22 luglio 2013

Stephen lo scienziologo

L’altro giorno su Discovery Science hanno dato un documentario con Stephen Hawking dal titolo “Curiosity: Dio ha creato l’universo?”. Non l’ho visto tutto ma una buona metà sì e l’ho trovato molto interessante, in particolare due punti mi hanno solleticato l’intelletto, il che è cosa buona e giusta. Il primo è la conclusione scientifica della non esistenza del tempo prima del Big Bang. Se vi ricordate ne avevo già parlato qualche tempo fa e giuro su qualunque cosa, essere vivente e non-morto che non avevo la minima idea dell’esistenza della medesima conclusione negli studi di Steph. Io sono andato anche un po’ più in là ma sia le mie intuizioni che le ricerche di Hawking e soci potrebbero benissimo essere tutta una vaccata cosmica, dato lo status di semplice “teoria” del Big Bang. Il fatto è che non lo sappiamo con certezza, quindi ciccia.

Il secondo punto riguarda lo stato di perfetto equilibrio dell’universo, con la presenza in parti esattamente uguali di energia positiva e negativa. Nel documentario Hawking sostiene che, essendo un gioco a somma zero data la perfetta parità tra positivo e negativo, l’universo si sia autogenerato e che non sia stata necessaria nessuna “autorità” esterna, divina. Molto probabile. Mi pare abbastanza assurdo sia stato un Dio là fuori, staccato da noi e dal resto, a mettere su tutta la baracca, a generare la vita, a crearci “a sua immagine e somiglianza” (ammazza, Dio ha la mia faccia ma anche tutte le vostre. Mmm…) eccetera, come nella classica interpretazione cristiana. Ormai lo sapete meglio di me quale sia la mia concezione di Dio, ma Stephen si appoggia a quella canonica e quindi lo faccio anch’io. Per me l’espressione “a sua immagine e somiglianza”, ad esempio, ha perfettamente senso ed è molto vera, ma solo perchè il “mio” Dio non è come quello superficiale riconosciuto da persone in evidente bisogno di obbedienza ad un’autorità e in costante voglia di cedere responsabilità ad altri a loro estranei.

Comunque sia, tornando in tema, nell’affermazione dello scienziato più famoso del mondo c’è un errore di proporzioni interstellari, forse non facilmente rintracciabile su due piedi ma parecchio evidente se ci si pensa un attimo. Hawking dice che l’universo è “un gioco a somma zero”, nel quale positivo e negativo si annullano perfettamente, e così l’universo sarebbe nato letteralmente dal nulla per i fatti suoi. In sostanza, il tutto si divide in due metà perfettamente uguali: 50 positivo e 50 negativo, ok? Perfetto, ci sto, sono perfettamente d’accordo. Ma poi Hawking si dimostra più scienziologo che scienziato, perchè va a sommare non i valori assoluti, 50 e 50, ma quelli relativi, ovvero +50 e –50, ottenendo ovviamente 0. Ma sei scemo?! Ma che cazzo di gioco a somma zero!? Praticamente “positivo” diventa “ciò che esiste” e “negativo” si trasforma in un ipotetico “ciò che non esiste”: sottraendo il secondo al primo otteniamo il nulla, come se il negativo fosse una sorta di buco nero che assorbe e annulla ciò che è esistente. Hai due magliette identiche in tutto e per tutto tranne che una è bianca e l’altra nera? Se le sommi insieme, ti ritrovi con zero magliette. Ma che cazzo stai dicendo, Stephen? L’universo non è 0, ma 100. La polarità positiva esiste? Sì, e siamo a 50. Quella negativa esiste? Sì, e siamo ad altri 50. Entrambe le polarità esistono e valgono 50 ciascuna, non è che una esiste e l’altra no e quindi quella che non esiste ha valore negativo. Perchè è questo l’assurdo della frase di Hawking. Io ho una mela e ne ho un’altra che non esiste, una “non-mela” e, per di più, la “non-mela” fa sparire la vera mela cosicchè rimango lì a morire di fame senza aver capito come sono stato fregato. Puf! Mela sparita, assorbita dal suo equivalente negativo. “Gioco a somma zero”…

L’universo è fatto di entrambe le polarità: vanno sommate, non sottratte, altrimenti non esisterebbe nulla. Ma i Ph.D a cosa cazzo ti servono, Stephen? In sostanza stai negando in toto l’esistenza. Stai dicendo, giusto per fare un esempio, che tu stesso non esisti. Non è così: l’esistenza ha valori assoluti, non può essere negativa, non si può fare –50, non si può prendere un pezzo di realtà e considerarlo non-reale o inesistente. E ti dirò di più, caro il mio Hawking: l'universo non è mai nato, è sempre esistito. Al limite sono nate le leggi che "lo governano", tempo e spazio in primis. Ma anche il tempo e lo spazio non sono sorti dal nulla, sono solamente apparsi da "un altro luogo" e "un altro tempo" ma sono sempre esistiti. È un'idea diventata reale, manifestatasi a livello effettivo, chiamiamolo fisico. Che poi ci sia o meno stato il Big Bang, il Little Stukazz o un fragoroso rutto poco importa: l’universo “era già” qui e tramite Quelleventolì si è semplicemente reso manifesto. So che è un qualcosa di inimmaginabile e impensabile ed è per questo che suona bene, perché va oltre la mente, oltre il concetto di tempo e di spazio. (Dire che è “sempre” esistito è un esempio di approssimazione della realtà, perchè “sempre” indica comunque un tempo. Ma il soggetto di quel “sempre” è fuori dal tempo. La nostra mente non riesce a concepirlo e quindi approssimiamo, ma non è veramente così: è un’approssimazione. Capite cosa intendo quando dico e ripeto mille volte circa l’impossibilità di spiegare la realtà tramite le parole, e quindi tramite la mente?)

Oggi ho messo su Google “tempo prima del big bang stephen hawking” e ho trovato un articolo de “La Repubblica” per il lancio di un libro dello scienziologo intitolato “The Grand Design”. Riporto un passaggio:

“L'universo ha bisogno di un Creatore? "No". La perentoria risposta arriva dal professor Stephen Hawking, l'astrofisico più famoso del mondo, considerato da molti l'erede di Newton. [ok ridete pure, ndM] […] anziché essere un evento improbabile, spiegabile soltanto con un intervento divino, il Big Bang fu "una conseguenza inevitabile delle leggi della fisica". Scrive Hawking: "Poiché esiste una legge come la gravità, l'universo può essersi e si è creato da solo, dal niente. La creazione spontanea è la ragione per cui c'è qualcosa invece del nulla, il motivo per cui esiste l'universo, per cui esistiamo noi".”

Sempre più scienziologo, Steph. Allora: il Big Bang nasce dal nulla, fuori dal tempo e dallo spazio. Dal nulla, proprio. PERO’ fu “una CONSEGUENZA inevitabile”. Ma conseguenza de che, se c’era il nulla? Ah aspetta, mò ce lo dice: “’delle leggi della fisica’. Scrive Hawking: “Poichè esiste una legge come la gravità,…”’ eccetera eccetera. Ma dove esiste, ‘sta legge? Nel nulla? Cazzo, lo dici tu stesso: “si è creato da solo, dal niente”. Beh, non è proprio “niente niente”: c’erano delle leggi della fisica qua e là, così per caso. Stephen smettila, per favore. Rompete tanto le palle, tu e tuoi colleghi scienziologi, su come la religione sia frutto della totale ignoranza e blabla simile e poi te ne esci con sparate clamorose altrettanto farlocche? Dai, su! Almeno con la religione l’errore più grave è di interpretazione, non strettamente di contenuto, e quindi si può ovviare cercando di interpretare le informazioni in modo diverso: ma la scienza non ammette interpretazioni e se c’è un errore, lì rimane, non c’è scampo.

Il nulla assoluto, lo zero, non esiste, caro Hawking. Se esistesse non potrebbe esserci esperienza, non ci sarebbe niente. Se esistesse, tra l’altro, contraddirebbe sè stesso perchè significherebbe che un qualcosa nonostante tutto esiste: il nulla, appunto. E’ la stessa base sulla quale, ad esempio, il fatto di non prendere una decisione in un dato momento è esso stesso una decisione: scelgo di non scegliere. Ma scelgo, non è che non scelgo. Ed è lo stesso motivo per cui non esiste il male assoluto, l’equivalente del nulla, la negazione dell’esistenza stessa. D’altro canto esiste il bene assoluto, il 100, l’amore incondizionato, la sublimazione dell’esistenza stessa, la contemplazione e comprensione della vita nella sua totalità e la fusione completa con essa.

Questo esiste, Stephen. Scienziati, non scienziologi.

P.S.: il termine “scienziologo” lo si deve a Troy McClure in uno dei suoi memorabili documentari ne “I Simpson”. Purtroppo il video dal Tubo è abbastanza scadente ma è l’unico disponibile…

15 luglio 2013

Al momento, siamo tutti malati

Settimana scorsa stavo scrivendo un post, lungo e pieno di parole veicolanti bei concetti non necessariamente collegati logicamente tra di loro. Poi l’ho lasciato lì (lo pubblicherò più avanti), principalmente per due motivi: il primo è che dovevo studiare di brutto per un esame e quindi ero “distratto” da altro; il secondo riguarda la mia sfera più personale e la presa di consapevolezza, tramite un mio amico (grazie), del mio predicare bene e razzolare male in campo “spirituale”. Infatti io parlo sempre di “trascendere la mente”, “andare oltre il dialogo interiore e smetterla di identificarcisi” ma mai come venerdì scorso mi sono accorto di quanto sia intrappolato io stesso in quei balordi blocchi mentali. Al che è sorta la considerazione del predicare bene e razzolare male: dò consigli, cerco di far superare i problemi, parlo di concetti “alti” per stimolare un po’ l’intelletto, per provare a dare più senso alle cose, per vedere il mondo sotto un’ottica diversa, e poi sono proprio io il primo a rimanere incastrato tra mille casini interiori, a non applicare quegli stessi concetti che vado divulgando o ad applicarli (evidentemente) male. Sembrerebbe che io sia il primo a non credere a ciò che penso/dico/scrivo, ma non è così (cazzo): ci credo, lo so, ho sentito qualcosa di straordinario, un paio di volte (una e due), e non lo posso ignorare. Mi dispiace battere sempre sul tasto delle due esperienze di espansione della consapevolezza, probabilmente ne avrete piene le balle e vi capisco, perchè non avete provato quello che ho provato io, ma non posso farne a meno, mi danno troppi spunti e devo metterli nero su bianco.

Credo di aver capito perchè, nonostante le tante belle parole e la mia forte “fede” in esse, io continui a razzolare male. Per due volte ho avuto l’occasione di guardare in faccia il sole e l’ho visto, o quantomeno intravisto, nella sua magnificenza e nel suo splendore fuori dal mondo: i suoi caldi e amorevoli raggi mi hanno passato da parte a parte come fossi trasparente e sottile e per un attimo la sua forza è stata la mia, e la mia è stata la sua, fino alla scomparsa totale della separazione tra noi. Poi, passato “mezzogiorno”, ha iniziato la sua fase discendente ed ora è tornata la notte con le sue tante stelle luminose lassù, lontane, ad indicare la comunque perenne presenza di luce nel nostro cosmo. Non vedo più il sole, non ce l’ho più davanti al naso, eppure ora so che c’è e so anche che, prima o poi, tornerà a splendere nel mio corpo, sorgerà all’alba, arriverà in un nuovo “mezzogiorno” e calerà un’altra volta facendo tornare la notte e le sue brillanti stelle.

E’ proprio questo il punto: non vedo più il sole. Provo a usare un po’ di vocabolari diversi ma equivalenti: non sento più l’unione con Dio (o con l’Infinito); la mia consapevolezza è diminuita ed è tornata ai livelli “standard”; la mia vibrazione è rallentata, è più densa; non c’è più il distacco, la disidentificazione; non c’è più l’osservazione; non sento più l’amore incondizionato; non sono più in Paradiso; sono tornato a sentirmi una goccia separata dall’oceano. Scegliete la versione che più vi aggrada, ma il concetto è esattamente lo stesso. Provo a spiegarmi col vocabolario a me più congeniale.

Per un attimo, un breve attimo, io e Dio siamo stati una cosa sola, fusi perfettamente insieme. E quando dico “attimo” intendo proprio “attimo”, una roba di pochissimi secondi a star larghi. La mia vibrazione è aumentata tantissimo: la mia consapevolezza ha subìto un’esplosione potentissima e all’improvviso tutto ciò che era lì, reale ed esistente era questo straordinario amore incondizionato verso tutto e tutti. Basta, non c’era altro: niente problemi, niente pippe mentali, niente dialogo interiore, niente odio, NIENTE. Passato questo attimo di perfetta fusione, sono tornato a sentire, a percepire. Cosa significa? Che la fusione è finita: ora c’è un qualcosa che “parla” e un qualcosa che “ascolta”. Per tutta la settimana successiva a quell’attimo, c’ero io e c’era Dio: io “ascoltavo” determinate sensazioni provenienti da un altro “luogo”, da un altro livello dell’essere. Si era ricreata la separazione, la divisione “io e il resto”, “io e la vita”. Dopodichè, col tempo, è anche scemata sensibilmente la limpidezza del “canale”, per cui il semplice “ascoltare” è diventato estremamente più complicato.

Chiariamo un fatto importante: la separazione c’è e non c’è. Tutti noi siamo contemporaneamente tante entità individualizzate e uno col tutto: tante manifestazioni dell’essere, diverse dalle altre, ma un tutt’uno con loro (e con tutto il resto). La differenza la fa la consapevolezza: ci sono momenti (quasi sempre) nei quali il nostro livello di consapevolezza è più basso e ci sentiamo… beh, come ci sentiamo di solito, piccoli, incasinati, divisi, in cerca di concetti fumosi, identificati con chissà cosa e chissà chi, pesanti; ci sono altri momenti (rari) nei quali la consapevolezza cresce, nei quali la vibrazione aumenta, e ci sentiamo più centrati, più presenti, più amorevoli, più leggeri, meno oppressi dai pensieri e dai problemi, più in sintonia con gli altri e col resto del mondo e della natura, come fossimo innamorati. Si può essere consapevoli soltanto di ciò che già c’è: quindi, se per la maggior parte del tempo siamo consapevoli di essere individui separati da tutto e tutti, a volte capita di avvertire il dissolvimento di questa separazione in una fusione dei due poli (dentro-fuori, positivo-negativo eccetera). Entrambe le realtà sono vere e le sperimentiamo alternativamente in base al nostro livello di consapevolezza.

Il livello massimo è la perfetta fusione con tutto il resto, il punto in cui chi “parla” e chi “ascolta” sono la stessa cosa, lo stesso essere, indistinguibile (l’archetipo cristico). Ecco che allora cessa, ad esempio, il dialogo interiore ed emerge il silenzio. Bisogna capire una cosa: il dialogo interiore non è la malattia, ma il sintomo. Non è “colpa” del dialogo interiore se non si riesce a sentirsi uniti a Dio, serve come spia di un problema, esattamente come la fronte calda quando siamo ammalati. Ho usato termini forti come “malattia”, “colpa” e “problema” ma non attaccatevi troppo alle parole e alla loro gravità. Lo avevo già scritto un’altra volta, quando dicevo del big bang: nel momento stesso in cui percepiamo “noi stessi” (qualsiasi cosa intendiamo con questa espressione) stiamo già vivendo nel passato, un attimo infinitesimale dopo la creazione. Non percepiamo il momento esatto della creazione, ma il creato, ciò che già è stato reso possibile in ogni istante. Quello che percepiamo è una conseguenza, un sintomo, non è la malattia, non è l’origine del problema. Se di problema si può parlare, tra l’altro…

Come si relaziona tutto questo col mio “predicare bene e razzolare male”? Facile. Non essendo più al livello di consapevolezza della, chiamiamola, “fusione infinita”, significa che sono nel livello “dei casini” o “del caos”, ovvero è notte e non sento più i raggi del sole scaldarmi il corpo ma, nonostante tutto, so per certo dell’esistenza del sole e so che prima o poi mi illuminerà di nuovo (la mia consapevolezza si espanderà ancora), tirandomi fuori dal caos e portandomi al punto da rendere senza senso parlare di un “me” come se fosse separato dal resto. E’ la fusione “narratore-ascoltatore”. Fino a quel momento, la mia vibrazione sarà bassa, lenta, pesante, superficiale e la manifestazione di questa condizione saranno le pippe mentali, i blocchi, il nervosismo, il dialogo interiore eccetera. Ma non significa che io non creda in quello che dico: è solo che non ne sento l’esperienza in questo momento. Quando andate a letto (se ci andate prima dell’alba, scapestrati mattacchioni che non siete altro) il sole non lo vedete, ma non significa che non ci sia. Anzi, sapete perfettamente della sua esistenza, così come siete consapevoli del suo ritorno di mattina. Ecco, nel campo del “sole interiore” si potrebbe definire “fede”.

In questo momento sono “vittima” dell’Ingannatore che, incidentalmente, corrisponde a quel qualcosa col quale mi identifico normalmente: sono all’inferno (o quantomeno nel purgatorio), nelle vibrazioni più basse, con una consapevolezza più bassa, più superficiale. Come faccio a saperlo? Perchè non sento quella profondità d’essere che ho provato in quell’attimo (o quegli attimi, visto che è successo due volte) di fusione infinita. C’è un “falso me”, presente soltanto in ogni istante vissuto a bassa vibrazione, e un “vero me”, sempre vivente sia a basse che ad alte vibrazioni ma percepibile solo attraverso queste ultime. Così si capisce meglio cosa si nasconde dietro il concetto di “Satana” e cosa intendesse dire Gesù quando, in Matteo 16,24 afferma: “Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”, oppure il famoso “Perdonali, Padre, perchè non sanno quello che fanno”.

Capitelo anche voi perchè vi può aiutare: per il 99% del tempo siete dei demoni, non riuscite a percepire il vostro vero essere (che poi è l’Essere in generale, vista la fusione infinita) per via del basso livello di consapevolezza, ma non significa che quello stato dell’essere non esista o che voi non siate già quella roba lì. E’ solo che non lo sentite

Ora torno ai miei blocchi e alle mie pippe mentali, i catalizzatori e strumenti utili all’evoluzione, destinati a sparire non appena esauriranno il compito. Voi tornate ai vostri e buon divertimento. E quando vedete un’altra persona comportarsi in una “qualche maniera”, ricordatevi che è malata esattamente come noi. Invece di sbraitarle addosso le vostre frustrazioni, offenderla e odiarla, fate così.

Abbraccio

29 giugno 2013

Orgone che non sei altro

(tratto da LuogoComune.net)

Wilhelm Reich e la scoperta dell’”orgone”

In un thread recente si è parlato di Wilhelm Reich. Alcuni sostenevano che fosse un genio, altri che fosse un ciarlatano.
Purtroppo non abbiamo elementi a sufficienza per poter affermare con certezza nè l'una nè l'altra cosa. Ma forse è proprio dalla mancanza di questi elementi che possiamo trarre comunque delle conclusioni.

(Questo è il capitolo su Wilhelm Reich che compariva nella prima versione del film "Cancro le cure proibite". Fu poi rimosso per motivi di lunghezza).

13 giugno 2013

Quando l’uomo smise di vedere la magia

L’umanità è troppo forte. Si crogiola nella sua presunta sapienza sulle “cose” dell’universo e ancor più su quelle del mondo senza accorgersi dell’immensa trave di ignoranza conficcata nel suo occhio. Un paio di mesi mi chiedevo, a titolo d’esempio, perchè la gravità sia come è, sottolineando come la scienza, alla prova dei fatti, non comprenda effettivamente il funzionamento di tale forza (e di tutte le altre) ma si limiti soltanto a descriverne gli effetti esteriori. Aveva ragione il mio prof di fisica generale. In realtà non era propriamente il prof del mio corso, ma un altro venuto ad aiutare il suo collega per l’esame orale. Durante la mia interrogazione, dalla quale dovevo ricavare solo 1 punto per avere la sufficienza totale all’esame, mi chiese di spiegargli la legge di gravitazione universale e io gli recitai la formuletta, aggiungendo qualche parola per descrivere cosa indicassero i vari fattori. Al che lui mi interruppe e mi chiese: “Ma perchè è così?” Gelo totale. Ma come “perchè”? Cosa vuol dire? “In che senso?”, dissi. “Perchè è così, da dove viene questa formula?” Abbozzai una risposta. Più che altro ripetei all’incirca quello che avevo detto trenta secondi prima. No, non era la risposta giusta. Alla fine risolse lui l’imbarazzante arcano con una spiegazione che onestamente non ricordo, comunque era sempre un modo diverso di dire ciò che gli avevo già esposto io. Risultato: bocciato. Madonne e santi del calendario a nastro, terremoti e tempeste in Paradiso, muri spaccati a testate, bambini mangiati: insomma, non la presi troppo bene e le maledizioni lanciate al canuto bastardo avranno sicuramente fatto contento Satana.

Ora, a 5 anni di distanza, cazzo aveva ragione lui: perchè la gravità è così? La sua fu una risposta scientifica classica, quindi elusiva della questione e non risolutiva, ma la domanda fu quanto mai azzeccata.

Eppure abbiamo questa “cosa” davanti agli occhi tutti i giorni. Non ne conosciamo il funzionamento vero, men che meno il motivo per il quale è fatta così, ma nonostante ciò la consideriamo assolutamente normale, banale, ripetitiva, noiosa e ci sorvoliamo bellamente sopra invece di restarne esterrefatti e in contemplazione. E’ una magia, per noi, in quanto non ne comprendiamo il trucco ma, invece di restare a bocca aperta alla vista dello straordinario numero del “mago”, facciamo spallucce (quando va bene) e andiamo avanti come niente fosse, tronfi delle nostre (iper-superficiali) conoscenze.

Ecco il momento nel quale l’uomo ha iniziato a fare casini: quando ha smesso di entusiasmarsi dell’intima comprensione della natura, del mondo e dell’universo e ha invece iniziato ad analizzare, etichettare, spiegare mentalmente; quando ha smesso di essere un bambino (ricordate “lasciate che i bambini vengano a me”? Non fermatevi alle parole, provate a capirle); quando, non ho idea del come, ha cominciato a non comprendere più interiormente la magia dell’esistenza, sua personale e di tutto il resto; quando ha cominciato a parlare a vanvera di quante ne sapesse e, più in generale, quando ha cominciato ad attaccarsi troppo ai concetti, da Dio in giù. Un attaccamento quasi ossessivo, che ha portato alla perdita del vero significato nascosto nei concetti stessi. E’ come quando ripetete una parola decine di volte in pochi secondi: alla fine quella parola sembra perdere di senso, la dite ma non riuscite a richiamare il significato che fino a un attimo prima esprimeva chiaramente. Si è iniziato a dire “Quello lì accade perchè Dio, o gli Dei o vattelapesca, vogliono così”. Poi, come tutte le cose mentali, la cieca spiegazione divina ha stufato: ecco allora sorgere quella ancora più incasinata, quella scientifica moderna e contemporanea sempre più.

Quando un giovane nuovo arrivato nella comunità, parecchi millenni fa, chiese il perchè della natura fatta in questo modo a un membro più saggio di lui, questo avrebbe dovuto guardarlo negli occhi, invitarlo a sedergli accanto e, con un gesto della mano, portare la sua attenzione sull’immenso panorama di fronte a sè. E stop. Niente parole, solo silenzio, solo contemplazione. Invece no: quel cretino lo fece sì sedere, ma poi iniziò a rompere il cazzo con la sua saccenza, cominciò a dirgli che quella tal cosa è così per questo, questo e quest’altro motivo e gli descrisse così il mondo intero, non capendo l’impossibilità di descrivere a parole la Realtà con la “ R” maiuscola. Magari lui aveva pure la comprensione della natura ma, nel momento in cui la si esprime a parole, la si sta limitando pesantemente e la conoscenza che arriva all’altra persona è estremamente parziale. In più, il “ricevente” opererà delle interpretazioni personali di quelle parole, distorcendo maggiormente il messaggio originario. Il giovane, naturalmente, capì a modo suo, superficiale e pure distorto: ma credette di aver compreso esattamente il messaggio. Così andò predicando parole vuote agli altri, fino a che la realtà non fu più compresa ma solamente descritta. In quel momento sparì la magia, l’incanto, l’unicità delle cose, il mistero; sparirono l’osservazione (interiore in primis), il distacco, la contemplazione, la vita, la meditazione, il silenzio; nacquero nuovi concetti come “volontà di Dio”, “fede”, “giustizia divina”, “preghiera” e subito smisero di essere sinonimi dei precedenti, finendo per indicare istituzioni e dogmi inventati di sana pianta, figli degli iniziali malintesi.

Fortunatamente la vita sembra avere questa insana passione per l’auto-conoscenza e, quindi, non importa quanto a puttane possa essere il mondo e possiate essere voi stessi: avete sempre, in ogni istante, la possibilità di comprenderla (qualcuno chiama questa possibilità “amore di Dio incondizionato”). E lo capirete subito quando sarete nello stato d’essere “giusto”, quando sarete nella consapevolezza più “alta”, più “profonda”, perchè guarderete un semplice palo di ferro e ne vedrete la sua unicità, rimanendone divertiti e in ammirazione come un bambino al circo.

22 maggio 2013

La differenza tra te... e un cadavere (più aborto e eutanasia)

Oggi ero in università e stavo seguendo le parole del prof quando mi è venuto uno dei miei flash improvvisi. E il fatto che sia stato improvviso mi rassicura sulla sua autenticità.

Ero lì seduto tranquillo quando mi sono reso conto (consapevolezza) di un fatto straordinario, talmente ovvio da non destare il minimo quesito: io capisco quello che il prof sta dicendo, riesco a sentire il suono della sua voce, a interpretarlo e a dargli senso. Come è possibile? Riesco a vedere lui, le mura dell'aula, i banchi; riesco a sentire l'odore; riesco ad avvertire la sensazione fisica del contatto con lo pseudo-legno dei seggiolini e riesco a fare associazioni tra tutto questo. Ma come faccio? Perchè riesco a fare una roba simile?

Scommetto che non vi siete mai posti il quesito o, se l'avete fatto, vi siete dati una risposta mentale a una domanda mentale. A me, invece, è sorto spontaneamente come presa di coscienza e anche la risposta ha seguito un iter simile. Che culo!

La scienza non mi sa dare risposta: mi dice che è il cervello a fare il lavoraccio di tradurre impulsi ricevuti dai cinque sensi in segnali elettrici che come risultato mi danno la percezione del mondo circostante. E grazie ar cazzo, ma non mi hai risposto: mi hai solo descritto superficialmente cosa accade a livello esteriore, ma io non ho chiesto ciò: ho chiesto il perchè, l'origine di tutto. Se fosse precisamente come mi dice la scienza, allora perchè un morto non ce la fa? Eppure il cervello è lì, il cuore è lì, le mani, gli occhi, le orecchie, è tutto lì esattamente come nel vivo. Ma è morto. E non capisce una mazza. Quindi è evidente che l'origine del processo di comprensione/percezione del mondo circostante non è il cervello, se no ce la farebbe anche il cadavere.

E allora 'ndo sta? Sta nella differenza tra il cadavere e il vivo: la vita. E' la risposta alla grande domanda "chi siamo?": la vita. Chiamatela "vita", "coscienza", "consapevolezza" o come più vi aggrada. E' quella roba lì, indefinibile, indescrivibile, che porta il movimento in un universo altrimenti immobile. La materia organica in sè e per sè sarebbe morta se non ci fosse un qualcosa che la muovesse. Il tuo corpo sarebbe morto se non ci fossi tu a muoverlo.

Per questo la scienza odierna non spiega niente di niente, ma si limita a descrivere la superficie delle cose e di come accadono, senza andare ad indagare davvero alla radice. La scienza odierna non ci fa capire il perchè delle cose, non c'è niente da fare. Perchè la gravità è così? Con la formula fisica mi ci posso pulire il deretano, non ho chiesto la formuletta da scuola media: semmai ho chiesto perchè quei fattori dell'equazione sono lì così, perchè la gravità funziona così, perchè esiste ed esiste in questo modo. Non sto dicendo che la scienza spari solo vaccate, assolutamente no: dico che spaccia per verità finale e spiegazione ultima delle semplici descrizioni superficiali basati sull'osservazione esteriore del mondo fisico. Ma 'sto mondo fisico perchè è così?

Tornando alla faccenda "vita-cadavere", facciamo un salto e risolviamo una volta per tutte questa piaga psico-sociale della discussione feroce sull'eutanasia e sull'aborto. Così, a gamba tesa. Premetto subito che, secondo me, ognuno deve essere lasciato libero di prendere la decisione più adatta alla sua condizione. Non ritengo giusta la prepotenza ad obbligare tutti a seguire solo una strada, per di più considerata giusta da quattro stronzi e basta. Sei contro l'aborto? Benissimo, affari tuoi, rispetto la tua posizione ma non puoi pretendere che anche tutti gli altri debbano essere obbligati a non poter abortire. Idem per l'eutanasia.

Perfetto, ora il succo. Tutto nasce da un eeenorme equivoco riassumibile nell'espressione "perdere la vita". Concetto sensato se la vedi con gli occhi scientifici. Quegli stessi occhi ciechi che pongono l'origine della percezione nel cervello (e che magari usano pure il termine "mente" come sinonimo...). Ma l'origine della percezione, come detto sopra, non è quell'ammasso rosa e bitorzoluto nella testa, bensì è nella vita. E' quella roba lì, residente nel corpo e sua animatrice ("anima", "animare"). Sei tu, l'origine. Ergo, non sei tu a "perdere la vita": è il corpo che la perde. Tu non puoi "perdere la vita" perchè TU SEI LA VITA STESSA. Non si può morire! La "morte" è assenza di vita. La "morte" è assenza di te: un cadavere è un corpo svuotato di quella cosa che permette al cuore di battere, al cervello di interpretare, alle mani di toccare, al naso di annusare, alle orecchie di sentire e via dicendo.

Capite l'intelligenza sottostante tutto questo? Come fa il cuore a sapere cosa fare? Chi gli dice di battere? E di battere a un certo ritmo quando si è rilassati e a un altro quando si è sotto sforzo? Come fa un pero a sapere di dover generare solo pere? Ma dove cazzo è la scienza?!

Stesso discorso per l'aborto: il bambino non muore perchè non è mai nato. Il corpo sì che muore perchè il corpo è nato e si è sviluppato, ma chi lo abita e lo anima no. Poi non lo so cosa succede alla scintilla di vita una volta fuori dal corpo, ma quella scintilla non muore, non può morire, è impossibile.

E poi ci sarebbe da dire verso chi tira in ballo il volere di Dio. "Se abortisci stai andando contro il volere di Dio", "Solo Dio può togliere la vita". A parte la presunzione irritante di queste persone, portavoce del "volere di Dio" come se potessero conoscerlo. Oltre a ciò, c'è anche la tendenza ad attribuire a Dio tutto il bene che accade e a qualcun altro (all'uomo) tutto il male. Per cui un bambino che nasce è il volere di Dio; un aborto è volere dell'uomo. Cioè, sono gli stessi tronfi dell'infallibilità, dell'onnipresenza e onniscenza divina, ma ci sono dei casi per cui "accidenti, eh no qua non è Dio ma sei tu, è Satana, è stocazzo". Volete sapere qual è il "volere di Dio"? Tutto ciò che accade. Punto. Per il semplice fatto di accadere, quell'evento, dal più minuscolo al più gigantesco, è espressione della volontà di Dio. Altrimenti non accadrebbe. Semplice. Il "volere di Dio" non lo si può conoscere: lo si vive.

Non è difficile intuire che l'intera questione dell'aborto, così come quella dell'eutanasia, siano estremamente gonfiate ed esageratamente importanti: gente paonazza di rabbia, con vene emergenti da fronte e collo e bava alla bocca, dannandosi l'anima senza avere nemmeno il sospetto che le basi stesse del discorso siano errate. Chiesa e politica e le istituzioni in generale vogliono farti venire al mondo (non nascere, "venire al mondo") anche se con tutta probabilità vivrai nella miseria e nella merda, o farti stare qui anche da vegetale. Poi, per carità, capisco totalmente i parenti e i cari di chi magari, nel pieno delle sue facoltà, ha chiesto. in caso si verificassero determinate condizioni, di essere lasciato andare. Questo è un discorso diverso e quelle persone hanno tutto il mio rispetto.

Oh, e tutto è partito da un flash in università...