico, la mia curiosità è ai massimi. Così, tanto per giocare un po’, aggiungerei una piccola frase: “purtroppo tanti occidentali conoscono solo alcuni aspetti, spesso distorti, anche delle grandi religioni monoteiste”. Via adesso: facciamo partire il video.

Dal Bosco parte dicendo che il buddismo nega l’essere: “Il nulla è la perfezione buddista” ed è un’idea “estremamente deleteria”. “La civiltà si costruisce sull’essere, sulla vita”. Il buddismo vuole rinchiuderti in un “solipsismo personale”, farti “riconoscere che la vita non vale nulla, che in verità è solo un’illusione”. “Questo è un pensiero malvagio”. Parla poi della figura “nemmeno molto centrale” del Buddha, il quale, a differenza di Gesù, non è Dio, non è parte di alcuna Trinità, non è “nemmeno consostanziale al Creatore”. Infatti,

“Nessuno mi ha mai spiegato, per il buddista, chi è che ha creato qualcosa. La realtà non è nemmeno creata, per i buddisti: è emanata. Emanata da cosa non si capisce, non lo capiscono neanche loro.”

Prima obiezione (alle idee, ripeto, non alla persona). A voler ben vedere, nemmeno il cristianesimo nell’interpretazione classica mi sembra fornisca una risposta così soddisfacente. Chi ha creato l’universo? Dio. Eh… grazie ar cazzo, quindi? Che mi rappresenta? Potevamo chiamarlo “Manolo”, tanto per dire, ma il problema sarebbe rimasto. Chi o cosa è Dio? E’ un essere. Ooh, è già qualcosa. E poi si entra nel vortice dell’antropomorfizzazione di Dio, facendolo diventare un tizio invisibile, là fuori. La base di ciò? Un’interpretazione di un passo biblico della Genesi:

[26] E Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». [27] Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.”  Genesi 1, 26-27

Sorvoliamo sulla prima persona plurale. Dall’interpretazione del passo, come sempre esteriore e basata sulla superficialità, si giunge alla conclusione: Dio ha forma d’uomo. Potrebbe mica essere, invece, che l’uomo e la donna sono “a Sua immagine e somiglianza” nel senso che rappresentano, in maniera chiara e di facile comprensione per la mente, i princìpi maschile e femminile presenti in ogni dove nell’universo a qualsiasi livello? Le due polarità dell’energia, la cui unione riporta all’unità originale? Sarà mica che uomini e donne hanno, al loro interno, una rappresentazione “in scala” a questo livello delle caratteristiche divine? Un frattale, cioè un disegno che si ripete a diverse grandezze? Forse funziona così: essendo questi dei concetti come minimo molto difficilmente immaginabili dalla mente, per non dire proprio inimmaginabili, sono stati “semplificati” facendo riferimento alla loro “versione fisica” per convogliarli più efficacemente.

Comunque sia, il cristianesimo nell’interpretazione dominante non mi fa capire davvero chi o cosa ha creato l’universo. Mi mette davanti un nome associato a un umanoide e stop. A questo punto, “creato” o “emanato” fa poca differenza.

Dopodichè Dal Bosco torna sulla “negazione dell’essere”. “Paragonare anche solo morfologicamente il discorso di Buddha al discorso di Cristo è… folle.” Poi parla del tantrismo e di alcuni rituali di degradazione “fisica e spirituale” onestamente allucinanti, su questo sono d’accordo, il tutto con il fine dell’illuminazione.

Questa è una cosa che il cristianesimo non ha e non può avere, cioè: c’è il bene e c’è il male. Non è tutto confuso. Quello che è santo, è santo: quello che è maledetto, è maledetto. Nel buddismo, come in tante religioni pre-cristiane, il santo e il maledetto si toccano.

Stiamo entrando un po’ nel discorso “uomo nel mezzo”, neh? “Assoluto” e “relativo”? “Riunire gli opposti”? Sostanzialmente, riunire gli opposti significa essere consapevoli di una piccola cosuccia, forse insignificante: la perfezione della creazione. La perfezione di Dio, tanto sbandierata dai cristiani incalliti e poi puntualmente disattesa quando si tratta di spiegare avvenimenti orribili. In questi casi viene comodo Satana… Che poi, a ben vedere, non è neanche sbagliato ma bisogna esplicitare il cambio di contesto. E qua torniamo alle “due definizioni” di Dio: assoluta e relativa. Il “mondo” relativo “viene” dall’assoluto e, tramite il vivere quotidiano, pone in essere tutte le esperienze necessarie per generare la consapevolezza massima, ovvero proprio quella dell’assoluto, quella della non separazione, dell’unità totale dell’esistenza. In termini assoluti, dunque, tutto è splendidamente perfetto, Satana incluso; in termini relativi è possibile fare una distinzione mentale tra il “bene” e il “male”, o tra Dio (relativo) e Satana, se vogliamo metterla in questi termini. La vita in questo mondo ha il solo scopo di… vivere sè stessa, che non significa altro che divenire consapevole della sua stessa perfezione assoluta. Dunque, tutta ‘sta baracca intrinsecamente conflittuale (è relativa/dualistica, dopotutto) porta inevitabilmente a “far toccare” il santo con il maledetto. Nel momento in cui la consapevolezza personale raggiunge questo livello, ecco la percezione dell’assoluto, della perfezione, della incalcolabile bellezza dell’universo intero e di ogni sua singola e minuscola parte. Ecco la riunione tra il Dio “relativo” e quello assoluto. Mi sono spiegato minimamente bene?

Continuando nel video, Dal Bosco fa poi una carrellata di esempi di degenerazione del buddismo. E’ molto interessante… ma la salto piè pari per un motivo molto semplice: si parla di persone buddiste che fanno, o hanno fatto, delle cose orribili o quantomeno discutibili in nome del loro credo. In pratica, si scende al livello dell’interpretazione individuale arbitraria dei concetti fondamentali espressi nei testi sacri di riferimento. Non mi interessa. Non mi interessano cosa le persone facciano con/di questi concetti: mi interessano i concetti stessi, nero su bianco. Inutile ricordare le innumerevoli vittime causate da alcuni cristiani “in nome di Dio”… Ma questo significa forse che i concetti cristiani siano malvagi o sbagliati? No, significa solo che sono stati storpiati da un branco di deficienti esaltati e senza un cazzo di meglio da fare nella vita. E’ troppo semplice, oltre che superficiale e sbagliato, giudicare una religione o una filosofia spirituale solo in base al comportamento scellerato di alcuni suoi esponenti. Meglio sarebbe andare alla radice, ai concetti massimi del relativo credo, e vedere un po’ cosa dicono.

Arriviamo alla fine del video. Si parla di meditazione.

Tutti queste pratiche, questi esercizi di meditazione servono essenzialmente a separare te dalla tua realtà. Ancora peggio, a separare te da te stesso. Da chi sei, da quello che fai, dai tuoi peccati, dai tuoi problemi. La meditazione, lo yoga […] sono la putrefazione della società. […] una società che non vuole più assumersi responsabilità […] che non riesce più ad accettare la realtà per quella che è e se la vuole immaginare in un altro modo […] una storia che però alla fine è senza parole, senza immagini, senza persone.

Uo uo uo, un attimo, un attimo. Qui ritorniamo al discorso di inizio video: la “negazione dell’essere”, il “nulla” come perfezione buddista. Intanto, la meditazione vera e propria non è una pratica, contrariamente a quanto comunemente si pensa. La meditazione è uno stato dell’essere: sedersi con le gambe incrociate nella famosa posizione del loto è una pratica, così come lasciare scorrere i pensieri della mente superficiale è una pratica. Così come la preghiera è una pratica. Il fine è la meditazione o, meglio, lo stato meditativo il quale è l’esatto contrario della “separazione di te da te stesso”: è la riunificazione di te con il divino assoluto. Il che, tra parentesi, non significa nè immaginare una realtà diversa, nè tantomeno è la negazione dell’essere. Anzi, ne è l’esaltazione massima, il riconoscimento dell’essere anche in un palo dei cartelli stradali. E che quell’essere lì è esattamente ciò che sei tu!

Dal Bosco parla anche della “nullificazione dell’io” come fine del buddismo. “Uomo nel mezzo” power, qui. E’ vero: lo scioglimento dell’io è il fine del buddismo. Ma anche del cristianesimo. Cito:

[24] Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. [25] Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.”  Matteo 16, 24-25

A chi si riferisce con quel “rinneghi sè stesso”? E per seguire chi? Perchè uno che vuole salvare la propria, la perderà? E chi la perderà per causa Sua, la troverà? A me sembra parli dell’uscita dall’ego, ovvero dalla parte chiamiamola “biologica” dell’esistenza, da quella animale. E’ l’uscita da quella parte dell’essere che nasce qui, in questo mondo, ne è sottoposta e che in questo mondo morirà. E’ l’uomo nel mezzo, quella “cosa” che in un modo o nell’altro ci ha “convinti” di essere lei, ci ha “ingannati”. “Uscire” significa diventare consapevoli di una natura più profonda, superiore, più vera (per la precisione, ziliardi di volte più vera di quanto sia umanamente pensabile). Significa sentire dentro l’amore incondizionato e sentirsi una sua emanazione diretta. Significa realizzare pienamente Dio attraverso sè stessi e viceversa, al punto che “Dio” e “sè stessi” diventano parole praticamente senza senso, quasi sinonimi. Così come sinonimi diventano “Dio” e “gli altri”, o “Dio” e “il mondo”, o “Dio” e “l’universo” eccetera. Improvvisamente tutto punta nella stessa direzione. “Bene” e “male”, “santo” e “maledetto” perdono di senso: tutto è assolutamente “Bene”, tutto è assolutamente “Santo”. Dentro quest’assoluto c’è il dualismo, c’è la distinzione, c’è la nascita e la morte eccetera. Uscendo dal relativo, ovvero perdendo “la propria vita” per causa del Cristo (realizzazione di Dio), si trova la vita vera, quella totale. Probabilmente ne avrete sentito parlare come “seconda nascita”. Cito Gesù quando parla a Nicodemo:

[3] Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio». [4] Gli disse Nicodèmo: «Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». [5] Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. [6] Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito. [7] Non ti meravigliare se t'ho detto: dovete rinascere dall'alto. [8] Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito».”  Giovanni 3, 3-8

Ecco altri sei versi di importanza capitale (difatti vengono puntualmente ignorati). E’ abbastanza chiaro?

Buddy Christ

Ultimissima cosa poi vi lascio (se non ve ne siete già andati). Ecco un meraviglioso esempio di un principio universale replicato “a immagine e somiglianza” a livello fisico: la nascita. A livello fisico cosa succede per generare una nascita? L’uomo e la donna si uniscono. A livello spirituale, invece? Si uniscono il maschile e il femminile, le due polarità. Coincidenza?