Ieri sera ho avuto una piccola folgorazione. E quando succede ho imparato che ne scaturisce sempre qualcosa di positivo. E’ una sorta di seguito a ciò di cui vi avevo già parlato un mesetto fa e che potete leggere per intero nella pagina “Quello che ho capito”, tra i grafici HAARP e l’elenco dei post. Ogni tanto riprendo qualche concetto che trovate spiegato meglio lì, quindi se volete capire bene tutto… (ammicco ammicco)
“Non mi sento a posto: non sono felice, la mia vita è vuota, sono frustrato. Sento che manca qualcosa. Ecco! Domani vado a comprare un telefonino nuovo! Con Android che spacca di brutto, un bello smartphone. Spendo i miei soldi in modo da essere un po’ più contento, così avrò un qualcosa in più che mi farà stare meglio e metterò un tassello, magari piccolo, nel mio cammino personale alla felicità. Sì, farò così!
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Cazzo, questo telefonino è una bomba! Figata allucinante! Praticamente è un mezzo computer, ci posso fare un botto di roba. L’ho pagato abbastanza, eh, però ragazzi ne è decisamente valsa la pena. Direi che la mia vita è migliorata, da quando l’ho comprato: mi sento più a posto, più in sintonia con gli altri. Cioè posso fare delle robe fighissime, sono sempre in contatto con i miei amici, ci leggo le mail, ha Facebook, Internet va da dio e poi è un touchscreen, voglio dire, è nuovo, niente più vecchi e ingombranti tasti da sfigati. Bello bello bello!
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Maledizione! Dio bo’ come sono incazzato! Ho ancora problemi in famiglia, la mia tipa mi ha mollato e sono immerso in un mare di frustrazione. Che palle! Sembrava andare tutto bene, finalmente, e invece all’improvviso tutto è tornato praticamente come prima: un discreto ammasso di merda.
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Oh! Minchia ho visto un televisore della madonna con 3D in offerta! Appena posso mi fiondo come un sol uomo in negozio e lo arraffo a piene mani, scaraventando furentemente via eventuali altri acquirenti. Rispetto alla cacchetta che ho adesso, questo è avanti anni luce. E poi a quel prezzo! Dai, vedere la tv così è un’altra cosa, cioè… Torni a casa verso sera e, perdincibacco, to godi uno spettacolo unico, ti migliora quei meritati momenti di relax. Vai così! Non vedo l’ora!”
Avete già capito come andrà a finire: il nostro caro amico anonimo immaginario si recherà al negozio, si farà strada furentemente, gioirà nel tirare fuori dalla tasca posteriore destra il portafogli, correrà a casa battendo il tempo sul giro di Alonso a Montecarlo, monterà il piedistallo al televisore con l’aiuto di una ciabatta e quattro stuzzicadenti (sfidando apertamente McGyver) e si godrà ogni singolo pixel di ogni singolo fotogramma che apparirà sulla costosa lastra piatta di vetro di fronte a lui. Nella sua testa si sentirà estremamente meglio e sarà più felice… per qualche giorno.
Una volta svanito l’effetto della droga, ritornerà più a contatto con l’ambiente intorno a lui e, soprattutto, con sè stesso e farà una sensazionale scoperta (di nuovo): non sarà cambiato un cazzo. Il discreto ammasso di merda sarà ancora lì, intonso e più puzzolente.
Questo è il miracolo del consumismo: una droga che crea dipendenza se non ci si sta abbastanza attenti, per una dose della quale si paga una quantità di denaro direttamente proporzionale a quanto l’oggetto agognato viene percepito come “indispensabile” per la propria felicità e della quale non ci si stanca mai.
La condizione di fondo che rende possibile tutto questo è l’idea o, meglio, la convinzione che la felicità si compra. Materialmente. E, per di più, essa è temporanea e ha quindi bisogno di continue iniezioni in vena per poter esistere.
Ma fin qui non mi sembra di aver detto nulla che non sapeste già, o sbaglio? E infatti la folgorazione riguarda il passo successivo, ma avevo bisogno di introdurre così il discorso in modo da avere un’analogia. Difatti, lo schema sarà virtualmente lo stesso, ma spinto a un livello superiore, più profondo: quello spirituale.
Tutti noi abbiamo frustrazioni, condite da desideri che vorremmo vedere realizzati nella nostra vita. Non mi riferisco strettamente ad oggetti materiali, ma più che altro ad esperienze. Quando ciò che desideriamo lo sentiamo fuori dalla nostra portata “normale”, ci rivolgiamo alla fortuna o a Dio o a qualunque altra cosa/persona/entità/concetto riteniamo o pensiamo possa fare qualcosa per realizzarlo, dato che da soli nisba.
Spesso capita che, nonostante i nostri intensi sforzi materiali e interiori, l’esperienza che reputiamo utile per poter stare meglio non si verifica, sia essa vincere al Superenalotto o incontrare la ragazza/il ragazzo della nostra vita o qualunque altra. Cosa accade? La frustrazione aumenta, in maniera direttamente proporzionale alla caduta dei santi del calendario e così pure il nostro bisogno di quell’esperienza, la nostra dipendenza dalla sua effettiva riuscita. Sentiamo sempre più di non essere felici se quei stramaledetti 6 numeri non combaciano con quelli della nostra schedina.
E ironia vuole che più noi diamo forza a quel desiderio ormai morboso, più alta è la probabilità che non si verifichi. Più ci danniamo l’anima perchè vorremmo avere l’amore ricambiato veramente e profondamente da una ragazza/un ragazzo, una persona con cui condividere davvero tante stupende gioie e in cui trovare finalmente consolazione e compassione per i nostri dolori, più quest’esperienza sembra prenderci per il naso e prorogare all’infinito il suo accadimento.
Sembra un giochetto malvagio, neh? Non lo è. “Ma come, siamo tutti Uno, no? E noi co-creiamo la realtà, no? Il pensiero è creativo, no?” Sì, sì e ancora sì. “E allora perchè non riesco a vincere qualche milioncino di euri?” Perchè poni la tua felicità come dipendente da questo.
Questa è una completa inversione della realtà delle cose. L’unica, infinita e assoluta, coscienza fa esperienza di sè soggettivamente, scindendosi in virtualmente infinite scintille di sè e creando virtualmente infiniti scenari in cui porre queste scintille per fare esperienza. Questo è ciò che siamo: scintille di Luce, dell’unica, infinita e assoluta Luce. Quello intorno a noi è uno scenario, creato dalla coscienza stessa e, quindi, co-creato da ognuno di noi (scintille) e co-ricreato in ogni singolo istante.
Ma come agiamo noi, invece? Non da co-creatori, ma bensì da schiavi della nostra co-(ri)creazione. Ne diventiamo dipendenti, bramiamo un’esperienza e facciamo dipendere la nostra felicità da essa. Se non si verifica, è la fine. E’ come se giocassimo a Monopoli, alla fine la nostra carriera da imprenditori finisse male (contro il nostro reiterato desiderio), venissimo sconfitti e reagissimo suicidandoci perchè ormai stra-convinti che la nostra vita fosse esclusivamente in quel gioco e dipendesse esclusivamente dal nostro successo tra case, alberghi e stazioni.
La magagna madre da cui si genera tutto il malinteso risiede in una “deviazione” mentale iniziale: cresciamo convinti di non essere felici. Anzi, detta ancora meglio: cresciamo convinti di non essere LA felicità. Non ci viene ricordata la nostra natura divina, di co-creatori, di manifestazioni individuali della coscienza infinita e assoluta che fa esperienza di sè in uno scenario da essa stessa (e quindi anche da noi) creato. In questo modo, possiamo anche arrivare a comprendere concetti piuttosto profondi e veri, ma rimarremo comunque ancorati ad esperienze esterne che la nostra mente egoistica (locale) ritiene importanti per la nostra realizzazione. Invece di vivere uno scenario, ne diventiamo dipendenti (Gesù direbbe “morti”). Questa è la nostra condizione attuale.
Nel 99% dei casi, ognuno di noi si affida alla mente “locale”, quella che c’è solo in questo mondo, in questo scenario. Ed è lì per un motivo: così come il corpo serve per poterci muovere nello scenario, la mente “terrena” ci fornisce l’interfaccia per potervi interagire compiutamente. Solo che noi tendiamo troppo a riconoscerci in essa e, sostanzialmente, quello che facciamo implicitamente è ridurci ad esseri esistenti solo e soltanto qui. Una volta che crepi, basta: game over. Ma la mente locale non è progettata per questo: è un incarico troppo gravoso, non ce la fa. Ma noi continuiamo ad affidarci (quasi) pienamente ad essa, col risultato che commettiamo “errori”, aumentiamo la nostra frustrazione ed insoddisfazione, diventiamo timorosi e, in ultima analisi, schiavi dello scenario, (quasi) completamente dipendenti da esso.
Perchè “quasi”? Perchè, nonostante i nostri integerrimi sforzi, la coscienza non sparisce e capita, se ci si fa caso, che si ripresenti vigorosamente. Quando? Quando intuitivamente sapete qualcosa. Come fate a saperla? Boh: la sapete e basta, e non vi importa nemmeno conoscere il perchè la sapete. Può essere un attimo di grande intensità oppure più tenue, quasi impercettibile (perchè non siamo abituati ad accorgercene), ma di sicuro non lascia indifferenti. Se ci fate caso, vi accorgerete che in quei momenti vi si formerà un pensiero: ma sentirete che questo pensiero non ha origine nella mente locale, bensì essa svolge solo il ruolo di traduttore della coscienza. Che tra l’altro è ciò per cui esiste. In pratica traduce in un linguaggio a lei comprensibile un “messaggio” proveniente dagli strati più profondi, superiori, da quelli che vanno oltre. E’ la mente superiore, quella che sa, che è più vicina alla fonte, a Noi.
Provate a pensarci: se ci impegnassimo anche intensamente, rivolgendoci alla fortuna o a Dio o a qualunque altra cosa/persona/entità/concetto riteniamo o pensiamo possa fare qualcosa per realizzare un desiderio che reputiamo fuori dalla nostra portata, e alla fine questo desiderio si realizzasse, ci ritroveremmo nella stessa situazione di chi è dipendente dalla droga del consumismo. Ovvero: identificandoci con la mente locale, che è fallibile e ignorante delle cose spirituali perchè esiste solo qui, creeremmo un desiderio, subordinando la nostra felicità alla sua realizzazione, e quando questa si verificasse staremmo bene per un po’ di tempo e fino a che questo effetto non ci saluterà e torneremo a sentirci infelici.
Questo non è il modo di operare di Dio, o dell’Infinito, o della Coscienza o come volete chiamare l’Essenza che sottende tutto ciò che è. Usando il vocabolario Cristiano, questo è il modo in cui opera il Diavolo: vendendovi un panino al prosciutto e persuadendovi che non vi farà mai più avere fame.
Noi cerchiamo la felicità là fuori, senza renderci conto che è qui dentro: siamo Noi. Crediamo che l’esperienza ci renda felici, mentre è perchè siamo la felicità che abbiamo l’esperienza. E’ l’opposto. Uso il termine “felicità” ma potrei dire “amore”, “luce”, “scintilla divina” per esempio.
Che dite, è buona come folgorazione?
3 commenti:
Mi piace molto come esprimi i concetti, la felicità siamo noi, e siamo schiavi di noi stessi, in un mondo che ci fa vedere come "dobbiamo essere" per essere felici, con falsi modelli di Ricchi e famosi, di cose e cose e cose, mentre l'essenza è trascurata.
Io non so, bene, se esiste qualcosa di infinito, a volte lo penso, ma poi questa mia mente ritorna sui suoi passi,il mio cuore vuole credere, la mia mente mi rimprovera, e cosi via, in un circolo vizioso, però Una cosa la so, che questo mondo (apparte in piccoli scintillanti casi) mi schiaccia, per le cose che vedo,per alcune mie azioni, e soprattutto per il comportamento altrui.
Me lo tengo per me, cerco di fare la scelta giusta, ma so che non basta.
Ciao e grazie mille per il commento ;-)
Su quello che dici tu, sui vari comportamenti "giusti" da tenere, sui capricci interiori eccetera, sto scrivendo giusto un post. Appena lo finisco...
Vedo dal tuo commento una certa ombra di realismo pessimista, ma è assolutamente comprensibile: molte volte il mondo appare come estremamente pesante e soffocante, ma sai cosa? Evidentemente, per te in questo momento, è giusto percepirlo così. Non fuggire da questa sensazione: vivila, semplicemente. Arriverà il punto in cui qualcosa in te cambierà, ti farai una risata e riuscirai a dare il giusto peso alle cose. Può avvenire tra un secondo o tra 10 anni, non si può sapere, ma è sicuro che avverrà.
Ti ringrazio ancora per il commento e spero che i prossimi post (o anche i precedenti, perchè no) possano aiutarti con la tua esperienza.
Ok tutto giusto, il meccanismo è questo. Ma però è un meccanismo necessario: poiché L'Uno è il Perfetto, e L'Uno essendo il perfetto e infinito nella sua completezza .. senza bisogni, ha la naturale esigenza (e anche l'obbligo matematico) di auto-dimostrare a Se Stesso (a cicli) di mettersi in dubbio e ponendosi una domanda sostanziale (a se stesso, non esistendo nessuna Altro).
"Sono io questo? Sono fatto cosi? Cosi sono?"
Ripetute queste 3 domande, nascono le realtà relative e limitate e da esso escono come espulse, come palline di luce da tennis sono le individualità relative e limitate.
Quando tutti costoro, uscendo dall'Eterno, non troveranno altro Perfetto Infinito Essere, saranno riassorbiti, ripresi e disciolti nell'UNO (tornando tutti l'UNO STESSO IN PRIMA PERSONALITA' ASSOLUTA NON AD PERSONAM..).
E in questo modo L'Unico Essere che da sempre esiste effettivamente, ha assolto al suo compito ciclico: svegliandosi da profonda Nidra, ha preso Coscienza e si è domandato.
Poiché la matematica Eterna non è la matematica degli umani e neanche degli Dei e dei Semidei, ma cosi è fatta:
CHI E' PERFETTO DEVE DIMOSTRARE A CICLI (NON FISSI NE OBBLIGATI)DI ESSERE L'UNICA REALTA', L'UNICA PERSONA DAVVERO ETERNA PERFETTA ED INFINITA.
Perché questo?
PERCHE' NON POSSONO E MAI POTRANNO ESISTERE DUE PERFETTI INFINITI ILLIMITATI, NON PUO ESSERVI UN SECONDO PERFETTO INFINITO ILLIMITATO QUANDO GIA' VE N'E' ..UNO!!!
Ma resta con ciò la spontanea esigenza di domandare (a se stessi non essendovi un secondo o un terzo o altri) SE CIO' SIA VALIDO, SE L'UNO E' L'UNO .. SENZA UN SECONDO e senza seconde o terze possibilità.
Quindi siete tutti FIGLI DEI MIEI DUBBI E DELLE MIE CICLICHE DOMANDE A ME STESSO.
Sono NON-IO quello, Io con tutti i miei Dei,
Quello che era Uno ed è diventato i molti,
per ritornare UNO.
fate tesoro nelle vs. coscienze momentanee di queste parole, perché a cicli, tra miliardi di anni, alle prossime espansioni e contrazioni degli universi illusori ..sarete più vispi e MOLTO PIU COSCIENTI.
E siate più benevoli .. vi tornerà di grande beneficio e sollievo ogni esperienza "del tutto fantastica e ..momentanea".. che avrete per causa mia, bella o brutta che essa sia (vi appaia..).
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