19 dicembre 2010

Quanto è bella la Costituzione!

disoccupati

Metto qui un bel post che mette in luce le ombre ben nascoste nella nostra straordinaria Costituzione, riconosciuta da tante eminenti autorità come una delle migliori al mondo, ma che dico: LA migliore del mondo!

E’ un articolo molto interessante, specialmente perchè evidenzia l’incredibile assurdità del sistema lavoro come è oggi, in termini simili a quelli che avevo usato in un mio post.

Buona lettura!

 

(tratto da PaoloFranceschetti.blogspot.com)

Costituzione, diritto al lavoro e sistema massonico.

Rapporti tra costituzione italiana e massoneria.

Sommario. 1. Premessa. 2. La prima falla: gli organi costituzionali. 3. La seconda falla. Il sistema dei referendum. 4. La terza falla: la Corte Costituzionale. 5. La quarta falla: i valori massonici della costituzione. 6. Il cosiddetto "diritto al lavoro". 7. L'effettivo stato di cose. 8. Effetti della normativa a tutela dei lavoratori. 9. Considerazioni conclusive e di diritto comparato.


1. Premessa.
La nostra Costituzione è considerata dalla maggior parte dei costituzionalisti come una legge molto avanzata, fortemente protettiva delle classi deboli e con un bilanciamento quasi perfetto tra i vari poteri.
Rappresenta la legge fondamentale per la tutela dei diritti di qualunque cittadino, nonché il parametro di legittimità cui rapportare tutte le altre leggi.
All’università questa era l’idea che mi ero fatta sui vari autori, Mortati, Martinez, Barile.
Solo da qualche anno ho cominciato a riflettere sul fatto che qualcosa non va nel modo in cui tutti ci presentano la Carta Costituzionale.
Vediamo cosa.

In effetti la storia (quella vera e non quella ufficiale) ci insegna che la Carta Costituzionale fu voluta dalla massoneria. Oltre due terzi dei padri costituenti erano ufficialmente massoni (e sospetto anche quelli che non lo erano ufficialmente). E la massoneria rivendica a sé altre leggi importanti, come la dichiarazione dei diritto dell’Uomo.
Dato che il fine ultimo della massoneria è il nuovo ordine mondiale, riesce difficile pensare che abbiano voluto consegnare ai cittadini, al popolo cioè, una legge che tutelasse davvero tutti, e che non fosse invece funzionale agli interessi massonici.
Infatti, leggendo la Costituzione senza preconcetti, e sgombrando il campo da tutte le sciocchezze che ci insegnano all’università, è possibile farsi un’idea diversa della Costituzione.
Essa è una legge illiberale, pensata apposta per opprimere i cittadini anzichè tutelarli.
Però il punto è che è scritta così bene che è difficile capirne l’inganno. Apparentemente infatti sembra una legge progredita e che tutela i diritti di tutti. Ma la realtà è ben altra.
E’ noto infatti che nessuno è così schiavo come quelli che pensano di essere liberi senza sapere di essere schiavi.
Ora, la Costituzione è fatta apposta per questo: renderci schiavi, facendoci credere di essere liberi.
Purtroppo per capirlo occorre essere molto esperti di diritto, e contemporaneamente conoscere anche la politica, la cronaca, l'economia, ecc.; una cosa impossibile finchè si è giovani, e quindi una preparazione universitaria non è sufficiente per individuare dove stanno le immense falle di questa legge – burla. Bisogna inoltre avere alcune conoscenze del sistema massonico. I laureati in legge quindi escono dall’università senza avere la minima conoscenza del sistema reale, ma avendo a malapena mandato a memoria i pochi libri che hanno letto per gli esami universitari.
Vediamo dove stanno queste falle, iniziando dalle meno importanti.
Per finire poi occupandoci della presa in giro più evidente, che non a caso è proprio quella contenuta nell’articolo 1 della costituzione.

 
2. La prima falla. Gli organi costituzionali.
Anzitutto nella costituzione sono previste efficaci garanzie per tutti i poteri dello stato meno uno. Sono previste garanzie per il governo, parlamento, la Corte Costituzionale, la magistratura, ma non per i servizi segreti che, come abbiamo spiegato in un articolo precedente, sono l’organo dello stato più potente e il più pericoloso. Quindi i servizi segreti possono agire fuori da coperture costituzionali.
Ciò ha una duplice valenza a mio parere, una giuridica e una psicologica.
Dal punto di vista giuridico infatti questa mancanza consente ai servizi di operare nell’illegalità.
Dal punto di vista psicologico, invece, tale omissione fa sembrare i servizi segreti quasi una sorta di organo secondario che svolge ruoli di secondo piano per il funzionamento della Repubblica; si dà al lettore, allo studioso di legge, e all’operatore del diritto in genere, l’impressione che essi non siano in fondo così importanti; allo stesso tempo ci si assicura che nessuno studente approfondirà mai la figura dei servizi dal punto di vista giuridico, cosicchè ogni laureato esce dall’università con un’idea solo immaginaria e fantastica di questo organo dello stato, quasi come fosse inesistente, da relegare nelle letture romanzesche dell’estate o dei film di James Bond, e non uno dei poteri più importanti del nostro stato, con un numero di dipendenti da far impressione a una qualsiasi altra amministrazione pubblica.

 
3. La seconda falla. Il sistema dei referendum.
Un'altra mancanza gravissima è quella del referendum propositivo. Il referendum, che è un istituto importantissimo per la sovranità popolare, può solo abrogare leggi esistenti, ma non proporle.
Il che, tradotto in parole povere, significa che se con un referendum è stata abrogata una legge, il parlamento può riproporla tale e quale, oppure con poche varianti, solo per prendere in giro i cittadini a fingere di adeguarsi alla volontà popolare. Una presa in giro bella e buona.

 
4. La terza falla: la Corte costituzionale.
Un’altra immensa presa in giro è il funzionamento della Corte Costituzionale. Tale organo dovrebbe garantire che le leggi siano conformi alla Costituzione, annullando le leggi ingiuste.
Il problema è che il cittadino non può ricorrere direttamente contro le leggi ingiuste. E questo potere non ce l’hanno neanche i partiti o le associazioni di categoria.
Per poter arrivare ad una dichiarazione di incostituzionalità di una legge infatti è previsto un complesso sistema per cui bisogna dapprima che sia instaurato un processo (civile o penale); dopodiché occorre fare una richiesta al giudice che presiede il processo in questione (che non è detto che la accolga). In gergo tecnico questo sistema si chiama “giudizio di rilevanza costituzionale effettuato dal giudice a quo”; in gergo atecnico e popolare potremmo definirlo “sistema per paralizzare la giustizia costituzionale”.
Ne consegue che è impossibile impugnare le leggi più ingiuste, per due motivi:
1) o perché per qualche motivo giuridico non è possibile materialmente instaurare il processo (ad esempio: non è possibile impugnare le leggi che prevedono gli stipendi e le pensioni dei parlamentari; non è possibile impugnare le leggi elettorali; non è possibile impugnare le leggi con cui la Banca d’italia è stata di fatto privatizzata);
2) o perché – anche quando le legge è teoricamente impugnabile - il cittadino non ha nessuna voglia di instaurare un processo per poi andare davanti alla Corte Costituzionale. Ad esempio; ipotizziamo che un cittadino voglia impugnare l’assurda legge che prevede che ogni professionista debba versare allo stato il 99 per cento del reddito dell’anno futuro, per incassi ancora non percepiti; in tal caso bisogna dapprima rifiutarsi di pagare (quindi commettere un illecito); poi occorre aspettare di ricevere la cartella esattoriale da parte dell’agenzia delle entrate con le relative multe e sovrattasse; e solo dopo queste due mosse si può poi impugnare la cartella, peraltro senza nessuna certezza di vincere la causa. Se invece si volesse impugnare l’assurda legge sul falso in bilancio prevista dagli articoli 2621 e ss. Cc. (legge chiaramente incostituzionale perché rende di fatto non punibile questo reato, con la conseguenza che chi ruba una mela in un supermercato rischia diversi anni di galera, mentre chi ruba qualche milione di euro da una grande azienda non rischia quasi nulla), la cosa diventa praticamente impossibile, perché prima bisogna commettere il reato, poi occorre aspettare di essere processati per quel reato, e che in tale processo colui che impugna sia parte in causa. Una follia!
A tutto ciò occorre aggiungere i rilevanti costi di un giudizio davanti alla Corte, tali da scoraggiare qualunque cittadino con un reddito medio.
La conseguenza è che la Corte Costituzionale si occupa in genere della costituzionalità delle leggi più stupide, ma i cittadini sono impotenti di fronte ai fatti più gravi.

E il risultato finale è che la Corte Costituzionale sostanzialmente ha le mani completamente legate contro le leggi più ingiuste e più gravemente lesive dei diritti del cittadino.


5. La quarta falla: i valori massonici introdotti dalla Costituzione.
Ci sono poi altre lacune molto gravi come quella relativa alla possibilità per lo stato di espropriare beni dei cittadini senza corrispondere il valore di mercato.
Ma l’aspetto più grave della nostra Costituzione, e allo stesso tempo anche quello più difficile da percepire, è relativa ai valori tutelati dalla Costituzione.
Ci raccontano sempre che la Costituzione tutela la persona umana. Ma è falso, perché in realtà a ben guardare essa mortifica la persona umana relegandola a poco più che uno schiavo.
Vediamo perché.


6. Il cosiddetto diritto al lavoro.
Il perché è in realtà sotto gli occhi di tutti, messo in modo plateale, bene evidenziato già nell’articolo 1 della Costituzione, ove è detto che: “la repubblica italiana è fondata sul lavoro”.
Nessuno si sofferma mai a riflettere sull’assurdità logica, giuridica, e filosofica, di questa norma.
Cosa significa che una repubblica è fondata sul lavoro? Nulla.
Giuridicamente una repubblica si fonda su tante cose. Sulla legalità. Sulla giustizia. Sull’equilibrio dei diritti. Sul rispetto delle leggi. Sull’equilibrio tra poteri dello stato.
Ma non si fonda, né dovrebbe fondarsi, sul lavoro. Non a caso credo che il nostro sia l’unico caso al mondo di una Costituzione che abbia messo il lavoro all’articolo 1, tra i fondamenti della Repubblica. Non a caso neanche repubbliche dittatoriali come la Cina o la Russia contengono una disposizione tanto demenziale.
L’idea di uno stato fondato sul lavoro è infatti una sciocchezza per vari motivi.
Prima di tutto perché ciò presuppone che il giorno che venga trovato un modo per far avere a tutti, gratuitamente, cibo e un tetto, e la gente fosse dispensata dal lavorare, lo stato dovrebbe crollare. Il che ovviamente è giuridicamente un non senso.
Quindi il primo dei presupposti errati di questa norma è proprio quello giuridico.
In secondo luogo perché se la repubblica fosse fondata sul lavoro, ne deriverebbe che i soggetti peggiori della società sarebbero i preti, i monaci e le suore di clausura, il Papa, il Dalai Lama, gli asceti, coloro che vivono di rendita, chi si dedica solo al volontariato, i politici (la maggior parte dei quali non ha mai lavorato in vita sua) ecc.
L’articolo 1 della nostra Costituzione si apre insomma con un concetto assurdo, ma straordinariamente nessuno ne ha rilevato il non senso. Anzi, autori come Mortati (il costituzionalista più famoso) hanno addirittura plaudito a questo articolo.
La nostra Costituzione poi prosegue con altri articoli dedicati al lavoro, e tutti inevitabilmente basati su presupposti teorici sbagliati.
Il lavoro infatti è considerato un diritto.
Ma riflettendoci bene, il lavoro non è un diritto.
Il lavoro è – o dovrebbe essere - una libera scelta per esplicare la propria personalità.
Il lavoro è un dovere per coloro che non hanno abbastanza denaro per vivere.
Il lavoro è poi una scelta di vita, in quanto dovrebbe essere l’espressione della personalità del soggetto.
Chi ama dipingere vivrà di pittura; chi ama la giustizia cercherà di fare il giudice o l’avvocato; chi ama i soldi cercherà di lavorare in banca e così via. Ma ben possono esserci scelte alternative altrettanto nobili. Basti ricordare che le più grandi religioni del mondo si basano sulla figura dei loro fondatori, che non erano certamente lavoratori e che i primi discepoli di queste persone tutto erano tranne che lavoratori. Cristo non era un lavoratore e i anche i discepoli non erano tali ; o meglio, lo erano proprio finchè non hanno incontrato Cristo.
La stessa cosa vale per Budda e i suoi discepoli che erano dei mendicanti, e tutt’oggi i monaci buddisti vivono sempre di carità.
Una persona che accudisce i propri figli e fa vita solo casalinga non fa una scelta meno nobile di un dipendente delle poste, o di un funzionario di banca, o di un magistrato o un avvocato (che spesso passa la vita a dirimere questioni condominiali e cause assicurative, cioè occupandosi di cose infinitamente meno nobili dell’educazione di un figlio).
Ricordiamo poi che la maggior parte dei politici non ha mai lavorato in vita sua. D’Alema e Bertinotti, che difendono i diritti dei lavoratori, non hanno mai lavorato né hanno mai creato veramente lavoro (al di fuori di quello delle cooperative rosse che serviva e serve per mantenere i partiti di sinistra).
Quindi il concetto del lavoro come diritto, e come fondamento della Repubblica, non sta in piedi né filosoficamente né giuridicamente, né dal punto di vista logico.
E’ una delle balle giuridiche più colossali che ci abbiano mai raccontato.
A questo punto occorre capire perché al lavoro è stata data un’importanza così grande, introducendo nella Costituzione dei concetti falsi e che non hanno alcune attinenza con la realtà.

 
7. L’effettivo stato di cose.
Il reale significato delle norme sul lavoro previste dalla nostra Costituzione possono essere capite se si conosce il meccanismo effettivo con cui il nostro sistema massonico funziona.
Il sistema massonico funziona, effettivamente sul lavoro.
Il lavoro è infatti il grosso problema della società attuale. Se voi chiedete a qualcuno qual è la più grande preoccupazione oggi, in Europa, vi diranno: il lavoro. Non c’è lavoro.
Cosa promette un politico in cambio di voti? Un lavoro.
Perché la mafia al sud è tenuta in considerazione più dello stato? Perché dà lavoro.
Perché la maggior parte delle persone, oggi, è spinta ad entrare in massoneria? Per cercare lavoro o per aumentare quello che ha.
Se non ti allinei alle direttive del sistema qual è la punizione più immediata che subisci? La perdita del lavoro.
Perché un magistrato copre un omicidio, un poliziotto non indaga, un dipendente pubblico commette una scorrettezza, un giornalista non pubblica una notizia importante? Perché altrimenti perdono il lavoro.
Perché si danno le mazzette per avere gli appalti? Perché altrimenti l’appalto non ti viene assegnato (ovverosia non hai lavoro).
Perché la maggior parte della gente non sa cosa è il signoraggio, cosa sono le scie chimiche, cos’è la massoneria? Perché la TV non informa su questo, per informarsi da soli ci vuole troppo tempo, e la gente non ha tempo perché “deve lavorare”.
In altre parole, il lavoro, con i suoi perversi meccanismi per il suo mantenimento, è lo strumento che viene usato dai poteri occulti e dalla politica per poter piegare i cittadini.
In tal senso, allora, l’articolo 1 è perfettamente coerente col sistema attuale e allora acquista un senso. La repubblica (massonica) si fonda sul lavoro.
In altre parole l’articolo 1 dovrebbe più correttamente essere letto in questo modo:
L’Italia è una repubblica massonica, fondata sul lavoro, e il potere massonico, per mantenersi, ha bisogno di gente che sgobbi 12 ore al giorno senza mai alzare la testa per pensare, altrimenti capirebbe l’inganno in cui la teniamo”.

8. Effetti della normativa a tutela dei lavoratori.
A questo stato di cose si sono aggiunte le leggi che proteggono il lavoratore a scapito del datore di lavoro.
Queste leggi sono l’attuazione dell’articolo 4 della Costituzione, che dice espressamente che “la repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che favoriscono il loro diritto”.
Il risultato delle leggi che hanno promosso la condizioni che favoriscono i diritti dei lavoratori è sotto gli occhi di tutti: l’impossibilità per il lavoratore di licenziare in tronco il lavoratore sgradito (anche se ha rubato, se è un nullafacente, ecc.), nonché la nostra demenziale politica fiscale, che ci fa pagare tasse anche per l’aria che respiriamo, hanno prodotto lavoro in nero, stipendi ridicoli, e lo sfruttamento sistematico di intere categorie di lavoratori da parte dei datori di lavoro.
Questa normativa ha raggiunto il risultato esattamente contrario a quello programmato dall’articolo 4; infatti danneggia il lavoratore, perché distorce il rapporto di forza tra lavoratori e datori di lavoro. Mi spiego.
Il rapporto di lavoro dovrebbe essere basato sulla parità delle parti. Io lavoratore ho bisogno di lavorare per vivere; ma anche tu, datore di lavoro, hai bisogno del lavoratore altrimenti la tua azienda non funziona.
Il sistema di leggi che riguardano il mondo del lavoro invece, tassando dissennatamente gli imprenditori, facendo mancare il lavoro ovunque grazie alla crisi, e impedendo il licenziamento arbitrario, ha prodotto come risultato un sistema in cui la gente va a mendicare il lavoro da datori di lavoro che il più delle volte lo concedono come se fosse un favore; favore di cui i lavoratori devono ringraziare, spesso facendosi umiliare pur di non perdere il lavoro, subendo ricatti sessuali e non, ecc.
La corruzione nei concorsi pubblici, volta a selezionare non i migliori, ma i più corrotti e i più raccomandati in tutti i settori della vita pubblica, nella magistratura, in polizia, negli enti pubblici, ecc., ha portato come ulteriore conseguenza una classe di lavoratori demotivata; la maggior parte di essi infatti non hanno scelto il lavoro in base alle loro capacità, ma in base ai posti che ha reso disponibile il sistema.
Il risultato di questa politica del lavoro durata nei decenni è la perdita di dignità di tutte le categorie di lavoratori, anche di quelle dirigenziali. Ovverosia:
- la maggior parte dei lavoratori fa lavori che non sono adatti a loro;
- la maggior parte dei lavoratori accetta di essere sottopagata;
- la maggior parte dei lavoratori pur di lavorare accetta anche umiliazioni e trattamenti disumani;
- spesso si sente dire “non ho lavoro, quindi non ho dignità”; i valori massonici del lavoro infatti hanno instillato nella gente l’idea che un disoccupato non abbia dignità: a ciò contribuisce anche il demenziale detto, accettato da tutti, che “il lavoro nobilita l’uomo”; brocardo che non so chi l’abbia inventato, ma certamente doveva essere un imbecille.
- poliziotti, carabinieri, magistrati, fanno il loro lavoro non per missione di vita, come dovrebbe essere, ma dando la prevalenza allo stipendio, ai problemi di mobilità, di avanzamento di carriera, ecc.
- i datori di lavoro sono costretti dalla dissennata legislazione italiana ad assumere lavoratori in nero, sottopagarli, ecc.
- Nella massa delle persone si instillano concetti distorti; ad esempio non è raro sentir lodare una persona con la frase “è un gran lavoratore, lavora tutti i giorni anche dodici ore al giorno” come se questo fosse un pregio. E ci si dimentica che chi lavora dodici ore al giorno non ha tempo per i figli, per riflettere, per evolvere. Anche Pacciani, infatti, per dare di sé un’immagine positiva, al processo sul mostro di Firenze disse che era “un gran lavoratore”.
Tutto questo sistema fa si che il cittadino sia un docile e remissivo strumento del sistema in cui viviamo, ove la frusta è stata sostituita dallo spauracchio della perdita del lavoro.

 
9. Considerazioni conclusive e di diritto comparato.
In conclusione, la nostra Costituzione è organizzata e strutturata in modo molto abile, per favorire l’illegalità e l’ingiustizia, grazie ai suoi principi e alle sue lacune, difficilmente riscontrabili ad una prima lettura.
Tra i vari partiti politici e i costituzionalisti, non mi risulta che nessuno abbia mai rilevato questo stato di cose, ad eccezione della Lega Nord, che nel 1993 aveva fatto una proposta di modifica dell’articolo 1 per cambiarlo in: L’Italia è una repubblica democratica basata sul mercato e sulla solidarietà.
Ovviamente la proposta è stata contestata dalla sinistra. Perché si sa. La sinistra è a favore di lavoratori. E infatti il risultato della politica di sinistra si è visto nei pochi anni in cui abbiamo avuto governi di questo colore. Uno sfascio se possibile anche peggiore di quello di destra, perché in effetti il più acerrimo nemico dei lavoratori, in questi decenni, non è stata la destra, ma la sinistra.
In compenso, anche la costituzione del Sudafrica è più progredita della nostra, ove il diritto al lavoro non compare, ma compaiono invece la tutela della dignità umana e compare il diritto dei datori di lavoro. In altre parole l’Italia è seconda anche a stati che, culturalmente, in teoria dovrebbero essere più arretrati di noi.
L’articolo 1 della Costituzione del Sudafrica (all. 4), molto più avanti del nostro, recita: La costituzione del Sudafrica provvederà all’istituzione di uno Stato sovrano, di una comune cittadinanza sudafricana e di un sistema di governo democratico, mirante a realizzare l’uguaglianza tra uomini e donne e fra genti di tutte le razze.
Tra gli stati europei, invece, sarebbe sufficiente citare il caso della Spagna.
La Spagna ha in gran parte mutuato dal nostro sistema i principi giuridici più importanti. Tuttavia, non a caso, l’articolo 1 della Costituzione spagnola non fa cenno al lavoro e dichiara di fondarsi – molto più intelligentemente di noi – su libertà, giustizia e uguaglianza.
Infatti, mi disse un professore universitario di Lima, che aveva la docenza anche in Spagna, un certo Juan Espinoza Espinoza: in Spagna nessuno si prostituisce per avere un semplice posto da portiere o da cameriere, come da voi. Da voi occorre essere raccomandati anche per avere un lavoro a termine per sei mesi alle poste.
Non a caso da loro il lavoro è collocato all’articolo 35, che dice il contrario di quanto dice la nostra Costituzione: tutti i lavoratori spagnoli hanno il dovere di lavorare e il diritto alla libera scelta di una professione o di un mestiere.
E non a caso nel campo di concentramento di Auscwitz compariva una scritta all’entrata: arbeit macht frei. Il lavoro rende liberi.
Più o meno lo stesso concetto contenuto nell’articolo 1 della nostra Costituzione.

 

08 dicembre 2010

JuliLeaks

(tratto da Luogocomune.net)

Julian Assange: Tarpley chiude il cerchio?

 

Forse Webster Tarpley ha scovato l’”anello mancante” che confermerebbe i numerosi sospetti nati intorno alla figura ambigua di Julian Assange. Vero eroe della libera informazione, o gatekeeper governativo di massimo livello?


Noi già, di fronte ad un personaggio che nega categoricamente il complotto dell’11 settembre, certe conclusioni le avevamo tratte. Ma Tarpley è andato oltre, scovando una curiosa “connection” fra il titolare di Wikileaks e Cass Sunstein, ovvero l’uomo di Obama che predica proprio la cosiddetta “infiltrazione cognitiva” dei gruppi “complottisti” tramite Internet. Che dite, sarà soltanto l'ennesima casualità?


Presentiamo una breve notizia dell’ANSA di ieri, che riporta alcune opinioni di Tarpley su Assange, seguita da un commento dello stesso Webster Tarpley, scritto in italiano. [NOTA AGGIUNTIVA: Al momento l'articolo dell'ANSA non è reperibile sul loro sito].


WIKILEAKS: TARPLEY, E' STRIP-TEASE CIA PER COLPIRE NEMICI. A PARTIRE DA BERLUSCONI-PUTIN. LO DICE GIORNALISTA INVESTIGATIVO (ANSA) - ROMA, 7 DIC
Le rivelazioni di Wikileaks? "Sono uno strip-tease della Cia per colpire i suoi nemici, a cominciare da Berlusconi-Putin": lo sostiene il celebre giornalista investigativo Usa, Webster Tarpley all'ANSA. Il rapporto Roma-Mosca "vuol dire fra le altre cose l'oleodotto Southstream, oggetto di odio feroce da parte della CIA. Nessun fantoccio di Washington viene criticato", ha aggiunto.

I documenti pubblicati rivelano "cose già note da un pezzo, come il desiderio dei Sauditi di colpire l'Iran. Assange dice bene della CIA mostrando di dire male", aggiunge Tarpley, convinto che "il prossimo passo sarà un ripulisti generale dell'internet, chiudendo tanti siti critici, utilizzando come pretesto dei segreti spifferati da Assange". Il giornalista non è l'unico ad accusare Assange di fare gli interessi di gruppi occulti: nella schiera dei critici c'é anche John Young, co-fondatore di Wikileaks e ora con un proprio sito indipendente. Webster Tarpley è noto per il suo libro "George Bush: una biografia autorizzata", e per i suoi articoli sulle stragi dell'11 settembre. L'americano è poi l'autore dello studio "Chi ha ucciso Aldo Moro?" commissionatogli nel 1978 da un esponente del governo italiano. (ANSA).


In proposito, Tarpley aggiunge una
NOTA PER ULTERIORI RICERCHE: Per capire Assange, bisogna rifarsi a Paolo Sarpi, il maestro veneziano dei servizi segreti, il quale ha teorizzato il limited hangout o self-exposure praticato dalla CIA gia' quattro secoli prima di Assange nel suo parere "Del confutar scritture malediche," scritto per il Senato il 29 gennaio 1620. (Opere, edizione Cozzi, Milano: Ricciardi, 1969)


Bisogna poi vedere le radici di Assange come individuo, che sono da cercare nel culto menticida di Anne Hamilton-Byrne nei pressi di Melbourne, nell'Australia, negli anni settanta, dove i bambini erano costretti ad ingerire compresse di LSD e altri psicofarmaci potentissimi, fra cui Anatensol, Diazepam, Haloperidol, Largactil, Mogadon, Serepax, Stelazine, Tegretol e Tofranil. (LINK, LINK). Questi sono gli stupefacenti che avrebbero plasmato lo strano personaggio che vediamo oggi - fino ai capelli biondi ossigenati che erano un aspetto del trattamento tipico delle piccole vittime della Hamilton-Byrne. Si tratta insomma di un ambiente che puzza di MK-Ultra, famigerato programma della CIA per fabbricare zombies.


Dobbiamo notare anche il pensatore totalitario Cass Sunstein, attuale funzionario alla Casa Bianca e gran consigliere di Obama, il quale ha propugnato la "infiltrazione cognitiva" del movimento per la verita' sui fatti dell'11 settembre 2001 attraverso la creazione di appositi gruppi per spargere disinformazione, confusione, a calunnie. Non e' evidente che Wikileaks rappresenta la realizzazione di questa strategia?


Notiamo in questo contesto che e' stato proprio Cass Sunstein a menzionare Wikileaks per la prima volta (ch'io sappia) nella grande stampa americana, scrivendo sul Washington Post del 24 febbraio 2007: "Wikileaks.org, founded by dissidents in China and other nations, plans to post secret government documents and to protect them from censorship with coded software." [Trad: “Wikileaks.org, fondato da dissidenti in Cina e in altre nazioni, intende pubblicare documenti governativi segreti proteggendoli dalla censura con software criptato”].


Era il primo successo pubblicitario per il gruppo di Assange, e veniva grazie a Cass Sunstein personalmente.
Ad Assange, si sa, la verita' dell'11 settembre "da fastidio" -- benche si tratti della maggiore operazione coperta della CIA dell'epoca contemporanea. Bell’esempio di lotta per la verita'!!

Il nostro articolo su Cass Sunstein: I simpatici consiglieri di Obama

03 dicembre 2010

Perchè ‘sto casino per Wikileaks?

Credo che in tanti si siano posti questa domanda, almeno tutti quelli che non accettano passivamente e acriticamente ciò che accade intorno a loro.

Ecco dei link ad alcuni articoli interessanti:

C’è qualcosa che puzza in Wikileaks

Wikileaks, Mr. Crash e il picco del denaro

I quattro imprinting di Wikileaks

La portinaia globale

La portinaia globale – 2

wikileaks

I miei 2 cent:
è quantomeno curioso che il muro dell’informazione mainstream si lasci sgretolare così prepotentemente da un genere di notizie tipicamente ignorate e nascoste perchè troppo vere. Qualcosa nell’equazione non torna, e non credo sia un improvviso cambio di rotta dei maggiori gruppi dell’ “informazione” globale.

Molto più verosimile è l’ipotesi che questi segreti (alcuni di Pulcinella), che possono anche essere assolutamente veritieri, siano stati appositamente fatti “uscire” per qualche oscuro obiettivo futuro. Non penso sia un’ipotesi da etichettare come “dietrologia”, o sbaglio? E’ un ragionevole dubbio, come minimo.

Ora si entra nella dietrologia. Personalmente ipotizzo 2 scenari:

  1. non succede praticamente nulla, a parte qualche testa saltata con l’intento apparente, ma totalmente di facciata, di far sì che “incidenti del genere” non si ripetano
  2. oppure lo scenario “apocalittico” in stile 2012: la 3° Guerra Mondiale. Ovvero, qualche stronzo userà la storia di Uichilics come pretesto per scatenare un attacco verso un Paese impropriamente detto “Occidentale” (termine che non significa niente), probabilmente Europeo (ecchè, sempre e solo gli Stati Uniti?! Sono passati solo 9 anni…). Dopodiché, beh: le conseguenze le lascio immaginare a voi. L’economia, ora in crisi, si risolleverà: niente meglio di una bella guerra per fare sempre più soldi e risolvere il “problema” creato ad arte. Leggi a raffica contro le libertà personali eccetera eccetera.

Fine della dietrologia. Vediamo come evolveranno le cose. Di certo c’è qualcosa di strano… Il caro Julian Assange non la racconta giusta. Vidèm…

26 novembre 2010

Breve pensiero per i pro-vita e gli animalisti

Vorrei mandare un breve messaggio a tutti i pro-vita e agli animalisti convinti, o estremisti che dir si voglia: se siete davvero convinti delle vostre idee (“vostre”), se credete davvero in quello che professate, se siete un tutt’uno col vostro pensiero, perchè non andate in Africa, nella savana, andate da un leone e gli dite “Tu non puoi uccidere quella zebra! Anche lei ha diritto di vivere! Tieni, mangia queste mele invece della carne di qualche povera bestia indifesa, sbruffone che non sei altro! Non si mangiano altri animali, non si toglie loro la vita. La loro vita ha la stessa dignità della tua, assassino! Dovrebbero metterti in uno zoo di massima sicurezza, maniaco! Dovresti solo vergognarti per tutte le zebre, gli gnu e le gazzelle alle quali hai rudemente e senza alcun diritto tolto la cosa più preziosa che avevano: la vita. Sono animali anche loro!”

Perchè non lo fate?

Pace.

13 novembre 2010

I costruttori del nuovo

(tratto da AltroGiornale.org)

 

Si può costruire qualcosa di nuovo, libero; uno spazio dove la Solidarietà reciproca sia la norma e dove non ci siano secondi fini e manipolazione?

La risposta è che si può, ma solo dopo aver abbandonato i vecchi schemi di pensiero e di approccio alle varie problematiche. Il nuovo mal si concilia con gli schemi di potere, complotti, corruzioni. Il nuovo non si può costruire solo nella forma e nella sostanza rimanere vecchio, perché si disintegra da solo in un battito di ciglia. Il nuovo deve essere nuovo nella forma e nella sostanza perché è il solo modo che ha per poter crescere e radicarsi profondamente.


Le persone sono dotate di un sesto senso, che per adesso è molto “sonnacchioso” ma che avrà un peso molto importante nel prossimo futuro e quello è l’intuito. Se di nuovo si deve parlare, questo deve essere fino in fondo altrimenti la partita è persa in partenza. Filtrate, usate il vostro intuito per verificare la veridicità di qualcuno che vi sta prospettando un qualcosa, da un lavoro, ad un’idea, alla vostra adesione ad un progetto o ad un movimento. Se vi risuona dentro senza attriti allora andate avanti e così fate ogni volta che vi viene richiesta un’azione. Chi si avvicina al nuovo pensando di manipolarlo, averne ritorni, ottenere potere ecc. viene respinto perché non sarà in armonia con l’essenza del nuovo, perché vorrà replicare i suoi schemi in quel nuovo che invece, essendo nuovo, sfugge a tutto ciò.


La stessa cosa accade anche a chi porta con sé i suoi conflitti interiori irrisolti e cerca di affermare se stesso/a replicando vecchi schemi di conflitto/comportamento anche nel nuovo che però, essendo nuovo, non può accettare che questo avvenga e per questo scatta la disarmonia e l’impossibilità di intraprendere un percorso comune verso una meta che si delinea man mano che andiamo avanti nel cammino.


A volte questo accade volontariamente, molto spesso invece è un atteggiamento involontario che produce però gli stessi effetti di allontanamento perché le disarmonie sono evidenti e insanabili. Molti credono che perché si parla di gratuità-solidarietà-libertà ci si faccia manipolare facilmente e allora si avvicinano pensando di cavalcare a proprio vantaggio un filone oggi di moda, altri riflettono involontariamente le loro aspettative frustrate che avevano riposto nel mondo e nella società in questa avventura aspettandosi che qualcuno cali magicamente dall’alto “LA soluzione”. Ovviamente questo è un aspettare vano perché il nuovo non è passivo, ma è un comportamento attivo che richiede azioni e aggiustamenti continui. piene di interazioni con gli altri compagni di viaggio.


In entrambi i casi le frustrazioni e gli attriti aumentano fino all’autoesclusione con enorme rabbia e ulteriore frustrazione per gli (auto) esclusi.

  • Il costruttore del nuovo è colui che si avvicina senza aspettative. Nessuno conosce il punto di arrivo, ma ognuno sarà l’artefice dei piccoli passi quotidiani, quasi impercettibili, che portano lontano e costruiscono compiutamente il disegno che ancora non esiste.
  • Il costruttore del nuovo è colui che vede quali sono le necessità del momento e non aspetta che qualcuno gli dica cosa fare, ma sapendo quali sono le sue caratteristiche e le sue professionalità si mette al lavoro senza che nessuno debba ringraziarlo per questo.
  • Il costruttore del nuovo sa di non essere da solo a costruire la strada e che per questo usa molto il rispetto e mette in pratica ciò che ha imparato sino ad oggi essendo però disposto a cambiare in qualsiasi momento, se questo agevola la realizzazione del nuovo.
  • Il costruttore del nuovo è colui che partecipa ai processi decisionali perché il nuovo non ha gerarchie, ma è anche rispettoso del lavoro che è stato fatto dagli altri in precedenza e si inserisce armonicamente rispettando e essendo rispettato a sua volta.
  • Il costruttore del nuovo non ama il potere che appartiene solo al “vecchio”, ma se necessario si mette in evidenza con puro spirito di servizio.
  • Il costruttore del nuovo sta più nel cuore che nella mente.
  • Il costruttore del nuovo sa che, proprio perché il nuovo ancora non esiste, dovrà affrontare e sostenere chi ancora non è in grado di supportare la sua “visione”.
  • Il costruttore del nuovo sa che vedrà molte persone avvicinarsi e molte allontanarsi.
  • Il costruttore del nuovo non si prende troppo sul serio ed è sempre disponibile a ridere e scherzare.
  • Il costruttore del nuovo non ha ostacoli perché è abituato a superarli.
  • Il costruttore del nuovo ha fiducia nei suoi compagni di viaggio.
  • Il costruttore del nuovo sa che ogni sua azione è importante e produce un effetto e per questo riflette bene prima di agire.


Fare il costruttore del nuovo è la scommessa a cui siamo chiamati in questo momento di forte cambiamento; una continua respons-abilità, intesa nel senso di abilità nel dare risposte, che richiede di pensare fuori dagli schemi ed essere ben disposti a intraprendere un viaggio comune in acque inesplorate. In ogni caso questo viaggio è una occasione di crescere insieme agli altri, alcuni sono pronti e altri ancora non lo sono perché il nuovo non è fatto per chi scappa da se stesso, perché il nuovo non è altro che noi che cambiamo insieme al mondo che ci circonda.


“Non cambierai mai le cose combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa, costruisci un modello nuovo che renda la realtà obsoleta (Buckminster Fuller)”

03 novembre 2010

Il Grasso non è bello

No, non mi riferisco al grasso corporeo, tranquilli. Non avrei messo la “G” maiuscola, altrimenti. Il Grasso cui mi riferisco è Aldo Grasso, giornalista del Corriere e critico televisivo.

Ho letto stamattina un articolo suo sul sito del Corriere Della Sera, dal titolo “L’Eco di una domanda che non ha risposta”, nel quale parla, in tono critico, di Umberto Eco e del suo nuovo libro. (Tra l’altro, nel titolo c’è un gioco di parole col cognome di Umberto Eco; ecco spiegato il perchè del mio gioco parole nel titolo del post)

Ma non è la critica al libro ad attirarmi (non me ne frega molto, onestamente), quanto piuttosto questo pezzo:
“Fabio Fazio altri non sarebbe che un chierichetto in mano ai gesuiti, quegli stessi gesuiti che hanno fatto affondare il Titanic perché da quell’incidente è stato loro possibile fondare la Federal Reserve Bank attraverso la mediazione dei cavalieri di Malta che essi controllano... Gad Lerner, manco a dirlo, sarebbe l’ultimo esponente del grande complotto giudaico massonico, pronto a far cadere il governo per... Si scherza su queste cose, ma neanche tanto, se si pensa che in giro ci sono dei cretini che giurano che la strage dell’11 settembre è stata provocata ad arte dagli americani stessi.
Ora, o è un qualche tipo di umorismo che non riesco a capire (in questo caso, è colpa mia); oppure il fine Aldo, colto e intellettuale, dimostra a) di non essere molto informato sui fatti; oppure b) di essere informato ma, per convinzione o per convenienza, di girarsi dall’altra parte sbraitando ridicolizzazioni ed epiteti verso quelle persone alle quali la storia di quel giorno di 9 anni fa non quadra (in questo caso, è colpa sua). E’ vero: la prova provata, schiacciante e irrevocabile dell’inside job ancora non c’è, ma gli indizi portano ad una versione reale molto diversa dalla ricostruzione ufficiale, tendente all’auto-attentato.

Ovviamente usa la storia dell’11 settembre per sputtanare al grande pubblico tutti quelli che cercano di capire meglio perchè certi fatti accadono e come accadono realmente, con le prove, oltre la versione ufficiale.

Sono questi aspetti che mi fanno incazzare, perchè siffatte persone possono anche avere una grande cultura (sicuramente moooooolto più grande della mia) ma poi sembra che questa capacità intellettiva li imprigioni in una sorta di sabbie mobili mentali, inebriati, ubriacati da tanta brillantezza mnemonica, quasi affogati in essa, tanto da essere certi di avere la verità su tutto. Altezzosi, sbruffoni verso quella mandria dei “più ignoranti di me e quindi inferiori, che si bevono ogni mio dotto lemma senza rimostranze perchè io ne so più di loro”, egoisti che dovrebbero aggiungere al loro bagaglio intellettuale un dato di fatto: “cultura” e “intelligenza” NON, NON, NON, NON sono la stessa cosa. A volte possono coincidere, ma l’una non implica necessariamente l’altra. “L'apprendere molte cose non insegna l'intelligenza”, diceva il filosofo Eràclito. E in questo caso, ne abbiamo un’illuminante conferma.

(Già che ci sono, una piccola critica da parte mia ad Aldo: cambia musica. Ogni settimana parli delle stesse cose: basta! Che il programma della Clerici con i bambini sia una stronzata immonda l’abbiamo capito tutti. Non c’è bisogno che continui ad usare eruditi giri di parole, sempre nuove metafore e arditi sinonimi per poi dire le stesse cose. E’ vero che la tv è quella e c’è poco da fare, però… E, a pensarci bene, non vedo il bisogno dei cosiddetti “critici televisivi” pagati, per dire che è una merda: non basta fare zapping per 2 minuti? Abbiamo proprio bisogno che altri ci dicano cosa è bello e cosa è umiliante e ridicolo, in tv come in altri ambiti della vita?)

Apprezzo la cultura e le persone acculturate, e le invidio anche un po’. E mi dispiace quando vedo casi del genere. Penso sempre: “Un’altra occasione sprecata”. Peccato.

31 ottobre 2010

Esorcizziamo un “mostro”

Un po’ di tempo fa mi ero abbastanza appassionato alla lotta infinita tra Massimo Mazzucco, gestore del sito Luogocomune.net, e Paolo Attivissimo, presunto “cercatore di bufale”, riguardo l’11 settembre. Mazzucco sostiene che la ricostruzione ufficiale del governo americano sull’avvenimento contenga delle falle e delle palesi contraddizioni alle leggi della fisica; Attivissimo sostiene che Mazzucco e i cosiddetti “complottisti” siano solo dei cialtroni che non hanno nulla da fare nella vita, che disonorano tutte quelle famiglie che hanno perso i propri cari nell’attentato e che è palesemente dimostrato che le cose siano andate proprio come la versione ufficiale dichiara. Il tipico “debunker”, insomma.

Bene, è il momento di mostrare che chi disonora le famiglie delle vittime è proprio il caro Attivissimo, il quale si rende ripetutamente esponente paladino di una menzogna palese e indifendibile. Dato che siamo in clima Halloween (che è una roba insulsa e soltanto commerciale), mi sembra giusto esorcizzare questo “mostro” e non dargli neanche una caramellina per pietà.

Dopo aver visto questi video vi chiederete qualcosa del tipo “Ma con che coraggio questo ‘signore’ si permette ancora di parlare?! Dovrebbe solo vergognarsi, ‘sto venduto!”

Buona visione!
(Il video è disponibile per intero su Arcoiris.tv)


(video tratti da Luogocomune.net)









P.S: complimenti a Massimone per l'ottimo lavoro e per il titolo geniale!


AGGIORNAMENTO: a causa di un contenzioso assurdo con Mediaset, il canale Youtube di Luogocomune è stato cancellato, ma Mazzucco ne ha creato un altro sul quale sta ricaricando tutti i video. Ho aggiornato i link dei video con quelli nuovi.

26 ottobre 2010

L’11 settembre raccontato in Germania – Parte II

Ecco l’epilogo della vicenda del giornalista tedesco Oliver Janic, il quale ha esposto sulla stampa ufficiale del suo Paese le incongruenze e le verità sull’11 settembre. Cosa pensate che gli sia accaduto?

(tratto da ComeDonChisciotte.org)

LA VERITÀ SULL’11 SETTEMBRE ERA SOLO UN PESCE D’APRILE FUORI STAGIONE: TAPPATA A TEMPO DI RECORD IN GERMANIA LA FALLA NEL MURO DELL’OMERTÀ MEDIATICA 
 
DI ROBERTO QUAGLIA
www.edicola.biz

Era un pesce d’Aprile e ci siamo cascati, ingannati probabilmente dal fatto che adesso è ottobre, cronologicamente agli antipodi di Aprile.

Avevamo riportato, pochi giorni fa, dell’incredibile fatto che la grande stampa si fosse finalmente occupata (in Germania) dei retroscena dell’11 settembre trattandoli per quelli che sono: una colossale truffa nei confronti del mondo intero! Si trattava di una piccola breccia nel muro dell’omertà mediatica con cui i giornalisti contemporanei nascondono, a quella parte fiduciosa della popolazione che vuole continuare a credere a ciò che fidati giornali e telegiornali raccontano loro, gli straordinari progressi dell’investigazione popolare sui fatti dell’11 settembre.

Nell’arco di dieci mesi il coraggioso giornalista tedesco Oliver Janic ha pubblicato non uno, ma ben due ampi articoli sulla importante rivista economica Focus Money, letta da centinaia di migliaia di persone. Articoli elaborati e ben argomentati, dritti al nocciolo delle cose, senza omissioni ed inganni. Avevamo ipotizzato che questo potesse essere il preludio al crollo della diga con la quale si cerca disperatamente di arginare l’afflusso della verità sul tema verso le popolazioni dell’Occidente democratico. Avevamo preconizzato uno tsunami di purissima merda il giorno che la diga fallata avesse ceduto.

Tutto sbagliato.

La falla nella diga è stata riparata a tempo di record dagli esperti ingegneri tappabuchi tedeschi della divisione “Orwell”.

L’articolo è stato infatti rimosso dalla versione online del giornale, al giornalista Janic è stato intimato di rimuovere la copia in PDF ospitata sul suo sito, ed il giornalista Janic stesso è stato epurato. Non lavorerà mai più per Focus Money. Né per le altre importanti testate con le quali aveva già collaborato, quali l’edizione tedesca del Financial Times, la Süddeutsche Zeitung ed altre.

“Nei miei confronti è già iniziata l’opera di character assassination.” Ha dichiarato Janic. La distruzione dell’immagine dei personaggi scomodi è ormai una prassi molto consueta, nell’Occidente democratico. La rivista “Der Spiegel” ha immediatamente lanciato un attacco ad personam contro il giornalista. Ricordiamo che Der Spiegel, che adesso cerca di coprire i veri autori dell’11 settembre, in un passato affatto lontano analogamente si distinse per negare la diretta responsabilità nazista nel rogo del Reichstag nel 1933, l’evento che segnò l’affermazione finale del nazismo.

Ovviamente, tutti si guardano bene dall’entrare nel merito dei fatti riportati da Janic nei suoi coraggiosi articoli. Nessuno prova a smontarne gli argomenti. Ci si limita a cercare di nascondere i cocci sotto il tappeto, sperando che la gente si dimentichi di quanto ha letto. Anche il caporedattore di Focus Money, che ha approvato gli articoli, è stato ora messo sotto pressione.

Tutto ciò sia istruttivo per chi, per inerzia, sentimentalismo o pigrizia, ancora si ostina a conservare fede nelle proprie testate giornalistiche preferite.

Una delle obiezioni che negli anni mi sono sentito rivolgere più spesso riguardo al mio libro sull’11 settembre, è stata quella che se l’11 settembre ci fosse stato un complotto governativo di tale portata, non si sarebbe riusciti a tenere le cose nascoste, qualcuno avrebbe parlato, i giornalisti avrebbero indagato. Umberto Eco stesso ha pubblicamente sostenuto questo argomento.

Adesso abbiamo l’irrefutabile dimostrazione empirica del perché questo argomento sia sbagliato.

In verità, sono stati moltissimi quelli hanno parlato, quelli che hanno fatto trapelare notizie segrete, in verità non si è riuscito a tenere le cose nascoste, in verità tutto ciò che era nascosto è in effetti saltato fuori nel tempo. Però, coloro che noi abbiamo delegato ad informarci rispetto a tutto ciò, ovvero i giornalisti, semplicemente… non ce lo hanno mai detto! Non ce lo hanno mai detto!

Ed ora abbiamo sotto gli occhi anche la prova sperimentale, la certezza empirica del perché non ce lo hanno detto!

Se un giornalista della grande stampa compie correttamente il proprio lavoro a questo proposito, perde immediatamente ogni possibilità futura di lavorare, i suoi articoli già scritti vengono cancellati, rimossi, nascosti, viene declassato per sempre al rango di innominabile paria. Oliver Janic non è il primo a subire questa sorte. Volete la lista intera?

Questo spiega perfettamente come mai il vostro quotidiano o telegiornale preferito non vi parlerà mai dei retroscena ormai assodati in merito ai fatti dell’11 settembre, e quando lo facesse, sarebbe solo per sviarvi, per vaccinarvi contro ulteriori curiosità. Se ancora è sopravvissuto nel vostro cuore un giornale o un telegiornale preferito, investite qualche minuto del vostro prezioso tempo a riflettere sul caso emblematico di Oliver Janic. Se la fede nel vostro giornale o TG sopravvive anche a queste riflessioni, guardatevi allo specchio. Negli occhi. A lungo. Chissà che non aiuti.

Mi era giunta voce che io fossi invitato a presentare il mio libro Il Mito dell’11 Settembre alla Fiera del Libro che si svolgerà a Trieste ad inizio novembre. Poi l’invito sarebbe decaduto. Per “motivi politici”. Chissà perché, la cosa non mi ha sorpreso affatto.

La mole di evidenza che dimostra la totale insensatezza della narrazione ufficiale dei fatti dell’11 settembre è tale, e continuamente cresce e si perfeziona e si consolida, che chi cerca di tenere la cosa nascosta agli ultimi ignari ormai evita a tutti i costi di entrare nel merito del problema, poiché in una discussione corretta non avrebbe alcuna chance di salvare la faccia. Per non parlare del fondoschiena.

Poiché l’epurazione di Janic costituisce una prova inoppugnabile del fatto che, proprio come nelle dittature, i giornalisti delle democrazie occidentali non sono più liberi di fare informazione come si deve, SOSTITUITEVI AI GIORNALISTI INADEMPIENTI E CONDIVIDETE QUEST’ARTICOLO CON QUANTA PIU’ GENTE POTETE, con tutti gli amici che avete, su Facebook e nella blogosfera. Molti hanno già capito da tempo come stanno le cose, ma ancora in troppi sono sentimentalmente incatenati a qualche giornale o giornalista a cui nel tempo si sono affezionati, e non vogliono rendersi conto di essere in realtà sempre stati - e di continuare a venire presi per il culo da dei mangiapane a tradimento. Forse questo piccolo caso tedesco li aiuterà a crescere.


Il numero di Gennaio 2010 e quello di Settembre 2010 di Focus Money,
che contengono i due articoli “incriminati”

L’articolo precedente, nel quale si riportava l’exploit di Janic, lo trovate qui.

E qui trovate una traduzione in francese dell’articolo, che potete segnalare ad eventuali amici francofoni.

Per chi capisce il tedesco, ecco una lunga discussione telefonica con Oliver Janic, effettuata su un sito tedesco di controinformazione. In passato, per accedere alle informazioni censurate i cittadini che vivevano nella Germania nazista potevano sintonizzarsi su Radio Londra, mentre nelle dittature del comunismo del Patto di Varsavia ci si poteva informare su Radio Free Europe. Oggi, Internet offre qualche opportunità in più per prendersi delle sane vacanze dalla propaganda.


***


Originalmente pubblicato su Edicola.biz e Newspapers Online
Qui potete scaricare il PDF della versione cartacea dell’articolo su Focus Money, per futura memoria, prima che, come preannunciato, venga rimosso per sempre.

Post Scriptum: Non ci vuole un genio a capire che tutta questa faccenda, prima ancora che una ”minaccia alla democrazia” è soprattutto un insulto all’intelligenza. Alla resa dei conti, probabilmente ciò che da più fastidio è proprio questo. Bisogna evitare che i nostri teatri mentali si trasformino in discariche pubbliche, intasate da barzellette tossiche spacciate per informazione.

24 ottobre 2010

L’11 settembre raccontato in Germania – Parte I

Sì: parte 1, perchè domani o dopo metto la seconda, con l’epilogo della vicenda, in modo che si capisca bene come il sistema difenda sè stesso.

(tratto da ComeDonChisciotte.org)

IN GERMANIA SI INCRINA IL MURO DELL’OMERTÀ MEDIATICA SULL’11 SETTEMBRE

 
In occasione del nono anniversario dei tragici fatti dell’11 settembre, è apparso sulla stampa tedesca di serie A un articolo davvero rivoluzionario e significativo: “11 Settembre 2001, la sequenza dei fatti”. Lo ha pubblicato Focus-Money, una delle più importanti riviste tedesche di economia, a firma di Oliver Janich.

La cosa incredibile di questo articolo, è che per la prima volta sulla grande stampa occidentale, la sequenza degli eventi riportati è quella vera, senza gravi omissioni, ed essi sono stati scelti fra i più significativi, anziché come di solito, fra quelli più irrilevanti (quando non addirittura falsi). Un precedente in verità c’era stato, mesi prima, ma ad opera dello stesso giornalista sulla stessa rivista.

E’ risaputo che il giornalismo italiano è in genere di così bassa lega, che spesso gli articoli più belli e significativi che vi leggiamo sono stati in realtà comprati e tradotti da qualche fonte anglosassone. Ciò avviene sia sulla carta stampata, che in televisione.
I migliori documentari storici o sul mondo della natura che vediamo in tivù sono quasi sempre di matrice straniera, tradotti ed inglobati in contenitori pseudo-italiani dove il pseudo-giornalista italiano di turno si limita a quattro ciance superflue prima e dopo il documentario che non è farina del suo sacco, al solo scopo di giustificare il suo lauto ed immeritato stipendio. Del nulla assoluto che ormai riempie qualsiasi telegiornale, inutile parlare.

Ovviamente, nel caso del bell’articolo sull’11 settembre, la stampa italiana si è guardata bene dal farne menzione. Non parliamo neppure dell’opzione di tradurlo! Eppure, l’articolo in questione è davvero clamoroso. Ed ignorarlo non è un’opzione. E’ uscito a settembre, quindi la scusa delle vacanze non vale. Lo hanno visto, lo hanno letto, fanno finta di niente.

In precedenza, quando la grande stampa si occupava delle versioni “non allineate” dei fatti dell’11 settembre, ad un occhio attento traspariva chiaramente la volontà di disinformare, di confondere le acque nel merito, di annacquare le verità scomode. Questo lavoro si chiama “controllo del danno”. Si finge di informare, così da dare agli ignari l’impressione di avere appreso qualcosa in merito ai fatti, così che ogni eventuale interesse all’approfondimento si spenga.

Tutto un altro discorso nell’articolo su Focus-Money. Oliver Janic non ha trascurato nessuno dei fatti più rilevanti, né soprattutto ha cercato di confondere le acque con le solite ciance con cui gli pseudo-giornalisti subdolamente discreditano le notizie che a malavoglia sono costretti a dare. La sua esposizione dei fatti è intensa ed efficace, e nel suo lungo articolo essa tiene perfettamente il passo con lo stato dell’investigazione collettiva da parte dei ricercatori indipendenti su Internet.

Per esempio leggiamo:

“Trovate tracce di esplosivi. Vi sono prove univoche a riguardo. Più di 1200 architetti ed ingegneri sotto la conduzione di Richard Gage fanno notare come un crollo simmetrico dei tre grattacieli WTC 1, 2 e 7 è stato possibile, nel rispetto delle leggi di Newton, solo se le strutture portanti sono state rimosse in modo mirato e contemporaneo, mediante esplosioni. A tale proposito, il professore di fisica Steven Jones ha trovato nella polvere del World Trade Center tracce di Nanotermite.” (…) A Giugno 2009 il rinomato Istituto Britannico di Nanotecnologia ha confermato i risultati delle analisi: Lo studio, dichiara l’Istituto, «fornisce la prova incontrovertibile (indisputable) che nella polvere di tutti e tre gli edifici che l’11 settembre 2001 sono crollati a New York è stato trovato un esplosivo ad alto livello tecnologico, dal nome di nanotermite. Questo esplosivo d’alta tecnologia può venire prodotto solo in laboratori militari specializzati.» Questo dato di fatto toglie sgonfia la tempesta di critiche di cui era oggetto Steven Jones, secondo le quali il professore avrebbe messo in gioco la propria fama fabbricandosi le prove da solo, pur di dimostrare la propria tesi della demolizione controllata.”

Con buona pace dei cretini (o delinquenti) che (anche in Italia) se ne erano usciti con l’affermazione che le fotografie delle particelle di termite erano in realtà immagini di pittura antiruggine. E degli stormi di allocchi che se la sono bevuta.

ed ancora:

“Il 10 settembre [Rumsfeld] dichiarò in una conferenza stampa, come riportato da CBS il 29 Gennaio 2002, che dal bilancio del Pentagono erano scomparsi nel nulla 2,3 miliardi di dollari. Il giorno dopo il mondo cambiò, e nessuno mai più chiese di rendere conto di questa incredibile somma. Secondo la “Pittsburg Post Gazette” del 20 dicembre 2001, 34 dei 65 impiegati dell’ufficio risorse dell’esercito morirono quel giorno al Pentagono. La maggior parte dei deceduti in quell’ufficio erano contabili privati, ragionieri ed analisti di budget.”

Non traduco di più, visto che tutte queste cose (e molte altre) ci sono anche nel mio libro sull’11 settembre e mi sento scemo a faticare adesso per tradurle dette da un altro.

Tuttavia scrivo questo pezzo poiché è importante sottolineare l’importanza di questa breccia nel muro di omertà con il quale la libera stampa dei paesi democratici si è in tutto e per tutto resa complice dell’insabbiamento dei fatti dell’11 settembre e di riflesso dei milioni di morti prodotti dalle guerre che ne sono seguite. Non importa che una percentuale in costante rialzo dei cittadini occidentali non creda più alle menzogne ufficiali. Analogamente a Hitler ed il suo entourage negli ultimi giorni dell’assedio di Berlino, i giornalisti asserragliati nel bunker mediatico vivono ormai in un mondo tutto loro. Persistono a vaneggiare di una realtà alla quale nel mondo esterno al bunker sempre più gente non crede più. Ma adesso che è iniziata la defezione di qualcuno di loro, come reagiranno? Prima o poi dovranno consultare degli psicologi che li aiuti a superare lo stress post-traumatico. Psicoanalisi obbligatoria per la classe dei giornalisti, dunque, purché non a carico della mutua!

Di colpo non sono più i cosiddetti “complottisti di internet” a raccontare la vera storia dell’11 settembre, ma la stampa ufficiale. Una parte, una piccola parte, della stampa ufficiale. Ma pur sempre stampa ufficiale, quella per intenderci che si fregia dei crismi della professionalità e della credibilità. Quella che si illudeva di poter stabilire indefinitamente gli standard della realtà condivisa.

I dileggiamenti e sorrisetti di compatimento, quando non espliciti insulti riservati a quelli di noi che già anni fa osarono rifiutarsi di credere alle assurdità della narrazione ufficiale, non colpiscono stavolta il coraggioso Oliver Janic. Gli pseudo-giornalisti stavolta ammutoliscono e come struzzi ficcano il capo più a fondo che mai nel terreno. Dov’è adesso quel loro umorismo insultante e triviale, con il quale sono soliti irridere i blogghisti che fanno il lavoro che sarebbe toccato a loro? Gli pseudo-giornalisti non parlano dell’articolo apparso su Focus-Money, non cercano di smontarlo, non tentano contro di esso i loro abili giochetti delle tre carte, nei quali la verità ti viene mostrata per un attimo al solo scopo di fartela subito dopo sparire alla vista per sempre. No. Il mondo del giornalismo tace intensamente di fronte a questa defezione che implicitamente è un’accusa per tutti loro.

Ma il silenzio non è più un’opzione. Ha funzionato benissimo, ad esempio, per tenere il mio libro nell’ombra – in parecchi anni non ho avuto neppure una recensione negativa, chi voleva affossarlo semplicemente lo ignorava del tutto. Ma adesso che la storia si è intrufolata nei media ufficiali, questi signori si ritrovano con un elefante incazzato nella cristalleria, e nascondere la testa sotto la sabbia non lo farà sparire.

A dire il vero ci fu un precedente, in Germania. Nel 2003, i giornalisti Gerhard Wisnewski e Willy Brunner realizzarono per la rete pubblica tedesca WDR una seria inchiesta giornalistica sui misteri dell’aereo che l’11 settembre 2001 si schiantò in Pennsylvania, inchiesta che andò in onda e riscosse parecchio successo presso il pubblico. Tuttavia, da lì a poco la rivista Der Spiegel pubblicò una spietata requisitoria contro i “visionari” che vedono cospirazioni nei fatti dell’11 settembre. L’articolo si intitolava ”Panoptikum des Absurdum“, e delle esemplari tecniche di manipolazione utilizzate in questo articolo mi dilungo in dettaglio nel mio libro Il Mito dell’11 settembre. Come conseguenza, Wisnewski e Brunner furono “epurati” e non fu più loro consentito di lavorare per la televisione tedesca. Secondo Wisnewski, il suo documentario è stato addirittura eliminato dagli archivi della WDR. Tutto questo, nel 2003.

Oggi, nel 2010, dopo l’articolo su Focus-Money, Der Spiegel – così come tutte le altre Zeitungen, i giornali tedeschi - tace. O piuttosto, riecheggia a gran voce il monito di Londra e Washington secondo il quale sarebbe di colpo cresciuto soprattutto in Germania il pericolo di attacchi terroristici. Tutto ciò non è scevro di una certa logica, il cui filo lascio indovinare ai miei lettori.

La verità nuda e cruda pubblicata su un’importante rivista economica tedesca spazza via ogni alibi residuo per gli pseudo-giornalisti, che un domani non potranno un giorno rifugiarsi dietro alla solita scusa “ma noi non sapevamo”. I fatti nudi e crudi sono sempre di più sotto gli occhi di tutti. Il presidente dell’Iran Mahmud Ahmadinejad ha ufficialmente chiesto in sede ONU l’istituzione di una inchiesta internazionale sui fatti dell’11 settembre, dicendo che nella stessa America due terzi della popolazione non crede più alla versione governativa, e che molta gente si è convinta che ad organizzare gli attentati siano stati gli americani stessi. Due terzi della popolazione americana mi sembra effettivamente una stima azzardata, ma a New York probabilmente siamo già a più della metà. Sapendo che effettivamente sempre più gente si sta convincendo che l’11 settembre fu un’operazione made in USA, l’abbandono della sala da parte della delegazione americana non è esattamente la cosa più opportuna da fare per convincere i dubbiosi della propria innocenza a riguardo. Se sai di essere innocente rispetto ad una accusa che sempre più gente ti rivolge, non scappi – chiaro sintomo di coda di paglia. Rispondi invece per le rime e smentisci con argomenti solidi alla mano chi ti ha accusato. Soprattutto quando ciò si verifica all’ONU, sede creata al precipuo scopo di permettere alle nazioni di discutere ed ascoltarsi. Quando si inizia a non essere in grado di fare l’uno e l’altro, il problema è evidentemente serio.

 



Un efficace video in inglese che mette a confronto le parole all’ONU di Ahmadinejad con la infelice replica di Obama.

In conclusione, il bell’articolo di Oliver Janic su Focus Money è una vistosa crepa nella diga che tuttora tiene separati i due mondi – quello di chi ha capito, e quello di ancora si fida dei giornali “autorevoli”. Qualcosa mi dice che il giorno in cui la diga fatalmente cederà – perché un giorno essa verrà giù, piaccia o non piaccia, e non possono esserci dubbi a riguardo – il nostro mondo si ritroverà sommerso da un autentico tsunami. Di purissima merda.

Un articolo precedente di Focus Money, risalente a Gennaio 2010, nel quale per la prima volta si affrontava in modo critico l’argomento 11 settembre. Il titolo è “NON VI CREDIAMO”. Nalla galleria di personaggi raffigurati, spicca anche la foto di Francesco Cossiga, che come è noto dichiarò anni fa al Corriere della Sera che l’11 settembre era stato un inside job. Chissà perché, nessun giornalista italiano volle riprendere o approfondire questa clamorosa notizia.

Originalmente pubblicato su Edicola.biz e Newspapers Online
Qui potete scaricare il PDF della versione cartacea sell’articolo, che si presenta molto meglio della versione online.

17 ottobre 2010

Riflessioni su Luttazzi e il plagio

Come forse molti di voi sapranno, da un po’ di tempo a questa parte in Rete si è scatenato un putiferio pazzesco nei confronti di Daniele Luttazzi reo, secondo i suoi accusatori, di aver copiato/plagiato battute di comici stranieri tra cui Bill Hicks, George Carlin, Eddie Izzard, Chris Rock e tanti altri ed averle inserite nei suoi spettacoli senza citarne l’autore.

Luttazzi da parte sua si difende sostenendo che il tutto è alla luce del sole, dato che è dal 2005 che ha lanciato una sorta di gioco chiamato “Caccia al tesoro” rivolto ai fan per scovare le varie “citazioni” da altri comici.

Premetto che non riesco ad odiare Luttazzi: fino a qualche anno fa non mi piaceva (troppo volgare), poi crescendo (e dopo aver visto e apprezzato due mostri sacri come Hicks e Carlin) il mio giudizio è cambiato ed ha iniziato ad entrare nel mio personale cerchio dei comici “non solo comici” che meritano rispetto.

E premetto anche che i suoi spettacoli li ho visti una massimo due volte, quindi non mi ricordo tutte le sue battute.

Ma questa faccenda vuole essere uno spunto per esporre un paio di fatti e verità incontrovertibili. Prima di tutto, cos’è un plagio: è prendere pari pari, sapendo di farlo, un contenuto intellettuale di qualcun altro, meglio se poco o quasi per nulla conosciuto, e riproporlo come proprio e inedito, sfruttando magari l’ignoranza del pubblico, senza citare la fonte o l’autore di suddetto contenuto. Seconda cosa: non si fa, specialmente nel mondo della comicità. Terzo: non è plagio trarre spunto dal lavoro altrui per poi rielaborarlo in modo personale ed evolverlo, adattarlo ad una determinata situazione o contesto. E’ questa, tra l’altro, la base dell’evoluzione umana: prendere il passato e i suoi concetti e rielaborarli, farli progredire, modificarli, adattarli e formarne di nuovi.

Quindi, finchè si prende una battuta o un concetto di un altro comico per poi rielaborarlo e tirarne fuori un discorso nuovo, tecnicamente non è plagio e non si è obbligati a citare la fonte, anche se sarebbe comunque un gesto di umiltà ricordare il gigante del passato al quale si è saliti sulle spalle. Ma fin qua è accettabile: si prende spunto e si crea qualcosa di nuovo. Perfetto.

Il dramma sorge quando non si prende spunto ma si riporta parola per parola, o quasi, un discorso, una battuta, un concetto espresso precedentemente da un altro comico, poco conosciuto dal pubblico ricevente, senza dirne il nome. Esempio:

copiato spudoratamente da George Carlin:

Questo è un plagio bello e buono. La difesa di Luttazzi in queste situazioni è sempre la solita: “lo avevo già detto nel 2005 con la ‘Caccia al tesoro’, non è una novità”.

Al che sorge spontaneamente un quesito: in tutti gli anni precedenti il 2005, Luttazzi non ha mai fatto menzione al grande pubblico (inteso proprio come grande pubblico, non solo i suoi fan) di aver “preso in prestito” battute di altri comici. Come mai questo out out? La risposta che mi è venuta in mente è che, non essendo egli un pirla, ha messo le mani avanti; sapeva che, grazie ad Internet e a siti come ComedySubs, sarebbe stata solo questione di tempo prima che la gente dicesse “Uè, ma ‘sta battuta la dice anche Luttazzi! Ma questo spettacolo è del 1988! Quindi… vuol dire che ha copiato?” ed ha messo lì questa storia della “Caccia al tesoro” con la spiegazione che serve come difesa verso le accuse e le denunce anche legali oltre che intellettuali.

Il che ha senso SOLTANTO quando, come nel finale del monologo a RaiPerUnaNotte, usa concetti non prettamente comici ma più “universali” (anche se in RaiPerUnaNotte ha citato l’autore originale), di grandi filosofi del passato e satirici originali.

Non si applica assolutamente, però, quando si prende una battuta o un intero discorso di qualche minuto da altri comici contemporanei. Vedi questo esempio:

e la versione originale, purtroppo senza sottotitoli:

(se cercate “Eddie Izzard Circle ita” o cose così su Google et similia trovate lo spettacolo intero sottotitolato, che fa morire dal ridere. Oppure c’è una serie di video intitolata “Il meglio (non è) di Luttazzi” che mostra un po’ delle “prese in prestito”, e sono veramente tante, tra le quali quella di cui sopra sottotitolata)

Qui la difesa del “l’avevo detto in tempi non sospetti” non sta in piedi: ha preso un pezzo intero di un altro comico senza dirne il nome. E’ plagio. Punto.

Tra l’altro, in un articolo inerente alla “Caccia al tesoro” sul suo blog, Luttazzi dice:

“ … La cosa col tempo è diventata una strizzatina d'occhio ai fan. Una complicità fra appassionati di comicità, come nel jazz quando Fred Hersch inserisce in una improvvisazione una frase di Monk: chi se ne accorge entra a far parte di un circolo di eletti.”

Già, UNA frase. Non una miriade di pezzi che vanno dalle battute one-line a blocchi interi di 3-4 minuti, per di più in ogni spettacolo (che non è proprio un’improvvisazione…).

Volendo vedere, effettivamente un “richiamo” non esplicitato ai grandi del genere è anche un bel gesto di riconoscimento nei loro confronti e una nota intelligente per i più “attenti”, ma solo quando non è troppo frequente. Una battuta ogni tanto va bene e anche il pubblico più “sveglio” la apprezzerà; una serie bella fitta di questi “richiami” nascosti rende automaticamente il tutto etichettabile come plagio. Anche perchè le citazioni sono di solito brevi, dell’ordine di una o pochissime righe, certamente meno di 2-3 minuti di monologo alla volta. E una citazione, solitamente, è riferita verso un soggetto conosciuto, in modo che il pubblico la possa riconoscere e capirla. Qui c’è la lista delle battute/pezzi di monologo, finora scoperte, prese praticamente pari pari da altri comici. E qui, invece, la lista di Luttazzi stesso di comici e non solo dai quali ha “preso spunto”. Infine, qui c’è la lista ripulita dai non-comici, cioè la lista effettiva delle persone ai cui lavori ha attinto più o meno pesantemente rubandone dei contenuti.

La cosa che mi ha dato molto fastidio è che nel monologo “Adenoidi” del 2003 (quindi prima della pubblica ammissione) ad un certo punto Luttazzi dice proprio che non si copiano battute di altri, vantandosi della paternità di quelle dette da lui (vedi dal minuto 6 di questo video). Questo mi ha fatto girare parecchio i coglioni perchè stimo Luttazzi tuttora, nonostante questo macello, per il lavoro di ricerca che ha svolto e che continua a svolgere, esplicato meravigliosamente nell’ultimo spettacolo, “Decameron”. Ma queste affermazioni, francamente, se le poteva risparmiare.

Insieme alla stronzata del Letterman Show. In pratica, Luttazzi dice di aver scritto una battuta che poi, dopo uno scambio di mail con Bill Scheft del Letterman Show, è stata ripresa qualche giorno dopo da Letterman stesso e adattata al contesto. Scheft ha poi replicato sul suo blog dicendo di non avere mai avuto questo scambio di email, che lui non è l’headwriter dello show (come invece ha scritto Luttazzi), addirittura affermando di non conoscere nemmeno Daniele Luttazzi e che quella battuta Letterman non l’ha neanche detta. Ma anche ammettendo che questo scambio ci sia stato, che la battuta Letterman l’abbia detta, comunque non è plagio, come dice giustamente Luttazzi: è un riadattamento, che non è esattamente quello che fa lui in centinaia di occasioni. Questo mi fa incazzare e rende il nostro eroe un po’ un cialtrone. Colto, coltissimo, ma un po’ cialtrone.

E poi quella dal sito di Repubblica del 2001, relativa allo show televisivo “Satyricon”:

“… Infine, tutte le battute di "Satyricon" sono originali. (Se si sostiene il contrario occorre fare degli esempi precisi, altrimenti mi si devono delle scuse)…”

E il dire “lo faccio perchè voglio smascherare l’ignoranza di chi mi accusa”, riferito ai vari Berlusconi&co, NON può applicarsi alle battute prese da altri comici, ma solo alle citazioni erudite di Quintiliano e altri pensatori del passato. Altrimenti si presenterebbe una situazione del tipo “Oh, non puoi offendere Dio!”, Ma non l’ho fatto io. Le battute sono di George Carlin”, “Ah… Allora ammetti di aver preso battute di altri e averle spacciate per tue”, “Eh ma allora l’ignoranza è tua. TU dovevi sapere che sono di George Carlin” che onestamente non sta nè in cielo nè in terra, come spiegazione. Andrebbe bene, ripeto, per “una volta ogni tanto”, ma qui siamo molto oltre.

Per fare un parallelo, è come la Panda cinese. Un po’ di tempo fa erano uscite delle foto di auto cinesi che erano quasi in tutto e per tutto identiche alla Fiat Panda. E’ chiaramente un plagio, ma ammettiamo di non sapere dell’esistenza della Panda: cosa penseremmo? “Apperò, hai visto ‘sti cinesi che bella macchinina hanno fatto? Piccola, consuma poco, esteticamente non un capolavoro ma passabile, perfetta per la città”. E la colpa sarebbe nostra perchè non sappiamo della Panda? Ok, diciamo di sì: fatto sta che è una copiatura bella e buona. E’ ovvio che poi, quando si viene a sapere, sentendoci presi per il culo, non ci si può aspettare una reazione del tipo “Bravi cinesi! Continuate così!”. L’ignoranza della gente NON E’ un dito dietro il quale nascondersi e pensare di farla franca. E non toglie assolutamente dalla circolazione il fatto in sè: il plagio rimane, solo che non viene riconosciuto.

E poi se avessi voluto vedere Eddie Izzard… sarei andato a vedere Eddie Izzard, che con i suoi pezzi fa più ridere della chiamiamola “reinterpretazione” di Luttazzi.

C’è chi lo difende, poi, dicendo che il suo è un lavoro di traduzione delle battute, e non costituirebbe plagio. Piuttosto patetica come difesa, ad essere sinceri. Quello di ComedySubs è un lavoro di traduzione, non questo. Cosa vuol dire, che se prendo una battuta di Benigni e la spaccio per mia è plagio mentre se ne uso una di Robert Schimmel è traduzione?! Come se il vincolo linguistico fosse un’attenuante. Io so l’inglese, non ho bisogno di traduzioni: quindi per me è plagio.

Allora, secondo questa logica, se io prendessi dei pezzi di 2-3 minuti dai suoi monologhi e altre battute sciolte senza riadattarle, con un bel copia-incolla, andassi in un circolo della Lega Nord a Ponte di Legno, dove le battute di Luttazzi non sono molto conosciute, e le dicessi in dialetto milanese stretto, non si potrebbe considerarlo plagio ma solo traduzione. Ah no beh, giusto…

Visto che sta subendo attacchi da qualsiasi posto su cui lo sguardo riesca a posarsi, ora se la prende con l’anonimato garantito da Internet (che poi non è vero che si è anonimi su Internet, ma tant’è…) che consente a chiunque di dire quello che vuole e, nella fattispecie, di diffamarlo. Primo, non è diffamazione ma solo un’indagine e una richiesta di chiarimenti da parte di gente che magari ha speso anche dei soldi per comprare dei libri per leggere il punto di vista di Luttazzi, per andare agli spettacoli a sentire il punto di vista di Luttazzi e si è beccata inconsapevolmente i punti di vista di 50 persone diverse, tra cui, piccolo piccolo e nascosto, quello di Luttazzi. E questa gente chiede ragionevolmente delle spiegazioni. Poi è ovvio che ci siano in mezzo dei cretini a cui non frega un cazzo: il mondo ne è pieno e ciò si riflette anche in questo ambito come in tutti gli altri, anche e soprattutto fuori dalla Rete. E, dopotutto, bastava non fare il copia-incolla di centinaia di battute altrui per evitare questo macello.
Secondo: l’anonimato è una tutela della libertà di espressione e permette a tutti di esprimere idee che possono risultare scomode ai piani alti della società senza per forza esporsi e mettersi nei guai. (non tutti hanno la possibilità di riempire teatri con qualche migliaio di persone paganti, di vendere libri ed avere programmi in tv…) Se poi qualcuno lo sfrutta per fini malevoli, il problema NON E’ l’anonimato: è chi lo usa per quei fini. Il carro, da che mondo è mondo, sta sempre dietro i buoi.

E sempre nello stesso post di cui sopra, datato 15 ottobre 2010, insiste con la storia del “sono citazioni, non plagi”.

“…si tratta in realtà di citazioni per la Caccia al tesoro, di calchi e di riscritture con variazioni, ammonticchiati alla rinfusa come in un ossario, a impressionare i bimbi: ma non sono plagi;
citazioni nascoste, calchi e riscritture con variazioni sono, infatti, tecniche legittime, che si imparano frequentando i Grandi (Chaplin, Totò, Lenny Bruce, Woody Allen, Plauto, Shakespeare, Moliere, Mozart, Rossini, Puccini, John Zorn, Picasso, Joyce, Nabokov, Beckett, Barth, Barthelme, Pynchon…)…”

Citazioni nascoste? No. Calchi? No. Riscritture? Assolutamente no, se col termine “riscrittura” si intende un adattamento al contesto, un’evoluzione di un concetto espresso da qualcun altro. Assolutamente sì se invece si intende il posizionamento di un foglio scritto in inglese su una scrivania ed accanto ad esso un altro di pari foggia ma completamente bianco, sul quale il soggetto, comodamente appollaiato su una sedia regolabile in pelle con ruote, riscrive con pochissime ed insignificanti variazioni quello che fu stampato nella lingua di Shakespeare da qualche fredda macchina. Una sorta di auto-dettato: “’Keith Richards outlived Jim Fixx, the runner and health nut’… Ok, quindi ‘Keith Richards è sopravvissuto a Jim Fixx, il fanatico americano inventore del jogging’. Sì, così va bene: è una riscrittura con variazioni”.

Ripeto: a me Luttazzi, nonostante il letame che sta venendo a galla, piace e non mi sento di denigrarlo completamente (anche se leggendo questo post può sembrare che lo stia facendo, ma fidatevi: non è mia intenzione), perchè comunque ha avuto il merito di portare la comicità satirica italiana ad un livello più alto della tipica battutina idiota sull’altezza di Brunetta. Però il mio rispetto per lui è piuttosto scemato, perchè chi ruba mi piace un po’ meno di chi non lo fa.

E ora che il tutto è allo scoperto, sono curioso di vedere il materiale dei suoi prossimi spettacoli, perchè ora la minima fallacia verrà immediatamente notata. L’ignoranza sulla quale ha marciato per anni è molto diminuita e non può più permettersi passi falsi. Ma se non “citerà” più, sarà allora una implicita ammissione di avere fatto il furbetto per anni ed essere stato colto con le mani nel sacchetto di merda. In entrambi i casi, ci saranno ulteriori discussioni, utili o meno.

Dai Daniele, la testa per scrivere una comicità distruttiva dello status quo e allo stesso tempo divertente ce l’hai: faccela vedere! Sarò io il primo a sostenerti e a dirti “Bravo! Così si fa!”.

Già in Decameron e a RaiPerUnaNotte ne hai dato un saggio. Continua!

 

 

P.S: rileggendo il post mi è sembrato di interpretare la parte di Fini con Berlusconi: “Sei uno stronzo, padre padrone e losco! Ma ti voto la fiducia”.
Non ho intenzione di tornare sull’argomento, salvo che per svolte clamorose. A dire il vero sono sempre rimasto piuttosto estraneo alla faccenda, ma in questi giorni non sono stato troppo bene e non so se sia stato per via della febbre o del mal di testa che mi è venuta voglia di addentrarmi in questo mondo tempestoso, ma vorrei evitare di rientrarci: pensàtela come cazzo volete, il mondo va avanti lo stesso.