03 giugno 2015

Fai fai, che a me scappa da ridere…

Spesso si commette un gravissimo errore di valutazione quando c’è da individuare la causa di un determinato fenomeno. Specialmente nell’ultimo articolo ho calcato la mano abbastanza pesantemente sul cosiddetto “sistema”, ovvero tutto quell’agglomerato sociale, politico, ideologico, economico, scientifico, religioso, finanziario presumibilmente guidato da un piccolo gruppo di stronzi, ma l’ho fatto solo per evidenziare alcune tattiche psicologiche utilizzate per portare le persone in uno stato ipnotico, catatonico.

Ma attenzione: il sistema, gli Illuminati o mia nonna in carriola, non sono la causa dei problemi.

Quante volte avete sentito parlare di un caso di omicidio perchè un tizio doveva dei soldi a un altro tizio ma, alla fine, non lo pagava mai? O per una succosa eredità, magari. Qual è la causa, in questi omicidi? Di primo acchitto verrebbe da dire “i soldi”, però una semplice obiezione potrebbe essere: beh, ma ci sono migliaia di altri casi simili nei quali nessuno ha ammazzato nessuno. Non fa una grinza, no? Quindi via: scartiamo i soldi come causa. Magari c’erano altre questioni in sospeso. Però, anche qui, non tutti arrivano a uccidere.

Si potrebbe andare avanti parecchio nel tentativo di trovare il vero motivo senza cavarne un ragno dal buco. Quelli che si trovano più facilmente non sono i motivi, non è la causa del gesto: sono i sintomi, i segnali, così come l’omicidio stesso è un sintomo. L’attaccamento al denaro, la spiccata tendenza a essere violento, sono tutti sintomi, spie di un problema che non è nemmeno psicologico. Sarebbe troppo comodo, come quando dicono che l’omicida “non era capace di intendere e di volere”. Sarà anche vero, ma non è quella la causa: è anch’essa un sintomo, una conseguenza.

Lo stesso discorso vale per “il sistema”. Gli Illuminati, o come li volete chiamare, non sono il problema, non sono la causa: sono i rappresentanti di un problema, il segnale che qualcosa non funziona nel modo più corretto possibile. Il “sistema” stesso è un enorme spia rossa lampeggiante con tanto di allarme spaccatimpani.

Si dice sempre che “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”. Aggiungerei: “tra l’essere e il fare c’è di mezzo la Via Lattea”. Non fa rima, ma chi se ne frega… Quella che noi continuiamo a perpetrare è la confusione tra il fare/dire/pensare e l’essere o, per meglio dire, il livello di percezione dell’essere. Ne avevo già accennato una volta, quando ho molto brevemente fatto riferimento a un’altra massima degna da ospedale psichiatrico immediato: “noi siamo quello che facciamo”. Cazzata iperspaziale. La realtà è l’inverso: “facciamo quello che siamo” o, più precisamente, “facciamo in base a ciò che percepiamo di essere”.

Semplifico con un esempio. Se io sono l’anti-Einstein, una clamorosa chiavica in matematica, uno che non riesce a capacitarsi del perchè non si usino sempre le più stilose parentesi graffe al posto delle stucchevoli tonde, riuscirò mai a risolvere un’equazione differenziale di ordine 4? Neanche in sogno.

E allora, come la mettiamo? “Siamo quello che facciamo” o “facciamo (in base a) quello che siamo”?

Orsù dunque, miei prodi lettori, favellate: donde risiede il sotterfugio? Dov’è la causa? Perchè quel pirla ha fatto fuori il suo compare? Perchè esiste l’èlite di potere? Il motivo è esattamente lo stesso per entrambi i fenomeni: scarsa percezione, poca consapevolezza, superficialità. Percependo solo a un “livello basso”, è facile fare casini: c’è tanto rumore, tanta frenesia, tanta confusione, tanto attaccamento. La realtà è molto coerente, ha delle leggi dalle quali non si scappa: più sei superficiale, nella percezione di te, più le tue parole saranno “vuote” e le tue azioni “stupide”. Semplice e imparziale: nessun giudizio, nessuna punizione.

Con gli Illuminati stessa roba. Evidentemente a un certo punto nella storia umana, un uomo (o una donna, per le pari opportunità) ha “pescato” da un basso livello d’essere e ha portato a manifestarsi un comportamento “basso”: magari ha pensato fosse meglio, per lui/lei, sfruttare il prossimo piuttosto che essere sul suo stesso piano. Per lui/lei doveva sembrare la cosa giusta da fare e, all’epoca, non c’erano Illuminati, èlite o altro di sorta: era il primo (o la prima) a comportarsi così, spontaneamente. Dove risiedeva, allora, la causa? Era esterna o veniva da qualche parte all’interno?

Da lì in poi, fino ai giorni nostri, i “discendenti” di quel cretino o quella cretina si sono adoperati in tutti i modi possibili e immaginabili per favorire e preservare la loro posizione di vantaggio, rincretinendo ancora di più i loro simili. Punto. C’è stata una causa: il livello di consapevolezza, o la percezione di sè, o lo stato d’essere, è sceso sotto una “soglia”, potremmo dire. E, con questa “caduta” (ammicco ammicco), c’è stata una conseguenza: l’emersione di pensieri e comportamenti non propriamente eleganti. Di nuovo: semplice e imparziale.

Da un mare pesantemente contaminato da milioni di tonnellate delle sostanze più schifosamente inquinanti, che tipo di pesci vi aspettate di pescare? Il tonno pinna gialla?

Quindi a questo punto dovrebbe apparire evidente che, se la causa è interiore, interiore sarà la soluzione. Il fattore sul quale “agire” è la percezione, la profondità della percezione. Ma occhio, perchè anche su queste idee i “discendenti” del cretino o della cretina hanno speso innumerevoli risorse per non farvele capire. So già a cosa state pensando: robe motivazionali, pensiero positivo, legge di attrazione, psicologia spiccia. Lasciate perdere per favore, non lo dico per me, non me ne viene in tasca niente: fatelo per voi stessi. Già siete pieni di vaccate che assorbono gran parte della vostra attenzione frantumata in mille pezzi: non attaccatevi ad altre vaccate. Non ho fatto tutto ‘sto discorso per poi farvi sdraiare su una poltrona e spillarvi soldi dicendovi di non preoccuparvi, che siete persone splendide, magari pure figli luminosi del Dio vivente. Un gran bel paio di palle.

La causa , se non fosse già chiaro abbastanza, non è psicologica: la psicologia arriva dopo, è uno degli effetti, delle conseguenze. La mente arriva dopo, è generata, non fa parte (ripeto: NON FA PARTE) dell’interiore: è già esteriore, è già esterna, è già parte del “fare”, non è parte dell’”essere”: è “figlia” dell’essere. Io vi dico “consapevolezza”: voi interpretate il concetto tramite la mente in base a ciò che siete in questo momento. Se siete Gesù, l’interpretazione sarà molto più profonda rispetto a se siete Renzi. Perchè? Perchè avete una percezione di voi stessi gigantescamente più pronunciata, più vera. Questa percezione sviluppata, questo stato d’essere, va a generare una mente in grado di interpretare molto meglio l’informazione contenuta nella parola “consapevolezza”.

Una macchina da Formula 1 non si guida da sola: ci vuole qualcuno al volante. Al momento ci siete voi per come siete (o percepite di essere) ora. Sapete guidare una Formula 1? E difatti la macchina sbanda, si schianta, va in testacoda, si ribalta. Se, però, ci mettessimo Vettel? Ecco: dobbiamo diventare come Vettel, se capite l’analogia.

“Ma come si fa, cazzo? Bravo, ho capito il senso, hai fatto il fenomeno ma mò taglia su: come cazzo si fa?!” Se per caso questa fosse la vostra domanda, allora vi conviene tornare indietro, rileggere il discorso e capire da voi per quale motivo si tratta di una domanda sbagliata.

Facciamo che un sasso viene buttato in uno specchio d’acqua. Cosa succede? Fa un piccolo “buco” nell’acqua, dal quale promanano diverse onde concentriche sempre meno intense. Ora, se voi siete ultra-iper-stra-megaconvinti (e lo siete, anzi: lo siamo) che la causa di tutto siano le onde, ditemi voi: ha senso fare qualcosa? Come potete cambiare le onde agendo sulle onde stesse? La causa vera è il sasso, ma voi il sasso non lo vedete, non lo sentite, non lo percepite: vi fermate ai suoi effetti e li scambiate per la causa. Per cui provate a risolvere i problemi della mente con la mente, e con quale risultato? Conflitto, ancora più confusione, un puttanaio peggio di Babilonia sotto il governo Berlusconi.

Le onde, le uniche “entità” a rientrare attualmente nel nostro campo di percezione, dovrebbero essere intese come strumenti, come mezzi al servizio di un fine. Tramite l’osservazione, lo studio delle onde, si può risalire al tipo di sasso lanciato. Capito il tipo di sasso, ne viene automaticamente tirato un altro, il quale genererà onde diverse, più morbide e armoniose. E via così fino a che non si siano compresi i meccanismi di ogni sasso.

Calma, tempo, spazio, silenzio. Facile, no?

5 commenti:

Giovanni41 ha detto...

Il tuo articolo è molto stimolante e mi spinge fortemente a interagire per andare a sviscerare il problema dei problemi. Però non so da che parte attaccarmi.
Non riesco a capire se hai o meno individuato il sasso che provoca le onde. Nel nostro mondo siamo solo onde o siamo anche sassi ? Oppure i sassi vanno ricercati al di fuori delle nostre individualità ?
Di solito si dice : “sono alla ricerca della verità” , ma quale verità? Ammesso che ci sia una verità da ricercare in ogni caso sarà una verità soggettiva e quando capita raramente di vedere nel casino delle nostre vite qualcosa di illuminante ci esaltiamo per un po’ ma poco dopo ricadiamo nel caos di tutti i giorni.
Se, come tu dici, (o almeno mi sembra di capire) c’è qualcosa al di fuori (sasso) che cade nelle nostre vite e crea le onde che ci muovono a loro piacimento, allora dove è andato il libero arbitrio? Dobbiamo essere fatalisti? Se continuiamo a guardare dalla parte sbagliata perché ci viene indicato un obiettivo falso con l’inganno, come se ne viene fuori?
Di positivo vedo la possibilità di studiare l’onda per risalire al tipo si sasso. Ma per avere questa possibilità credo che sia necessario avere già fatto un salto di consapevolezza ed essere in grado di discernere il grano dalla paglia. Se un individuo si trovasse già in queste condizioni che cavolo gli frega di cercare il sasso. Ormai ha già quello che gli serve, ….. o no ?
In conclusione spero, dopo queste mie esternazioni incasinate, di non avere portato scompiglio alle tue idee. Prendi il tutto con benevolenza e comunque se ritieni di rimproverarmi perché non ho capito una mazza ti ringrazio in anticipo.

Mattia ha detto...

Purtroppo il "problema dei problemi" è letteralmente impossibile da spiegare a parole. Il sasso di cui parlo sei Tu, con la "T" maiuscola, che non è nemmeno riducibile a un'individualità in particolare. E' l'alfa e l'omega, trascende il mondo e te stesso. Questi ultimi (il mondo e la percezione che hai di te e di ciò che sei) sono le onde, le conseguenze del sasso. La nostra "profondità percettiva" arriva a vedere le onde, mentre il sasso rimane sconosciuto.

Con un lavoro costante è possibile cominciare a osservare le onde e, tramite esse, giungere a comprendere alcune "qualità" del sasso che le genera. Il punto ultimo, per così dire, è la realizzazione di essere in realtà il sasso stesso. Il resto (la personalità, la mente, il mondo, l'intero agglomerato che potremmo chiamare "manifestazione") arriva da lì, dall'origine, ne è "figlio".

Un paio d'anni fa avevo scritto all'incirca di queste cose ma usando un altro "vocabolario". Magari così ti si chiariscono un pelo meglio le idee ;)
Ce l'hai di fronte agli occhi e non lo vedi.

E non preoccuparti che non ti rimprovero. Di che dovrei rimproverarti? A parte che io non sono meglio di te, qualunque cosa significhi essere "meglio", ma anche se fosse non ci sono risposte giuste o sbagliate. Al limite ci sono quelle oneste e quelle no, e sta a te essere onesto con te stesso.

Ti ringrazio per il commento :)

Giovanni41 ha detto...

Sono io che ti ringrazio per il contro commento. E come mi dovevo aspettare mi ha rivelato di avere ancora la testa sotto il liquame. M a non devo disperare perché certamente sono più in alto di quanto non fossi anni fa. La mia formazione culturale originale è di tipo prettamente tecnico e questo ostacola non poco l’approccio alla “realtà” che mi sono imposto di perseguire ultimamente.
Ho letto il tuo post “Ce l'hai di fronte agli occhi e non lo vedi.” E mi ha ricordato le ultime teorie di fisica quantistica (che naturalmente non riesco a fare mie) sullo spazio tempo. Da buon tecnico ho assunto che il big bang, o creazione, può essere assimilato al tempo di Plank che però pur essendo estremamente piccolo (10 e-35) è pur sempre finito. E’ un punto che si è dilatato a dismisura virtualmente ma ha una dimensione.
E qui mi è venuto alla mente anche l’aneddoto che si racconta di S. Agostino il quale durante le sue elucubrazioni filosofiche nella ricerca della spiegazione dei misteri universali e della creazione si imbatte col bambino che vuol fare entrare il mare in una buca fatta sulla sabbia.
Bene, grazie di nuovo per le tue precisazioni. Certamente continuerò a leggerti e probabilmente ti romperò di nuovo perché per me sei una palestra mentale. Ciao auguri.

Mattia ha detto...

Rompi quando vuoi. Magari non ti rispondo subito ma abbi fede ;)

Anonimo ha detto...

Ogni tanto vengo a trovarti e ti leggo. Poi per un bel pò non lo faccio più e dopo un pò non ricordo perchè evito di leggerti. Quando ti rileggo mi viene in mente subito il perchè: troppe seghe mentali. Sono contento per te che ti senti migliore del resto del mondo e ogni tanto dispensi verità assolute ma secondo me dovresti farti una canna e rilassare la testa. Prova e fammi sapere