Quando il tempismo ci si mette è davvero capace di piccole magie. Come avrete probabilmente letto sul blog, da circa un paio di settimane la mia attenzione si è spostata abbastanza sul discorso ego/diavolo/dualismo/uomo nel mezzo. L’ultimo articolo che ho pubblicato sull’argomento aveva, nel titolo, la dicitura “parte I” perchè avevo già in mente di scriverne il seguito mettendoci dentro alcune frasi di Gesù tratte dai vangeli canonici e, specialmente, dagli apocrifi. Tanto per far capire che il discorso sull’ego è estremamente correlato col principio cristico della piena e pura realizzazione di Dio nel corpo umano. Manco a farlo apposta, sullo schermo del mio computer compare un video: “Intervista a Roberto Dal Bosco – Il volto oscuro del buddismo”, inserito in un articolo del sito LoSai.eu (oh, è la seconda volta in pochi giorni che prendo spunto da ‘sto sito). Che c’entra il buddismo?, chiederete. Non tantissimo, effettivamente. Quello che mi ha ispirato è più che altro contenuto nelle parole del Dal Bosco. Contrariamente a quanto lui ritiene, c’è un discreto parallelismo tra alcune delle idee buddiste da lui aspramente rigettate e quelle cristiane a cui invece tiene tanto.
Come avrete già intuito, ci risiamo: c’è un tizio che dice alcune cose, lo ascolto, vedo dei tratti che ritengo non propriamente corretti e inizio a martellare parole digitali e sentenze durissime verso il povero malcapitato. Quindi tengo subito a precisare: non ce l’ho con le persone, manco le conosco. Tutti gli articoli nei quali sembra voglia distruggere le opinioni altrui, elevandomi a detentore della verità assoluta e manifestazione fulgida della Parola, dovrebbero essere intesi solo come esempi, ovvero: le persone delle quali parlo non sono il bersaglio diretto delle mie invettive. Non ce l’ho con loro, non mi ritengo più sapiente e men che meno migliore. Loro esprimono delle idee, dei concetti, delle interpretazioni: io le ascolto e capita che, nei loro ragionamenti, veda quelle che io ritengo essere “imprecisioni” o “incongruenze”, le quali sono più diffuse di quanto non si creda. Per cui, ad esempio, oggi prendo Dal Bosco ma non per affossarlo o per entrarci in polemica o per esibire la maggiore lunghezza del mio pene: è solo che mi è capitato di sentire da lui alcune idee sulle quali si può discutere. Funge da megafono, ecco. Magari sono idee che avete pure voi o sulle quali non avete mai riflettuto. Tutto qua.
Ora si può cominciare. L’articolo inizia così.
“Abbiamo già riportato un‘intervista a Roberto Dal Bosco, scrittore italiano autore del libro Contro il Buddismo. Dal Bosco ha viaggiato diversi anni in India, Cina, Giappone, ecc. e parla le lingue orientali. Purtroppo tanti occidentali conoscono solo alcuni aspetti, spesso distorti, delle grandi religioni politeiste.”
Fantastico, la mia curiosità è ai massimi. Così, tanto per giocare un po’, aggiungerei una piccola frase: “purtroppo tanti occidentali conoscono solo alcuni aspetti, spesso distorti, anche delle grandi religioni monoteiste”. Via adesso: facciamo partire il video.
Dal Bosco parte dicendo che il buddismo nega l’essere: “Il nulla è la perfezione buddista” ed è un’idea “estremamente deleteria”. “La civiltà si costruisce sull’essere, sulla vita”. Il buddismo vuole rinchiuderti in un “solipsismo personale”, farti “riconoscere che la vita non vale nulla, che in verità è solo un’illusione”. “Questo è un pensiero malvagio”. Parla poi della figura “nemmeno molto centrale” del Buddha, il quale, a differenza di Gesù, non è Dio, non è parte di alcuna Trinità, non è “nemmeno consostanziale al Creatore”. Infatti,
“Nessuno mi ha mai spiegato, per il buddista, chi è che ha creato qualcosa. La realtà non è nemmeno creata, per i buddisti: è emanata. Emanata da cosa non si capisce, non lo capiscono neanche loro.”
Prima obiezione (alle idee, ripeto, non alla persona). A voler ben vedere, nemmeno il cristianesimo nell’interpretazione classica mi sembra fornisca una risposta così soddisfacente. Chi ha creato l’universo? Dio. Eh… grazie ar cazzo, quindi? Che mi rappresenta? Potevamo chiamarlo “Manolo”, tanto per dire, ma il problema sarebbe rimasto. Chi o cosa è Dio? E’ un essere. Ooh, è già qualcosa. E poi si entra nel vortice dell’antropomorfizzazione di Dio, facendolo diventare un tizio invisibile, là fuori. La base di ciò? Un’interpretazione di un passo biblico della Genesi:
“[26] E Dio disse: «Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza, e domini sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo, sul bestiame, su tutte le bestie selvatiche e su tutti i rettili che strisciano sulla terra». [27] Dio creò l'uomo a sua immagine; a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò.” Genesi 1, 26-27
Sorvoliamo sulla prima persona plurale. Dall’interpretazione del passo, come sempre esteriore e basata sulla superficialità, si giunge alla conclusione: Dio ha forma d’uomo. Potrebbe mica essere, invece, che l’uomo e la donna sono “a Sua immagine e somiglianza” nel senso che rappresentano, in maniera chiara e di facile comprensione per la mente, i princìpi maschile e femminile presenti in ogni dove nell’universo a qualsiasi livello? Le due polarità dell’energia, la cui unione riporta all’unità originale? Sarà mica che uomini e donne hanno, al loro interno, una rappresentazione “in scala” a questo livello delle caratteristiche divine? Un frattale, cioè un disegno che si ripete a diverse grandezze? Forse funziona così: essendo questi dei concetti come minimo molto difficilmente immaginabili dalla mente, per non dire proprio inimmaginabili, sono stati “semplificati” facendo riferimento alla loro “versione fisica” per convogliarli più efficacemente.
Comunque sia, il cristianesimo nell’interpretazione dominante non mi fa capire davvero chi o cosa ha creato l’universo. Mi mette davanti un nome associato a un umanoide e stop. A questo punto, “creato” o “emanato” fa poca differenza.
Dopodichè Dal Bosco torna sulla “negazione dell’essere”. “Paragonare anche solo morfologicamente il discorso di Buddha al discorso di Cristo è… folle.” Poi parla del tantrismo e di alcuni rituali di degradazione “fisica e spirituale” onestamente allucinanti, su questo sono d’accordo, il tutto con il fine dell’illuminazione.
“Questa è una cosa che il cristianesimo non ha e non può avere, cioè: c’è il bene e c’è il male. Non è tutto confuso. Quello che è santo, è santo: quello che è maledetto, è maledetto. Nel buddismo, come in tante religioni pre-cristiane, il santo e il maledetto si toccano.”
Stiamo entrando un po’ nel discorso “uomo nel mezzo”, neh? “Assoluto” e “relativo”? “Riunire gli opposti”? Sostanzialmente, riunire gli opposti significa essere consapevoli di una piccola cosuccia, forse insignificante: la perfezione della creazione. La perfezione di Dio, tanto sbandierata dai cristiani incalliti e poi puntualmente disattesa quando si tratta di spiegare avvenimenti orribili. In questi casi viene comodo Satana… Che poi, a ben vedere, non è neanche sbagliato ma bisogna esplicitare il cambio di contesto. E qua torniamo alle “due definizioni” di Dio: assoluta e relativa. Il “mondo” relativo “viene” dall’assoluto e, tramite il vivere quotidiano, pone in essere tutte le esperienze necessarie per generare la consapevolezza massima, ovvero proprio quella dell’assoluto, quella della non separazione, dell’unità totale dell’esistenza. In termini assoluti, dunque, tutto è splendidamente perfetto, Satana incluso; in termini relativi è possibile fare una distinzione mentale tra il “bene” e il “male”, o tra Dio (relativo) e Satana, se vogliamo metterla in questi termini. La vita in questo mondo ha il solo scopo di… vivere sè stessa, che non significa altro che divenire consapevole della sua stessa perfezione assoluta. Dunque, tutta ‘sta baracca intrinsecamente conflittuale (è relativa/dualistica, dopotutto) porta inevitabilmente a “far toccare” il santo con il maledetto. Nel momento in cui la consapevolezza personale raggiunge questo livello, ecco la percezione dell’assoluto, della perfezione, della incalcolabile bellezza dell’universo intero e di ogni sua singola e minuscola parte. Ecco la riunione tra il Dio “relativo” e quello assoluto. Mi sono spiegato minimamente bene?
Continuando nel video, Dal Bosco fa poi una carrellata di esempi di degenerazione del buddismo. E’ molto interessante… ma la salto piè pari per un motivo molto semplice: si parla di persone buddiste che fanno, o hanno fatto, delle cose orribili o quantomeno discutibili in nome del loro credo. In pratica, si scende al livello dell’interpretazione individuale arbitraria dei concetti fondamentali espressi nei testi sacri di riferimento. Non mi interessa. Non mi interessano cosa le persone facciano con/di questi concetti: mi interessano i concetti stessi, nero su bianco. Inutile ricordare le innumerevoli vittime causate da alcuni cristiani “in nome di Dio”… Ma questo significa forse che i concetti cristiani siano malvagi o sbagliati? No, significa solo che sono stati storpiati da un branco di deficienti esaltati e senza un cazzo di meglio da fare nella vita. E’ troppo semplice, oltre che superficiale e sbagliato, giudicare una religione o una filosofia spirituale solo in base al comportamento scellerato di alcuni suoi esponenti. Meglio sarebbe andare alla radice, ai concetti massimi del relativo credo, e vedere un po’ cosa dicono.
Arriviamo alla fine del video. Si parla di meditazione.
“Tutti queste pratiche, questi esercizi di meditazione servono essenzialmente a separare te dalla tua realtà. Ancora peggio, a separare te da te stesso. Da chi sei, da quello che fai, dai tuoi peccati, dai tuoi problemi. La meditazione, lo yoga […] sono la putrefazione della società. […] una società che non vuole più assumersi responsabilità […] che non riesce più ad accettare la realtà per quella che è e se la vuole immaginare in un altro modo […] una storia che però alla fine è senza parole, senza immagini, senza persone.”
Uo uo uo, un attimo, un attimo. Qui ritorniamo al discorso di inizio video: la “negazione dell’essere”, il “nulla” come perfezione buddista. Intanto, la meditazione vera e propria non è una pratica, contrariamente a quanto comunemente si pensa. La meditazione è uno stato dell’essere: sedersi con le gambe incrociate nella famosa posizione del loto è una pratica, così come lasciare scorrere i pensieri della mente superficiale è una pratica. Così come la preghiera è una pratica. Il fine è la meditazione o, meglio, lo stato meditativo il quale è l’esatto contrario della “separazione di te da te stesso”: è la riunificazione di te con il divino assoluto. Il che, tra parentesi, non significa nè immaginare una realtà diversa, nè tantomeno è la negazione dell’essere. Anzi, ne è l’esaltazione massima, il riconoscimento dell’essere anche in un palo dei cartelli stradali. E che quell’essere lì è esattamente ciò che sei tu!
Dal Bosco parla anche della “nullificazione dell’io” come fine del buddismo. “Uomo nel mezzo” power, qui. E’ vero: lo scioglimento dell’io è il fine del buddismo. Ma anche del cristianesimo. Cito:
“[24] Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. [25] Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.” Matteo 16, 24-25
A chi si riferisce con quel “rinneghi sè stesso”? E per seguire chi? Perchè uno che vuole salvare la propria, la perderà? E chi la perderà per causa Sua, la troverà? A me sembra parli dell’uscita dall’ego, ovvero dalla parte chiamiamola “biologica” dell’esistenza, da quella animale. E’ l’uscita da quella parte dell’essere che nasce qui, in questo mondo, ne è sottoposta e che in questo mondo morirà. E’ l’uomo nel mezzo, quella “cosa” che in un modo o nell’altro ci ha “convinti” di essere lei, ci ha “ingannati”. “Uscire” significa diventare consapevoli di una natura più profonda, superiore, più vera (per la precisione, ziliardi di volte più vera di quanto sia umanamente pensabile). Significa sentire dentro l’amore incondizionato e sentirsi una sua emanazione diretta. Significa realizzare pienamente Dio attraverso sè stessi e viceversa, al punto che “Dio” e “sè stessi” diventano parole praticamente senza senso, quasi sinonimi. Così come sinonimi diventano “Dio” e “gli altri”, o “Dio” e “il mondo”, o “Dio” e “l’universo” eccetera. Improvvisamente tutto punta nella stessa direzione. “Bene” e “male”, “santo” e “maledetto” perdono di senso: tutto è assolutamente “Bene”, tutto è assolutamente “Santo”. Dentro quest’assoluto c’è il dualismo, c’è la distinzione, c’è la nascita e la morte eccetera. Uscendo dal relativo, ovvero perdendo “la propria vita” per causa del Cristo (realizzazione di Dio), si trova la vita vera, quella totale. Probabilmente ne avrete sentito parlare come “seconda nascita”. Cito Gesù quando parla a Nicodemo:
“[3] Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non rinasce dall'alto, non può vedere il regno di Dio». [4] Gli disse Nicodèmo: «Come può un uomo nascere quando è vecchio? Può forse entrare una seconda volta nel grembo di sua madre e rinascere?». [5] Gli rispose Gesù: «In verità, in verità ti dico, se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. [6] Quel che è nato dalla carne è carne e quel che è nato dallo Spirito è Spirito. [7] Non ti meravigliare se t'ho detto: dovete rinascere dall'alto. [8] Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito».” Giovanni 3, 3-8
Ecco altri sei versi di importanza capitale (difatti vengono puntualmente ignorati). E’ abbastanza chiaro?
Ultimissima cosa poi vi lascio (se non ve ne siete già andati). Ecco un meraviglioso esempio di un principio universale replicato “a immagine e somiglianza” a livello fisico: la nascita. A livello fisico cosa succede per generare una nascita? L’uomo e la donna si uniscono. A livello spirituale, invece? Si uniscono il maschile e il femminile, le due polarità. Coincidenza?
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