28 aprile 2015

Il pendolo

Perchè la vita di tutti i giorni, con il suo baccano e le sue attrazioni, tende ad assorbire un buon 90-95% della nostra attenzione. Altrimenti, se si riuscisse a prendere un certo distacco, allargando il campo di attenzione in modo tale da includere anche noi nella visuale e dilatandolo così da osservare un arco di tempo più lungo, noteremmo il pendolo e potremmo studiarlo. O meglio, studiare il rapporto tra lui e noi.

Per aiutarci a eseguire questo esperimento scientifico, sarebbe importante andare controcorrente: riducete il rumore. Mica facile in un mondo sempre più rumoroso, che chiede porzioni sempre maggiori del nostro tempo, che tende a farci odiare la nostra quotidianità facendoci desiderare “l’evasione” in mille forme, da quella fisica (ovvero “andare da qualche parte”) a quella personale (ovvero “essere qualcun altro”). Ecco, riducete tutto. Provate a ridurre gli stimoli “extra-ordinari”. In questo modo l’esperimento elimina buona parte delle variabili ambientali. L’ambiente diventa “controllato”, nei limiti del possibile, e si può lavorare meglio, con più chiarezza, sul soggetto dell’esperimento: voi.

Già normalmente lo potete notare, il pendolo. Lavora sul vostro umore, sui vostri pensieri, sui vostri comportamenti, le vostre azioni e reazioni. In base a come siete (“essere” è il Verbo), agirete/penserete in un certo modo piuttosto che in un altro. Quando sentite dire “noi siamo quello che facciamo”, sputate in bocca al cretino che si azzarda a diffondere una vaccata simile. La difficoltà, però, sorge quando lo stato d’essere cambia costantemente. Eh, bel problema. Se ci avete fatto minimamente caso, i cambiamenti vanno dall’euforia di una grande gioia alla depressione della più potente delusione. E’ il pendolo.

Ma, direte voi, accade perchè gli avvenimenti della vita lo fanno accadere. Mmm, non solo. Ecco perchè può aiutare ridurre gli avvenimenti “extra-ordinari”: perchè può farvi accorgere che il pendolo agisce sempre e comunque, anche quando tutto sembra immobile. Gli stessi stimoli, o stimoli molto ma molto simili, un giorno vi fanno gridare al miracolo e il giorno dopo vi fanno desiderare di non essere mai nati per poi, il giorno dopo ancora, farvi elevare preghiere di ringraziamento ai vostri idoli divini.

Noterete pure una certa ciclicità dei vostri stati d’animo e dei vostri pensieri. Cicli più piccoli dentro altri cicli più grandi. Un’ora, un giorno, una settimana, un mese, un anno. Più il ciclo è lungo, più profondo e potente è lo stato d’animo. Il che è ovvio, se ci pensate.

Ma ridurre gli stimoli potrebbe non essere sufficiente. Eh sì perchè fin quando il vostro stato d’essere è buono, farete più fatica a riconoscere ciò che è la realtà da ciò che è solo un piacevole inganno. E’ come fare confusione tra “amore” e “sesso”, oppure sempre tra “amore” e quella forma di dipendenza psicologica che noi siamo stati condizionati a chiamare “amore”. Nessun problema: la natura ci viene in soccorso anche qui. Come? Facendo diventare tutto sempre più nero ai nostri occhi. Si parte con le piccole cose (i cicli “minori”) fino ad arrivare all’impressione di scollamento totale col mondo (i cicli “maggiori”). E’ quando sembra, no no: è quando si è convinti, sulla base di ciò che si sperimenta in prima persona (ovvero ciò che si è in un determinato momento), di essere totalmente inadeguati alla vita e perfino alle persone più care che ci stanno intorno, che accade il piccolo miracolo. Cioè, accade anche mentre siamo in uno stato d’essere buono ma, come dicevo poco fa, è più difficile riconoscerlo. Quando, invece, lo schermo è nero diventa molto più semplice vedere una lampadina accesa.

Il pendolo, da qualche tempo bloccato, fermo, riceve una scossa e ricomincia a oscillare. Siete diventati consapevoli di una piccola (o grande) frazione della realtà oggettiva prima esterna al vostro campo visivo. Avete aggiunto un tassello alla vostra conoscenza. Ora siete naturalmente portati a stare meglio, fino a stare davvero bene, euforici, entusiasti. Dopodichè il quadro tornerà a scurirsi, piano piano, ciclo dopo ciclo, piccoli e grandi.

Pendolo

Il pendolo, ricaricato per un breve istante dall’elettricità della consapevolezza, perderà man mano l’inerzia in quanto non più alimentato. Per cui, inizialmente, rimarrà per pochissimo tempo in posizione verticale, puntato verso il basso. Il “negativo” sarà solo un momento fuggente, necessario per passare da un lato positivo all’altro. L’inerzia diminuirà sempre di più, se non verrà alimentata da un’altra presa di consapevolezza. Il movimento si farà più lento: non si raggiungeranno più quegli alti picchi di positività e la punta tenderà a rimanere sempre più rivolta verso il basso, fino al caso estremo dello schermo nero totale. Lì il pendolo è fermo, causandovi un forte dolore. E’ lì, però, il momento migliore nel quale si diviene consapevoli di qualcosa. In quell’istante arriva una scarica elettrica e il moto riparte. E succede sempre. Il pendolo non è fatto per stare fermo.

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