20 maggio 2015

Troppo veloce, troppo, troppo, troppo

Nell’articolo precedente ho parlato del mio piccolo momento di “risucchio” nelle fauci subdole del condizionamento del mondo e, a un certo punto, ho scritto che una delle principali ragioni del successo dell’ipnosi portata avanti dal cosiddetto “sistema” è la pazzesca velocità con la quale ci spara addosso una cascata interminabile di stimoli di ogni genere. Quasi in contemporanea ho trovato un bell’articolo sul blog di Paolo Franceschetti proprio in merito all’argomento, che secondo me merita una lettura. Basta andare qui. Prendetevi il vostro tempo.

Io dico la mia, basandomi sulla mia esperienza. Nell’ultimo articolo ho parlato di ipnosi. Sicuramente avrete già letto mille articoli nei quali si discute di come le persone vivano la loro vita quotidiana in uno stato simile al sonno eccetera eccetera e, se siete stati un po’ onesti con voi stessi, vi sarete detti di non aver capito bene di cosa parlassero effettivamente. “Ma come ‘sonno’? Io sono sveglio. Cosa vuol dire ‘sonno’?”. Non è proprio un sonno. Il concetto che per me si avvicina di più è proprio “ipnosi”. In pratica funziona così: la nostra percezione, la nostra attenzione, i nostri sensi, tutto ciò che ci permette di ricevere informazioni/stimoli dal mondo esterno e interno (mente+emozioni) è sottoposto a un bombardamento impressionante, un caos disordinato e molto variopinto. Questo bombardamento ha un ritmo estremamente alto, a causa del quale riceviamo informazioni/stimoli senza avere il tempo effettivo di capire cosa abbiamo appena assimilato.

Non si fa letteralmente in tempo a decodificare un’informazione che ne sono già arrivate altre duemila. A furia di prendere continuamente questi cazzotti, basta poco per non capirci proprio più nulla e lasciarsi trasportare dalla corrente (artificiale) del mondo. La corrente è artificiale perchè il suo contenuto è definito arbitrariamente dalla società, dalle persone, a loro volta intontite per le milioni di mazzate prese quotidianamente.

Mancando il tempo effettivo per l’elaborazione degli stimoli ricevuti, questi vengono assunti acriticamente e presi come verità assolute. Facciamo un esempio: il telegiornale. Parte il servizio, che ne so, sulla riforma della scuola. Quanto dura, il servizio? 2 minuti? 3? Facciamo pure 3 minuti. Il primo problema è di contenuto: in 3 minuti non puoi dare tutte le informazioni necessarie per spiegare bene per filo e per segno una riforma così importante come quella sul sistema scolastico. Il secondo problema è il bias informativo, ovvero: le informazioni ricevute non sono imparziali ma mirano, invece, a far sì che lo spettatore abbia subdolamente un giudizio positivo o negativo della faccenda. Faziosità, parzialità, quella roba lì insomma. Ma il terzo problema, quello importante per noi, è questo: finisce il servizio, tempo 2 secondi e il conduttore sta già parlando (altre informazioni a cui prestare attenzione); pochissimi secondi e va a introdurre un altro argomento (altre informazioni ancora); 15-20-30 secondi e parte il nuovo servizio (informazioni, informazioni, informazioni).

Ora ditemi voi dov’è lo spazio per elaborare quello che si è appena assorbito. Se va bene, ma bene proprio, sono quei 2 secondi al termine del filmato, in quel momento tra la fine dell’esposizione orale dell’inviato e il ritorno in studio dal conduttore. Per il resto, l’attenzione è sempre costretta a seguire l’incessante flusso di contenuti.

Questo era solo un esempio banale banale, ma vale un po’ per tutto. Perchè avete vergogna a mostrarvi nudi? Quali informazioni/stimoli vi hanno spinti alla vergogna? Ve ne siete accorti, mentre il processo vi stava inculcando quest’idea? Ne dubito. Eppure gli stimoli li avete assorbiti lo stesso, solo non c’è stato il tempo materiale per capirli perchè subito sono arrivati altri transatlantici pieni di informazioni sensoriali.

Questa è l’ipnosi: assorbire come una spugna senza capire cosa si stia assorbendo. L’arma per rendere l’ipnosi possibile è la velocità. L’uomo ha dei tempi, i suoi tempi. Perchè, nella produzione industriale, una macchina o un robot è meglio di un uomo? Perchè svolge il suo stesso compito in molto meno tempo. E non lo devi nemmeno pagare, ma questo è un altro discorso. La macchina è più efficiente, si dice così no? Ma la macchina, il robot, non ha bisogno di capire: deve solo ricevere ed eseguire. Punto.

E’ la differenza che c’è tra “sentire” e “ascoltare”. “Sentire” lo può fare anche una macchina. Prendete il computer che avete davanti agli occhi: quasi sicuramente ha un microfono, col quale sentirà le vostre parole e i rumori di fondo. Anche l’uomo ha l’organo necessario per sentire, ovvero le orecchie (ma va?). La differenza è che l’uomo può anche “ascoltare”. L’ascolto prevede la presenza di un essere, l’ascoltatore. Per ascoltare ci vuole uno che possa percepire i suoni e interpretarli. Io sento quello che una persona mi dice, ma riesco anche a capirlo: questo è l’ascolto. Posso sentire un marasma di suoni, ma posso scegliere di ascoltarne solo alcuni. L’ascolto implica la comprensione: la comprensione implica la calma. Se sono di fretta, posso sentire ma non ascoltare.

Prendete la musica. Una volta, se volevi ascoltare un disco, prendevi il vinile. E’ vero, sono giovane: la mia generazione è cresciuta principalmente con i cd, ma in casa andavano parecchio anche i 33 giri e mi ricordo come funzionava. Prendevi il tuo bel vinile, lo pulivi, lo mettevi sul piatto del giradischi, abbassavi la puntina, ti sedevi e ascoltavi la musica. Tra l’altro, piccola parentesi, la musica era lì, incisa fisicamente sul disco tanto che, se mettevi l’orecchio vicino alla puntina, potevi sentire flebilmente la canzone vera e propria, senza passare per l’amplificazione delle casse. Perchè la musica era lì, fisica, tangibile. E’ vero che anche oggi il vinile è tornato di moda e lo si usa sempre di più, ma allora era diverso: le alternative erano poche e meno immediate di oggi.

Comunque sia, torniamo a noi. La musica la si ascoltava, con calma. Cambiare canzone non era così “semplice”: intanto era necessario recarsi fisicamente ogni volta verso il giradischi, poi si doveva alzare il coperchio (se lo si fosse abbassato prima), prendere delicatamente la puntina e spostarla sulla pista più spessa tra una canzone e l’altra. Finito il lato A si rialzava la puntina, si girava il disco, lo si puliva, si metteva sul piatto e si spostava la puntina all’inizio, sulla corona. Era necessario un certo sforzo, per così dire.

Già col cd le cose divennero più immediate. Cambiare canzone richiedeva la semplice pressione di un tasto, o sul lettore o, ancora più comodamente, sul telecomando. Questa “evoluzione” ha portato con sè il primo passo dall’ascoltare al sentire. Se una canzone finiva con un minuto solo strumentale, bastava un tac per andare a quella dopo e saltare un pezzo che, ora, diventava quasi inutile, fastidioso. La fretta cominciava a trovare un terreno più fertile.

Oggi? Oggi chi è che ascolta ancora la musica? In due o tre. Gli altri la sentono e basta. Da fruitori, o ascoltatori, si è diventati consumatori. E’ quasi sparito quel minimo di presenza che c’era.  Già il tempo viene sempre meno, ma addirittura siamo noi stessi a non concedercelo più: non c’è più calma, non ce la diamo più neanche a noi stessi. C’è sempre un’informazione nuova da assimilare, ma non solo: le informazioni/stimoli sono sempre di più e, soprattutto, sempre più facili da trovare.

Pensate a quante stimoli ricevete da quando aprite gli occhi la mattina. Ci sono quelli, diciamo, “ambientali naturali” (la quantità di luce nella camera, la temperatura, il contatto col lenzuolo ecc.); poi quelli “mentali” (il giramento di coglioni perchè ci si deve alzare, un breve riepilogo di quello che ci si aspetta di fare ecc.); poi quelli “ambientali arbitrari” (moglie/marito e figli che parlano, la televisione, il contenuto delle conversazioni, delle immagini, il rumore del camion dei rifiuti ecc.). Tutti interagiscono tra di loro costantemente, per cui se fa caldo parte il pensiero “Ecco, cazzo, oggi si suda come maiali”, arriva il meteo che parla di 35 gradi all’ombra e poi piogge torrenziali nel fine settimana esattamente dove volevi andare tu per “staccare un po’ la spina” (che poi non la si stacca mai perchè le informazioni arrivano sempre e ormai sono nella tua testa), tuo figlio ti chiede un bacino prima di andare a scuola, mentre da fuori arriva il fragore di una Harley Davidson, in tv si parla dell’ISIS e tu pensi che debbano morire tutti, ‘sti cazzo di arabi. Esci, vai sul treno, la gente parla, il tizio vicino puzza di sudore, metti gli auricolari nelle orecchie e via di mp3, mentre il paesaggio fuori cambia, gli occhi girano tra le gambe di una bella donna, un tipo che gesticola come se non ci fosse un domani e la conversazione Whatsapp di quello seduto accanto a te. Il ragazzino di fronte si muove e prende dentro le tue gambe, ‘sto cretino, ti pieghi leggermente in avanti perchè il treno sta frenando, cambi canzone, ancora, ancora, ancora, “Ma quand’è che arriva quella che voglio ascoltare?”, un prato verde richiama alla mente quelle volte che giocavi a palla con tuo padre… E via così.

I tempi dell’essere umano non vengono più rispettati: tutto deve essere veloce e l’aspetto peggiore, da cornuti e mazziati, è che siamo noi stessi a dover esserne convinti. Non dobbiamo avere lo spazio per fermarci un attimo e provare, quantomeno provare, a capirne il motivo. Gli stimoli/informazioni ci sono sempre, è normale, per il semplice fatto di essere vivi, di percepire la realtà, la natura. Il problema è quando diventano troppi: allora non ci si capisce letteralmente più niente, si assorbe e basta per poi rendersi conto, dopo un tempo più o meno lungo, che ciò che abbiamo solo assorbito senza comprenderlo ci condiziona pesantemente lo stesso. Cornuti e mazziati.

Servono più momenti di calma, di tranquillità. Momenti, come si dice dalle mie parti, da “sta sü de doss” (“allontanati”, “dammi tregua”).

5 commenti:

Ciccio ha detto...

Tutto molto giusto, il problema è che anche se ti prendi il tempo (di forza) devi essere veramente forte e cazzuto per farlo fruttare, perché nel frattempo sei investito da 2000 cose al minuto e dal disprezzo misto a incredulità di chi ti sta intorno. Se ti prendi il tempo (sempre di forza), volente o nolente sei isolato (nel senso peggiore), mentre sarebbe molto più utile a te e al mondo se lo facessero in tanti contemporaneamente.

La mia sensazione è che, come la metti la metti, sono sempre "grossi bei cazzi"

Ciccio

Mattia ha detto...

Aspetta, aspetta, mi sa che l'hai intesa in maniera un po' troppo "pesante". Con "prendersi del tempo" non intendo minimamente "isolarsi nel senso peggiore". Per mettere in funzione il cervello bastano anche solo pochi secondi di relativa "pace" nei quali diventa più semplice spostare la tua attenzione dal "mondo delle mille nuove informazioni" a quelle informazioni che hai appena ricevuto. Non sono necessarie ore e ore di argute riflessioni e azzeramento della tua vita "normale" nel mondo.

Poi, se hai un interesse a voler capire meglio con quali meccanismi tu sia stato fregato anni e anni fa, puoi ritagliarti un po' di tempo (non necessariamente 23 ore al giorno) per cercare informazioni di tuo, meditare, prendere funghi allucinogeni o quello che vuoi. Certamente più scavi in profondità più la cosa richiede tempo per essere capita (anche perchè la gabbia che ti hanno messo in testa ce l'hai lì da quando eri piccolo e, piano piano, è diventata quasi un tutt'uno con te) ma non devi per forza cercare di fare tutto subito, estraniandoti dal mondo, per ottenere chissà che miracolosi risultati.

Spero di aver chiarito un pelino le idee e ti ringrazio per aver commentato. Se hai altre osservazioni, me son qui :)

Ciccio ha detto...

Si, hai ragione, era quello il senso dell'articolo. Mi sono fatto prendere dal discorso di Carpeoro che un po' mi ha fuorviato". E' facile che succeda a tarda notte.

Ciao

Giovanni41 ha detto...

Un commento per Ciccio:
Non è facile uscire dall’ipnosi e rimanere indenni dal bombardamento mediatico che ci opprime, perché siamo indaffarati e non abbiamo il tempo di dedicarci a noi stessi, a ragionare ed essere persone invece che automi.
Se però cominci a guardare ciò in cui sei immerso con senso critico, con apertura mentale (non bere sempre dalle stesse fonti) cercare di vedere le notizie in relazione fra loro in modo da costruirti un immagine tridimensionale della realtà, come salire in piedi sul banco di scuola per cambiare la prospettiva, allora piano piano cominci a renderti conto che puoi galleggiare invece di restare sommerso, inizialmente per poco tempo, ma poi sempre più a lungo fin che la coscienza si rafforza, cominci a renderti conto che sei in grado di ragionare da solo e a prendere in considerazione le cose vere e importanti invece delle cazzate che ti propinano costantemente. Quelle cose importanti che senti tu come tali, e quando comincerai a capirlo sarai arrivato ad una svolta e non tornerai più indietro.

Ciccio ha detto...

Grazie Giovanni,
è vero: poi non si torna indietro.

A me sono stati proprio i media nella loro assurdità a impormi di ragionare da solo e quindi cominciare a capire. Diciamo che sono stato, come molti di voi, una sorta di effetto collaterale per loro. Per la verità loro fottono anche chi è più consapevole, solo in un modo diverso.
E' impressionante quanti notiziari al giorno ci siano tra TV e radio, come ognuno spari gli stessi servizi mille volte al giorno, e come le "notizie" siano sempre identiche per tutti.
Quello che io trovo più frustrante è che gli altri, la massa della gente ipnotizzata, non se ne accorgono, e anche se gli spieghi delle cose, non capiscono. Ti dicono "si,si, lo so, ci credo, è vero", ma in realtà non è così. Purtroppo nessuno arriva a un certo grado di consapevolezza se prima non ha compiuto alcuni passi da solo, con la propria testolina, partendo dalle cose ufficiali. Insomma, se uno non riesce a notare alcuni quintali di assurdità tra TV, radio, politica, religione, scienza et cetera, non ci sono speranze. Qualunque cosa diventa vera (nel senso che la sentono come propria) solo se gliela dicono gli ipnotizzatori. Potrei fare molti esempi ma sono superflui e vi saluto.