Qualche tempo fa ho letto un articolo (che, con sommo dispiacere e frenetico roteare dei centri produttivi di sperma, non riesco più a trovare) nel quale si parlava un po’ dei problemi perlopiù psicologici che affliggono le giovani generazioni odierne e, nell’insieme del discorso, mi è rimasta impressa una considerazione dell’autore: le nuove generazioni, nate e/o cresciute non solo con la televisione ma anche, e forse soprattutto, con Internet, sono le prime nella storia dell’umanità a non vedere nulla per la prima volta. Il mondo, questi giovani, lo hanno già praticamente visto in toto comodamente seduti sul divano di casa e mentre una volta per un tizio di Canicattì desideroso di osservare la tanto decantata Torre Eiffel, era necessario spostarsi effettivamente a Parigi (alla meglio poteva darle un’occhiata tramite la foto su un giornale), oggi la si può godere da ogni angolazione possibile e immaginabile con un innocuo clic del mouse.
L’esempio della Torre Eiffel è, appunto, soltanto un semplicissimo e banalissimo esempio, in questo caso di un oggetto/monumento, che oggi praticamente tutti hanno visto almeno un migliaio di volte in ogni salsa possibile. Ma il ragionamento vale per qualsiasi evento, atto, azione, oggetto, persona che incrocia il nostro campo visivo e non serve Tesla per capire l’enorme differenza in termini di quantità e varietà di esperienze assorbite tramite gli occhi fra un essere umano di oggi e uno anche solo di 20 anni fa.
La conseguenza, per le giovani menti e non solo, si manifesta nella sempre maggiore difficoltà di provare un sano senso di meraviglia, di sorpresa, di stupore o, perchè no, di orrore verso ciò che si ha davanti al naso, verso un fatto al quale si assiste o del quale si viene a conoscenza. Questa “freddezza” si accompagna a un gigantesco appiattimento del mondo circostante, in una sorta di apatia cronica che porta la vita a scivolare sulla percezione dell’individuo senza quasi scalfirla affatto. Ma all’individuo servono i sentimenti, le emozioni, perfino qualche trauma e, se l’insieme delle cose per lui banali si amplia sempre più, cercherà di colmare il vuoto con atti e informazioni man mano più “estreme”, come per esempio darsi fuoco o mettere un mattone sui binari della ferrovia pochi secondi prima che passi un treno.
Il ragionamento non fa una grinza: credo sia piuttosto semplice verificare empiricamente la crescente apatia umana. Io non sarò Matusalemme ma ai 30 anni mi ci sto tremendamente avvicinando (‘tacci…) e vedere degli adolescenti, sul treno, che invece di fare un po’ di casino fra di loro con battute, scherzi e via dicendo, se ne stanno seduti quasi in silenzio, auricolari nelle orecchie e lo schermo di un telefonino perennemente piazzato davanti agli occhi mi riempie di un’insana dose di tristezza.
Sono, dunque, totalmente d’accordo con l’autore dell’articolo, ma! C’è un “ma”. Siccome ogni fregatura, ogni illusione, ogni “falsità” nasconde sempre una doppia faccia, per cui non si è mai solamente cornuti ma pure mazziati, anche qui c’è un aspetto della vicenda estremamente sottile e ben mimetizzato dietro l’ovvio, al sicuro (o quasi) dall’occhio incendiario della consapevolezza, quell’occhio che è “venuto a portare il fuoco sulla Terra” fino a quando il suo “battesimo non sarà compiuto” (Luca 12, 49-50).
Il neo è primario, sta a monte del ragionamento e riguarda l’atto stesso del vedere un fatto, un oggetto, una persona, un evento tramite un certo mezzo, un certo strumento. Torno alla Torre Eiffel. Supponiamo di vederla tante volte: in fotografia, in video, in televisione, grazie alla descrizione di un nostro amico. L’abbiamo vista, giusto? Possiamo dire con assoluta certezza di averla vista: la possiamo descrivere, immaginarla a occhi chiusi, replicarla su un foglio di carta con la matita. L’abbiamo vista, giusto? Ehm… no, proprio no. Non l’abbiamo vista. Ma proprio per niente. E quando ce ne accorgiamo? Quando ci troviamo in prima persona al suo cospetto, al giardino Champ de Mars. In quel momento e solo in quel momento ci rendiamo improvvisamente e chiaramente conto di averla sempre osservata “per conto terzi”, attraverso qualcosa o qualcun’altro, ma la realtà è che non l’avevamo mai vista realmente: credevamo di averla vista.
Ora, provate sommariamente a fare la conta di tuuuuuuutto quello che avete visto solamente tramite un mezzo esterno e non per esperienza diretta. Osvaldo Bevilacqua vi ha fatto credere di avervi fatto visitare l’Italia; Youtube vi ha fatto credere di aver visto cosa succede a mettere una Mentos nella Coca-Cola; Pornhub vi ha fatto credere di aver visto mille e mille passere da ogni angolo del globo. Tutto, e dico tutto, FINTO: non è vero. Le vostre sono state visioni “di seconda mano”, mediate, non davvero reali, effettive. Ve ne accorgerete quando, camminando per le strade del Lazio (è sempre lì!), incontrerete dal vivo Osvaldo Bevilacqua; quando inonderete di Coca-Cola la vostra cucina; quando la vostra bocca sarà troppo piacevolmente impegnata a pulire una specifica parte del corpo della vostra amante per poter parlare.
E questa è la parte del “cornuti”.
Come se non bastasse, questa illusione genera la banalizzazione, la routinizzazione della realtà circostante e, quindi, l’apatia di cui sopra: tutto diventa ovvio, scontato. Ed eccoci qua: mazziati. Fregatura nella fregatura.
Non ce n’è: dall’ambito più alto e spirituale, al più frivolo e materiale, l’unica è l’esperienza diretta. Al resto è meglio non attaccarsi troppo.
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