28 ottobre 2011

Fottetevi tutti, stronzi

not_important

Scusate se torno di nuovo sulla scomparsa di Marco Simoncelli, ma il suo è un episodio che mi porta ad avere diverse osservazioni libere, senza freni, sbattendomene altamente del vostro punto di vista, se vi piace quello che leggete, se non siete d’accordo, se vorreste riempirmi di epiteti irripetibili… Vi rispetto profondamente, ma qui, questo post, è libero come mai lo è stato nessun altro in questo blog.

Il Sic aveva, ed ha tuttora, 24 anni. Come me. E’ per questo che scrivo il post. E allora cosa è realmente vita e cosa è illusione? Quante situazioni, oggetti, persone, esperienze ci passano sotto il naso quotidianamente nella nostra indifferenza più assoluta? Serve veramente poco per essere persone degne di questo nome: non è necessario cambiare il mondo, non è necessario essere chissà chi o avere chissà cosa. Basta una semplicità quasi intimidatoria, una schiettezza genuina e una simpatia contagiosa. I pensieri complicati buttali fuori dalla finestra: non servono a te, a me, a tua madre, a nessuno. L’onestà e la sincerità pagano sempre. Sempre.

Il mondo può anche tranquillamente andare del tutto a escort di bassa categoria, dette a torto “puttane”, che non me ne può fregare di meno: non è necessario. E’ solo un passaggio nel nostro infinito cammino esistenziale, interrotto saltuariamente da quella straordinaria pseudo-illusione chiamata “morte”, il cui solo pensiero ha l’effetto positivo di farci godere meglio i singoli, infiniti istanti della nostra presenza qui. “Interrotto” non è nemmeno il termine esatto: la morte altro non è che una sorta di teletrasporto esistenziale, grazie al quale la nostra anima riprende piena coscienza di sè e della sua indivisibile unione con il resto dell’Esistenza, se già questa consapevolezza non la si fosse acquisita durante l’esperienza corporea, e se ne va da un’altra parte per proseguire il cammino evolutivo portando con sè tutti i ricordi di tutte le esperienze precedenti, secondo per secondo.

L’odio, le frustrazioni, i litigi, quei fottuti giudizi negativi che siamo abituati ad affibiare alla gente… che vadano affanculo. Non importano, non valgono niente: alla fine si va tutti via da qui e ci si rivede chissà dove e con chissà quale superiore consapevolezza su di noi, sulla vita. Mi fanno quasi pena tutti questi figli di puttana che cercano di controllare un infinitamente piccolo granello di sabbia, in un infinitamente piccolo sistema solare, di una infinitamente piccola galassia, dentro un infinitamente grande universo che non è il primo e non sarà l’ultimo ma è soltanto UN universo che esiste da miliardi di anni ed esisterà ancora per altri miliardi di anni. Tutto questo non ha senso. E’ giusto starci dietro, lottare per i diritti e blablabla, ma guai a prendere tutto davvero sul serio. Governo, banche, Illuminati, Gesuiti: aspettano solo di essere inglobati nella semplicità della vita, quella che non si pone problemi complessi e deprimenti semplicemente perchè è già oltre, perchè ha già capito che non c’è bisogno di istituzioni che hanno il solo scopo di controllare e limitare la libertà mentale dei sottoposti, per vivere bene. Cristo santo, pensa a tutti i divieti che hai nella testa! Pensa a quante piccole azioni non puoi fare, a quante piccole parole non puoi dire, perchè… perchè non si può. O meglio, perchè qualcuno ti ha inculcato nella testolina che non si può, che è sconveniente, che magari il bambino di 2 anni alto un metro e settanta che hai di fronte si offende e poi litigate. E allora?! Chi cazzo se ne frega?! Diglielo in faccia, apertamente: “Tanto sia io che te siamo destinati a lasciare questo minuscolo sassolino per andare chissà dove. Cosa cazzo stiamo qui a litigare per cosa?”

Se sapessi di avere soltanto 1 secondo di vita, avresti la forza di rompere il cazzo a qualcuno? Avresti il coraggio di pensare alla crisi internazionale, all’èlite globale, di trapanarti la depressione nell’animo? Io non credo proprio. Benissimo, hai soltanto 1 secondo di vita: VIVILO.

Manca maturità, in questo mondo. Sono tutti così frustrati che nessuno perde occasione per rompere i coglioni al prossimo, invece di capire l’inutilità del gesto e pensare a VIVERE. Prego ogni giorno perchè sempre più persone lo capiscano. E sono sicuro che arriverà il momento in cui ognuno di noi, piccoli rametti di un’infinitamente grande albero, arriveremo a quel punto e ci faremo una risata lunga da qui ad Alfa Centauri e ritorno. E sono anche sicuro che, essendo tutto collegato, le emozioni e le sensazioni scatenate in me dalle mie preghiere servono a questo. Non è una fottuta mania pseudo-religiosa, ma è un fatto scientifico.

Vivi, santo Dio, VIVI. Accetta tutto quanto ti succede, tutto quello che pensi, tutto quello che credi di essere. Accetta e basta. Pensalo, dillo, urlalo nella disperazione, grande momento in cui il nucleo dell’Esistenza (quello che viene inteso con il concetto di Dio, Verità, ecc.) ha la possibilità di entrare e darti un’energia che non ritenevi nemmeno esistente. E sai perchè entra? Perchè sei onesto con te stesso e perchè in quel momento il concetto di “te stesso” diventa molto meno definito, molto più fumoso, lasciando spazio a tutto il resto. Non ti è mai capitato? A me sì. Pensavo di essere arrivato chissà dove, di essere forte e inattaccabile e di dover vivere in un certo modo che si accordasse ai miei pensieri, ma non avendo il coraggio di farlo. E ciò mi tormentava e mi ha tormentato per tanto tempo. Fino a che, una sera prima di addormentarmi, non sono crollato e ho ammesso, in una piccola crisi di nervi, di essere debole, fragile e addirittura inadeguato in certe situazioni del quotidiano. Solo che a differenza dell’autocommiserazione, la sensazione che ho provato è stata di liberazione, di leggerezza e di gran gioia. Sono più in pace con me stesso, qualunque cosa significhi: non ho pensato “sono debole e vorrei tanto non esserlo”: ho soltanto pensato e detto “sono debole”. Punto. E ho accettato il fatto, semplicemente. Beh, non avete idea: ero immerso nelle mie emozioni, come non le avevo mai provate, eppure non ero coinvolto in esse. Le avevo trascese. E’ stato straordinario e il solo fatto di ammettere e, soprattutto, di accettare la mia debolezza mi ha reso più forte, me l’ha fatta trascendere pur vivendola come mai prima. E accettare non significa arrendersi, occhio: significa prendere atto pienamente di qualcosa e poi farci quello che si crede, avendola trascesa. Non è fuggire e non è lottare: è VIVERE.

Purtroppo fatichiamo ad imparare questa lezione, e anch’io non mi illudo di essere arrivato chissà dove: già fatto, già capito l’errore. Comunque sia tutti la imparano quando sono pronti: non un momento prima e non uno dopo. L’Esistenza lavora così. L’Esistenza è a tua disposizione, sempre. L’unico motivo per cui siamo qui è per imparare ad evolvere, per ricordare, per essere più completi. Ogni singolo fatto che ti accade, ogni singolo pensiero, ogni singola parola, ogni singola azione ha solo e soltanto questo scopo: farti evolvere. Per un po’ di tempo hai bisogno della paura, in modo da poter scegliere di liberarti di essa (accettandola): per un po’ hai bisogno dell’odio, del disprezzo, della depressione per riuscire a liberartene. E’ il bello dei paradossi, di cui avevo già parlato. E’ il bello del Tutto.

Ma noi no… noi non lo capiamo: non riusciamo a vedere l’ovvio sotto il nostro naso ogni singolo eterno momento. Sapete qual è il più grande trucco usato da questa società per riuscire ad avere il vostro tacito consenso alle atrocità più bastarde e ai soprusi più iniqui? E’ un trucco infido e sottile, ma che funziona maledettamente bene: farvi credere che abbia chissà quale importanza. Dirottare la vostra vita, i vostri pensieri e le vostre emozioni dall’esistenza e dalla sua intrinseca meravigliosa bellezza alla crisi economica, agli immigrati, agli omicidi, al Papa e altre amenità simili. Ma ehi, è il tuo ultimo secondo qui! Chissenefrega!! Poveri pazzi frustrati, con un ego grande quanto il Pacifico e un inestricabile complesso di inferiorità, che ti devono sbattere in faccia una marea di stronzate per distoglierti dal Tutto. Ma il problema non sono neanche loro, no: SEI TU. Tu che dai loro importanza; tu che ti sbatti per la crisi; tu che sbraiti e ti fai cattivo sangue non appena il Sacconi di turno mette il suo simpaticissimo faccione nella tua televisione; tu che ti arrendi; tu che scappi; tu che guardi a una lucertola e la vedi come un enorme drago sputafuoco.

It’s just a ride, maledizione!

Sono super-mega-ultra convinto che se si tornasse a vivere davvero, a onorare il momento qualunque esso sia, il 99% dei problemi del mondo, che ora sembrano grandi cento volte Godzilla, di colpo ci apparirebbero per come sono in realtà: minchiate. Io, essere eterno intento a compiere un infinito cammino evolutivo, passo qui 50, 60, 80 anni: in un mondo che ne ha qualche miliardo: su un pianeta che è solamente un piccolo, minuscolo, infinitamente microscopico granello di sabbia: in un universo che ha ancora più miliardi di anni alle spalle e chissà quanti davanti: circondato da una bellezza da lasciare spalancata la mascella per mesi e mesi: con mille sentimenti e sensazioni straordinarie, da godere ogni singolo istante: vivendo migliaia di esperienze belle al limite della commozione. E io devo preoccuparmi seriamente dei Rothschild? Devo stare male pensando che “cazzo, c’è la crisi! Non ho un fottuto lavoro, non vedrò mai la pensione e, oh, stiamo andando ancora peggio”? E poi, uè, gli Illuminati, i Gesuiti, il vero potere, oh!!

Se pensassimo di più a vivere, andremmo in milioni in piazza a Milano, Roma, Washington, New York, Londra, Madrid, Tokyo, Bruxelles, Parigi, Berlino, Mumbasa, Johannesburg, Rio, Santiago: entreremmo nei palazzi del “potere”, prenderemmo questi poveri stolti e li abbracceremmo, dicendo loro “Dai, non è colpa vostra. NOI vi abbiamo dato importanza perchè eravamo convintissimi che i problemi fossero estremamente rilevanti. Ma ora ci siamo accorti che non è così e voi, con le vostre regole, i vostri condizionamenti e i vostri ordini non avete più potere su di noi. Scusateci ma… sapete com’è, ci siamo evoluti”.

Sarebbe un mondo meraviglioso, un Paradiso in Terra. E quello che mi preme dire è che si può fare, porca troia! Non è un’utopia e basta. Chiunque pensi che non sia possibile realizzare (quello che per ora è) un sogno del genere, si ricreda: abbiamo tutti da guadagnarne.

C’è molta frustrazione, in giro. E continuare a reagire a questi moloch farlocchi con rabbia, rassegnazione, tristezza e con il pensiero che non c’è via d’uscita, che andrà sempre peggio… Agire così non fa altro che aumentare la frustrazione presente nel Campo che ci collega tutti fra di noi e con l’Esistenza. Abbiamo (quasi) completamente perso di vista ciò che è davvero importante nella vita e ci siamo lasciati abbindolare da quattro stronzi spacciatori di falsi problemi, ai quali noi abbiamo creduto ciecamente e continuiamo a farlo inconsapevolmente.

Si è resa necessaria, per me, la morte di un mio coetaneo per farmi esprimere questi pensieri senza freni, magari un po’ confusi ma, cazzo, è così. Il suo esempio di comportamento mi ha colpito molto e devo ammettere che la sua dipartita da questa esperienza mi ha fatto molto più dispiacere di quella di Jobs o anche di Michael Jackson. Il Sic è stato uno straordinario esempio di semplicità e di voglia di vivere e il fatto di andarsene alla mia età mi ha indotto a riflettere sull’importanza che tutti diamo alle cose.

E il discorso del “carpe diem” non è inteso, come a mio avviso erroneamente si pensa, nel senso del “ogni momento potrebbe essere l’ultimo: vado a fare paracadutismo, vado a scoparmi due lesbiche vergini” e ragionamenti così. Non è l’andare a fare qualcosa di estremamente emozionante, che mai si è fatto prima ma che si è sempre desiderato vivere. Non mi riferisco a questo. Intendo dire di godersi ogni momento come se fosse l’ultimo (o il penultimo), qualunque cosa stiamo facendo, qualunque pensiero stiamo avendo, qualunque parola stiamo dicendo, qualunque emozione stiamo provando, qualunque sensazione stiamo sentendo. Onorare il momento. E’ l’unico modo per tornare a vivere davvero e per tornare a dare la giusta importanza alle giuste cose della vita. Per liberarci.

Ciao Marco: sei stato e sei ancora un grande. Grazie. Siamo solo noi.

Stavolta non è il testo della canzone che importa. Infatti, come sapete, di solito lo riporto sempre. Qui, ascoltate le emozioni che vi dà il suono. Stop.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

6 un grande,sono con tè in ogni parola..x fortuna sn esistiti esistono ed esisteranno persone come tè e bill grazie.ciao da marco

Mattia ha detto...

Ciao Marco! Ti ringrazio profondamente per le tue parole. Certo che il paragone con Bill... Non credo di essere neanche un milionesimo di ciò che era lui. Ma comunque mi ha fatto piacere ;-)

Buona vita!