24 settembre 2014

Libertà, questa sconosciuta - Piccolo addendum: il gioco della coppia, il vero amore e il matrimonio

Come preannunciato nello scorso articolo, ecco arrivare nelle vostre case l’ultimo appuntamento della saga in testa a tutte le classifiche di vendita nel mondo, tradotta in 114 lingue e citata perfino dai miliziani dell’ISIS come “esempio di libertà di espressione e manifestazione di pensiero”. Oh, l’hanno detto veramente: l’intelligence americana ha dichiarato “autentiche” le trascrizioni audio, quindi c’è da fidarsi…

Vabbè, basta con le vaccate (l’intelligence americana, pff!) e andiamo al sodo. Nel P.P.S. dell’ultimo post avevo scritto che poi il fatidico messaggio alla tipa lo avevo mandato e che, se l’opzione dovesse dimostrarsi praticabile (ed è un “se” abnorme per vari motivi che esulano da questo contesto), mi piacerebbe molto passare tanto tempo con lei, fino a diventare una coppia fissa. Nulla di strano, direte voi. Ma se fosse tutto nella norma non starei qui a scrivere, non vi pare? Quindi, ecco la riflessione di oggi.

Le varie cotte avute in passato contenevano sempre una discreta, o anche più che discreta, componente sessuale la quale, come ho scritto poco tempo fa, ha l’incredibile capacità di offuscare la realtà delle cose davanti i nostri occhi, togliendoci lucidità e guidandoci dove più aggrada all’animale. Per cui spesso, appena si entra in simpatia reciproca con, nel mio caso da maschietto, una ragazza carina, bam! alla semplice simpatia si aggiunge piano piano la scimmia dell’accoppiamento e la nostra lucidità va a farsi benedire. Ricordatevi: per quante belle parole possiamo sprigionare dalle labbra, cari maschietti e care femminucce, la realtà dei fatti è una e soltanto una: per come siamo messi al momento, l’animale è predominante, ci guida e ci porta dove vuole lui senza che nemmeno ce ne rendiamo conto, dato che ne siamo totalmente identificati.

Stavolta, però, con mia somma sorpresa, la scimmia dell’accoppiamento è molto, ma molto, ma molto quieta. Quindi, la situazione è più o meno così: ‘sta ragazza mi piace tanto; sogno diventi la donna della mia vita; manca il desiderio sessuale. Il che dovrebbe suonare in contrapposizione con l’idea normale di “coppia”, giusto? Una coppia vera di innamorati scopa e ci dà dentro alla grande, e che diamine!

Eppure, per me, non è così. Dunque sorge il quesito se i rapporti sessuali e il costante desiderio sessuale siano una delle prerogative fondamentali per definire due persone innamorate una “coppia”. Devo dire che provare affetto e desiderio di stare con lei per la persona che è, senza avere l’impulso di “possederla” (mamma mia come non mi è mai piaciuto questo concetto…), è decisamente meglio che trovarsi schiavizzati dalla voglia alterante di strapparle i vestiti a morsi. Non lo so, visti gli ultimi articoli non vorrei sembrare un bacchettone anti-sesso impegnato nella crociata per la purezza dell’anima o robe simili, perchè non lo sono: voglio solo raccontare le mie sensazioni personali e credo che sul sesso ci sia una confusione mostruosa, oltre che una schiavitù imperante mascherata da divertimento, libertà e leggerezza.

Solo che l’idea di due persone che si piacciono reciprocamente al punto di potersi dire innamorate, escludendo però la componente sessuale e l’irrefrenabile desiderio di sbriciolarsi i vestiti di dosso a vicenda, più che all’etichetta di “innamorati” porta verso quella di “amici”. Stretti, ma amici. Sarà, ma a me essere innamorato e non avere fra i piedi la scimmia dell’accoppiamento piace molto, ma molto, ma molto di più. Si è più lucidi, si capisce meglio che tipo di persona sia l’altra, se ne apprezza di più l’unicità. Invece di volere infilare il coso nella cosa a ripetizione, l’istinto porta di più verso un bell’abbraccio sentito, di accettazione e affetto, di dare più che di ricevere, di riconoscimento della bellezza altrui. Si vede la bella persona, non la bella figa, detto più terra terra.

Al che mi è tornata in mente una citazione di Gandhi che avevo letto un paio d’anni fa nel libro “Antiche come le montagne”. All’epoca mi sembrò molto strano, quasi un’eresia, ma ora non è più così assurdo.

“So per esperienza che fino a quando considerai mia moglie carnalmente, non ci fu tra noi vera comprensione. […] Fino a quando desiderai il piacere carnale, non potei esserle di alcun giovamento. Nel momento in cui dissi addio a una vita di piaceri carnali, tutti i nostri rapporti diventarono spirituali. La sessualità morì e al suo posto regnò l'amore.”

Non credo intendesse tanto “non fare più sesso”, quanto “non essere più dipendenti dal desiderio sessuale”. Il celibato, come ho già scritto, è una pratica ormai sputtanata che ha, però, un fine profondo: capire come l’istinto sessuale funzioni ed eliminare la nostra dipendenza da esso, comprenderlo appieno e liberarsi automaticamente (naturalmente) dal suo giogo. Solo allora è davvero possibile avere con esso un rapporto di armonia. Inoltre ci consente di avere una maggiore lucidità e “libera” spazio e tempo per la comprensione di sè. Una volta raggiunto questo punto, non è che si mette una croce sul sesso e finita lì, no no: si può farlo tranquillamente ma non si avrà il desiderio di farlo “perchè così sto bene” (ovvero “perchè ne ho bisogno”): lo si farà e basta. La felicità personale non dipenderà più dal sesso.

Che, detto così “lo si farà e basta”, sembra brutto, una specie di sdoganamento della pratica sessuale. Non è così, è l’esatto contrario: è la sublimazione, la sacralizzazione del sesso. La frequenza dei rapporti cala naturalmente perchè non se ne sente più il bisogno ossessivo che abbiamo al momento (questo è il vero sdoganamento) e allora sì che il sesso assume un significato più profondo, speciale, “magico”, vero.

La dipendenza dall’animale è il motivo per cui 1) tradiamo fisicamente il/la nostro/a partner e 2) consideriamo questo tradimento inaccettabile. E’ una situazione penosa, ma è la realtà dei fatti: siccome il legame di coppia è basato per di più sul sesso (è inutile girarci intorno e fare i romanticoni), appena si scopre che il/la partner ci cornifica bellamente, tendenzialmente il rapporto finisce lì. Non sempre, per carità: ci sono coppie apparentemente felici nelle quali ci si cornifica a vicenda a nastro ed entrambi ne sono perfettamente consapevoli, ma lasciamole fuori. Il punto è: il tradimento dell’adulterio è percepito come pesante, molto pesante. Se, invece, togliessimo lo sbilanciamento estremo dell’istinto sessuale e riuscissimo a fondare un rapporto di coppia sulla bellezza vera del/della partner, magicamente il tradimento fisico non rientrerebbe più nelle opzioni e, nella remota possibilità che accada, non avrebbe per nulla quel carico impressionante di importanza che ha ora.

E’ tutto un altro livello di discorso… Allora e solo allora si comprendono, si apprezzano e si accettano intimamente i voti nuziali: “nella gioia e nel dolore, in salute e in malattia, in ricchezza e in povertà, finchè morte [fisica, ndM] non ci separi”. Si sente che non sono assurdità, nè tantomeno imposizioni morali forzate, ma sono la natura intrinseca della vita di coppia, il vero matrimonio. E’ come il sacerdozio e il celibato sacerdotale: è una pratica fisica simbolica di un qualcosa di più alto, etereo, intimamente reale. Non ci si dovrebbe sposare per nessun’altra ragione che non sia un amore “animico”, superiore all’attrazione fisica e da essa indipendente.

Ma oggi il concetto di “amore” riferito alla coppia è enormemente distorto e inflazionato e si mettono cuori su cuori ovunque e totalmente a casaccio. Basti pensare alla festa di San Valentino e al puttanaio consumistico che è per tutti. Ci si sposa per ottocentonovantasettemilaquattrocentocinque motivi e tra questi manca completamente quello più importante, l’unico davvero rilevante: l’amore. Finchè non si riesce ad accorgersi (comprendere) che non stiamo davvero vivendo noi la nostra vita, ma che siamo succubi della macchina biologica mente/pensieri + corpo/emozioni, è IMPOSSIBILE amare veramente. Mi dispiace essere così duro, ma è la realtà. Finchè non c’è un ridimensionamento, un riequilibrio, una comprensione un filino più profonda dell’istinto sessuale, non ce n’è: l’attrazione per il/la partner sarà sempre pesantemente alterata dalla scimmia dell’accoppiamento e il risultato NON PUO’ essere chiamato “amore”.

C’è chi dice che la più alta forma d’amore sia l’amicizia, quella vera. Non è un concetto così lontano dalla realtà…

Quindi, per concludere, è tutto perfettamente collegato: il celibato, il matrimonio, la “salvezza dell’anima”, il sacerdote, l’Atman, il nirvana, i Cieli, il Giudizio, Satana, Cristo, il samsara, i peccati, Lazzaro, la fede, i demoni, i Comandamenti, l’inferno, il Bene, il Male, l’universo, la vita, la carne, lo spirito. Tutto, tutto, tutto. Ormai da qualche anno, con una netta intensificazione negli ultimi 2, su questo blog si sta parlando di una sola cosa: di TE. Puoi rimanere cieco e sordo, invischiato nella superficie della materia, a girare eternamente nella ruota del criceto, schiavo della macchina biologica, identificato totalmente con essa e perfettamente inconsapevole; puoi comprendere di essere qualcos’altro, al di fuori di qualsiasi meccanica, un indefinibile essere vivente, la vita pura al di sopra della materia, intoccabile, immutabile, in armonia con la perfezione intrinseca dell’universo.

Ignoranza o comprensione, morte o vita, lettera morta o parola viva, schiavitù o libertà: prego, a voi la scelta.


P.S.: già che ci sono vi metto un’altra citazione di Gandhi. L’ho letta adesso mentre cercavo quella che ho messo prima, nel post. Riguarda il digiuno e quale sia la sua vera utilità, ma è un discorso che vale in tanti altri ambiti, sesso e pulsione sessuale inclusi.

E’ noto a tutti che, privati di cibo, essi [i sensi] sono impotenti, e così il digiuno intrapreso allo scopo di controllare i sensi è senza dubbio molto utile. Ad alcuni il digiuno non serve a nulla, perché, presumendo che basti il digiuno meccanico a renderli immuni, essi privano il corpo di cibo, ma intrattengono la mente su ogni sorta di ghiottonerie, continuando a pensare a quello che mangeranno e berranno finito il digiuno. Un tale digiuno non serve loro a controllare né il palato né la lussuria. Il digiuno è utile quando la mente collabora con il corpo affamato, vale a dire quando coltiva l'avversione per gli oggetti che sono negati al corpo. La mente è alla radice di ogni sensualità. Il digiuno, perciò, ha un'utilità limitata, perché un uomo che digiuna può continuare a essere governato dalla passione.

Nessun commento: