… grazie a noi.
Intanto: buon anno a tutti! Spero abbiate passato un bel Natale e un bel Capodanno con le persone che più amate e che vi vogliono bene, mandando affanculo gli stronzi. Scherzi a parte, spero siate stati bene. Mi scuso per il ritardo :) E buona epifania, toh!
L’altra sera ho visto un pezzo di “Superquark”. Il programma in sè è una vaccata di dimensioni transnazionali, pieno di tutta quella scienza che non spiega mai un cazzo sul mondo ma si limita semplicemente a descrivere ciò che appare, farcito di un punto di vista mainstream spacciato per verità assoluta e colmo di altezzosità. Ma a me piace. O meglio, non è il programma in sè a piacermi, quanto la relazione che si genera tra lui e me, tra i suoi concetti e i miei. Non è un tipo di programma che mi sveno volontariamente di trovare in televisione come un tossico in cerca della dose ma, se lo becco casualmente, gli dedico un po’ di attenzione.
La puntata era incentrata sul cervello e il servizio specifico riguardava il livello culturale italiano paragonato al resto d’Europa e del mondo. Si cita un rapporto dell’OCSE con numeri, frizzi lazzi e mazzi, ma sono le parole usate che mi fanno impazzire. Lo notavo mentre il servizio veniva lanciato dal solito Piero Angela. Provo a farvi vedere come, basandosi su dati reali ed empirici, quello che è a tutti gli effetti un semplice punto di vista, una semplice interpretazione, passi subdolamente come unica verità possibile. Sui dati fattuali si innesta un certo tipo di interpretazione che però per noi, ormai rincoglioniti da anni e anni di puttanate, è solo la pura verità assoluta. Vediamo le parole esatte.
Pierino: “[…] è da qui [dal cervello] che esce tutto quello che permette il nostro sviluppo, vale a dire il software e tutti quei beni invisibili che fanno la vera differenza tra le nazioni. E qui arriviamo al tema centrale dell’educazione e, naturalmente, della scuola, perchè anche il cervello, come il computer, funziona con un “in” e un “out”: se quello che entra è insufficiente in quantità e in qualità, ciò che esce ovviamente ne soffrirà. E’ qui che i cervelli possono cominciare a essere accesi ed essere preparati per la vita”.
Adesso arriva il bello.
Pierino: “Sappiamo, però, che anche qui [a scuola] ci sono problemi”.
Parte il servizio e vengono snocciolati un po’ di dati sui ragazzi di 15 anni e il loro rapporto con la scuola, rilevati dall’OCSE in alcuni Paesi industrializzati.
“[…] l’Italia si trova nelle posizioni di coda […] La cosa che colpisce è che tra i primi 5 Paesi in classifica, 4 sono asiatici. E non è un caso che siano proprio i Paesi oggi più competitivi ad avere ragazzi che studiano di più […] Per quanto riguarda la spesa per l’insegnamento, l’Italia è in linea con la media degli altri Paesi europei. Quindi è il sistema che non funziona. Un’altra recente indagine dell’OCSE ha mostrato, del resto, una situazione drammatica anche tra gli adulti tra i 16 e i 64 anni: tra i 27 Paesi dell’Unione Europea, siamo gli ultimi come livello educativo. Nel nostro Paese, il 45% degli adulti non ha un diploma di scuola secondaria superiore, contro una media europea del 25%. In Italia i laureati, o con titoli equivalenti, sono il 15% della popolazione: la media europea è del 27%. Se poi si aggiunge che i ragazzi italiani fra i 15 e i 19 anni che abbandonano la scuola prima del diploma sono il 19% degli studenti, una percentuale quasi doppia della media europea, bisogna ammettere che i motivi per preoccuparsi non mancano. Come può crescere un Paese se i suoi abitanti non hanno le conoscenze per riuscirci, cioè per essere competitivi in un mondo sempre più globalizzato e interconnesso?”
Ho evidenziato in rosso le parti più ficcanti. Si vede il giudizio di fondo sulla questione? Passa in sordina. Voi lo ascoltate (o lo leggete) e vi risuona come ovvio, giusto, evidente. “E’ così, è vero, non puoi dire di no: senza cultura siamo morti. Ed è giusto, poi, che i ragazzi vadano a scuola e imparino quello che c’è da imparare”. Mi permetto di fare giusto un paio di osservazioni.
Intanto la scuola così come è oggi non serve più a un cazzo. La parte più bella della scuola è il fatto di stare in compagnia con gli amici e divertirsi insieme, rendendo appassionante e bello anche tutto il tran tran delle verifiche, dei compiti e delle interrogazioni. Per il resto si salva veramente poco. La grande maggioranza di quello che ti viene insegnato è o una panzana oppure è scollegato dalla realtà. In questo secondo caso, l’esempio lampante è la matematica: non so voi, ma io dei logaritmi, delle derivate et similia non ricordo una mazza salvo che, anche all’epoca, non mi risultavano per niente chiare le implicazioni pratiche di cotante formule. Se a uno studente gli spieghi bene in che modo quello che gli stai insegnando va ad incastrarsi nel puzzle della realtà, forse allora quello studente sarà più attento e desideroso di imparare. E forse dopo qualche anno tenderebbe di più a ricordarsi gli insegnamenti perchè, cazzo, gli permettono di capire davvero un aspetto della realtà. Diventano tangibili e poi, chissà, avendo capito una certa cosa userà quest’ultima come base per delle scoperte successive. E invece no, rimangono cose fumose e in sostanza inutili e lo studente, non avendo idea di come possano servirgli per capire meglio la realtà, non ci capisce niente di niente. E come biasimarlo? Gli stanno insegnando una roba strana della quale l’unico motivo per studiarla è per prendere la sufficienza alla fine dell’anno. Punto. Questo è l’insegnamento scolastico oggi: una serie infinita di nozioni fini a loro stesse.
Seconda osservazione. L’intero servizio è intriso del giudizio positivo dato all’economia e alla competitività tra Paesi. L’educazione serve solo per produrre, per fare soldi e mettere nella merda qualche altro Paese. Delle persone non ce ne frega un cazzo di niente, si fottano: l’importante è che quegli stronzetti brufolosi, una volta adulti, si facciano i cazzi loro, svolgano il loro lavoretto di merda, meccanico e ripetitivo, per niente stimolante nè creativo, 8-9 ore al giorno (quando va bene) e mandino avanti la macchina senza farsi domande. La competitività… La vita che diventa una gara per primeggiare e fottere il prossimo. Ma oh! la competitività è bella e la nostra situazione, bisogna ammetterlo, ci fornisce tanti problemi per preoccuparsi!
Preoccuparsi di cosa?! Io non voglio essere competitivo, vaffanculo la competitività: IO VOGLIO VIVERE, NON CORRERE PER SOPRAVVIVERE. Lo vedete il giudizio che passa senza che voi ve ne accorgiate? Anzi, non è vero: ve ne accorgete e lo supportate automaticamente. Perchè non è solo un punto di vista, ma è la verità. L’unica, la sola verità possibile.
L’Italia è una merda, è indietro su tutto, è un Paese di capre, non può competere, è un Paese morto. Cazzate. Ve lo do io, un punto di vista. Siamo avanti anni luce rispetto al resto del mondo, lo siamo sempre stati e le nuove generazioni portano avanti questa tradizione. Siamo sempre stati il Paese più artistico del mondo e quello più creativo. E lo siamo ancora. Il fatto che i ragazzi siano sempre più allergici al sistema scolastico attuale è un segno positivo di un’importanza straripante. Per capirlo, però, bisogna andare oltre la materia visibile, oltre la manifestazione specifica, e guardare alla vibrazione, alla coscienza. Perchè, mettetevelo bene in testa: tutto è coscienza e questa si manifesta primariamente come una vibrazione, che va da frequenze altissime per noi impercettibili con la mente, ad altre più basse, più “solide”. Per cui la materia (la manifestazione fisica) ci mette più tempo ad adeguarsi ai continui movimenti “alti” (chiamiamoli “tendenze”) della vibrazione. La tendenza naturale è il cambiamento, l’evoluzione. La vita in sè è ferma, è un infinito immobile e intoccabile, ma la sua manifestazione è un costante movimento. In campo scolastico-culturale, ci ritroviamo con un sistema vecchio, stantio, da pensionare domani mattina. Evidentemente i ragazzi, inconsciamente, avvertono i cambiamenti nella “tendenza” e sempre di più intuiscono lo scollamento tra ciò che viene insegnato e la realtà dei fatti. Il come si manifesta ciò è un altro discorso: l’importante è che si manifesta. E sentono anche lo scollamento tra la “tendenza” e il sistema-società, falso, da malati di mente pazzi allucinati. La vibrazione cambia sempre, la società di oggi persiste a basarsi su idee di centinaia di anni fa ma le persone, specialmente le più giovani, “rispondono” alla tendenza e la divaricazione tra questa e la manifestazione arriverà a un “punto di rottura”, nel quale il sistema attuale collasserà improvvisamente e se ne genererà uno nuovo.
Noi siamo all’avanguardia. Passiamo attraverso un sistema di formazione, ne facciamo esperienza diretta e ne sentiamo la puzza di marcio. Gli altri Paesi europei, osannati ed elevati a punto di riferimento in quanto a efficienza e bontà, rispondono meno di noi alla “tendenza”: i loro abitanti sono più ligi a seguire le puttanate che vengono loro passate, pagano tutti le tasse schisci schisci, asettici, sono più contenti dei loro politicanti asserviti alla solita cupola internazionale. Non è per fare nazionalismo, non me ne frega niente e non mi piace nemmeno. Non è della nazione che si parla, ma delle persone. E le persone non hanno nazione.
Fatevi delle domande, cazzo. Fatevene una: perchè? Perchè ce l’hanno con noi? Perchè siamo sempre noi le pecore nere? Perchè distruggere il nostro tessuto sociale? Perchè tenerci in un perenne stato di tensione e paura? Perchè tentare di imporre un sistema più matematico, più freddo, più standardizzato sul modello anglo-sassone? E perchè insistere nel fare tutto ciò? Tendenze.
Si sono sparati nelle palle da soli. Hanno messo su un teatrino politico pieno di fenomeni da baraccone e col tempo la gente ha imparato, e sta continuamente imparando, ad analizzare, a cercare informazioni per fare emergere le loro magagne e le magagne del sistema intero. Una roba come il Movimento 5 Stelle non s’è mai vista: un’aggregazione sociale nazionale così estesa e svincolata dai poteri forti non c’era mai stata. Poi possiamo discutere sulla manifestazione effettiva, su Grillo, Casaleggio, massoneria eccetera, ma non è questo il punto: il fatto è che una roba così è nata, una “tendenza” si è manifestata. Non so se è un qualcosa che c’è qui da noi, qualche centro energetico o salcazzo cosa, boh. Fatto sta che siamo creativi, è sempre stato così e le regole imposte da altri non ci piacciono. Negli ultimi anni stanno facendo di tutto per imporre un sistema più opprimente, per tendere sempre più la corda e tenere le persone nel terrore del baratro della povertà; stanno facendo di tutto per importare un sistema sempre più meccanico, standardizzato, sempre meno umano e spontaneo. Ma non funziona, non ci piace, non c’è niente da fare. E, grazie alla presenza dei pagliacci del circo politico, la “tendenza” diviene sempre più evidente e forte perchè è palese che sempre meno gente si fidi ancora di ‘ste merde umane. Si fidano ancora in troppi, ecco, ma grazie a Dio il numero è in calo.
Allora? Capito che quello di Superquark era solo un punto di vista, nè più nè meno del mio? Pensate che il mio, con tutto quel discorso sulla creatività e sui risvolti positivi del rapporto ragazzi-scuola, sia assurdo? Sì, forse è assurdo ed esagerato. Ho calcato un po’ la mano, questo è sicuro. Ma non importa: quello che mi premeva era farvi vedere come si assimilino in automatico delle opinioni e dei giudizi e li si prendano come verità assolute. Quello sbandierato da Superquark è UN punto di vista innestato su dati empirici non meno assurdo di quello che vi ho esposto io. Non prendete niente per oro colato e verità assoluta, perchè non lo è. Mai. La verità non si trasmette con le parole e non si capisce con la testa: si vive. Ma di questo ne parliamo un’altra volta…
Finalmente qualcuno si sveglia dal torpore e inizia a chiedersi: ma perchè? Fatevi questa cazzo di domanda! Prendete l’ovvio e interrogatevi: perchè? Una volta trovata la risposta, rifatevi la domanda. Trovata la risposta? Domanda. Se lo fate bene, arriverete a un punto in cui vi chiederete “perchè?” e non troverete la risposta. Ecco: quello è un momento di consapevolezza incredibile. Finalmente vi accorgete di non sapere davvero le cose: credete di saperle. E’ come un palazzo di decine di piani, bello, maestoso, pulito e lucente. Man mano scendete, scendete, scendete e arrivati in fondo vi accorgete che mancano le fondamenta.
Perchè la società è così? Perchè non può essere diversa? Perchè non si può fare, ad esempio, che tutti hanno vitto e alloggio garantito per il semplice fatto di essere venuti al mondo? Cambierebbe tutto, a cominciare dal lavoro. Oggi si lavora non per vivere, ma per sopravvivere, esattamente come gli schiavi con le catene di qualche tempo fa. Non stiamo effettivamente vivendo la vita. La vita manco ci piace davvero: abbiamo solo paura di morire, tutto qua. La vita per noi è sopravvivenza. Siamo a livello animale, niente di più. Competizione/competitività e sopravvivenza: punto. La vita non sappiamo neanche cosa sia: siamo troppo impegnati a fottere il prossimo per sopravvivere. Ma la paura della morte è un mezzo e, in quanto tale, è potenzialmente meraviglioso: sulla base della consapevolezza della morte, si può costruire una società che non ti faccia più dannare l’anima per delle inezie, costringendoti costantemente a rincorrere la vita e a rovinartela nel frattempo. Perchè farsi venire esaurimenti, depressioni, frustrazioni; perchè vivere costantemente in tensione e con la paura in gola; perchè rovinare la vita agli altri solo per via di una targhetta con scritto “capo”; perchè prendere tutto sul serio, nell’accezione più negativa del termine, se tanto poi alla fine muori comunque? Una società nella quale vieni al mondo e, cazzo, goditi la vita! Scopri le tue capacità, i tuoi talenti, sviluppali e rendili disponibili agli altri. Crea, inventa, sogna. Lavora per dare un servizio agli altri, non per dei pezzi di carta a fine mese o dei numeri su un computer: la sopravvivenza è garantita a prescindere. E lavora di meno, massimo 4 ore al giorno: un altro si occuperà delle rimanenti ed entrambi avrete metà giornata per dedicarvi finalmente alle vostre vite. Non c’è un motivo materiale per cui una roba così non sia possibile. Non ce ne è uno che sia uno. E’ tutto un blocco psicologico.
Questa società lavora incessantemente, e con ottimi risultati, per un solo scopo: toglierti il sogno. La rivoluzione oggi non è andare in piazza a chiedere al politico di turno di andarsene. La rivoluzione oggi è chiedersi “perchè?” e, di conseguenza, “perchè no?”. Gli sbocchi professionali artistici e creativi, per una persona normale, sono molto rischiosi, volatili, aleatori nella società attuale: il lavoretto meccanico, invece, è sicuro, nel senso che è molto più diffuso e incentivato e ogni mese ti garantisce un minimo di pezzi di carta per continuare a sopravvivere e a rubarti la vita. E’ ovvio che una società così arriverà a un punto di rottura: quando una persona non lavora più per via di un minimo senso di altruismo, ma lo fa controvoglia, solo perchè obbligata altrimenti muore di povertà, prima o poi la forbice tra “tendenza” (che altro non è se non l’Essenza, il lato divino dei divini, quello più libero e intoccabile, fuori dal tempo e dallo spazio) e “materia” si spaccherà. Aumenta l’oppressione e aumenta di pari passo la spinta per la libertà personale: la tensione tra i due poli cresce, cresce e cresce. Bisogna solo capire qual è il massimo sopportabile e lo si vedrà nel momento dello “scoppio”. Quando sarà, non ne ho idea: domani? Tra un anno? Cento? Mille? Boh. Ma il cortocircuito ci sarà, l’energia verrà “scaricata” e il ciclo ripartirà. E’ la natura del dualismo: gli opposti rimangono bilanciati tra di loro ma generano sempre più contrasto, sempre più tensione fino al punto di raggiungere una sorta di orgasmo energetico, un grande climax di cambiamenti che porteranno alla nascita di un nuovo ciclo di tensione, inizialmente bassa e successivamente in continuo aumento fino alla successiva “esplosione” e così via. E’ elettricità, meccanica sessuale, inizio e fine, alto e basso, la quiete dopo la tempesta. Aah, i frattali…
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