12 gennaio 2010

Parolacce e illusione

Parolacce, cazzo, parolacce!
E' un concetto a dir poco bizzarro quando ci si pensa sopra. "Cos'è una parolaccia"... Mmh... Proviamo a inquadrarla da un punto di vista un po' diverso dal solito, in modo da evidenziare la sua essenza che altro non è che illusione.

Quando parliamo emettiamo suoni di vario genere, dai rutti in su. Ma saltando i rutti e i suoni onomatopeici, ci sono dei suoni che emettiamo continuamente, magari anche ora che state leggendo queste righe diggitali: le parole. Una parola è un suono, una vibrazione nell'aria, esattamente come lo è il motore di una macchina, una canzone o l'abbaiare di un cane. Sono suoni. Cosa distingue, però, ciò che noi chiamiamo "parola" da ciò che chiamiamo "suono, rumore"? Il concetto. Sappiamo che, data una certa serie di lettere (leggi "suoni", anche qui), il nostro cervellino, addestrato sin dall'infanzia, ne associa un concetto (se la riconosce come "parola", appunto) oppure la etichetta come "irriconoscibile, vaga, estranea" (rumore). Pensate ad un cinese, ad esempio: avete di fronte un cinese che vi parla in cinese. Quei suoni che escono dalla sua bocca (e solo da lì) per il suo cervello sono parole: riesce ad associare un concetto al suono e articola questi suoni per formare concetti complessi (frasi). Ma per voi, questi suoni, cosa sono? Parole? Riuscite ad associare dei concetti, delle immagini, delle idee, qualsiasi cosa? Riuscite, insomma, a capirli? Se non avete studiato cinese o se non siete anche voi cinesi, direi proprio di no. Quindi, per voi questi suoni cosa sono? Suoni. Punto. Esattamente come suoni sono uno starnuto, lo scorrere dell'acqua, una bombetta che esplode nelle mutande di un tizio su un aereo (mamma mia che risate mi son fatto!).

Ok, quindi:
suono -> rumore non interpretabile
parola -> suono interpretabile

Adesso arriva il clou... Sappiamo che due parole possono riferirsi allo stesso concetto, giusto? I famigerati sinonimi... Perfetto. Allora perchè quando, ad esempio, dico "cazzo" mi fanno storie mentre se dico "pene" passo per medico? "Cazzo" e "pene" sono due suoni: associamo a questi due suoni un concetto, per di più identico: quindi diventano due parole particolari (sinonimi): quindi, se questi due suoni (SUONI) si riferiscono alla stessa cosa nella nostra interpretazione, perchè uno è considerato volgare e l'altro ti fa fare la figura dell'intellettuale? E' come se io dicessi che puoi usare la parola "parete" ma non "muro" perchè è una parolaccia. Stessa cosa. Ha senso?

E un piccolo corollario di questo ragionamento è perchè una parola "volgare" viene percepita (siamo sempre qui: percezione) come sbagliata, sporca... volgare, appunto. "Volgare" deriva da "volgo" che significa "popolo". Quindi, una parola "volgare" è una parola del popolo, dal popolo. E sappiamo, storicamente, che alla fine è sempre il popolo a dettare legge per quanto riguarda la lingua. In teoria, ma anche in pratica, tutte o quasi le parole che usiamo oggi sono volgari, dato che vengono da un linguaggio creato dal volgo nei secoli passati. Dunque: il popolo parla male di/con il popolo? E' volgare (come lo intendiamo noi) con sè stesso? Il popolo è negativo, ignorante? Ammettiamo sia così, e allora i vari nobili, gli intellettuali, gli artisti da dove venivano? Da Marte? Ha senso? Sono sempre persone che discendono dal popolo che toh! è composto da persone! Certo, ad essere fantasiosi possiamo dire che discendono da quella parte colta del popolo, ma io, quando li guardo in faccia, vedo sempre due occhi, un naso, due orecchie, una bocca, ecc. Sempre di persone (e, dunque, di popolo) si tratta... Ma va beh...

E la ripetizione di una parolaccia ci da fastidio, tanto fastidio. Quante volte vi è capitato di dire a qualcuno "Ebbasta! Mamma mia come sei volgare! Cazzo, coglione, porca puttana... Basta!" Giusto, la ripetizione urta. Ma se una persona in un discorso, invece di ripetere "cazzo", ripetesse "pasta"? Non gli direste qualcosa tipo "Basta con 'sta pasta! Continui a ripeterlo, cazzo!" ? Allora non è la parolaccia che ci infastidisce, ma la sua ripetizione a cartuccera. Certo, poi la percezione che ci è stata messa in testa della cosiddetta parolaccia aggrava la situazione, ma provate a ripetere tante volte a mò di intercalare una parola qualsiasi, mentre fate un discorso o mentre parlate con qualcuno... Come quelle persone che alla fine di ogni frase dicono "no?", oppure "capito?". Alla lunga è molto fastidioso. Ma "no" e "capito" non mi sembra siano considerate come parolacce, no?

Perchè un suono viene proibito? O meglio, perchè un suono viene fatto percepire come proibito o sbagliato? Perchè si inietta la paura di una parola? Questa è una bella domanda... Etichettare un suono come sbagliato è un'idea che solo un essere umano con brama di potere poteva partorire dalla sua mente malata. Proibire una parola è un fatto di una gravità bestiale: è una limitazione delle nostre capacità di espressione delle idee, oltre che motivo di vergogna e sdegno (quindi di limitazione personale, dato che, tra l'altro, spesso ci si riferisce in termini dispregiativi agli organi riproduttivi, tanto odiati dalle religioni). E in teoria è applicabile a qualsiasi parola. Chi mi dice che tra vent'anni "terrorista" non diventi una parolaccia? Magari non per noi adulti, ma per le nuove generazioni. Di meccanismi di programmazione psicologica di massa ce ne sono... Due su tutti: televisione e religione = appiattimento dell'individualità, omogeneizzazione delle idee, del pensiero, cancellazione del 99% della realtà tramite l'inserimento di uno schema di percezione. Subito a ruota, medaglia di bronzo per la scuola, dalle elementari all'università.

A cosa serve tutto questo ragionamento su un argomento futile come le parolacce? Beh, spero di avervi fatto ragionare sul fatto che la realtà delle cose è molto più ampia della percezione che noi abbiamo di essa. La realtà vera non ha percezione: è. Avere un certo tipo di percezione riguardo qualsiasi cosa comporta una divisione mentale tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, tra ciò che è bello e ciò che è brutto, tra ciò che amiamo e ciò che odiamo, eccetera eccetera (tra l'altro, per chi crede, è esattamente il significato di "Diavolo": colui che divide). Il che è legittimissimo: non sono qui a farvi la morale. Quella la lascio ai preti, a Capezzone e agli altri esseri più o meno viventi non dotati del benchè minimo senso critico. L'importante è che possiate riconoscere che quella che viviamo è una percezione della realtà, una sua piccola parte. E' un modo di vederla, una lente di ingrandimento su un piccolissimo pezzettino della sua infinita superficie. La sfida è riuscire, piano piano, ad espandere la percezione, ad abbattere i muri costruiti nella nostra mente dall'ambiente esterno e dall'interno (di solito i muri che ci costruiamo noi stessi hanno una radice da ciò che ci circonda e ci influenza) per arrivare a vedere cio che è per quello che è: essere. Senza giudizi, senza preconcetti, senza divisioni, senza posizioni.

L'importante è capire che siamo assolutamente liberi di scegliere se farci influenzare da un tipo di percezione (nello specifico, il concetto di parolaccia) oppure non costruire questo muro (che, sempre nella specifica analisi della faccenda, è completamente senza senso). Nell'analisi delle percezioni, è fondamentale fermarsi un attimo, sedersi, fare qualche bel respirone e chiedersi "perchè", partendo da quei concetti che diamo per scontati. Il bello è che è molto più difficile di quanto sembri trovare questi concetti "base", proprio perchè non ci si sofferma più su di essi: "è così. Punto". Beh... no.

Potreste avere la percezione che tutto questo sia una banalità. Boh... Fate come volete. L'unica cosa vera è che qui ci sono scritte delle parole: l'interpretazione e la percezione che voi avete di esse e dei concetti espressi è vostra, così come la mia è mia. E su questo non c'è interpretazione che tenga...

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