L’altra mattina ho meditato. Così, dal nulla. Mi sono svegliato, ho sgranchito braccia e gambe, realizzato dove fossi e in quale era geologica e poi, in un attimo, è spontaneamente sorto il pensiero. Come un dolce bisogno, innocente, di quelli che non creano dipendenza, una sorta di “una botta e via” spirituale. Nessuno me l’ha chiesto e men che meno ordinato, nemmeno io stesso. E’ semplicemente venuto a galla dalle profondità. Nel mentre della meditazione, e specialmente dopo, è emerso un meraviglioso silenzio e ho sentito di nuovo delle sensazioni che non provavo da tanto, da mesi e mesi, tanto da averle quasi dimenticate, sommerse da mille parole, mille pensieri, distrazioni di ogni sorta, convinzioni e convincimenti vuoti di sentimento.
E’ riemersa dal fondo della spazzatura quella… “cosa”, non saprei come definirla. Visivamente la prima immagine alla quale mi viene da pensare è una sfera, piccola ma raggiante, immobile, imperturbabile, calda e rassicurante. Una voce familiare, che infonde tranquillità, leggerezza e una pace amorevole. L’autorità, la vera e sola autorità, di fronte alla quale la mente si inginocchia all’istante e verso cui rende omaggi e ringraziamenti sentiti. L’allentamento nervoso tanto bramato dal corpo, un luogo di riposo totale nel quale lo stress non ha possibilità di entrare.
Il bello è che si può sentire distintamente come essa sia sempre lì e sia sempre stata lì. Le “cose del mondo”, in senso lato, mi hanno portato piuttosto facilmente a perderla di vista nel corso del tempo e, anche nei (pochi) momenti in cui ho avuto occasione di stare solo con me stesso, queste “cose del mondo” hanno sempre fatto la parte del leone attraverso il continuo ed incessante blaterare mentale, fatto di incredibili voli pindarici tra un’inezia e una preoccupazione, e poi un’altra peggiore, fino a cattivi giudizi su persone e rifiuto schifato del mondo, allietati dalle belle parole di qualche canzone, da qualche piccolo piacere della giornata, dallo sbiadito ricordo di meraviglie passate e subito dopo volti alla sfiducia verso ipotetiche bellezze future. Sapete come funziona la mente: vaga. Perdersi nei meandri delle vuote parole senza nemmeno accorgersene è molto più semplice di quanto possa sembrare.
Ma questa “cosa” riemersa di sua volontà ha riacceso la fiamma. Avendo finito gli studi universitari e dovendomi ora confrontare direttamente col pesante pensiero riassumibile nella domanda “Cosa vuoi fare da grande?”, non poteva esservi momento migliore per vivere il risveglio della Sensazione, con la S maiuscola. Ma, d’altronde, il tempismo della realtà è sempre paurosamente perfetto. Mi sono perso in mille prospettive poco o nulla attraenti, un marasma svogliato di giudizi e congetture, perso in mezzo a un enorme labirinto senza avere la minima indicazione plausibile. Una folla innumerevole di pensieri e un rumore assordante mi hanno incessantemente riempito, togliendomi lucidità ed energie, distraendomi e abbattendomi. Alla luce delle varie e molteplici “rivelazioni”, chiamiamole così, degli ultimi anni a livello personale, lo scorcio che mi si parava davanti relativo ai travagli necessari per sistemarmi in un lavoro mi dava ribrezzo. Il lavoro come è inteso oggi fa letteralmente schifo, ne avevo già scritto. E il conflitto potente, da guerra mondiale, in me vedeva due fazioni in una lotta all’ultimo sangue: da un lato l’ipotetico lavoro svolto solo e soltanto per contribuire al bilancio famigliare, e dall’altro le straordinarie meraviglie profonde della vita con le quali ho avuto la fortuna di entrare in contatto.
La constatazione di massima era, ed è ancora, un qualcosa del tipo: se ho avuto la possibilità di sondare in prima persona l’insondabile, di vedermi date esperienze di pura meraviglia ancor prima di chiederle, di vedermi aperte delle porte dorate ancor prima di aver bussato, un motivo dovrà pur esserci. E non voglio buttare tutto all’aria, rinnegare delle sensazioni vere più vere del vero, più vere della Verità stessa, solo per chinare il capo di fronte a degli stramaledetti pezzi di carta senza valore, impelagato in un inutile quanto non stimolante nè particolarmente attraente lavoro. Senza contare la pressochè totale mancanza di qualsivoglia idea intrigante in merito. Non voglio farlo, mi rifiuto. “E adesso?”, mi domandano. “Non lo so, non ne ho idea”, rispondo. Nulla mi convince davvero. Nulla stuzzica veramente la volontà.
Se non la voglia di indagare sempre più sulle profondità dell’esistenza. Il desiderio di trovare la “terra promessa”, l’unico luogo davvero degno della parola “casa”. Questa è sola attività che mi provoca il tarlo nel cervello, la sola a colpire positivamente la mia volontà. La fiamma prima spentasi per mano del vento del mondo è ora tornata ad accendersi, rianimata dalla scintilla proveniente da chissà dove, ma di sicuro residente fissa nel profondo dell’essere. Sentire questa “cosa” e percepirne sottilmente la maestosa grandiosità, pur non afferrandola in pieno, porta una sorta di invito, un invito alla Conoscenza con la C maiuscola, l’unica e sola e vera. La fame per questa Conoscenza è la mia guida. Per qualche tempo, troppo tempo, questa fame è stata saziata artificialmente, confondendomi i sensi e deviandomi dal dolce ardore della piccola sfera raggiante. Il risultato di ciò è stato quello di sfiduciarmi, di rendere me stesso e il mondo intero molto più grigio di quanto effettivamente sia.
La fiamma, però, ha bruciato l’enorme conflitto di portata da guerra mondiale e trasformato il grigio in tanti colori. “Cosa vuoi fare da grande?”. Non lo so, non ne ho idea. Ma la differenza è che ora non m’importa. Persisto nel non avere prospettive davvero interessanti. La carriera non rientra nelle priorità, ogni lavoro è solo un lavoro e non merita di essere elevato a scopo della vita. E non ci sono lavori “normali” che davvero mi stuzzicano il tarlo. Ma non importa.
Quello che davvero adoro fare è diventare intimamente consapevole di me e, come naturale ed automatica conseguenza, dell’intera Creazione. E, man mano che questa “attività” procede, provare a tirare fuori con le migliori parole possibili le sensazioni da essa generate. Qualunque lavoro “canonico” andrà ad occupare alcune ore della mia giornata sarà solo un lavoro e nulla di più, una qualche cosa da fare, possibilmente piacevole, senza prenderla troppo sul serio. Non è questo lo scopo della vita. Almeno non della mia. Ci sono molte cose decisamente più importanti e più degne, oltre che più vere, e riuscire a tirarle fuori in qualche modo, magari artistico e creativo così da non rischiare di far apparire tutto come la solita lezione di spiritualità da due soldi, è ciò che più mi piacerebbe diventasse il mio “lavoro”. Un’attività di servizio, messaggi profondi derivati dalle piccole grandi sensazioni di verità incanalati sotto la pelle di una storia gradevole.
“Cosa vuoi fare da grande?”. Non lo so, non ne ho idea. Mi basta solo Conoscere. Il resto viene da sè.
E voi? Cosa volete fare da grandi?
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