05 marzo 2015

Castaneda c’aveva visto giusto

Qualche pensiero sull’articolo precedente relativo a Carlos Castaneda, lo sciamano Don Juan e i Voladores.

E’ curioso notare come virtualmente ogni singola tradizione in ambito spirituale parli, e abbia perennemente parlato, sempre della medesima circostanza umana: la separazione. L’essere umano si ritrova separato. Il Cristo, l’Atman, il Nirvana, i Cieli, la Bodhi, tutte narrano di una condizione normale ai limiti del penoso, la quale tiene l’essere umano lontano da sè stesso, dalla vera essenza e, allo stesso tempo, tutte raccontano di come sia possibile (e, per certi versi, inevitabile) giungere eventualmente alla liberazione, al ricongiungimento.

In sostanza, la separazione è creata da un ostacolo, da un qualcosa o un qualcuno che si frappone tra noi e… noi. E’ un concetto troppo complesso per essere espresso mentalmente. Provate a prendere lo schermo che avete di fronte agli occhi. Ok, ora pensate che esiste qualcosa che si interpone tra lo schermo e lo schermo. Assurdo, no? E infatti non è così. Qui si sta parlando di un livello di vita oltre la normale “percezione”, per così dire, ed è un livello che la mente può esprimere solo attraverso una nemmeno troppo accurata approssimazione. L’unica è provarla sulla propria pelle, non ci son cazzi che tengano.

Comunque sia, torniamo a noi: l’ostacolo. Diavolo, Satana, l’Animale (come lo chiamo io), il velo di Maya, il Volador, l’emanazione dell’Arrogante, l’ego, lo spirito di opposizione. Mille nomi diversi per identificare o un essere, o un’entità, o una condizione limitata dell’essere. Nomi diversi per sostanzialmente il medesimo concetto di fondo: separazione e conflitto.

Io l’ho chiamato Animale per contrapporlo al Divino, tipo sacro e profano. Il Volador non è molto diverso, tranne forse per un paio di caratteristiche riguardo il suo “funzionamento”. L’Animale, per me, può essere rappresentato dal binomio “corpo + mente” che ci ritroviamo ad abitare fin da quando siamo nella pancia della mamma e che ha un suo livello di intelligenza, per quanto molto limitato, il quale gli consente quantomeno di sopravvivere. Noi, entrando nel binomio, portiamo la nostra, di intelligenza, per cui sorge il conflitto tra le due.

Il Volador è leggermente diverso. “Corpo + mente” non hanno una loro intrinseca intelligenza: ce la portiamo interamente noi nel momento in cui vi entriamo e, dunque, essi in quanto tali sono dei semplici strumenti totalmente “asserviti” ai nostri scopi. Il Volador sarebbe quindi una sorta di “entità parassita” che porta la sua mente, la sua intelligenza, e la avvinghia attorno alla nostra, prendendone la forma, soffocandola piano piano nel corso del tempo e riducendola al livello minimo necessario al suo sostentamento. Nella nostra vita quotidiana esisterebbero proprio due menti diverse, invece di essercene soltanto una che ha solo bisogno di capire ed essere capita, ed è proprio questa “seconda mente” a guidare la nostra vita al nostro posto convincendoci di essere noi stessi.

E’ un po’ quello che Gesù descrive nel vangelo di Pistis Sophia, quando parla dello spirito di opposizione “avvinto all’anima” e che la convince che i peccati commessi siano effettivamente suoi e non dello spirito di opposizione stesso. E’ una sorta di “carico” a cui ognuno di noi singolarmente viene sottoposto e del quale, alla fin fine, prima o poi si libererà.

E’ un’idea di ostacolo un po’ più elaborata e intelligente rispetto a quella di Animale che ho usato io, e volendo vedere anche un po’ più logica. Pensandoci, infatti, noi saremmo scintille divine venute nel mondo a fare esperienza, no? Si dice mica sempre così? Perfetto, dunque veniamo dall’Essere e all’Essere torniamo. La materia, di per sè, è inerme, morta: siamo noi a renderla viva, a muoverla. E’ l’unica differenza tra un corpo vivo e uno morto: noi, il soffio vitale. Se siamo noi a dare vita al corpo e alla mente… come fanno poi a essere loro a controllarci? Cioè, c’è solo un’intelligenza “residente” e “comandante” la mente e il corpo, i quali sarebbero letteralmente morti (privi di intelligenza) senza di noi. Come è possibile, quindi, che l’intelligenza diventi schiava dell’assenza di intelligenza? A meno che non ci sia un’altra intelligenza, un’altra vita, un’altra scintilla di forma magari diversa a contenderci gli inermi corpo + mente…

Nel mio piccolo, un paio di anni fa sperimentai un’intensissima sensazione simile. Riporto quanto scrissi allora:

Ogni azione che compievo mi sembrava di compierla per la prima volta nella mia vita: anche il semplice lavarsi i denti non era più un gesto meccanico, ma vivo come non era mai stato. Ho toccato il legno dei mobili, ho annusato l'aroma del caffè, ho guardato i miei amici e mi sembrava la prima volta. Mi sono reso conto di quanto noi siamo convinti di vivere ma in realtà stiamo non-vivendo, lasciando che sia qualcos'altro a gestire la nostra vita.

Tanto che il titolo del post era “Espansione di consapevolezza II – Chi vive al posto nostro?”, perchè questa è stata proprio la nettissima impressione che provai allora, chiara, fulgida, cristallina: qualcuno/qualcosa aveva vissuto per me, mi aveva “portato” per (allora) 26 anni scarsi non facendomi davvero vivere in pieno il mio essere e di colpo spontaneamente (e a tutt’oggi inspiegabilmente) quella “cosa” era come sparita, lasciando emergere una realtà spaventosamente meravigliosa che potrei definire solamente con Me. Il vero Me, la sostanza intrinseca e vibrante dell’universo. Nel post originale, linkato poco sopra per chi interessasse, descrivo meglio le incredibili sensazioni che ho provato…

Il Volador è, per me, il concetto che meglio spiega ciò che ho provato, più raffinato dell’idea di Animale della quale ho parlato tante volte. La sostanza è la stessa medesima, ma la forma è leggermente diversa e la trovo di più facile comprensione. E’ più “relativizzata”, nel senso che propone più chiaramente lo scontro tra due “soggetti”, esprime meglio la frizione sottintendente l’intero universo ad ogni singolo livello, riassumibile con la parola “dualismo”, e per questo è più facilmente comprensibile per la mente.

Mi piacerebbe sentire, chessò, il Papa accennare a queste faccende, magari la domenica mattina quando c’è tanta gente ad ascoltarlo, invece di imbonire tutti con una marea di cagate trite e ritrite, per poi vedere i servizi al telegiornale terminare sempre con una panoramica sui fragorosi applausi di Piazza San Pietro (perchè, se ci fate caso, finiscono sempre così). Ve lo immaginate? Sputtanare le vite di milioni di persone dicendo loro: “Guardate che non siete realmente voi, ciò che credete di essere. E’ un trucco, un inganno. I vostri comportamenti, le vostre reazioni, i vostri pensieri, le vostre pulsioni: nulla di tutto ciò è vostro, ma di qualcosa che subdolamente vi ha convinti di essere voi ma che in realtà vi tiene costantemente sotto il suo giogo e la sua influenza, muovendovi come pupazzi inconsapevoli. Le vostre stesse vite, costruite mattone mattone di giorno in giorno, con tanta fatica e tanto sudore, non sono vostre. Siete stati fregati come polli”. Figata. Credo morirebbe in circostanze misteriose il giorno dopo o la notte stessa.

Che poi, oh, se ci pensate: tutte le tradizioni spiritual-religiose parlano di ‘sta roba, alla fin fine. Di questo e della possibilità di “redimersi”, di liberarsi, di giungere a una più profonda comprensione. Quindi, o erano tutti d’accordo (?) o, cazzo, ci sarà un fondo di verità da qualche parte. Oh, lo sapevano tutti, quei morti di fame superstiziosi, ignoranti e retrogradi, trogloditi mongoloidi e cerebrolesi ignoranti. Bene: noi non lo sappiamo. Ci beiamo della nostra evoluzione, della nostra opulenza e dei nostri traguardi intellettuali, tecnologici e scientifici; ci facciamo grandi sulla nostra logica, sulle nostre regole, sulla nostra conoscenza. E poi andiamo in giro con un bel palo nel culo senza neanche accorgercene, probabilmente perchè è lì da talmente tanto tempo da diventare normale.

Mi dispiace tornare a battere sul tasto “scienza”, ma devo farlo, non posso esimermi. Prima ho dato una stoccata alla religione “canonica” col Papa, e mò diamola pure alla scienza. Tiè! Non ce l’ho con la scienza intesa come concezione: anche la religione, se capìta in un certo modo, è una forma di scienza. Ce l’ho con questa scienza, quella di oggi, dei teorici in dolcevita o in giacca e camicia sbottonata col paraocchi in faccia, basata sul caso, sull’accidente, svuotando completamente di qualsivoglia logica o ragione l’intero universo. Svuotandolo della vita stessa. La coscienza non è contemplata, non si sa neanche cosa sia. E’ la scienza della morte. Quella che permette a un cretino di nome Stephen Hawking di dire che la somma delle due polarità dell’universo (50 positivo e 50 negativo) è 0. La forza generatrice, l’intelligenza non è riconosciuta, nonostante la si possa osservare ovunque. E’ la vita, ‘orca miseria!

Chiedete a uno scienziologo (perchè lo “scienziato” è un’altra cosa): “Quanto fa 1 + 1?”, “Fa 2, ovvio”, “Eh no, caro mio. Fa sì 2, ma a volte anche 3”, “Come 3? Ma sei scemo?”, “No, sei tu a essere cieco. Quando unisci le due polarità, si genera una terza forza. Stando alle tue convinzioni, l’unione delle due polarità non genererebbe nulla, farebbe 0. Le tue convinzioni negano, ad esempio, la nascita di un essere vivente, che pure è un fenomeno ultra studiato dalla tua scienza. Prendi un uomo e una donna. Fanno sesso. 9 mesi dopo nasce un bel bambino. 1 + 1 = 3. E’ ovvio, se tieni conto della forza generatrice, dell’intelligenza, della coscienza. Della vita”, “No… Non ha senso. Stai mettendo insieme fenomeni slegati tra loro, non congrui bla bla bla bla bla bla bla”, “Non c’è due senza tre, caro mio. Rassegnati”.

Credo che il buon Carletto Castaneda ci abbia visto giusto, per quanto possa sembrare assurdo. Perchè sembra assurdo, o sbaglio? Voglio dire, voi siete voi, diamine: non c’è nessun altro. E poi, dove potrebbe/dovrebbe stare ‘sto “tizio”? Però però però, c’è sempre il dialogo interiore. Dia (“fra”, indica una divisione) –logos (discorso): è un discorso tra due o più persone. Già così sembra meno assurdo, dato che lo sperimentiamo effettivamente sulla nostra pelle tutti i giorni. Non può esserci un dialogo avente come protagonista una sola persona: quello è un monologo, ma sfido chiunque di voi a dirmi che quello che sente svolgersi ogni giorno nella propria testolina è un monologo. Semplicemente, non lo è.

Dunque, prendiamo per buona la tesi del Carletto e di Don Juan: il Volador esiste, schiaccia la mia essenza sotto le scarpe e addirittura se ne nutre ed è riuscito in qualche modo a sostituirsi a me, mi ha convinto in toto o quasi di essere me. Come lo riconosco? Come posso distinguerlo dal vero Me? La risposta è molto semplice (a parole): ogni pensiero, azione, comportamento, reazione, movimento, attività, emozione che non origina da un profondo sentimento di amore incondizionato, di riconoscimento dell’assoluta perfezione e dell’assoluta unicità di chiunque (voi in primis) e di qualsiasi cosa (anche un palo della luce) con cui entriate in contatto, e che non abbia come obiettivo tale profondo sentimento, è figlio del Volador. Ogni sentimento, pensiero, azione, comportamento ecc. di delusione, di tristezza, depressione, rassegnazione, rabbia e derivati, frustrazione, dolore, nervosismo, perversione, desiderio sfrenato, pulsione, paura, controllo: questi e altri sono i segni dell’attività del Volador.

E’ il dualismo, è uno scontro. E’ una guerra, ma non è per guerrafondai. Non è una guerra d’offesa, nè di difesa. E’ una guerra d’osservazione e di comprensione, nella quale non c’è giusto e sbagliato ma saggio e non saggio, utile e non utile in relazione a uno scopo. L’unica scelta risiede tra combatterla o perseverare nell’ignorarla.


P.S.: attenzione, parlando del Volador io non intendo vederlo come un qualche tipo di alieno. Personalmente preferirei lasciare fuori gli alieni dal discorso, perchè l’idea di “alieno” non mi piace per il fatto che, a livello mentale, è caricata di immagini stupide e da fantascienza spicciola. Che poi, se ci pensate, pure noi siamo alieni: noi diamo vita al corpo, vi entriamo, lo facciamo muovere e a un certo punto ne usciamo, lasciandolo lì inerme in una cassa di legno. Il Volador, lo ripeto, è più un modo fra tanti per provare a descrivere quell’ostacolo che ci impedisce di percepire ed esprimere appieno la nostra realtà, la nostra essenza. E’ un’idea astratta, una via per rappresentare sul piano mentale un fatto oggettivo che al piano mentale non appartiene. Punto.

02 marzo 2015

I Voladores

Riporto qui un articolo molto intrigante. Probabilmente, anzi: molto probabilmente, se avete un interesse spiccato verso argomenti un filo più eterei del “mangia-dormi-scopa” classico, vi sarà capitato di imbattervi nel pensiero e nei concetti dello scrittore Carlos Castaneda e del suo maestro spirituale Don Juan Matus, in particolare relativamente al cosiddetto “Volador”.

Questo articolo riguarda proprio ognuno di noi e il rapporto che intratteniamo, senza rendercene conto, col Volador. Se seguite questo blog da un po’ più di due giorni, noterete delle somiglianze con quanto vado scrivendo già da tempo, magari solo con un vocabolario diverso. Personalmente mi sono imbattuto in Castaneda quattro o cinque anni fa, più o meno, ma non gli ho mai dato troppo peso e non ho mai approfondito più di tanto, tendenzialmente perchè non è mai riuscito a interessarmi granchè. Poi, come molto spesso è già accaduto, dal vuoto cosmico e con un tempismo spaccato al pico-secondo arriva un semplicissimo articolo, come ce ne sono altri miliardi, che però inspiegabilmente ti pianta un fulmine nella vasca da bagno senza ucciderti ma, anzi, elettrizzandoti di gioia.

Eccolo qua. Nel prossimo post metto qualche mia riflessione in merito. Buona lettura!

(tratto da LaCrepaNelMuro)

Perchè l’essere umano è uno schiavo

...secondo Carlos Castaneda


"I bambini si portano dentro una magia naturale, che a poco a poco, crescendo, sono costretti a distruggere ed allora cominciano a pregare: la santissima Trinità, i santi, la Madonna, una grande Madonna azzurra con gli ori e gli incensi. Dobbiamo imparare a respirare e riscoprire gli alberi, le pietre, gli animali e tutta la macchina della Terra: hanno un respiro interno, come noi. Hanno ossa, vene, carne, come noi." - (Giordano Bruno).


Perché desideriamo che qualcuno ci guidi quando possiamo fare da soli?
«Gli sciamani dell’antico Messico scoprirono che abbiamo un compagno che resta con noi per tutta la vita, un predatore che emerge dalle profondità del cosmo e assume il dominio della nostra vita.» (Don Juan Matus)


Rispetto a quanto riferito fino ad ora della concezione tolteca, le considerazioni che seguono possono apparire ancora più sconcertanti e possono generare una varietà di reazioni nel lettore: di difesa come il rifiuto o di consapevolezza profonda come angoscia, senso di schifo, paranoia.
Rivolgo per questo al lettore lo stesso invito che il Nagual Carlos fece alla conferenza di Santa Monica, in California, nel 1993 – la sua prima apparizione pubblica dopo decenni di totale anonimato:

«Il mio nome è Carlos Castaneda. Vorrei pregarvi di una cosa. Vi prego di sospendere per oggi il giudizio. Vi prego di aprirvi – anche solo per un’ora – alla possibilità che sto per presentarvi. Per trent’anni sono stato irreperibile. Non sono solito rivolgermi alla gente e parlare. Ma ora, per un momento, sono qui. È nostro dovere ripagare un debito a coloro che hanno fatto la fatica di mostrarci certe cose. Questo sapere noi lo abbiamo ereditato. Don Juan ci disse che non dobbiamo difenderlo. Vorremmo farvi capire che ci sono opzioni, possibilità insolite che non sono fuori dalla vostra portata.»
Gli antichi stregoni si accorsero per primi che qualcosa non andava per il verso giusto. Essi videro che nei bambini, le Emanazioni Luminose – tenute insieme da una forza agglutinante nella forma di un uovo – erano anche ricoperte da una patina di straordinario splendore. Videro che alla crescita del bambino questa patina, anziché svilupparsi anch’essa di conseguenza, diminuiva drammaticamente. Videro che questo involucro di luce era direttamente correlato alla consapevolezza dell’individuo e lo chiamarono lo Splendore della Consapevolezza.

(Foto di Elena Shumilova - “Wild Boy”)


La consapevolezza non si sviluppava come sarebbe stato naturale

Inquietati da questa incongruenza estesero le loro indagini e scoprirono la presenza di esseri oscuri posti direttamente sullo sfondo del campo energetico umano e per questo difficilmente individuabili. Gli stregoni videro che questi esseri oscuri si cibavano della lucentezza della consapevolezza di ogni individuo, riducendone sempre di più la patina luminosa. 

Le entità oscure sono particolari esseri inorganici, coscienti e molto evoluti e poiché si muovono saltellando o volando come spaventose ombre vampire furono chiamati los Voladores, ovvero quelli che volano. 

Don Juan: «Sei arrivato, e con le tue sole forze, a ciò che per gli sciamani dell’antico Messico era la questione suprema. Per tutto questo tempo non ho fatto che menare il can per l’aia, insinuando in te l’idea di un qualcosa che ci tiene prigionieri. Ed è davvero così!»

Carlos: «Perché questo predatore ci avrebbe sottomessi nel modo che stai descrivendo, don Juan? Dev’esserci una spiegazione logica.»

Don Juan: «Una spiegazione c’è ed è la più semplice che si possa immaginare. I predatori hanno preso il sopravvento perché siamo il loro cibo, la loro fonte di sostentamento. Ecco perché ci spremono senza pietà. Proprio come noi alleviamo i polli nelle stie…I Voladores si nutrono solo di un determinato tipo di energia e, come vedremo, noi produciamo molta di quella energia. Questo ci fa essere le prede ideali da mungere quotidianamente. Il danno energetico che questa azione predatrice ci arreca è immenso. Siamo esseri magici dotati di possibilità infinite condannati a brandelli di consapevolezza: i Voladores consumano regolarmente la patina luminosa – che torna a crescere per sua natura – e come impeccabili giardinieri tengono l’erba rasa sempre allo stesso (misero) livello. 

Gli sciamani vedono che la patina di luminosità rimastaci è una piccola pozzanghera di luce sotto i piedi, che non arriva nemmeno agli alluci. Questa consapevolezza rimastaci è davvero poca cosa e ci permette giusto di interagire nel mondo quotidiano fissato dalla socializzazione, ma certo non ci dà modo di comprendere la nostra reale situazione o di riconoscere che condividiamo lo stesso destino degli animali che alleviamo. Come inconsapevoli schiavi ci identifichiamo nei nostri predatori e riproponiamo i loro nefandi comportamenti con la natura in generale inquinando, disboscando, distruggendo e «sfruttiamo noi stessi senza ritegno i nostri animali: li mungiamo, li tosiamo, prendiamo loro le uova e poi li macelliamo o li rendiamo in diversi modi sottomessi e mansueti. Li leghiamo, li mettiamo in gabbia, tagliamo loro le ali, le corna, gli artigli ed i becchi, li ammaestriamo rendendoli dipendenti e gli togliamo poco a poco l’aggressività e l’istinto naturale per la libertà. 

Ci manca l’energia, non possiamo fare altro che specchiarci, nella pozzanghera di consapevolezza, in un limitato e illusorio riflesso di sé, una falsa personalità. «La coscienza delle suole rispecchia la nostra immagine, la nostra superbia e il nostro ego, i quali alla fine non sono altro che la nostra vera gabbia. L’esigua pozzanghera di consapevolezza è l’epicentro dell’egocentrismo in cui l’uomo è inconsapevolmente intrappolato. Ci hanno tolto tutta l’energia, ma ci hanno lasciato proprio quella che ruota intorno all’Ego! E proprio facendo leva sul nostro egocentrismo i Voladores creano fiammate di consapevolezza che poi voracemente consumano. I predatori alimentano l’avidità, il desiderio smodato, la codardia, l’aggressività, l’importanza personale, la violenza, le emozioni forti, tutti gli eccessi, l’autocompiacimento ma anche l’autocommiserazione. Le fiamme energetiche generate da queste qualità “disarmoniche” sono il loro cibo prediletto. 

I Voladores non amano invece la qualità vibrazionale della consapevolezza, dell’amore puro, dell’armonia, dell’equilibrio, della pace, della sobrietà… in una parola aborriscono la qualità energetica della crescita evolutiva, e hanno ogni vantaggio nel boicottare ogni nostro incremento di coscienza. 

La nostra mentalità da schiavi, che nella cultura giudeo-cristiana ci promette consolazione nell’aldilà, non porta alcun vantaggio a noi stessi, bensì ad una forza estranea, che in cambio della nostra energia ci fornisce credenze, fedi e modi di vedere che limitano le nostre possibilità e ci fanno cadere nella dipendenza. 

Secondo don Juan sono stati proprio i Voladores a instillarci stupidi sistemi di credenza, le abitudini, le consuetudini sociali, e sono loro a definire le nostre paure, le nostre speranze, sono loro ad alimentare in continuazione e senza ritegno il nostro Ego. Sono stati proprio i voladores a instillarci stupidi sistemi di credenza, abitudini, consuetudini sociali, e sono loro a definire le nostre paure, le nostre speranze, sono loro ad alimentare in continuazione e senza ritegno il nostro Ego.

Carlos: «Ma come ci riescono, don Juan? Ci sussurrano queste cose all’orecchio mentre dormiamo?» 

Don Juan: «Certamente no. Sarebbe idiota! Sono infinitamente più efficienti e organizzati. Per mantenerci obbedienti, deboli e mansueti, i predatori si sono impegnati in un’operazione stupenda, naturalmente dal punto di vista dello stratega. Orrenda nell’ottica di chi la subisce. Ci hanno dato la loro mente!

Mi ascolti? I predatori ci hanno dato la loro mente che è la nostra. La mente dei predatori è barocca, contraddittoria, tetra, ossessionata dal timore di essere smascherata. 

Benché tu non abbia mai sofferto la fame, sei ugualmente vittima dell’ansia da cibo e la tua altro non è che l’ansia del predatore, sempre timoroso che il suo stratagemma venga scoperto e il nutrimento gli sia negato. Tramite la mente che, dopotutto, è la loro, i predatori instillano nella vita degli uomini ciò che più gli conviene… 

Le nostre meschinità e le nostre contraddizioni sono il risultato di un conflitto trascendentale che affligge tutti noi, ma di cui solo gli sciamani sono dolorosamente e disperatamente consapevoli: si tratta del conflitto delle nostre due menti. 

Una è la nostra vera mente, il prodotto delle nostre esperienze di vita, quella che parla di rado perché è stata sconfitta e relegata nell’oscurità. 

L’altra, quella che usiamo ogni giorno per qualunque attività quotidiana, è una installazione estranea.» 

Carlos: «Ma se gli sciamani dell’antico Messico e quelli attuali vedono i predatori, perché non fanno nulla?» 

Don Juan: «Non c’è nulla che tu e io possiamo fare se non esercitare l’autodisciplina fino a renderci inaccessibili. Ma pensi forse di poter convincere i tuoi simili ad affrontare tali rigori? Si metterebbero a ridere e si farebbero beffe di te, e i più aggressivi ti picchierebbero a morte. Non perché non ti credano. Nel profondo di ogni essere umano c’è una consapevolezza ancestrale, viscerale, dell’esistenza dei predatori. Non c’è da meravigliarsi dunque del fatto che i bambini hanno spesso paura di demoni, mostri, spiriti o strane ombre (l’Uomo Nero) che secondo loro si nasconderebbero sotto il letto, dietro le porte, negli armadi, etc. I bambini piccoli vedono e solo quando hanno raggiunto una certa quota di socializzazione smettono di vedere, e ciò che prima era visibile si manifesta come inconscia presenza, come inquietudine, paura, disperazione, depressione… «La mente di quello che vola non ha rivali. Quando si propone qualcosa non può che concordare con se stessa e indurti a credere di aver fatto qualcosa di meritevole. La mente di quello che vola ti dirà che qualsiasi cosa dica Juan Matus è solo un mucchio di sciocchezze e quindi essa stessa concorderà con la sua affermazione, “ma certo, sono sciocchezze” dirai tu. È così che ci sconfiggono.» 

(Don Juan Matus) 

Il film The Matrix dà forma in maniera efficace a queste tematiche castanediane: il Tonal dei toltechi – ovvero il mondo quotidiano frutto della socializzazione e mantenuto dall’attività della mente – è Matrix, una terrificante trappola che consente a delle entità (in questo caso macchine) di depredare l’energia degli esseri umani. I pensieri che attraversano la nostra mente sono certamente “nostri”, ma la mente, attraverso la socializzazione, ne dirige il percorso in modo tale che essi sono “liberi” non più di quanto lo sia un treno su delle rotaie. I dati sensoriali sono i nostri, ma il software che guida il pensiero è estraneo. Il pensiero ricrea costantemente il mondo così come lo vediamo (o meglio, così come ci è stato insegnato a vederlo. Fermare il pensiero per gli sciamani toltechi significa “fermare il mondo” e vedere le cose come sono veramente: pura energia. 

Don Juan spiega che gli sciamani possono sconfiggere l’installazione estranea attraverso una vita di impeccabilità (uso strategico dell’energia) perché la disciplina strema in modo incommensurabile la mente aliena. La disciplina e la sobrietà sono qualità della consapevolezza che rendono la patina di splendore dell’uovo luminoso sgradevole al gusto dei Voladores. 

Ogni volta che si interrompe il dialogo interiore e si entra nel silenzio interiore si affatica la mente del predatore in modo così insostenibile che l’Installazione Estranea fugge. Successivamente essa ritorna, ma indebolita. Attraverso ripetuti stati di silenzio interiore l’Installazione Estranea prima o poi viene sconfitta e non torna. 

Ogni volta che si interrompe il dialogo interiore, il mondo così come lo conosciamo collassa e affiorano aspetti di noi del tutto straordinari, come se fino a quel momento fossero stati sorvegliati a vista dalle nostre parole. 

Don Juan sostiene che il giorno in cui la Mente Estranea ci abbandona è il giorno più triste e difficile, poiché siamo costretti a contare solo sulle nostre forze e non c’è più nessuno a dirci cosa dobbiamo fare. 

Dopo un’esistenza di schiavitù, la nostra vera mente è molto debole e insicura e deve ritrovare la sua identità. Per modificare la realtà (presente/passato/futuro) è necessario che un certo numero di co-creatori (individui che esprimono un intento comune) si focalizzino su un obiettivo e condividano sentimenti-pensieri comuni... 

Non è sufficiente che una persona esprima l'intento di qualcosa affinché quel qualcosa si realizzi... E' l'inter-azione tra più soggetti il tassello principale per il mutamento della realtà.