29 marzo 2011

L’economia sbraitante di un primate bipede con la cravatta

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E’ incredibile quanto l’assoluta follia e l’autolesionismo insito del sistema economico attuale, che fa guadagnare da un lato ma perdere da mille altri, venga sparato così, dritto in faccia, con una nonchalance acrobatica, a centinaia di giovini studenti universitari nell’apparente indifferenza assoluta durante un semplice corso di 3 mesi.

Ad esempio, la curva di Phillips: essa lega il tasso di disoccupazione con quello di inflazione. E la lezione che si trae è: più gente lavora, più salgono i prezzi, con tutte le (non positivissime) conseguenze del caso. Quindi bisogna trovare un bilanciamento che renda “accettabile” un certo tasso “naturale, fisiologico” di disoccupazione a fronte di un “accettabile” tasso (positivo) di inflazione, blablabla…

Il paradigma che rende ciò possibile non è prettamente economico, ma più generale e viene applicato automaticamente (leggi “inconsciamente”) da tutti in ogni campo ed è riassumibile con qualcosa del tipo: “non si può stare tutti bene”. Per vivere devi lavorare? Beh, non tutti possono e nemmeno devono, altrimenti l’inflazione sfonda il cielo ed è un disastro. Ma allora, chi “fisiologicamente” è destinato a non lavorare? Non vive: sopravvive.

Ma la questione non sembra passare per le innocenti membra indottrinate del professore di turno, il quale, pur lasciando timidamente intendere una certa insoddisfazione di fronte a tale ingiustizia, sorvola sommessamente dall’instaurare una discussione nella quale lanciare un raggio di sole, dicendo che non deve per forza essere così; che il sistema attuale è sì il più recente ma non per questo il migliore possibile; che le relazioni tra questi “attori economici” sono state scelte arbitrariamente da chi ha voluto trarne benefici.

Non dico di prendere la sedia, lanciarla contro il proiettore facendolo precipitare e schiantare fragorosamente contro lo schermo del Mac sulla cattedra, strappare il telone da cinema alle sue spalle urlando espressioni onomatopeiche con occhi iniettati di sangue, denti digrignati e densa bava colante, scagliare il microfono sfondando il cranio di un secchione occhialuto in prima fila assuefatto all’alta marea marrone di dogmi rovesciatigli addosso nella sua acritica vita, e subito dopo spronare euforico gli studenti con frasi del tipo “Vaffanculo a queste stronzate e vaffanculo voi che ve le bevete come dei cazzo di zombie senza obiettare nulla perchè vi fa comodo così! Adesso si fa come diciamo noi e quei succhiacazzi in giacca e cravatta verranno sepolti vivi nel magma al centro della Terra e noi ascolteremo i loro latrati di agonia con gioia e danzeremo estatici per giorni e giorni! Muahahahaha!”.

Non dico questo, però un minimo di senso umano e di dignità intellettuale: “Non è giusto. E’ tutto arbitrario e a favore di una piccola elitè. Voi dovete studiarlo perchè è giusto che ne sappiate di più, che “conosciate il nemico”, perchè sono praticamente costretto ad insegnarvelo e perchè dovete passare l’esame. Ma sappiate che tutto questo non è definitivo, non è Assoluto nè tantomeno il meglio. E, cosa più importante, è modificabile e addirittura abbattibile in toto, anche se per quest’ultimo passo non siamo ancora evoluti abbastanza. Chissà, forse voi giovani lo diventerete o comunque contribuirete a questo cammino. A questo serve l’istruzione: non a dare agli alunni concetti spacciati come verità assolute alle quali sottostare, ma a fornire ad essi gli strumenti per superare questi concetti. Fatemi vedere, all’esame, che sapete ragionare con la vostra testa, fantasticare addirittura, su come questa macchina può essere migliorata, stravolta, rivoluzionata e vi beccherete un bel 30 e lode, non solo qui ma anche dopo, nella vita.”

Applauso al professore!

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