“L’asteroide cambia tutto. Immaginate se non fosse mai stato spinto [dallo scontro precedente con un altro asteroide, ndM], se avesse completamente mancato la Terra. Per quanto ne sappiamo i dinosauri sarebbero ancora qui, ma noi no. E’ un ottimo esempio dell’estrema casualità, della natura aleatoria dell’esistenza.”
Queste parole sono tratte dalla serie di documentari “Cosmos”, una superproduzione di divulgazione scientifica per la tv (tra i produttori c’è anche Seth MacFarlane, ideatore del cartone “I Griffin” o “Family Guy” in originale), in onda in queste settimane su National Geographic Channel. E’ la versione del nuovo millennio della serie originale con protagonista l’astrofisico Carl Sagan negli anni ‘80. Il presentatore del remake è un altro astrofisico, amico di Sagan: Neil deGrasse Tyson, il quale, grazie al supporto degli eccellenti effetti speciali in computer grafica, ci porta in giro per l’universo con la sua “nave dell’immaginazione”. Passiamo in pochi istanti dal passato più remoto col Big Bang al presente, per dare anche ipotetiche sbirciatine al futuro. Ci spostiamo dai confini macrocosmici dell’universo, finanche a superarli, per poi ridurci a grandezze subatomiche per entrare nelle molecole basilari dell’esistenza. E’ tecnicamente ineccepibile e visivamente potente. Ma, ma, ma. C’è un “ma”, se no non sarei qui a parlarvene.
Naturalmente la premessa è che si tratta di un inno incontrastato alla religione del terzo millennio: la scienza, unica pratica degna di assurgere a luce della conoscenza umana. Vabbè dai, questo è scontato. A ben vedere ho l’impressione di avere appena buttato via un paio di righe digitali per evidenziare un’ovvietà grande come la Via Lattea. Difatti non è questo il “ma”. Piuttosto, è contenuto nella citazione in corsivo qui sopra.
E’ il caso e “la natura aleatoria dell’esistenza”. Specialmente nelle prime due puntate, il buon Neil calca piuttosto pesantemente la mano sul fatto che la formazione dell’universo e poi lo sviluppo della vita sulla Terra siano entrambi frutto di episodi casuali nel corso delle centinaia e centinaia di milioni di anni trascorsi dal boom primordiale. 13 e rotti miliardi di anni fa. Casualmente un asteroide ha impattato con un suo simile, deviandone casualmente la traiettoria. Casualmente quell’asteroide colpì la Terra, eliminando quei lucertoloni cattivi dall’alito fetido. Che culo!
L’evoluzione, poi, casualmente ha prodotto un’innumerevole serie di “errori” (li chiama proprio così) che nel tempo hanno portato al mondo come lo conosciamo oggi. Non sto scherzando: è stato tutto casuale. Non mi credete? Oh, mica lo dico io. Qua ci sono fior fiori di menti devote al paradigma del “è vero soltanto ciò che è misurabile e ripetibile” che lo confermano. Vediamo un po’ ‘sti scienziologi che dicono. Partiamo con la riproduzione cellulare del DNA.
“Un’apposita proteina fa una revisione per assicurarsi che vengano accettate solo le lettere giuste [i “pioli” della doppia elica del DNA, ndM] di modo che il DNA sia accuratamente copiato. Ma nessuno è perfetto. A volte può verificarsi un errore, che apporterà un piccolo cambiamento casuale nelle istruzioni genetiche.”
L’esempio portato da Neil è quello dell’orso, qualche migliaio di anni fa. In origine c’era solo un tipo di orso, quello che oggi chiamiamo “orso bruno” perchè… l’è marun. E infatti anche all’epoca era marrone. Ma
“Nella cellula-uovo dell’orsa è avvenuta una mutazione. Un minuscolo evento casuale come questo può avere conseguenze su una scala ben più grande. […] alcune mutazioni, per quanto poche e per puro caso, possono fornire a un organismo un vantaggio fondamentale sulla concorrenza.”
E difatti in questo caso la mutazione casuale ha riguardato il pigmento del pelo: da marrone diventò bianco. Col passare di mooolte generazioni, l’orso bruno piano piano sparì dalle immense lande ghiacciate. Il problema per lui era proprio di natura cromatica: gli orsi bruni che vivevano in quelle aree gelate del pianeta “stonavano” con l’ambiente circostante, diciamo, e il forte contrasto tra il bianco del paesaggio e il marrone della pelliccia rendeva per loro complicato procurarsi del cibo sorprendendo le prede. Il nuovo orso bianco, invece, ne era facilitato. Quindi, la popolazione di orsi bianchi aumentò, mentre quella dei bruni in quelle zone perì lentamente, portando in questo modo allo sviluppo di un altro ramo della famiglia degli orsi. Il bruno si è evoluto in un certo modo, specializzandosi in alcune caratteristiche ed abilità diverse da quelle dell’orso bianco.
Che culo! Aah, il caso… Andiamo avanti. Fino a non molto tempo fa,
“Si pensava che gli esseri viventi fossero troppo complicati per essere il frutto di un’evoluzione non guidata. Pensiamo all’occhio umano. Un capolavoro di complessità.”
E si parla in breve di come è fatto l’occhio.
“E’ più complicato di qualsiasi strumento mai creato dalla mente umana. Pertanto si credeva che l’occhio umano non potesse essere il risultato di un’evoluzione casuale.”
Ma come siamo arrivati alla conclusione che sia invece effettivamente frutto del caso? Torniamo indietro di qualche milione di anni, quando ancora gli esseri viventi sul pianeta erano acquatici e ciechi.
“[…] fino a che […] si verifica un microscopico errore di copia del DNA di un batterio. Questa mutazione casuale fornisce a quel microbo una proteina capace di assorbire la luce solare. […] Le mutazioni continuano a ripetersi in modo casuale, come avviene per qualsiasi popolazione di esseri viventi. […] In migliaia di generazioni, la selezione naturale porta lentamente alla formazione dell’occhio.”
Che culo! Casualmente si è verificato un “errore” nella copia del DNA e casualmente, ovvio, è venuta fuori una proteina che casualmente era capace di assorbire la luce solare. Con il tempo, poi, casualmente
“queste proteine fotosensibili si concentrano in un punto pigmentato del più complesso organismo unicellulare. Ciò rende possibile trovare la luce. Uno schiacciante vantaggio per un organismo che sfrutta il sole per sintetizzare il nutrimento.”
Casualmente. Passa il tempo. Gli organismi, ancora acquatici, diventano multicellulari e
“sviluppano una fossetta nella macchia pigmentata. Questa piccola depressione permette all’animale di separare la luce dall’ombra e distinguere in maniera approssimativa ciò che lo circonda, comprese le eventuali prede e i potenziali predatori.”
Avanti così. Salto un paio di passaggi, tanto sono sulla stessa falsariga. La fossetta diventa “una sacca con un piccolo foro”. L’apertura si contrae diventando ancora più piccola, protetta da una membrana trasparente (che si è formata casualmente, immagino). In questo modo è possibile mettere a fuoco (guarda un po’ che caso). Dopodichè arriva il cristallino, “che garantisce messa a fuoco e brillantezza”, figlio evolutivo della “gelatina trasparente vicino alla fessura”. Praticamente insieme a questo processo, avviene anche il leggero allargamento della fessura stessa per far passare più luce. Stiamo sempre parlando di pesci. Quando però questi iniziano ad uscire dall’acqua, i loro occhi, perfetti per la vita liquida, non funzionano bene a contatto con l’aria. L’acqua, infatti, curva la luce in maniera diversa dall’aria. Gli occhi si adattano piano piano al nuovo ambiente ed eccoci qui, oggi.
Figata, eh? E pensate che è tutto casuale!
No, non è vero. Non è proprio così. C’è qualcosa di non casuale: la selezione naturale.
“Le mutazioni sono del tutto casuali e avvengono in continuazione. Ma le condizioni ambientali premiano quelle che aumentano le chance di sopravvivenza e, in modo naturale, selezionano gli elementi meglio predisposti a sopravvivere. Quindi la selezione è tutt’altro che casuale.”
Aaah ma allora c’è il trucco! Dai mi sembrava troppo assurdo. “Tutto casuale”, pff! Però, aspetta, ok: l’evoluzione della vita sulla Terra non è proprio casuale, anche se ammettere questo implica una forte contraddizione con quanto enunciato poco sopra parlando dell’occhio, ovvero: “Si pensava che gli esseri viventi fossero troppo complicati per essere il frutto di un’evoluzione non guidata”. Alla fine della fiera una guida c’è. Chiamiamola “selezione naturale”, chiamiamola “Mario Rossi” o “cazzabubbola” ma alla fine qualcosa che direziona e regola il caso c’è. Meno male, mi sento meglio.
Eh no! La selezione naturale regola l’evoluzione sulla Terra. Ma la Terra è essa stessa frutto del caso. Lo abbiamo visto all’inizio, no? L’intero universo è frutto del caso. Non lo dico io, eh: a parte Cosmos, lo dicono, ad esempio, anche Wikipedia e le sue autorevoli fonti scientifiche. Cito dalla pagina “Big Bang” di Wikipedia, nella sezione “Cronologia del Big Bang”:
“Le temperature erano così alte che il moto casuale delle particelle avveniva a velocità relativistiche e coppie particella-antiparticella di ogni tipo erano continuamente create e distrutte nelle collisioni.”
Questo nei primi istanti di vita dell’universo. Figuratevi dopo… Quanti anni ha l’universo? 13 miliardi e mezzo-quasi 14? Mh, ok. Quanto è grande? Ipotizziamo che non sia infinito, ovvio. L’universo osservabile è “grande” 46 miliardi di anni luce. Ed è solo la parte che riusciamo a vedere, quella che conosciamo. Già non mi sembra proprio piccolino… Quanti oggetti celesti ci sono dentro? Miliardi di miliardi di miliardi… (inspiro per riprendere fiato) di miliardi di miliardi di miliardi… di miliardi… Ok, teniamo conto che una volta era più piccolo e c’erano in giro meno sassi. Comunque non stiamo parlando di un bilocale pieno di ghiaia delle spiagge liguri. Quanti eventi casuali si sono verificati in 13 miliardi e spiccioli di anni, in uno spazio di grandezza praticamente incalcolabile? 13 miliardi di anni! Leggete queste parole: tredici miliardi di anni. Ci avete messo quanto? Un secondo e mezzo? Due? Ecco. Quanto tempo ci mettete ad andare al lavoro? Mezz’ora? Un’ora? Ecco. Quanti anni avete? 20? 30? 50? Ecco. Quante “cose” avete vissuto, nella vostra vita? Tutte casuali, naturalmente. Ecco. Qui parliamo di più di 13.000.000.000 di anni, quasi 14. Nove zeri! In uno spazio che manco riusciamo a immaginare. Tutto casuale.
La Terra è nata per caso. Si è formata in questo modo per caso. La selezione naturale è frutto del caso. Le leggi fisiche? Caso. Le stelle? Caso. Lo spazio? Caso. Le galassie? Caso. Io che scrivo? Caso. Voi che leggete? Caso.
Sembra una cazzata, una roba eterea, lontana, inutile, pseudo-filosofica, ma le implicazioni pratiche di una tesi simile sono devastanti. Dire che tutto è casuale significa affermare che tutto è senza senso. Eppure noi siamo esseri dotati della capacità di dare senso al mondo e all’universo. E’ una forza intrinseca nostra, quella che ci spinge a studiare, a cercare, a sperimentare. A vivere. Togliere di colpo il senso alla realtà significa estirpare la vita davanti ai nostri occhi. Tutto è aleatorio, non ha una vera ragione di esistere: è semplicemente capitato, senza un motivo vero, senza una logica. Per cui noi siamo qui senza una vera ragione e per di più ci ritroviamo ad avere una naturale predisposizione alla ricerca del senso di una realtà che un senso non ce l’ha. Cornuti e mazziati. Oltre al danno, la beffa.
Per cui è tutto inutile: che ci stiamo a fare, se non c’è niente da capire, se tutto è figlio del nulla? Sì ok abbiamo trovato le leggi della termodinamica: e allora? Che si fa? Tanto non hanno una vera ragione per esistere, sono nate dalla casualità (che già è un bel controsenso: come fa il caso ad avere delle leggi?).
La scienza in sè non è sbagliata, ma giunge un po’ troppo spesso a delle conclusioni assolutamente parziali e raggelanti. Però le spaccia per verità assodate. Il fatto di non riuscire a capire perchè determinati eventi si verifichino o si siano verificati non significa che siano accaduti casualmente. Semplicemente, non ne capiamo il motivo. Siamo ignoranti (inconsapevoli) noi, non è l’universo ad andare a cazzo. Non so voi, ma a me appare evidente che tutto è perfettamente coordinato con tutto il resto, ovvero che tutto ha una ragione di esistere e di verificarsi, ovvero che tutto è intelligente. Questa intelligenza potremmo chiamarla “Dio”? Potremmo. O “Mario Rossi”, o “cazzabubbola”.
E ragioniamo un attimo, solo un secondo. Prendiamo come esempio uno dei passi evolutivi trattati da Cosmos. Che ne so, prendiamo “l’errore” che casualmente genera la proteina che “permette di assorbire la luce solare”. Come faceva quella proteina a sapere di riuscire ad assorbire la luce? Come ha fatto la realtà a generare qualcosa di nuovo che però si interfacciava perfettamente con l’elemento “luce solare” preesistente? Dopodichè va a formarsi una “fossetta nella macchia pigmentata”, così da permettere all’animale “di separare la luce dall’ombra e distinguere in maniera approssimativa ciò che lo circonda”. Perchè una fossetta? Come faceva la realtà a sapere che in quel modo sarebbe sorto addirittura un nuovo apparato sensoriale? Questo tanto per fare un esempio, relativamente recente tra l’altro in termini di tempo cosmologico. Torniamo più indietro? E torniamoci. La luce. Perchè la luce? Perchè l’attrazione universale? Perchè i gas? Non intendo cosa sono o cosa fanno, men che meno le formule matematiche e il come lo fanno. La domanda è semplice: perchè? Perchè l’atomo? Perchè è rotondo? Perchè, se tutto è un cazzo di caso, l’universo gira che è una meraviglia da quasi 14.000.000.000 (14 miliardi) di anni? Perchè non si è sfaldato in nessun punto?
Ma dai, nella prima puntata di Cosmos si parla anche del grande Giordano Bruno e si racconta dell’intuizione avuta durante un sogno grazie alla quale ha capito che l’universo era infinitamente più grande di quanto si credesse allora (per lui era proprio letteralmente infinito), che Copernico aveva ragione a togliere la Terra dal centro della visione universale, ma che anche lo stesso Copernico non aveva capito quanto innumerevoli siano le stelle come il Sole e quanto innumerevoli siano i pianeti simili al nostro. E deGrasse come la definisce? “Una fortunata intuizione”.
(Neil deGrasse in versione meme)
Fortunata = casuale. A parte che l’intuizione come realtà fenomenica non è propriamente ben vista dalla scienza. Esiste, e come se esiste, ma la scienza tende a ignorarla e a non includerla nella “vera scienza” in quanto non ripetibile a comando in laboratorio. Ma va beh… Comunque, Giordano Bruno era arrivato a capire pienamente, per i fatti suoi tra l’altro, ciò che era stato solo teorizzato poco tempo prima. Senza “leggi fisiche”, senza “esperimenti”. Senza scienza, in pratica. E li aveva fregati tutti. “Fortunata intuizione”?! Fortunata intuizione è al massimo quando sei nel parcheggio di un centro commerciale, vedi un posto libero ma è piuttosto lontano dall’entrata e, siccome muovere troppo le gambe fa male alla salute, dici “No, vado avanti che tanto uno più vicino lo trovo”. E poi effettivamente lo trovi. Questa possiamo chiamarla “fortunata intuizione”, al limite. Ma una che ti dà la comprensione di una realtà fino a questo momento quasi totalmente ignorata dal resto del mondo, e quei pochi che non la ignorano comunque non l’hanno capita così profondamente, non ha proprio un cazzo di “fortunato” inteso come “casuale”.
Non ce l’ho con la scienza, per carità. Mi piace la scienza. Non ce l’ho neanche col buon Neil deGrasse. E quando “gente di scienza”, come si dice, dà contro alla religione “classica”, quella della Chiesa et similia per intenderci, sono d’accordo. L’interpretazione religiosa dominante è un abominio, non ha niente di spirituale, è solo business e potere. Però anche alcune conclusioni della scienza “classica” fanno abbastanza schifo, dai. Tra Cosmos e Hawking, ragazzi, non è che la scienza ne esca proprio bene. Ci vuole un bel bagno di umiltà da ambo i lati, smetterla di credere di avere la verità assoluta in mano: non ce l’ha la scienza, checchè se ne dica, e non ce l’ha la religione, checchè se ne dica. E anche se ce l’avessero, non potrebbero darvela.
Dovete cercarvela voi. Ammesso che casualmente la vogliate… In questo caso, che culo!
;)
Nessun commento:
Posta un commento