Ho letto questo articolo di Massimo Mazzucco sul suo sito Luogocomune.net e lo trovo molto interessante.
Buona lettura!
(tratto da Luogocomune.net)
Il dilemma fra scienza e conoscenza
Nei giorni scorsi ho ricevuto una lettera da parte di una nostra utente, che mi raccontava di una esperienza, fatta con un “chiaroveggente”, simile per molti aspetti a quelle descritte nella biografia di Edgar Cayce. (Avevo iniziato a risponderle personalmente, poi è venuta fuori una tale pappardella che ho deciso di farne un articolo. Magari la cosa interessa anche altre persone). Ecco la lettera, seguita dalla mia risposta. (M.M.)
***
Ho conosciuto anni fa un "veggente", lui si definisce così. E' stato ospitato per qualche giorno in casa mia, all'epoca ero studentessa e abitavamo in 4 ragazze. Lui era un amico d'infanzia di una di loro, chiamiamola Sara. Sara mi aveva già parlato in passato di questo suo amico, ma di fronte al mio scetticismo aveva lasciato perdere, e non aveva mai ripreso il discorso.
Anche quando lui è arrivato da noi, inizialmente Sara non mi ha detto chi era. Nè lui nè lei hanno mai cercato di diffondere la cosa, anzi questa sua capacità è custodita e viene rivelata solo ad amici stretti. Poi però una sera sono tornata dalla mia lezione di fisica e Sara mi ha detto chi era, aggiungendo che se volevo mi avrebbe fatto l'analisi (loro chiamano così il "consulto").
Confesso che a quel punto fui presa da una curiosità morbosa, e cominciai a pensare a cosa potesse venire fuori da questo “veggente” che mi convincesse davvero delle sue capacità. Lui prese tra le mani un oggetto mio personale ed entrò in trance, cominciando a descrivere vari aspetti della mia vita... azzeccandoci in pieno sia sul passato che sul presente. Descrisse abbastanza con precisione il mio paesello d’origine, dove abito attualmente, come se lo stesse vedendo in quel momento. Lui dice che il flusso di immagini che vede nello stato di trance è completamente fuori dal controllo della sua volontà, le vede e basta. Poi, con i dovuti tempi, ha spaziato su tutta la mia vita, dagli studi agli affetti e anche a cenni sul futuro.
Inizialmente pensai che la mia amica gli avesse passato di nascosto le informazioni su di me, per farmi uno scherzo. Poi però mi sono resa conto che molte cose nemmeno lei poteva saperle. Insomma, mi sentivo come se lui mi avesse davvero “letto dentro”.
Nei giorni seguenti abbiamo fatto la prova con un’altra amica, e anche lì sono venute fuori cose che nessuna di noi sapeva. Ad esempio, mentre era in trance il ragazzo ha detto che lei era incinta, quando questa non ci aveva nemmeno detto che aveva avuto da poco una storia con un tipo. La settimana dopo è venuto fuori che era davvero incinta.
Un’altra volta hanno rubato la macchina a una di noi. Il giorno dopo ci siamo messe nella macchina dell'altra, e abbiamo cominciato a girare in cerca di quest’auto (una vecchia carriola), col veggente al telefono come tom tom che cercava di guidarci. La macchina non riuscimmo a trovarla, ma dopo qualche tempo i carabinieri la trovarono proprio in uno scenario che il veggente aveva descritto, un laghetto vicino a un bosco con la macchina buttata lì un po’ di traverso.
Ma la cosa più scioccante è che questo ragazzo è anche medium (comunica coi morti). Ci ha detto che assolutamente non fa queste cose di routine, ma che per amici o persone che sono rimaste davvero scottate da una perdita si prende la briga di farlo: dice che queste sedute lo devastano fisicamente e che evita il più possibile di farle. Io, già abbastanza scioccata dal tutto, me ne tiro fuori e dico che non voglio saperne nulla. Mentre le mie due amiche vogliono fare questa cosa, per alcune loro amicizie che ne avrebbero assoluto bisogno. Quindi vengono invitate in casa queste persone, fanno queste sedute, e a questo punto pare che ci sia stato un grande spavento e incredulità per quello che è venuto fuori (io non ho voluto esserci proprio perchè non ero pronta all'idea di un veggente, figuriamoci di un medium).
Una volta uscito dalla trance il ragazzo non ricordava nulla, però durante la trance ha detto anche che il purgatorio è la terra stessa, che le anime che non riescono a staccarsi dalla terra ci restano vicine, e che solo con quelle si può comunicare. Non tutti i morti sono contattabili, alcuni sono talmente in pace che non desiderano più avere contatti.
Devo dire che tutta questa esperienza mi ha sconvolto la vita. Quando sono tornata nelle mie aule di fisica ricordo che guardavo la prof e mi chiedevo, ma dove stiamo andando, che stiamo facendo?
Per molto tempo ho avuto addosso questa stana sensazione, non dico che prima di questa cosa fossi affiliata al Cicap, ma studiando una materia scientifica sono sempre stata abbastanza razionale, mentre adesso mi sembra quasi incredibile perdere tutte queste ore nei laboratori sapendo che esistono persone con queste doti.
Comunque, mi dispiace se sono stata noiosa e prolissa, ma è difficile raccontare un'esperienza simile senza scendere nei particolari. Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi di questa storia, perchè faccio molta fatica a vedere la vita come la vedevo prima.
Segue firma
RISPOSTA
Premesso ovviamente che quello che segue è solo la mia opinione personale, ti dico una cosa che forse ti sorprenderà: nulla, assolutamente nulla di quello che mi hai raccontato mi ha minimamente stupito. Eppure io sono un razionalista come te.
L’unica differenza – dovuta probabilmente all’età – è che io ho già potuto fare un percorso “aggiuntivo” di ricerca che tu forse non hai ancora affrontato. Quando cominci a studiare le varie tradizioni spirituali della storia (che non c’entrano niente con le “religioni”, sia chiaro) scopri due cose fondamentali: la prima è che dicono tutte più o meno le stesse cose, l’altra è che non c’è nessuna contraddizione effettiva fra l’osservazione “scientifica” della realtà e la dimensione spirituale di cui parlano (per “spirituale” intendo genericamente tutto ciò che è “metafisico”, cioè “non verificabile” direttamente con i nostri 5 sensi). Si tratta semplicemente di due aspetti della stessa realtà: il primo è quello visibile, il secondo quello invisibile.
Il materialista preferisce fermarsi al primo aspetto, perchè è l’unico che gli offre la “certezza” della verifica tangibile (altri la chiamano “dimostrazione scientifica”). Tocco/vedo/misuro questo tavolo, quindi so che esiste. Non posso vedere/toccare l’anima di mio nonno, quindi non dico per forza che non esista, ma la cosa non mi interessa, perchè non posso comunque verificarla.
In realtà, quando il materialista dice di “non poter escludere” l’esistenza dell’anima, lo fa solo perchè non vuole sentirsi chiedere “ma tu come fai ad essere sicuro che non esista?”. Di fatto però, nel momento stesso in cui decide che l’esistenza dell’anima “non gli interessa”, esclude quella possibile variabile dall’equazione generale, e limita drasticamente gli strumenti che ha a disposizione per risolverla.
In altre parole, l’approccio della scienza alla comprensione della realtà è fortemente contraddittorio, perchè da un lato pretende di “capire”, “determinare”, “misurare” e “ordinare” il tutto entro precise leggi immutabili, dall’altro si priva intenzionalmente di una parte di possibili “elementi” che potrebbero aiutarlo a trovare magari una soluzione più completa e soddisfacente.
Certo, in un’aula di tribunale andrebbero presentate solo prove tangibili e verificabili, lasciando fuori tutto ciò che è opinabile e soggettivo, e questo giustamente è il principio che ha ispirato tutta la tradizione giuridica dell’occidente. “Habeas corpus”, prima di tutto. Altrimenti non sognarti nemmeno di sporgere denuncia.
Se però ci riflettiamo meglio, le prove tangibili e verificabili sono solo il punto di partenza di un processo che sia degno di quel nome, ma raramente si arriva ad una conclusione valida senza introdurre anche elementi più sottili e “impalpabili” come il movente, il background culturale, le circostanze del momento, lo status sociale, i condizionamenti psicologici, e tutte quelle variabili che non si possono nè misurare nè “dimostrare scientificamente”, ma senza le quali molto spesso non si riesce nemmeno a ricucire tutti gli elementi fattuali che sono stati presentati.
Non bastano uno sceicco saudita e tre grattacieli crollati per fare un attentato. Ci vuole anche un valido movente. Senza di quello i “fatti’ nudi e crudi non dicono quasi nulla.
Pensa quindi al paradosso: proprio nel luogo dove viene data la massima importanza ai “fatti oggettivamente dimostrabili”, l’aula di giustizia, si deve comunque ricorrere ad una serie di elementi “astratti” – e quindi necessariamente soggettivi – per arrivare ad una conclusione valida.
La scienza invece pretende di emettere le sue sentenze escludendo a priori tutto ciò che non sia tangibile e oggettivamente dimostrabile. Salvo doversi arrestare di colpo, spesso in modo imbarazzante, di fronte ai limiti che essa stessa ha voluto imporsi.
- L’universo è nato esattamente 13,75 miliardi di anni fa – ti dice l’astrofisico - con un margine di errore di 0,13 miliardi di anni.
- Caspita! E tu come fai a saperlo?
- Abbiamo fatto i calcoli – ti risponde lui, mostrandoti con orgoglio la lavagna piena di equazioni.
- Quindi prima non c’era niente nello spazio, giusto?
- Sbagliato. Non c’è un “prima”, perchè prima il tempo non esisteva. E’ nato insieme all’universo.
- Ma scusa, da cosa sarebbe nato l’universo? Da qualche parte sarà uscito, no?
- Certamente. E’ nato da una cosa infinitamente piccola, grande come la capocchia di uno spillo.
- Ma come faceva tutto l’universo a stare dentro la capocchia di uno spillo?
- Ci stava, ci stava. Abbiamo i fatto i calcoli: se comprimi tutto in un modo pazzesco ci può stare.
- Va bene, ma chi l’ha messa lì questa capocchia?
- Ah, questo non me lo chiedere. Non lo so e non mi interessa saperlo, tanto non lo posso dimostrare.
- Ma scusa, come fai a spiegare un evento così enorme e complicato come la nascita dell’universo, senza nemmeno sapere che cosa l’ha causata?
- Te l’ho detto, i fatti sono fatti. Tutto il resto non mi interessa.
Ecco come nasce l’ “errore giudiziario” della scienza. Trova uno sceicco, trova tre grattacieli crollati, e decide che c’è stato un attentato. Se però non includi anche le motivazioni, nel tuo ragionamento, finisci per credere che gli islamici siano tutti terroristi.
In altre parole, i fatti sono sempre stati e sempre rimarranno di primaria importanza in qualunque percorso di indagine cognitiva. Ma lo sono solamente nella prima fase di questo percorso, quella analitica. Prendi i fatti disponibili, li valuti uno per uno, scarti quelli inaffidabili e tieni solo quelli accertati. Prima però di passare alla sintesi, dovrai includere nel ragionamento anche tutti quegli elementi “sottili” che sfuggono alla verifica fattuale, ma che sono il collante indispensabile per tenere insieme una qualunque soluzione accettabile.
Attenzione però, non confondiamo gli elementi “sottili” con quello che la scienza definisce sdegnosamente “superstizione”: non stiamo dicendo di analizzare prima i fatti concreti, e poi di fare una seduta voodoo ubriacandoti di candeggina per avere la risposta. Nè di certo stiamo dicendo di introdurre “dogmi” di alcun tipo per riempire i passaggi mancanti del nostro ragionamento. Anzi, è proprio lì che sta la differenza fra l’atteggiamento dogmatico/fideistico e quello razionale/analitico. Il primo accetta certe “verità” inamovibili ad occhi chiusi, e poi costruisce il suo ragionamento intorno a quello che gli rimane. Il secondo invece valuta apertamente tutti gli elementi disponibili, per quanto “esoterici” o “sfuggevoli” possano essere, cercando sempre di integrarli in qualche modo in un processo razionale.
Facciamo un esempio, per tornare alla tuo amico “veggente”. Quando dice che “la terra stessa è il purgatorio, e che non tutte le anime si distaccano immediatamente dalla sua sfera fisica”, può sembrare una cazzata qualunque, inventata lì per lì, che poteva essere qualunque altra cosa. Se però vai a guardare da vicino, scopri che diverse tradizioni spirituali sostengono una cosa simile, pur essendo appartenute a civiltà completamente diverse, che non hanno mai avuto modo di conoscersi fra di loro.
Pur senza affrontare direttamente la questione dell’anima, puoi quindi stabilire che questo concetto deve essere entrato a far parte delle varie tradizioni spirituali in un modo “diverso” dalla semplice comunicazione a livello fisico fra esseri umani.
Poi sta a te valutare quale possa essere questo “modo diverso”, per arrivare ad una eventuale conclusione. Resta il fatto che avrai comunque aggiunto uno strato di “conoscenza verificabile” - un elemento di fattualità - ad una questione metafisica che inizialmente sembrava sfuggire a qualunque tentativo di razionalizzazione.
Il succo della faccenda, secondo me, e che la studentessa di fisica può tranquillamente tornare sui banchi di scuola, e rimettersi a studiare con la stessa passione di prima. Non deve però sopprimere l’aspetto intuitivo della conoscenza, solo perchè quello che ti dice non è “scientificamente dimostrabile”. Visto il punto in cui è arrivata oggi la scienza, è evidente che non possiamo caricare esclusivamente sulle nostre capacità razionali il peso di un lavoro che da sole ormai non sono più in grado di svolgere. Oggi non dobbiamo più scoprire come è fatto l’atomo, dobbiamo capire come faccia a trovarsi contemporaneamente in due punti distinti dell’universo. E quello non lo scopri di certo usando il righello dell’ingegnere. Oggi dobbiamo integrare al meglio tutti gli aspetti disponibili della nostra conoscenza. Dobbiamo quindi mettere la ragione al servizio dell’intuizione, usando la prima per analizzare e organizzare nel modo più efficace non solo quello che ci arriva dal mondo esterno, ma anche tutto quello che ci arriva dal fronte interiore.
Non è un caso che il nostro cervello sia diviso in due parti ben distinte, ma collegate fra di loro. E nessuno oggi può illudersi di riuscire a vivere con mezzo cervello soltanto.
Massimo Mazzucco
Lo spirito di intuizione è un dono divino. Il cervello è il suo servitore.
Noi abbiamo creato una società che venera il servitore, e si è dimenticata del dono divino.
– Albert Einstein
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