15 luglio 2013

Al momento, siamo tutti malati

Settimana scorsa stavo scrivendo un post, lungo e pieno di parole veicolanti bei concetti non necessariamente collegati logicamente tra di loro. Poi l’ho lasciato lì (lo pubblicherò più avanti), principalmente per due motivi: il primo è che dovevo studiare di brutto per un esame e quindi ero “distratto” da altro; il secondo riguarda la mia sfera più personale e la presa di consapevolezza, tramite un mio amico (grazie), del mio predicare bene e razzolare male in campo “spirituale”. Infatti io parlo sempre di “trascendere la mente”, “andare oltre il dialogo interiore e smetterla di identificarcisi” ma mai come venerdì scorso mi sono accorto di quanto sia intrappolato io stesso in quei balordi blocchi mentali. Al che è sorta la considerazione del predicare bene e razzolare male: dò consigli, cerco di far superare i problemi, parlo di concetti “alti” per stimolare un po’ l’intelletto, per provare a dare più senso alle cose, per vedere il mondo sotto un’ottica diversa, e poi sono proprio io il primo a rimanere incastrato tra mille casini interiori, a non applicare quegli stessi concetti che vado divulgando o ad applicarli (evidentemente) male. Sembrerebbe che io sia il primo a non credere a ciò che penso/dico/scrivo, ma non è così (cazzo): ci credo, lo so, ho sentito qualcosa di straordinario, un paio di volte (una e due), e non lo posso ignorare. Mi dispiace battere sempre sul tasto delle due esperienze di espansione della consapevolezza, probabilmente ne avrete piene le balle e vi capisco, perchè non avete provato quello che ho provato io, ma non posso farne a meno, mi danno troppi spunti e devo metterli nero su bianco.

Credo di aver capito perchè, nonostante le tante belle parole e la mia forte “fede” in esse, io continui a razzolare male. Per due volte ho avuto l’occasione di guardare in faccia il sole e l’ho visto, o quantomeno intravisto, nella sua magnificenza e nel suo splendore fuori dal mondo: i suoi caldi e amorevoli raggi mi hanno passato da parte a parte come fossi trasparente e sottile e per un attimo la sua forza è stata la mia, e la mia è stata la sua, fino alla scomparsa totale della separazione tra noi. Poi, passato “mezzogiorno”, ha iniziato la sua fase discendente ed ora è tornata la notte con le sue tante stelle luminose lassù, lontane, ad indicare la comunque perenne presenza di luce nel nostro cosmo. Non vedo più il sole, non ce l’ho più davanti al naso, eppure ora so che c’è e so anche che, prima o poi, tornerà a splendere nel mio corpo, sorgerà all’alba, arriverà in un nuovo “mezzogiorno” e calerà un’altra volta facendo tornare la notte e le sue brillanti stelle.

E’ proprio questo il punto: non vedo più il sole. Provo a usare un po’ di vocabolari diversi ma equivalenti: non sento più l’unione con Dio (o con l’Infinito); la mia consapevolezza è diminuita ed è tornata ai livelli “standard”; la mia vibrazione è rallentata, è più densa; non c’è più il distacco, la disidentificazione; non c’è più l’osservazione; non sento più l’amore incondizionato; non sono più in Paradiso; sono tornato a sentirmi una goccia separata dall’oceano. Scegliete la versione che più vi aggrada, ma il concetto è esattamente lo stesso. Provo a spiegarmi col vocabolario a me più congeniale.

Per un attimo, un breve attimo, io e Dio siamo stati una cosa sola, fusi perfettamente insieme. E quando dico “attimo” intendo proprio “attimo”, una roba di pochissimi secondi a star larghi. La mia vibrazione è aumentata tantissimo: la mia consapevolezza ha subìto un’esplosione potentissima e all’improvviso tutto ciò che era lì, reale ed esistente era questo straordinario amore incondizionato verso tutto e tutti. Basta, non c’era altro: niente problemi, niente pippe mentali, niente dialogo interiore, niente odio, NIENTE. Passato questo attimo di perfetta fusione, sono tornato a sentire, a percepire. Cosa significa? Che la fusione è finita: ora c’è un qualcosa che “parla” e un qualcosa che “ascolta”. Per tutta la settimana successiva a quell’attimo, c’ero io e c’era Dio: io “ascoltavo” determinate sensazioni provenienti da un altro “luogo”, da un altro livello dell’essere. Si era ricreata la separazione, la divisione “io e il resto”, “io e la vita”. Dopodichè, col tempo, è anche scemata sensibilmente la limpidezza del “canale”, per cui il semplice “ascoltare” è diventato estremamente più complicato.

Chiariamo un fatto importante: la separazione c’è e non c’è. Tutti noi siamo contemporaneamente tante entità individualizzate e uno col tutto: tante manifestazioni dell’essere, diverse dalle altre, ma un tutt’uno con loro (e con tutto il resto). La differenza la fa la consapevolezza: ci sono momenti (quasi sempre) nei quali il nostro livello di consapevolezza è più basso e ci sentiamo… beh, come ci sentiamo di solito, piccoli, incasinati, divisi, in cerca di concetti fumosi, identificati con chissà cosa e chissà chi, pesanti; ci sono altri momenti (rari) nei quali la consapevolezza cresce, nei quali la vibrazione aumenta, e ci sentiamo più centrati, più presenti, più amorevoli, più leggeri, meno oppressi dai pensieri e dai problemi, più in sintonia con gli altri e col resto del mondo e della natura, come fossimo innamorati. Si può essere consapevoli soltanto di ciò che già c’è: quindi, se per la maggior parte del tempo siamo consapevoli di essere individui separati da tutto e tutti, a volte capita di avvertire il dissolvimento di questa separazione in una fusione dei due poli (dentro-fuori, positivo-negativo eccetera). Entrambe le realtà sono vere e le sperimentiamo alternativamente in base al nostro livello di consapevolezza.

Il livello massimo è la perfetta fusione con tutto il resto, il punto in cui chi “parla” e chi “ascolta” sono la stessa cosa, lo stesso essere, indistinguibile (l’archetipo cristico). Ecco che allora cessa, ad esempio, il dialogo interiore ed emerge il silenzio. Bisogna capire una cosa: il dialogo interiore non è la malattia, ma il sintomo. Non è “colpa” del dialogo interiore se non si riesce a sentirsi uniti a Dio, serve come spia di un problema, esattamente come la fronte calda quando siamo ammalati. Ho usato termini forti come “malattia”, “colpa” e “problema” ma non attaccatevi troppo alle parole e alla loro gravità. Lo avevo già scritto un’altra volta, quando dicevo del big bang: nel momento stesso in cui percepiamo “noi stessi” (qualsiasi cosa intendiamo con questa espressione) stiamo già vivendo nel passato, un attimo infinitesimale dopo la creazione. Non percepiamo il momento esatto della creazione, ma il creato, ciò che già è stato reso possibile in ogni istante. Quello che percepiamo è una conseguenza, un sintomo, non è la malattia, non è l’origine del problema. Se di problema si può parlare, tra l’altro…

Come si relaziona tutto questo col mio “predicare bene e razzolare male”? Facile. Non essendo più al livello di consapevolezza della, chiamiamola, “fusione infinita”, significa che sono nel livello “dei casini” o “del caos”, ovvero è notte e non sento più i raggi del sole scaldarmi il corpo ma, nonostante tutto, so per certo dell’esistenza del sole e so che prima o poi mi illuminerà di nuovo (la mia consapevolezza si espanderà ancora), tirandomi fuori dal caos e portandomi al punto da rendere senza senso parlare di un “me” come se fosse separato dal resto. E’ la fusione “narratore-ascoltatore”. Fino a quel momento, la mia vibrazione sarà bassa, lenta, pesante, superficiale e la manifestazione di questa condizione saranno le pippe mentali, i blocchi, il nervosismo, il dialogo interiore eccetera. Ma non significa che io non creda in quello che dico: è solo che non ne sento l’esperienza in questo momento. Quando andate a letto (se ci andate prima dell’alba, scapestrati mattacchioni che non siete altro) il sole non lo vedete, ma non significa che non ci sia. Anzi, sapete perfettamente della sua esistenza, così come siete consapevoli del suo ritorno di mattina. Ecco, nel campo del “sole interiore” si potrebbe definire “fede”.

In questo momento sono “vittima” dell’Ingannatore che, incidentalmente, corrisponde a quel qualcosa col quale mi identifico normalmente: sono all’inferno (o quantomeno nel purgatorio), nelle vibrazioni più basse, con una consapevolezza più bassa, più superficiale. Come faccio a saperlo? Perchè non sento quella profondità d’essere che ho provato in quell’attimo (o quegli attimi, visto che è successo due volte) di fusione infinita. C’è un “falso me”, presente soltanto in ogni istante vissuto a bassa vibrazione, e un “vero me”, sempre vivente sia a basse che ad alte vibrazioni ma percepibile solo attraverso queste ultime. Così si capisce meglio cosa si nasconde dietro il concetto di “Satana” e cosa intendesse dire Gesù quando, in Matteo 16,24 afferma: “Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”, oppure il famoso “Perdonali, Padre, perchè non sanno quello che fanno”.

Capitelo anche voi perchè vi può aiutare: per il 99% del tempo siete dei demoni, non riuscite a percepire il vostro vero essere (che poi è l’Essere in generale, vista la fusione infinita) per via del basso livello di consapevolezza, ma non significa che quello stato dell’essere non esista o che voi non siate già quella roba lì. E’ solo che non lo sentite

Ora torno ai miei blocchi e alle mie pippe mentali, i catalizzatori e strumenti utili all’evoluzione, destinati a sparire non appena esauriranno il compito. Voi tornate ai vostri e buon divertimento. E quando vedete un’altra persona comportarsi in una “qualche maniera”, ricordatevi che è malata esattamente come noi. Invece di sbraitarle addosso le vostre frustrazioni, offenderla e odiarla, fate così.

Abbraccio

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