31 luglio 2014

Rivoluzioni? Sì? Sicuri?

Mi ricollego all’articolo precedente sul presunto progresso dell’umanità nel corso della storia. Dicono sempre che la storia è importante, che va studiata “per non dimenticare” e per “capire il mondo di oggi”. E hanno ragione. Ogni generazione vive su questo pianeta, quanto? 70 anni? 80? 90, toh. E ogni generazione sembra debba cambiare il mondo, rivoltarlo come un calzino, accompagnarlo in un nuovo stadio evolutivo, rivoluzionarlo per portare prosperità e pace, cancellando i vecchi schemi e introducendone di nuovi ed entusiasmanti sotto la bandiera del “volemose bene”.

E indubbiamente di passi avanti ne sono stati fatti parecchi, nel corso dei secoli. Tanto per fare un esempio, oggi una camminata in paese non rischia più di diventare occasione per una doccia tiepida di urina. Urina altrui, per di più. Su questo non ci sono discussioni (almeno, non da noi. Poi oh, se sei uno sfigato e vivi in Burkina Faso, sono fattacci tuoi). Ma sorvolando sui cambiamenti, diciamo, estetici e andando più al nocciolo della società… possiamo davvero dire che le cose siano cambiate? Passano i decenni, i secoli e pure i millenni; mille e mille guerre ancora; milioni e milioni di morti; ogni volta viene esaltata la promessa di un mondo nuovo; ogni volta è La rivoluzione e da lì non si torna indietro. Eppure, passano i millenni, passano innumerevoli generazioni e miliardi di persone, passano migliaia di civiltà diverse e siamo sempre qui: pochi in alto a comandare e tanti, tantissimi, in basso a obbedire.

Beh dai, non tutti obbediscono: ci sono oppositori e portatori di novità e di cambiamento. Vero, verissimo. Ma il cambiamento, alla fin fine, è di sostanza? O è un contentino di facciata? La storia spinge di più per la seconda ipotesi.

Ogni generazione vive con l’idea che, sì, la società umana finora è stato un mezzo fallimento, ma adesso le cose cambieranno e l’umanità sarà libera dal giogo dei potenti e dall’orrore delle guerre. Adesso è la volta buona, raga, dai! Eppure ogni generazione deve sempre, costantemente, affrontare gli stessi identici problemi delle altre migliaia di migliaia che l’hanno preceduta. Sempre, sempre e ancora sempre.

Ciò mi suggerisce una considerazione: c’è una mancanza di informazione. Le persone, ovviamente, nascono all’interno di un sistema socio-culturale esistente già da prima. Vogliamo chiamarlo “sistema”? E chiamiamolo “sistema”. Il fatto che il sistema subisca costantemente delle modificazioni di facciata, siano esse l’evoluzione tecnologica, della medicina, dell’industria eccetera, pur rimanendo fondamentalmente a struttura piramidale con il potere nelle mani di pochi, mi lascia pensare che le informazioni circolanti fra le persone siano quantomeno insufficienti. Sempre, sempre e ancora sempre. Con “informazioni” intendo un po’ di tutto, in ogni ambito della società: dall’informazione quotidiana, politica, di cronaca, a quella scientifica, religiosa, sociale, di usi e costumi. Insomma, tutte quelle immagini concettuali che formano la percezione del mondo, della vita e della società umana nella mente dell’individuo. E non intendo solo quelle provenienti direttamente dal sistema, ma anche quelle dei “rivoluzionari”. In pratica è tutta l’informazione che, in un modo o nell’altro, proviene da fonti esterne.

Il sistema ha saputo sopravvivere alle migliaia e migliaia di generazioni fondamentalmente intonso. Le differenze tra noi oggi e la società sumera sono l’iPhone e i droni. Per il resto è sempre la solita solfa: potere, denaro, guerre. L’informazione che gira sempre, sempre e ancora sempre, fra le persone di qualsiasi epoca storica, o viene dal sistema o al sistema si oppone: in ogni caso, il sistema è il centro ed è proprio lui a fornire l’opposizione a sè stesso. Il risultato di questo finto scontro si può riassumere con la frase “cambiare tutto per non cambiare nulla”. Che tu sia di Destra o di Sinistra, non cambia nulla; che tu sia ateo o credente, non cambia nulla; che tu sia Guelfo o Ghibellino, non cambia nulla; che tu sia neoliberista o sostenitore del welfare state, non cambia nulla: stai girando in tondo nell’informazione del sistema.

Finchè ti attacchi ai concetti del sistema (pro o contro, non cambia nulla), stai girando in tondo e alla fine non ti sarai mosso di un millimetro. Salti su un treno e ti fai portare per un po’; poi scendi e salti su un altro; passa del tempo, ti stufi, scendi e sali su un altro ancora; poi ti accorgi che è più brutto e torni su quello di prima; qualche settimana dopo, via, cambi ancora e avanti così fino a quando, un giorno, una cassa di legno messa 2 metri sottoterra ti farà capire che hai girato come un pirla per tornare esattamente al punto di partenza. La storia della società umana, per me, porta alla luce un deficit di informazione. Sacche più o meno grandi di umanità si sono concentrate, in ogni generazione, intorno a determinate idee interpretate in un determinato modo e il risultato è sempre stato il medesimo: non è cambiato nulla.

Figurarsi oggi con Internet. Oggi, che chiunque in (quasi) ogni parte del mondo può scrivere ogni minima cagata gli passi per la testa ed essere letto da chiunque in (quasi) ogni parte del mondo. Sicuramente ha portato enormi cambiamenti nella vita di tutti, così come in molti ambiti della società. E’ vero che in tanti usano questo bellissimo strumento per informarsi, per entrare in contatto con altri concetti e magari per portare a galla i lati più marci del sistema o incitare alla ribellione, invece di limitarsi a condividere video di “animali con i bambini” su Facebook. Ma poi, questi ribelli del nuovo millennio, quando il governo mette una nuova tassa, cosa fanno? L’opposizione al sistema: cosa fa? La paga. Punto. La paga.

Perchè? Perchè l’informazione viene sempre dal sistema, non è sentita dentro. L’umanità si basa su concetti e interpretazioni fornite dal sistema, anche quelle che sembrano più lontane da esso e più in opposizione. Le persone sono state sempre e costantemente abituate ad agganciarsi a concetti di altre persone, le quali a loro volta hanno fatto lo stesso e così via a ritroso. L’avevo già messo nel post precedente: la gente è rincoglionita ed è perfettamente capace di prendere il concetto più straordinario dell’universo e storpiarlo al punto da renderlo irriconoscibile. Il bello è che, fino a quando il concetto è puro, in pochissimi ne sono interessati: man mano che viene distorto, ecco che sempre più persone se ne avvicinano e lo esaltano o lo stigmatizzano. Ogni volta che accade, il sistema ha vinto e quelle persone ne attireranno altre e tutte insieme allegramente gireranno all’infinito nella loro distorsione. Nasce il deficit di informazione.

Come fare per uscirne? La verità è sotto gli occhi di tutti indistintamente ma, paradossalmente, vederla è roba per pochi cazzuti. C’è una sola parola d’ordine: lavoro, inteso come lavoro su di sè. E questo non avrei dovuto scriverlo perchè già mi immagino cosa l’espressione “lavoro su di sè” vi scateni nella vostra mente e sono piuttosto sicuro non sia uguale a quello che intendo io. Capite perchè è difficilissimo esprimere alcuni concetti evitando il più possibile di distorcerli? Comunque sia, essendo di per sè evidente che l’informazione fondamentale, là fuori, manca e l’esperienza plurimillenaria della società umana ne è la piena dimostrazione, appare chiaro che essa deve trovarsi da qualche altra parte. E se non è fuori, dove sarà mai? Ok, risposta giusta, ma esattamente… cosa significa “dentro”? Sapete davvero cosa significa oppure avete una delle risposte fornitevi dal sistema? Lo sentite, il significato, o lo avete appreso da altri?

Quello che il sistema è riuscito a fare da dio è avervi tolto la possibilità di essere in calma e lavorare su voi stessi. Ma non intendo che ha rubato il tempo della giornata obbligando le persone a lavorare per sopravvivere: quello è il meno. Parlo delle piccole, numerose e insistenti preoccupazioni quotidiane: piccoli nervosismi, tensioni, paure, frustrazioni, scadenze. Si è sempre di corsa, ci sono debiti da pagare, le bollette, bisogna far quadrare il bilancio, non dire una parola di troppo con una persona perchè se no se la prende e ci tiene il broncio e noi non vogliamo, più tutto il carico mastodontico del nervoso: nervoso col capo, nervoso in macchina, nervoso per i politici, per le guerre, per un colloquio e chissà cos’altro. Sono minuscoli insettini fastidiosi e persistenti ai quali cediamo costantemente la nostra attenzione, le nostre energie e le diamo a loro invece che al lavoro (su di sè). Già accorgersi di questo è un primo, importantissimo, passo (accorgersi = diventarne consapevoli). Forse è il primo compito del lavoro, quello che vi fornisce il primo indizio sulla nostra condizione attuale, ovvero quella di schiavi meccanici della natura animale deviata. Questo è il punto di partenza.

L’arrivo? Machissenefrega. Tanto, al momento attuale, sono solo congetture di sistema.

21 luglio 2014

Va bene dai: torniamo indietro

Oggi vi lancio una provocazione. Magari è solo un discorso folle o magari no, chi se ne frega. Lo scopo è scatenare un po’ di caos, smuovere qualcosa dentro e vedere ciò che ne esce, ma sapete una cosa? Questa è la vera informazione. Il contenuto specifico può essere vero oppure no. Non si sta parlando della cronaca di tutti i giorni, di cosa ha detto Tizio alla riunione della Federazione Internazionale Ladri in Colletto Bianco, o di quell’altro che ha fatto fuori il vicino d’appartamento perchè ascoltava i One Direction con gli auricolari a volume troppo alto (e fa bene ad ammazzarlo, tra l’altro, non per il volume ma per dei gusti musicali a dir poco rivoltanti). Non si parla dell’informazione da telegiornale o da quotidiano: lì sì che è fondamentale l’accuratezza sulla veridicità effettiva del contenuto, anche se poi abbiamo le prove praticamente tutti i giorni della marea di vaccate propinateci dai cosiddetti “media mainstream”. Ma questo è un altro discorso…

La vera informazione, fuori dalla cronaca quotidiana, non è quella preconfezionata dall’esterno, elaborata da altri, da prendere per intero e ficcarsela direttamente in testa. E’ invece quella ai limiti della logica comune, probabilmente assurda, ma che prende la vostra mente e la scuote violentemente; che richiede uno sforzo attivo da parte vostra per creare una nuova sintesi. E’ quella che vi fa lavorare, cazzo! Fa partire quel processo apparentemente caotico chiamato “ragionamento”, quello che crea nuovi collegamenti cerebrali e vi fornisce un qualcosa che prima mancava. Se poi quell’informazione è vera o falsa… ma importa davvero? E’ meglio prendere asetticamente una verità altrui, frutto di un processo mentale a voi esterno e forse corretto o forse no, oppure assimilare informazioni ad ampio spettro, attivarsi mentalmente e giungere da par vostro a una conclusione (temporanea)?

Comunque sia, basta chiacchiere e andiamo al sodo. L’ipotesi di oggi è vera informazione, cioè: il contenuto potrebbe essere vero o falso, ma ad ogni modo ha lo scopo di farvi lavorare, di stimolarvi le sinapsi. Chiamiamola “informazione consapevole”, toh. Pronti? Via!

Un po’ di tempo fa avevo scritto di come ogni essere umano nella storia, dal primo fino al neonato in questo preciso secondo, abbia già tutti gli strumenti necessari per giungere alla conoscenza della realtà delle cose. Non importa dove si nasca o in che epoca: la vita è la vita. Dunque, per il solo fatto di essere vivo, ognuno di noi ha già tutto l’occorrente per comprendere sè stesso. Non è assolutamente necessario entrare in contatto con determinati e precisi concetti o dogmi. D’altronde, è nata prima la vita o la Chiesa? O la scienza?

Una persona nata 100mila anni fa aveva le stesse identiche possibilità di comprensione di vostra nonna e di voi stessi oggi. Non ci sono nati di serie A e di serie B: “tutti gli esseri umani sono creati uguali”.

Premessa: conoscere sè stessi è l’equivalente di “conoscere la realtà”. Non si può conoscere uno e rimanere ignoranti dell’altra, essendo la stessa identica cosa. Sì lo so: avete già sentito ‘sta storia migliaia di volte. E avete ragione, ma purtroppo la new age ha stuprato il concetto di “unità” così come la Chiesa ha violentato quello di Dio, ma non significa che “unità” e “Dio” siano concetti da ignoranti: basta purificarli dalle distorsioni. Se mi seguite da qualche tempo sapete che i miei discorsi non appartengono nè alla logica cattolica nè a quella new age. Il motivo è semplice e parte da un banale presupposto: la gente è rincoglionita. Non tutta, per carità, ma sui grandi numeri non c’è scampo: le milioni di bugie applicate assiduamente e chirurgicamente dal “sistema” distorcono la percezione della stra-stra-stra-stra-stragrande maggioranza delle persone. Quindi, quando vedo una certa “massa critica” condensarsi all’unisono intorno a un determinato concetto, scatta la spia rossa del “c’è qualcosa che non quadra” e solitamente l’errore è più di interpretazione che d’altro.

Bene, torniamo a noi e alla provocazione. Dunque, avendo già noi di nostro gli strumenti per conoscerci ed essendo noi, in quanto vita stessa, l’oggetto da conoscere… perchè siamo tutti contenti quando viene fatta una scoperta? Tipo le leggi di Keplero… o la non-località. Scoperte (che poi non sono propriamente delle “scoperte”) di questo tipo, insomma, nel campo della chimica, della biologia, della fisica.

Ogni scoperta del genere dovrebbe essere occasione di riflessione profonda, altro che caviale e champagne. Bisognerebbe accoglierla con una sana e positiva tristezza. Scoperte simili sono un segnale chiarissimo di quanto siamo lontani dalla vera consapevolezza, dalla conoscenza consapevole, l’unica vera comprensione, quella che non ha bisogno di essere richiamata mentalmente e ripetuta mille volte perchè se no ce la si dimentica.

Più scoperte ci sono, più significa che ci stiamo allontanando dalla vita (in senso lato) e abbiamo bisogno di mettere tutto nero su bianco per accorgerci di un qualcosa che già dovremmo intimamente sentire e sapere. Fortuna che la natura non è scema e sa perfettamente come mantenere l’equilibrio e fornire a noi, distratti smemorati, le informazioni necessarie là dove noi guardiamo di più: fuori. Per cui, se una volta non c’era bisogno di scoprire la gravità perchè la conoscevamo perfettamente e ne avevamo la piena consapevolezza in qualunque momento e in qualunque situazione, a un certo punto siamo diventati così rincoglioniti da spingere la natura a costringere qualcuno, che è “capitato” essere Newton, a “scoprirla”, a formalizzarla matematicamente in modo che la mente potesse capire, che l’attenzione della mente potesse focalizzarsi su di essa. Dalla “conoscenza consapevole”, l’unica vera conoscenza esistente, siamo passati a quella “inconsapevole”, superficiale, solo mentale. Quella conoscenza non sentita, che se vi chiedessi “quali sono i princìpi dello termodinamica?” dovreste compiere uno sforzo mentale per andare ad aprire i cassetti polverosi della memoria riempiti quando eravate adolescenti.

Il telescopio, ad esempio. Grande scopertona di inizio ‘600, portata a perfezione da Galilei, la quale permette all’uomo di allungare lo sguardo verso le profondità cosmiche come mai prima nella storia. Figata! E se invece fosse il segno di una perdita di consapevolezza? Improvvisamente la natura, la realtà, ha reagito all’abbassamento della “conoscenza consapevole” (interiore, sentita, vera) permettendo la creazione di uno strumento materiale (esterno) con lo scopo di portare la nostra attenzione su una capacità, o conoscenza, che già prima avevamo ma della quale abbiamo perso consapevolezza. Civiltà intere conoscevano le stelle e i movimenti planetari senza l’ausilio di particolari attrezzature che non fossero gli occhi. L’elaborazione delle informazioni ricavate da essi risiedeva all’interno, al sentire interiore, non era mentale: la mente entrava in azione dopo, convertendo il sentimento nella lingua del luogo e rendendolo comprensibile. Un procedimento non dissimile da quanto facciamo noi quotidianamente quando descriviamo l’amore, o la paura, o la rabbia: prima c’è il sentimento (in questo caso è meglio usare il termine “emozione”), poi la mente lo razionalizza e sorge il pensiero-parola “amore”, “odio” eccetera.

Dando per buono quanto detto finora, un’ulteriore deduzione sarebbe questa: l’uomo sta regredendo, “delegando” all’esterno sempre più facoltà che invece gli sono proprie. Il cosiddetto “progresso” della società o della civiltà è in realtà una regressione dell’uomo, sempre più schiavo di impulsi, oggetti, persone e concetti/formule “strabilianti” inerenti la realtà chiamati “scoperte”. Il nostro mondo sta diventando sempre più mentale, ovvero sempre più limitato a livello di attenzione, più circoscritto come consapevolezza. Più ignorante, insomma. Aumenta la “conoscenza inconsapevole” e crolla quella “consapevole”.

Lo avevo già scritto una volta: la manifestazione fisica cambia, ma l’intelligenza che la muove è sempre la medesima. Sono cicli più piccoli dentro cicli più grandi dentro cicli ancora più grandi e via così. Ora stiamo vivendo una nuova manifestazione fisica del ciclo “società umana” e ci troviamo nella fase “discendente” della ruota, quella della negazione dell’esistenza stessa, dell’allontanamento della consapevolezza dalla realtà delle cose. E’ l’onnipotenza ai massimi livelli: la realtà che rinnega sè stessa. Questo sistema sociale globale è funzionale allo svolgimento del ciclo, Illuminati inclusi.

Il paradosso poi è evidente: per quanto ne sappiamo, mai come oggi l’umanità è stata così connessa e una tale mole di informazione disponibile non s’è mai vista nell’intera storia. Eppure ci stiamo sempre più allontanando dalla vera conoscenza. E non mi tirate in ballo quella vaccata che ho già letto mille volte, ovvero “sempre più persone nel mondo si stanno rendendo conto delle bugie che vengono loro raccontate e il cambiamento sta arrivando, e i potenti hanno i giorni contati, e la consapevolezza di qua e la consapevolezza di là”. Balle. Sarà anche vero che molti, sfruttando intelligentemente Internet, indagano e provano a capirci di più, ma occhio: il sistema ha una ragnatela per tutto, fornisce una risposta preconfezionata a qualsiasi domanda ed è estremamente facile, ma davvero molto molto facile, rimanerne impigliati. Per questo è fondamentale sviluppare un sincero sentire interiore: questa consapevolezza è l’unica verità a non cambiare mai per delle paturnie del guru di turno. Ma la ragnatela di risposte è così per disegno, non è colpa degli stracciaballe degli Illuminati o di mio nonno in carriola. Ma cosa credete, che siano loro a manovrare tutto? A creare la realtà? (ecco un esempio di risposta preconfezionata, se vi steste domandando a cosa mi riferissi)

No no, toglietevelo dalla testa: loro sono strumenti, materializzazioni fisiche funzionali all’esperienza esattamente come lo è ognuno di noi.

Tutto è perfettamente dove e come deve essere. Il calo di consapevolezza continuerà, non fatevi illusioni: raggiungerà il suo picco “negativo”, quello nel quale tutte quelle idee strane normalmente etichettate come “sataniste” (non sono altro che intelligenza animale di base non guidata da un briciolo di consapevolezza più elevata) saranno dilaganti e poi ricomincerà pian piano a salire. Oppure, arrivato al minimo possibile, ci sarà un mega reset generale e la consapevolezza ripartirà direttamente “dall’alto”. Cioè, non vorrei dire, ma guardatevi voi per un attimo: quanta consapevolezza avete di voi stessi? Quanto siete presenti? Quanto ci siete da 1 a 10? Poco, molto ma molto poco, giusto per dare un contegno all’altrimenti straripante intelligenza animale di base propria del binomio mente+corpo.

Arriveremo al punto che uno scienziatone giapponese, tale Oratù Melosuki, farà la scoperta delle scoperte: l’acqua calda. E tutta l’umanità si unirà in giubilo e gloria, brindando al progresso della conoscenza derivante dalla formalizzazione matematica di un fenomeno “fino ad allora inspiegabile”. Premi Nobel multipli ed intere serie di documentari in onore dell’uomo venuto dall’oriente per far levare il sole della conoscenza sull’oscurità dell’ignoranza e “aprire un nuovo spiraglio verso la comprensione dell’universo”. Brinderete anche voi insieme agli altri, oppure vi farete una bella risata compassionevole di fronte a cotanta assurdità dettata dall’ignoranza?

Entrare in contatto con la “conoscenza inconsapevole” dovrebbe avere uno e un solo scopo: attirare l’attenzione per fare emergere la “conoscenza consapevole” intrinseca in ogni persona per il solo fatto di esistere e di essere esistenza pura. Vale per tutto il mondo e tutta la vita: servono per “uncinare” la vera essenza, la vera vita, e farla emergere dalle altissime profondità nelle quali si trova, sepolta sotto un mare di puttanate a cui diamo la nostra identificazione. La grande differenza tra “consapevole” e “inconsapevole” è che quest’ultima è mentale: quindi è superficiale, proveniente dall’esterno e manipolabile. Ma non preoccupatevi: è giusto sia così.

Stimola o no, l’ipotesi del “progresso come regresso”?

01 luglio 2014

Neil deGrasse e il manifesto della scienza: la comprensione sta da un’altra parte

Ok, allora: è da un po’ che non scrivo qui sul blog. Il motivo è che sto provando a scrivere altro (o meglio, in un’altra forma) e mi sono accorto di non riuscire a coniugare proficuamente le due cose. Già un altro paio di volte avevo tentato di focalizzarmi “sull’altra forma” e sembrava ci fossi quasi riuscito. Ma poi, puntualmente, mi ritrovavo di nuovo qui a buttare giù un paio di papiri sotto forma di post e addio sogni di gloria. Stavolta mi sono imposto di non tornare su questi lidi digitali così assiduamente e magari farlo solo per brevi puntate. Oggi è una di queste.

Due fatti concatenati. Il primo: ieri sera stavo guardando Germania – Algeria. Sì, non sono uno di quegli snob della domenica, finti attivisti e moralisti del cazzo che “non guardano i mondiali perchè sono contro il governo brasiliano, le multinazionali, e il calcio è un’arma di distrazione di massa, ed è per i pecoroni, e prendono barcate di soldi”, tutti questi piccoli e falsi Gandhi frustrati che cercano di darsi un tono per non ammettere a loro stessi la miseria che sono. Mentre guardavo la partita, c’è stato un momento strano. Non lo saprei descrivere. Avete presente la scena del primo Matrix, verso la fine, quando Neo entra dentro l’agente Smith, lo fa esplodere e  poi riesce a vedere la matrice oltre l’apparenza dell’ambiente circostante, con tutti i numeri verdi in cascata? Ecco, una roba concettualmente simile. C’erano degli omini vestiti di bianco e nero contro altri vestiti di verde, e si muovevano tutti coordinati cercando, gli uni, di segnare e gli altri di difendersi. Tutti, però, provano a capire come portare a termine il loro lavoro attraverso gli schemi di gioco, movimenti, tagli, coperture, mosse e contromosse. Osservano la situazione ogni istante e si ingegnano per capire come fare, da dove passare, a chi passare. E così mi sono ritrovato a farlo anch’io, a seguire da una posizione rialzata rispetto al campo visivo dei giocatori sul campo lo sviluppo migliore per l’azione. Non è la prima volta, ovviamente, che accade. A occhio e croce direi sia la milionesima e uno. Ma c’è stato un attimo diverso da tutti gli altri, nel quale ciò è accaduto portando con sè una frazione di secondo di maggior consapevolezza.

Per un istante eternamente breve ed eternamente lungo, è’ diventato palese di fronte ai miei occhi, dentro ogni fibra del corpo e luminoso nella mente, l’unico vero motore dell’intera esperienza universale (ellamadonna, addirittura?! Guardando una partita di calcio?!): la conoscenza. Tutte le nostre vite, la ragione d’esistenza dell’universo e delle forze che lo abitano e lo formano, anch’esse manifestazioni intelligenti al pari di tutto il resto; tutto ha lo scopo ultimo della comprensione. TUTTO. Capire, provare e riprovare, vivere, esperire. Il fine è la comprensione, la conoscenza. La vita vive per conoscere e conoscersi, al punto che “vita”, “conoscenza”, “comprensione” e “consapevolezza” sono perfetti sinonimi. Dal più piccolo e infinitesimale episodio nella vita di un microbo, all’esplosione di una supernova, passando per i fatti della nostra vita di tutti i giorni: tutto è funzionale alla comprensione. La parola d’ordine è “capire”, che siano i misteri dell’universo o il modo per segnare un gol.

Il secondo fatto cade a fagiolo con un tempismo… divino, perfetto come sempre. Stamattina stavo leggendo un articolo, del “Siege Media Comedy Blog” a firma Alex Van Hamme, linkato dalla pagina Facebook ufficiale di Bill Hicks, nel quale si parla della comicità satirica oggi. A quanto pare, qualche tempo fa un tizio aveva scritto un pezzo sui comici “post-Carlin”, come ad esempio Louis C.K., definendoli come “i veri filosofi di questa generazione”. L’articolo linkato era una risposta (che mi sento di condividere in pieno: Hicks e Carlin sono di un altro pianeta) a quest’affermazione. Comunque sia, a un certo punto nell’articolo l’autore parla di Neil deGrasse Tyson, scienziato (o meglio: scienziologo) del quale avevo parlato anche io qualche tempo fa in merito alla serie di documentari “Cosmos”, e non ne parla proprio bene. Lo definisce come “una delle personalità, nella moderna cultura popolare, più distruttive nei confronti della filosofia”. Azz, pesante. Come mai?, mi chiedo.

Due righe, un collegamento a un articolo di “The Week Magazine”, ed ecco la risposta: deGrasse ha rilasciato un’intervista audio per “The Nerdist Podcast”, di tale Chris Hardwick (da Wikipedia apprendo essere un comico, scrittore, sceneggiatore e mille altri ruoli) e fin qui nulla di male. Non fosse che, a un certo punto, il simpatico Neil comincia a demolire quella pratica irrisoria e deplorevole chiamata “farsi delle domande”. Prendo un pezzo riassuntivo da “The Week Magazine”, ma se capite l’inglese e volete ascoltarlo in prima persona, andate a questa pagina, fate partire l’audio e saltate a qualche secondo oltre il minuto 20.

Dichiara fieramente la sua irritazione con il “farsi domande profonde” che portano a “inutili ritardi nel tuo progresso” nell’affrontare “questo grande mondo dell’ignoto là fuori”. Quando uno scienziato incontra qualcuno incline a pensare filosoficamente, la sua risposta sarebbe di dirgli “Sto andando avanti, ti lascio dietro e non puoi nemmeno attraversare la strada perchè sei distratto da domande profonde che hai fatto a te stesso. Non ho tempo per questo”.

Van Hamme riporta un’altra affermazione dello scienziologo:

“I filosofi credono di stare ponendo domande profonde sulla natura. E per lo scienziato è ‘cosa stai facendo? Perchè stai buttando via il tuo tempo? Perchè ti fai problemi col significato del significato?’”

Questo è un esempio fulgido della scienza oggi e va a confermare quanto avevo già scritto su deGrasse, Hawking e la scienza in generale. Siamo esseri naturalmente dotati della capacità di dare senso alle cose, di comprenderle, di capirle fino al midollo ma, scienza docet, dobbiamo solo limitarci a descrivere l’universo, non a capirlo. Accade un evento, tipo la cazzo di mela di Newton (diamola per buona): questo si mette lì, trova la formula della gravità e via, finito, capito. No! Ha solo descritto il funzionamento, ma la comprensione è un’altra cosa. “Comprendere” significa trovare la risposta non al “come”, ma al “perchè”.

Sono lì seduto sotto un albero, pacifico e in relax, lontano dal caos del mondo. All’improvviso qualcosa coccia contro la mia testa, causandomi dolore. Piccola bestemmia mentale, poi abbasso lo sguardo: è una mela. Facciamo finta che la comprensione, la conoscenza, sia la risposta al “come”: come è caduta la mela? La mela è caduta dall’alto verso il basso. Cazzo, che sforzo di comprensione! Newton, giustamente, non si è chiesto “come” ma “perchè”: perchè codesto frutto è cascato sulla mia britannica capoccia? Così ha fatto un passo verso la comprensione: è stata la forza di gravità. Il problema è che si è piantato lì, dopo aver trovato la formula. Non ha davvero capito la gravità: ha capito che c’è qualcosa, l’ha chiamata “forza di gravità” e ne ha descritto il funzionamento. Punto. Ma cos’è la gravità? E perchè esiste? E perchè esiste in questo modo? Perchè non in un altro?

Perchè i corpi celesti sono sferici? Magari non sfere perfette, ma comunque sferici. Perchè l’acqua? Perchè l’interazione sole-acqua? Perchè due braccia? E perchè in quella posizione? “Perchè così si può stare eretti e afferrare le cose”. NO! Non è una risposta valida. Non è una risposta al perchè ma al “cosa si può fare per sfruttare questa condizione”. Capire il perchè ultimo delle cose: questa è la vera comprensione. Significa mettersi nei panni dell’intelligenza che ha “inventato” tutto questo e che continua a renderlo perfettamente coerente. Ah già è vero, scusate! Colpa mia, che sciocco che sono: per la scienza è tutto frutto del caso. Niente ha una vera ragione d’essere: è semplicemente capitato andasse così. Una cosuccia piccina picciò, minuscola, apparsa non si sa come, si è improvvisamente espansa espansa espansa fino a diventare troppo grande da anche solo lontanamente immaginare, esistendo perfettamente non per un giorno, nè per un mese e nemmeno per un anno ma per 14 MILIARDI di anni senza mai diventare in nessun punto incoerente con sè stessa, nonostante le fantastiliardi di interazioni/collisioni che si verificano anche solo in 1 centimetro quadrato in 1 nanosecondo. Ma fa niente: è il caso.

Ma perchè? Perchè? Perchè la domenica mi lasci sempre sola per andare a vedere la partita di pallone? Perchè?

:)

 

P.S.: prima ho scritto “mettersi nei panni dell’intelligenza che ha ‘inventato’ tutto questo”. Si potrebbe anche scrivere così: “cominciare a sentire intimamente l’essenza della realtà e accorgersi di essere esattamente quella roba lì”.