05 marzo 2015

Castaneda c’aveva visto giusto

Qualche pensiero sull’articolo precedente relativo a Carlos Castaneda, lo sciamano Don Juan e i Voladores.

E’ curioso notare come virtualmente ogni singola tradizione in ambito spirituale parli, e abbia perennemente parlato, sempre della medesima circostanza umana: la separazione. L’essere umano si ritrova separato. Il Cristo, l’Atman, il Nirvana, i Cieli, la Bodhi, tutte narrano di una condizione normale ai limiti del penoso, la quale tiene l’essere umano lontano da sè stesso, dalla vera essenza e, allo stesso tempo, tutte raccontano di come sia possibile (e, per certi versi, inevitabile) giungere eventualmente alla liberazione, al ricongiungimento.

In sostanza, la separazione è creata da un ostacolo, da un qualcosa o un qualcuno che si frappone tra noi e… noi. E’ un concetto troppo complesso per essere espresso mentalmente. Provate a prendere lo schermo che avete di fronte agli occhi. Ok, ora pensate che esiste qualcosa che si interpone tra lo schermo e lo schermo. Assurdo, no? E infatti non è così. Qui si sta parlando di un livello di vita oltre la normale “percezione”, per così dire, ed è un livello che la mente può esprimere solo attraverso una nemmeno troppo accurata approssimazione. L’unica è provarla sulla propria pelle, non ci son cazzi che tengano.

Comunque sia, torniamo a noi: l’ostacolo. Diavolo, Satana, l’Animale (come lo chiamo io), il velo di Maya, il Volador, l’emanazione dell’Arrogante, l’ego, lo spirito di opposizione. Mille nomi diversi per identificare o un essere, o un’entità, o una condizione limitata dell’essere. Nomi diversi per sostanzialmente il medesimo concetto di fondo: separazione e conflitto.

Io l’ho chiamato Animale per contrapporlo al Divino, tipo sacro e profano. Il Volador non è molto diverso, tranne forse per un paio di caratteristiche riguardo il suo “funzionamento”. L’Animale, per me, può essere rappresentato dal binomio “corpo + mente” che ci ritroviamo ad abitare fin da quando siamo nella pancia della mamma e che ha un suo livello di intelligenza, per quanto molto limitato, il quale gli consente quantomeno di sopravvivere. Noi, entrando nel binomio, portiamo la nostra, di intelligenza, per cui sorge il conflitto tra le due.

Il Volador è leggermente diverso. “Corpo + mente” non hanno una loro intrinseca intelligenza: ce la portiamo interamente noi nel momento in cui vi entriamo e, dunque, essi in quanto tali sono dei semplici strumenti totalmente “asserviti” ai nostri scopi. Il Volador sarebbe quindi una sorta di “entità parassita” che porta la sua mente, la sua intelligenza, e la avvinghia attorno alla nostra, prendendone la forma, soffocandola piano piano nel corso del tempo e riducendola al livello minimo necessario al suo sostentamento. Nella nostra vita quotidiana esisterebbero proprio due menti diverse, invece di essercene soltanto una che ha solo bisogno di capire ed essere capita, ed è proprio questa “seconda mente” a guidare la nostra vita al nostro posto convincendoci di essere noi stessi.

E’ un po’ quello che Gesù descrive nel vangelo di Pistis Sophia, quando parla dello spirito di opposizione “avvinto all’anima” e che la convince che i peccati commessi siano effettivamente suoi e non dello spirito di opposizione stesso. E’ una sorta di “carico” a cui ognuno di noi singolarmente viene sottoposto e del quale, alla fin fine, prima o poi si libererà.

E’ un’idea di ostacolo un po’ più elaborata e intelligente rispetto a quella di Animale che ho usato io, e volendo vedere anche un po’ più logica. Pensandoci, infatti, noi saremmo scintille divine venute nel mondo a fare esperienza, no? Si dice mica sempre così? Perfetto, dunque veniamo dall’Essere e all’Essere torniamo. La materia, di per sè, è inerme, morta: siamo noi a renderla viva, a muoverla. E’ l’unica differenza tra un corpo vivo e uno morto: noi, il soffio vitale. Se siamo noi a dare vita al corpo e alla mente… come fanno poi a essere loro a controllarci? Cioè, c’è solo un’intelligenza “residente” e “comandante” la mente e il corpo, i quali sarebbero letteralmente morti (privi di intelligenza) senza di noi. Come è possibile, quindi, che l’intelligenza diventi schiava dell’assenza di intelligenza? A meno che non ci sia un’altra intelligenza, un’altra vita, un’altra scintilla di forma magari diversa a contenderci gli inermi corpo + mente…

Nel mio piccolo, un paio di anni fa sperimentai un’intensissima sensazione simile. Riporto quanto scrissi allora:

Ogni azione che compievo mi sembrava di compierla per la prima volta nella mia vita: anche il semplice lavarsi i denti non era più un gesto meccanico, ma vivo come non era mai stato. Ho toccato il legno dei mobili, ho annusato l'aroma del caffè, ho guardato i miei amici e mi sembrava la prima volta. Mi sono reso conto di quanto noi siamo convinti di vivere ma in realtà stiamo non-vivendo, lasciando che sia qualcos'altro a gestire la nostra vita.

Tanto che il titolo del post era “Espansione di consapevolezza II – Chi vive al posto nostro?”, perchè questa è stata proprio la nettissima impressione che provai allora, chiara, fulgida, cristallina: qualcuno/qualcosa aveva vissuto per me, mi aveva “portato” per (allora) 26 anni scarsi non facendomi davvero vivere in pieno il mio essere e di colpo spontaneamente (e a tutt’oggi inspiegabilmente) quella “cosa” era come sparita, lasciando emergere una realtà spaventosamente meravigliosa che potrei definire solamente con Me. Il vero Me, la sostanza intrinseca e vibrante dell’universo. Nel post originale, linkato poco sopra per chi interessasse, descrivo meglio le incredibili sensazioni che ho provato…

Il Volador è, per me, il concetto che meglio spiega ciò che ho provato, più raffinato dell’idea di Animale della quale ho parlato tante volte. La sostanza è la stessa medesima, ma la forma è leggermente diversa e la trovo di più facile comprensione. E’ più “relativizzata”, nel senso che propone più chiaramente lo scontro tra due “soggetti”, esprime meglio la frizione sottintendente l’intero universo ad ogni singolo livello, riassumibile con la parola “dualismo”, e per questo è più facilmente comprensibile per la mente.

Mi piacerebbe sentire, chessò, il Papa accennare a queste faccende, magari la domenica mattina quando c’è tanta gente ad ascoltarlo, invece di imbonire tutti con una marea di cagate trite e ritrite, per poi vedere i servizi al telegiornale terminare sempre con una panoramica sui fragorosi applausi di Piazza San Pietro (perchè, se ci fate caso, finiscono sempre così). Ve lo immaginate? Sputtanare le vite di milioni di persone dicendo loro: “Guardate che non siete realmente voi, ciò che credete di essere. E’ un trucco, un inganno. I vostri comportamenti, le vostre reazioni, i vostri pensieri, le vostre pulsioni: nulla di tutto ciò è vostro, ma di qualcosa che subdolamente vi ha convinti di essere voi ma che in realtà vi tiene costantemente sotto il suo giogo e la sua influenza, muovendovi come pupazzi inconsapevoli. Le vostre stesse vite, costruite mattone mattone di giorno in giorno, con tanta fatica e tanto sudore, non sono vostre. Siete stati fregati come polli”. Figata. Credo morirebbe in circostanze misteriose il giorno dopo o la notte stessa.

Che poi, oh, se ci pensate: tutte le tradizioni spiritual-religiose parlano di ‘sta roba, alla fin fine. Di questo e della possibilità di “redimersi”, di liberarsi, di giungere a una più profonda comprensione. Quindi, o erano tutti d’accordo (?) o, cazzo, ci sarà un fondo di verità da qualche parte. Oh, lo sapevano tutti, quei morti di fame superstiziosi, ignoranti e retrogradi, trogloditi mongoloidi e cerebrolesi ignoranti. Bene: noi non lo sappiamo. Ci beiamo della nostra evoluzione, della nostra opulenza e dei nostri traguardi intellettuali, tecnologici e scientifici; ci facciamo grandi sulla nostra logica, sulle nostre regole, sulla nostra conoscenza. E poi andiamo in giro con un bel palo nel culo senza neanche accorgercene, probabilmente perchè è lì da talmente tanto tempo da diventare normale.

Mi dispiace tornare a battere sul tasto “scienza”, ma devo farlo, non posso esimermi. Prima ho dato una stoccata alla religione “canonica” col Papa, e mò diamola pure alla scienza. Tiè! Non ce l’ho con la scienza intesa come concezione: anche la religione, se capìta in un certo modo, è una forma di scienza. Ce l’ho con questa scienza, quella di oggi, dei teorici in dolcevita o in giacca e camicia sbottonata col paraocchi in faccia, basata sul caso, sull’accidente, svuotando completamente di qualsivoglia logica o ragione l’intero universo. Svuotandolo della vita stessa. La coscienza non è contemplata, non si sa neanche cosa sia. E’ la scienza della morte. Quella che permette a un cretino di nome Stephen Hawking di dire che la somma delle due polarità dell’universo (50 positivo e 50 negativo) è 0. La forza generatrice, l’intelligenza non è riconosciuta, nonostante la si possa osservare ovunque. E’ la vita, ‘orca miseria!

Chiedete a uno scienziologo (perchè lo “scienziato” è un’altra cosa): “Quanto fa 1 + 1?”, “Fa 2, ovvio”, “Eh no, caro mio. Fa sì 2, ma a volte anche 3”, “Come 3? Ma sei scemo?”, “No, sei tu a essere cieco. Quando unisci le due polarità, si genera una terza forza. Stando alle tue convinzioni, l’unione delle due polarità non genererebbe nulla, farebbe 0. Le tue convinzioni negano, ad esempio, la nascita di un essere vivente, che pure è un fenomeno ultra studiato dalla tua scienza. Prendi un uomo e una donna. Fanno sesso. 9 mesi dopo nasce un bel bambino. 1 + 1 = 3. E’ ovvio, se tieni conto della forza generatrice, dell’intelligenza, della coscienza. Della vita”, “No… Non ha senso. Stai mettendo insieme fenomeni slegati tra loro, non congrui bla bla bla bla bla bla bla”, “Non c’è due senza tre, caro mio. Rassegnati”.

Credo che il buon Carletto Castaneda ci abbia visto giusto, per quanto possa sembrare assurdo. Perchè sembra assurdo, o sbaglio? Voglio dire, voi siete voi, diamine: non c’è nessun altro. E poi, dove potrebbe/dovrebbe stare ‘sto “tizio”? Però però però, c’è sempre il dialogo interiore. Dia (“fra”, indica una divisione) –logos (discorso): è un discorso tra due o più persone. Già così sembra meno assurdo, dato che lo sperimentiamo effettivamente sulla nostra pelle tutti i giorni. Non può esserci un dialogo avente come protagonista una sola persona: quello è un monologo, ma sfido chiunque di voi a dirmi che quello che sente svolgersi ogni giorno nella propria testolina è un monologo. Semplicemente, non lo è.

Dunque, prendiamo per buona la tesi del Carletto e di Don Juan: il Volador esiste, schiaccia la mia essenza sotto le scarpe e addirittura se ne nutre ed è riuscito in qualche modo a sostituirsi a me, mi ha convinto in toto o quasi di essere me. Come lo riconosco? Come posso distinguerlo dal vero Me? La risposta è molto semplice (a parole): ogni pensiero, azione, comportamento, reazione, movimento, attività, emozione che non origina da un profondo sentimento di amore incondizionato, di riconoscimento dell’assoluta perfezione e dell’assoluta unicità di chiunque (voi in primis) e di qualsiasi cosa (anche un palo della luce) con cui entriate in contatto, e che non abbia come obiettivo tale profondo sentimento, è figlio del Volador. Ogni sentimento, pensiero, azione, comportamento ecc. di delusione, di tristezza, depressione, rassegnazione, rabbia e derivati, frustrazione, dolore, nervosismo, perversione, desiderio sfrenato, pulsione, paura, controllo: questi e altri sono i segni dell’attività del Volador.

E’ il dualismo, è uno scontro. E’ una guerra, ma non è per guerrafondai. Non è una guerra d’offesa, nè di difesa. E’ una guerra d’osservazione e di comprensione, nella quale non c’è giusto e sbagliato ma saggio e non saggio, utile e non utile in relazione a uno scopo. L’unica scelta risiede tra combatterla o perseverare nell’ignorarla.


P.S.: attenzione, parlando del Volador io non intendo vederlo come un qualche tipo di alieno. Personalmente preferirei lasciare fuori gli alieni dal discorso, perchè l’idea di “alieno” non mi piace per il fatto che, a livello mentale, è caricata di immagini stupide e da fantascienza spicciola. Che poi, se ci pensate, pure noi siamo alieni: noi diamo vita al corpo, vi entriamo, lo facciamo muovere e a un certo punto ne usciamo, lasciandolo lì inerme in una cassa di legno. Il Volador, lo ripeto, è più un modo fra tanti per provare a descrivere quell’ostacolo che ci impedisce di percepire ed esprimere appieno la nostra realtà, la nostra essenza. E’ un’idea astratta, una via per rappresentare sul piano mentale un fatto oggettivo che al piano mentale non appartiene. Punto.

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