31 luglio 2014

Rivoluzioni? Sì? Sicuri?

Mi ricollego all’articolo precedente sul presunto progresso dell’umanità nel corso della storia. Dicono sempre che la storia è importante, che va studiata “per non dimenticare” e per “capire il mondo di oggi”. E hanno ragione. Ogni generazione vive su questo pianeta, quanto? 70 anni? 80? 90, toh. E ogni generazione sembra debba cambiare il mondo, rivoltarlo come un calzino, accompagnarlo in un nuovo stadio evolutivo, rivoluzionarlo per portare prosperità e pace, cancellando i vecchi schemi e introducendone di nuovi ed entusiasmanti sotto la bandiera del “volemose bene”.

E indubbiamente di passi avanti ne sono stati fatti parecchi, nel corso dei secoli. Tanto per fare un esempio, oggi una camminata in paese non rischia più di diventare occasione per una doccia tiepida di urina. Urina altrui, per di più. Su questo non ci sono discussioni (almeno, non da noi. Poi oh, se sei uno sfigato e vivi in Burkina Faso, sono fattacci tuoi). Ma sorvolando sui cambiamenti, diciamo, estetici e andando più al nocciolo della società… possiamo davvero dire che le cose siano cambiate? Passano i decenni, i secoli e pure i millenni; mille e mille guerre ancora; milioni e milioni di morti; ogni volta viene esaltata la promessa di un mondo nuovo; ogni volta è La rivoluzione e da lì non si torna indietro. Eppure, passano i millenni, passano innumerevoli generazioni e miliardi di persone, passano migliaia di civiltà diverse e siamo sempre qui: pochi in alto a comandare e tanti, tantissimi, in basso a obbedire.

Beh dai, non tutti obbediscono: ci sono oppositori e portatori di novità e di cambiamento. Vero, verissimo. Ma il cambiamento, alla fin fine, è di sostanza? O è un contentino di facciata? La storia spinge di più per la seconda ipotesi.

Ogni generazione vive con l’idea che, sì, la società umana finora è stato un mezzo fallimento, ma adesso le cose cambieranno e l’umanità sarà libera dal giogo dei potenti e dall’orrore delle guerre. Adesso è la volta buona, raga, dai! Eppure ogni generazione deve sempre, costantemente, affrontare gli stessi identici problemi delle altre migliaia di migliaia che l’hanno preceduta. Sempre, sempre e ancora sempre.

Ciò mi suggerisce una considerazione: c’è una mancanza di informazione. Le persone, ovviamente, nascono all’interno di un sistema socio-culturale esistente già da prima. Vogliamo chiamarlo “sistema”? E chiamiamolo “sistema”. Il fatto che il sistema subisca costantemente delle modificazioni di facciata, siano esse l’evoluzione tecnologica, della medicina, dell’industria eccetera, pur rimanendo fondamentalmente a struttura piramidale con il potere nelle mani di pochi, mi lascia pensare che le informazioni circolanti fra le persone siano quantomeno insufficienti. Sempre, sempre e ancora sempre. Con “informazioni” intendo un po’ di tutto, in ogni ambito della società: dall’informazione quotidiana, politica, di cronaca, a quella scientifica, religiosa, sociale, di usi e costumi. Insomma, tutte quelle immagini concettuali che formano la percezione del mondo, della vita e della società umana nella mente dell’individuo. E non intendo solo quelle provenienti direttamente dal sistema, ma anche quelle dei “rivoluzionari”. In pratica è tutta l’informazione che, in un modo o nell’altro, proviene da fonti esterne.

Il sistema ha saputo sopravvivere alle migliaia e migliaia di generazioni fondamentalmente intonso. Le differenze tra noi oggi e la società sumera sono l’iPhone e i droni. Per il resto è sempre la solita solfa: potere, denaro, guerre. L’informazione che gira sempre, sempre e ancora sempre, fra le persone di qualsiasi epoca storica, o viene dal sistema o al sistema si oppone: in ogni caso, il sistema è il centro ed è proprio lui a fornire l’opposizione a sè stesso. Il risultato di questo finto scontro si può riassumere con la frase “cambiare tutto per non cambiare nulla”. Che tu sia di Destra o di Sinistra, non cambia nulla; che tu sia ateo o credente, non cambia nulla; che tu sia Guelfo o Ghibellino, non cambia nulla; che tu sia neoliberista o sostenitore del welfare state, non cambia nulla: stai girando in tondo nell’informazione del sistema.

Finchè ti attacchi ai concetti del sistema (pro o contro, non cambia nulla), stai girando in tondo e alla fine non ti sarai mosso di un millimetro. Salti su un treno e ti fai portare per un po’; poi scendi e salti su un altro; passa del tempo, ti stufi, scendi e sali su un altro ancora; poi ti accorgi che è più brutto e torni su quello di prima; qualche settimana dopo, via, cambi ancora e avanti così fino a quando, un giorno, una cassa di legno messa 2 metri sottoterra ti farà capire che hai girato come un pirla per tornare esattamente al punto di partenza. La storia della società umana, per me, porta alla luce un deficit di informazione. Sacche più o meno grandi di umanità si sono concentrate, in ogni generazione, intorno a determinate idee interpretate in un determinato modo e il risultato è sempre stato il medesimo: non è cambiato nulla.

Figurarsi oggi con Internet. Oggi, che chiunque in (quasi) ogni parte del mondo può scrivere ogni minima cagata gli passi per la testa ed essere letto da chiunque in (quasi) ogni parte del mondo. Sicuramente ha portato enormi cambiamenti nella vita di tutti, così come in molti ambiti della società. E’ vero che in tanti usano questo bellissimo strumento per informarsi, per entrare in contatto con altri concetti e magari per portare a galla i lati più marci del sistema o incitare alla ribellione, invece di limitarsi a condividere video di “animali con i bambini” su Facebook. Ma poi, questi ribelli del nuovo millennio, quando il governo mette una nuova tassa, cosa fanno? L’opposizione al sistema: cosa fa? La paga. Punto. La paga.

Perchè? Perchè l’informazione viene sempre dal sistema, non è sentita dentro. L’umanità si basa su concetti e interpretazioni fornite dal sistema, anche quelle che sembrano più lontane da esso e più in opposizione. Le persone sono state sempre e costantemente abituate ad agganciarsi a concetti di altre persone, le quali a loro volta hanno fatto lo stesso e così via a ritroso. L’avevo già messo nel post precedente: la gente è rincoglionita ed è perfettamente capace di prendere il concetto più straordinario dell’universo e storpiarlo al punto da renderlo irriconoscibile. Il bello è che, fino a quando il concetto è puro, in pochissimi ne sono interessati: man mano che viene distorto, ecco che sempre più persone se ne avvicinano e lo esaltano o lo stigmatizzano. Ogni volta che accade, il sistema ha vinto e quelle persone ne attireranno altre e tutte insieme allegramente gireranno all’infinito nella loro distorsione. Nasce il deficit di informazione.

Come fare per uscirne? La verità è sotto gli occhi di tutti indistintamente ma, paradossalmente, vederla è roba per pochi cazzuti. C’è una sola parola d’ordine: lavoro, inteso come lavoro su di sè. E questo non avrei dovuto scriverlo perchè già mi immagino cosa l’espressione “lavoro su di sè” vi scateni nella vostra mente e sono piuttosto sicuro non sia uguale a quello che intendo io. Capite perchè è difficilissimo esprimere alcuni concetti evitando il più possibile di distorcerli? Comunque sia, essendo di per sè evidente che l’informazione fondamentale, là fuori, manca e l’esperienza plurimillenaria della società umana ne è la piena dimostrazione, appare chiaro che essa deve trovarsi da qualche altra parte. E se non è fuori, dove sarà mai? Ok, risposta giusta, ma esattamente… cosa significa “dentro”? Sapete davvero cosa significa oppure avete una delle risposte fornitevi dal sistema? Lo sentite, il significato, o lo avete appreso da altri?

Quello che il sistema è riuscito a fare da dio è avervi tolto la possibilità di essere in calma e lavorare su voi stessi. Ma non intendo che ha rubato il tempo della giornata obbligando le persone a lavorare per sopravvivere: quello è il meno. Parlo delle piccole, numerose e insistenti preoccupazioni quotidiane: piccoli nervosismi, tensioni, paure, frustrazioni, scadenze. Si è sempre di corsa, ci sono debiti da pagare, le bollette, bisogna far quadrare il bilancio, non dire una parola di troppo con una persona perchè se no se la prende e ci tiene il broncio e noi non vogliamo, più tutto il carico mastodontico del nervoso: nervoso col capo, nervoso in macchina, nervoso per i politici, per le guerre, per un colloquio e chissà cos’altro. Sono minuscoli insettini fastidiosi e persistenti ai quali cediamo costantemente la nostra attenzione, le nostre energie e le diamo a loro invece che al lavoro (su di sè). Già accorgersi di questo è un primo, importantissimo, passo (accorgersi = diventarne consapevoli). Forse è il primo compito del lavoro, quello che vi fornisce il primo indizio sulla nostra condizione attuale, ovvero quella di schiavi meccanici della natura animale deviata. Questo è il punto di partenza.

L’arrivo? Machissenefrega. Tanto, al momento attuale, sono solo congetture di sistema.

2 commenti:

Nuccio ha detto...

Ciao Mattia,
essere consapevole di tutti i piccoli insetti e delle emozioni che ne derivano è già un grande passo, ci lavoro da qualche anno... non è facile, ma alzarsi alla mattina è "buttare l'intenzione" di fare o non fare più qualcosa, o essere consapevole di ciò che si prova quando ti succede è è già un altra grande cosa.
Grazie per ciò che scrivi, vi ho preso numerosi spunti, e spesso mi danno un imput diverso per affrontare la giornata


Nuccio

Vincenzo ha detto...

In che modo puoi cambiare te stesso. Ancora prima della nascita abbiamo appreso il sistema facendo giá uno schema, attraverso le emozioni é la vita quotidiana dei nostri genitori, poi dalla nascita sperimentando noi stessi in prima persona quello che ci circonda. Parliamo del sistema stesso, ( tv,tele show, slogan pubblicitari, abbiamo creato dentro di noi un meccanismo di autodifesa, viviamo dentro ad un vortice di emozioni,tutti gli insetti che abbiamo dentro spiegano il fatto che dentro noi cé qualcosa che non va, sicuramente é il frutto del sistema di oggi.