Il celibato sacerdotale, come ben sappiamo, ha una tradizione millenaria ed è uno dei paletti fondamentali per chiunque voglia intraprendere la carriera impiegatizia nella Chiesa Cattolica Corporation. Ridiscuterla così, di colpo, è dunque una decisione di non poco peso, al che mi sono chiesto se le persone si rendano davvero conto del perchè il celibato esista, di quale sia il suo significato profondo. Di pari passo, non penso sia ben chiaro il mestiere del prete, che più che un mestiere istituzionalizzato dovrebbe essere una vocazione personale.
Il prete è una persona non diversa da un monaco buddhista: entrambi dedicano la propria vita alla ricerca del lato divino della vita, seguono un piccolo tarlo interiore e vedono dove questo li porta. Il prete è fondamentalmente un guerriero spirituale, positivamente insoddisfatto del mondo per come gli viene descritto e in viaggio verso una comprensione migliore, più profonda, più vera. E’ un ricercatore, di larghe vedute, di mente aperta, grande passione, costante dedizione e forte umiltà di fronte alle lezioni necessarie da imparare sulla via della conoscenza. L’unica sua guida è il suo sentire interiore.
Il celibato, che non è nemmeno propriamente un dogma ma comunque una pratica sostanzialmente obbligatoria, ha lo scopo di permettere al presbitero di focalizzarsi sull’idea della completezza dell’individuo, il quale non ha minimamente bisogno di essere completato da un altro essere umano. La storia delle due metà della mela è affascinante, romantica e ispiratrice ma fondamentalmente falsa perchè suggerisce l’incompletezza, e quindi l’imperfezione, di ogni essere umano, il quale si troverà nella vitale necessità di trovare la sua anima gemella (o altra metà) per completarsi. L’illuminazione, i Cieli eccetera sono invece etichette per dare un nome a uno stadio superiore dell’essere nel quale ci si rende conto di essere già totalmente completi senza dover dipendere dalla presenza di niente e nessuno. Invece di porre la propria felicità e il proprio amore alle dipendenze dei capricci di altre persone, si diventa consapevoli della presenza interiore dell’amore perfetto: per cui, invece di provare a colmare il vuoto interiore con la considerazione altrui (quello che noi chiamiamo comunemente “amore”), proprio in virtù dell’acquisita completezza interiore e del contemporaneo sentimento di un infinito amore incondizionato si possono davvero amare gli altri. Da schiavi dell’”amore”, che è il nostro stato attuale, si diventa “irradiatori” di amore vero.
Il vero prete-guerriero-ricercatore ha questo stato divino come stella polare della sua vita, e il celibato non è quindi una privazione o una repressione degli istinti, ma una pratica attraverso cui comprendere meglio lo stato di schiavitù nel quale si trova come essere umano inconsapevole. E’ un mezzo, non un fine.
Veniamo ora al prete come lo intendiamo normalmente noi, povere teste di cazzo. Come si fa a diventare prete? Già il fatto che si sia identificato un percorso prestabilito per diventare prete è una bestemmia universale perchè appiattisce completamente il presupposto di base del vero cercatore della verità: la guida interiore, il tarlo. Sono previsti, infatti, degli studi istituzionalizzati della durata di 8 anni: 4 di università più 4 di seminario, oppure 8 di seminario. Se anche hai una sincera vocazione per dedicare la tua vita alla ricerca, la tua voglia di conoscenza viene distrutta qui. Già che devi andare a scuola per studiare la vita è un’offesa alla vita stessa perchè, invece di seguire la vocina interiore e i lampi di comprensione personale che regala, sei obbligato ad assimilare mentalmente delle nozioni di altre persone, senza avere un vero sentire interiore. Per cui è completamente inutile. Per di più queste nozioni sono un abominio mostruoso spacciato per verità assoluta e i tempi attraverso i quali vengono insegnate sono strutturalmente bloccati, istituzionalizzati, non spontanei, non personali. Il risultato sono uomini-pappagallo, tutti uguali o, meglio, tutti rincoglioniti uguali.
E’ la vittoria dell’istituzione sulla comprensione, del ruolo sulla persona: diventi prete perchè lo diciamo noi e solo dopo che impari le cose come le vogliamo noi. E’ la vittoria della scrittura morta sulla parola viva, come dice il tizio principale della tradizione cristiana, nel vangelo degli Esseni:
E Gesù riprese: «Non cercate la legge nelle vostre scritture, perché la legge è vita mentre la scrittura è cosa morta. Vi dico, in verità, che Mosè ricevette le sue leggi da Dio non in forma scritta ma attraverso la parola vivente. La legge è la parola viva dei Dio vivente, è rivolta ai profeti vivi ed è indirizzata agli uomini viventi. La legge è scritta in tutto ciò che vive, la ritroviamo nell'erba, nell'albero, nel fiume, nella montagna, negli uccelli del cielo e nei pesci dei mare; ma dobbiamo cercarla soprattutto in noi stessi […] Ma voi chiudete gli occhi per non vedere e vi otturate le orecchie per non sentire. lo vi dico, in verità, che mentre la scrittura è opera dell'uomo, la vita e tutte le sue schiere sono opera dei nostro Dio. Perché dunque non ascoltare la parola di Dio scritta nelle sue opere? e perché studiare le scritture morte, che sono il lavoro delle mani dell'uomo?»
(“Ma il vangelo degli Esseni non rientra in quelli ufficialmente approvati dalla Chiesa blablabla”. Benissimo, cagacazzi a pappagallo, scribi e farisei de noantri, andate a prendere Matteo 15, 1-9 e troverete praticamente lo stesso concetto solamente meno esplicitato)
Per questo i preti, i vescovi, i cardinali sono tutti morti: perchè non guardano al mondo e alla vita con una sincera spontaneità e desiderio di conoscenza, ma si adagiano su parole altrui da altrui interpretate, le imparano a memoria e finisce lì. Poi saranno anche brave persone, non lo metto in dubbio e non è sulla singola persona che scaglio la mia lancia elettronica. Il focus è il ruolo del sacerdote in generale.
Il Papa, di conseguenza, è il leader supremo dell’esercito dei morti. In teoria, originariamente, il Papa doveva essere il Santo Padre, ovvero colui che tra tutti i cercatori del divino aveva raggiunto il punto più alto, l’uomo più consapevole, con maggiore comprensione della realtà, il vero Leader con la “L” maiuscola: umile, aperto alla conoscenza, non desideroso dell’attenzione altrui e vero. Doveva essere il miglior esponente fisico della vibrazione fondamentale dell’universo, il più puro e limpido “canalizzatore” di quello stato dell’essere più alto. Questo originariamente.
Oggi è un cialtrone. E’ il re dei morti per un motivo molto semplice: è stato talmente bravo ad assimilare le vaccate del seminario, così perfetto nell’annullare le proprie intuizioni e conformarsi all’istituzione da essere addirittura premiato come massimo rappresentante della dottrina istituzionale stessa. È il morto dei morti al quale una grande massa di altrettanto morti presta dedizione e venerazione. Non è neanche lontanamente degno dell'appellativo di "santo padre" perché di santo non ha proprio nulla: è un morto eletto da altri morti come lui e seguirlo pedissequamente significa perseverare nella morte. E’ un cieco che guida altri ciechi. Questa Chiesa non è la Chiesa di Dio: è la Chiesa di Satana, se vogliamo usare l’immaginario classico, formata da persone morte che, invece di sentire i concetti di cui parlano, li ripetono a memoria pari pari a come li hanno imparati. I fedeli fanno lo stesso, perpetuando convinti quella marea informe di distorsioni e credendo che Babbo Natale, un giorno, scenderà dalle nuvole a rimettere tutto a posto e a salvare le loro anime peccaminose.
Vale per tutti i papi, Bergoglio incluso. Sì, è simpatico (sicuramente mooolto più del teutonico Ratzinger), carismatico: sembra perfino una brava persona, telefona a tutti, dice di voler riformare la Chiesa per farla ripartire dai poveri, anche se poi alla prova dei fatti non mi sembra abbia raggiunto chissà quale risultato in questo senso… Ma a me non mi freghi, caro il mio pastore argentino: sei sempre un venditore di fumo e false promesse, esattamente come i tuoi predecessori. Non so, onestamente, se se ne renda conto o ne sia inconsapevole: spero nella seconda opzione, altrimenti sarebbe un biblico bastardo con una bella faccia, un lupaccio cattivo travestito dal più buono degli agnelli. Di sicuro non è una persona viva, ecco, su questo non c’è il minimo dubbio: lo si avverte ogni volta che apre bocca per esporre qualcuno dei classici messaggi tanto cari al popolo degli zombie con la croce al collo, oppure quando lancia uno dei mille “accorati appelli” o “moniti” ai governanti di tutto il mondo in base all’argomento più “cool”, più chiacchierato, più “in” nei locali televisivi e in quelli giornalistici. Morto, morto e ri-morto.
La persona viva è colei che rende vivo tutto ciò con cui entra in contatto, ovvero colei che sente dentro di sé il "messaggio" che quella cosa le sta dando. La stessa identica canzone, ad esempio, o un libro, una parola, una persona o qualsiasi altra cosa non hanno lo stesso significato per tutti: la persona viva è quella che, nel momento presente, interpreta il "messaggio" solamente in base al proprio sentimento e non rifacendosi ad altre interpretazioni o schemi passati e non sentiti interiormente ma solo ripetuti mentalmente. È colei che prende la "lettera morta" e la "rende viva" tramite l'interazione consapevole con essa, così che il significato sia sentito, contemporaneo, spontaneo. E quando parla, è possibile sentire la sua presenza nelle sue parole, sono caricate di una forza invisibile eppure palpabile anche dai profani più profani.
Lazzaro, la "salvezza dell'anima"... dicono niente? Sono tutte immagini create e usate per convogliare questo concetto: la consapevolezza, il sentire interiore, la vita e la morte, Cristo e Satana. Provate a capirli, a comprenderli invece di ripeterli a pappagallo: è tutto di guadagnato.
2 commenti:
Grazie Mattia, per ognuno di questi articoli che scrivi. In particolare mi piace il tono con cui questo è scritto, ad ogni modo condivido pienamente.
potrebbe interessarti la visione dell'archeosofia, se già non la conosci.
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