Sicuramente arrivo tardi nella carovana luccicante degli auguri di fine anno, ma il mio è il più bello, tiè!
Continuo con il “filone” dell’anno scorso e vi porto alla scoperta dell’infinito tramite questo illuminante racconto.
Buona lettura e buon anno!
(il titolo dell’articolo può trarre in inganno…)
(tratto da AltroGiornale.org)
L’esperienza pre-morte
di Alessandro De Angelis
Questa è la descrizione dell’esperienza di una persona comune che a distanza di trenta anni da ciò che accadde ha ancora dentro la mente un sola domanda che lo tormenta: perché?! Perché ho potuto o mi è stato permesso di vedere e vivere quest’episodio che ha sconvolto la mia vita, nonostante i continui processi mediativi che ho con essa, cercando molte volte di poterla rimuovere o sotterrare per non cadere in conflittualità con una vita normale, e soprattutto è giusto portarmela nella tomba solo per me senza trasmetterla ad altri?
In realtà quello che mi ha frenato è il pensiero per la spiacevolezza di essere preso per visionario, bugiardo, megalomane, pazzo o quant’altro di degradante ci possa essere, ma al di là del personale, che si risolve con l’anonimato, mi ha frenato anche la non credibilità al fatto che io abbia vissuto questa esperienza senza poter portare nessuna prova empirica e concreta di ciò che vi narrerò. Ma alla fine ho superato questa barriera convincendomi del fatto che crederci o no sia marginale, rispetto alle nuove aperture e riflessioni mentali che essa vi susciterà, a patto che leggiate senza preclusioni, preconcetti o paure di sorta che inevitabilmente vi attanaglieranno per gli argomenti trattati.
Vorrei partire subito con il racconto di quel che mi successe all’età di diciassette anni, quando ancora ero un “ragazzo normale”, di ceto medio, studente alle scuole superiori, intellettualmente ed emotivamente nella norma come tanti di voi. A quell’età al di là dei giochi e delle amicizie normali con i miei coetanei non è che avessi molti hobby a parte una “fissa” che mi era venuta e cioè l’apnea. L’apnea consiste nel trattenere il respiro il più a lungo possibile dopo aver adeguatamente ventilato i polmoni, al fine di immagazzinare negli alveoli la maggior quantità di aria e quindi di ossigeno per poi vedere quanti secondi riuscivo a trattenere il fiato e successivamente, volta dopo volta, cercare di resistere sempre di più per vedere il mio limite e cercare di abbatterlo continuamente.
Questo avvenne quando da bambino andavo ogni anno al mare con i miei genitori i quali prendevano una casa in affitto per un intero mese e la mia passione era quella di nuotare; e, una volta che mi comprarono una maschera senza boccaglio, cominciai ad andare sott’acqua cercando di rimanere in immersione il più a lungo possibile. Finito il mese di villeggiatura ricordo che per continuare quest’apnea mi mettevo disteso sul letto, di tanto in tanto, con un orologio al polso dotato di lancetta conta secondi e con lo sguardo posato su di essa cominciavo a trattenere il respiro per vedere quanto tempo potevo resistere. Ricordo che le prime volte superavo a stento il minuto, poi con il passare del tempo ed il continuo di questa pratica, aumentai sempre di più il mio limite fino a portarlo all’estremo di due minuti. Una volta arrivai a due minuti e dieci secondi, a parte quel giorno. Era un pomeriggio come un altro, pioveva ed io non avevo voglia di continuare a studiare, o perlomeno volevo prendermi una pausa, mi distesi sul letto e partii con una determinazione enorme per poter valicare il mio record personale.
Così dopo aver effettuato l’iperventilazione cominciai una nuova apnea, immersi la maggior quantità di aria possibile nei polmoni fino a che li sentii espandersi fino a provocarmi dolore, e via con lo sguardo fisso sull’orologio che effettuò il primo giro di un minuto. Un minuto e trenta secondi: e qui iniziò la prima crisi dove ti viene voglia di lasciar perdere, espellere l’aria e riprendere a respirare normalmente. Ma dovevo battere il mio record e, arrivato a due minuti, sentii il cuore che batteva sempre più velocemente aumentando l’intensità di contrazione fin quasi a sentirlo in gola. Ormai ero allo spasimo, ma decisi di metterci tutto me stesso e di andare avanti per battere il mio record di almeno dieci secondi, portandolo così a due minuti e venti.
Bene, in quegli attimi il tempo sembrava dilatarsi sempre più ed i secondi trasformarsi in un’eternità.
Stavo ormai per espellere l’aria quando improvvisamente sentii sparire quello stimolo e fui preso da un senso di euforia constatando che potevo andare avanti senza problemi, e così feci. Ma a due minuti e cinquanta secondi avvertii distintamente il cessare del mio battito cardiaco, e senza alcuno spavento pensai: “hey, mi si è fermato il cuore”; un attimo e mi ritrovai al di sotto del soffitto della camera, e dell’alto potei vedere distintamente tutti i suoi mobili, il letto ed il mio corpo su di esso disteso, con gli occhi aperti e lo sguardo verso l’orologio, e pensai: “che bello!”. Mi sentii per la prima volta libero e senza paure, libero con la consapevolezza che quel corpo altri non era che una gabbia che aveva imprigionato il vero me stesso; e la nuova realtà di non averlo più era così sublime che tutte le sensazioni migliori che potremmo conoscere in vita, sommate insieme in intensità, non avrebbero potuto rappresentare altro che un granello di sabbia nel deserto a paragone dello stato di benessere che stavo vivendo. Improvvisamente sopra di me vidi comparire od aprirsi un tunnel da cui venni risucchiato, quasi senza rendermene conto.
E via su, dentro di esso, sempre più velocemente e vorticosamente mentre sentivo intorno a me altre presenze. Ricordo che esso era di un colore simile alle crema del gelato e vidi che alla sua fine, in lontananza, c’era una luce che diventava sempre più forte ed intensa. Più mi avvicinavo ad essa e maggiore era la sensazione di gioia e benessere che provavo, così come la voglia di raggiungerla il prima possibile. Improvvisamente si ruppe o si aprì un varco nel tunnel e sentii una o più forze che mi spinsero lì, ed io non avevo la forza o la capacità di oppormi.
Mi trovai così fuori dal tunnel, avvolto in un nero così intenso e profondo da avermi dato la sensazione che mi sarei potuto disperdere in esso con la conseguente morte di me come energia vitale. In quel buio senza confini di spazio, in quanto privo di materia, fui assalito da un senso di paura ed angoscia indescrivibili. Ricordo che lanciai un grosso urlo di disperazione dentro me stesso, quando mi sentii subito afferrato dalle entità che mi avevano spinto lì fuori come se avessero formato una lunga catena tra loro.
Mi tranquillizzai e fui invitato a vedere. Ed io vidi. Cosa? Tutto. Vidi distintamente quella fonte di energia (la stessa che da dentro il tunnel vedevo alla sua fine) in tutta la sua interezza. Era viva, pulsante e vibrante, collegata in una diversa dimensione da quella della materia agli universi che interagivano con essa. Percepii tutto l’attraversamento di questa energia, fu come se potessi passargli dentro assaporandone tutte le sensazioni intrinseche fino a viverle e comprenderle, mi sentii come aprire una memoria che si era persa dal momento della mia nascita e dall’entrata della mia energia vitale dentro il mio corpo.
Continuai questo “viaggio” fin dentro gli universi, dal macrocosmo fino al microcosmo nei meandri infinitesimali della materia. Io ho parlato di viaggio, in realtà non saprei se sia stato un flash, un millisecondo, un riappropriarsi della memoria perduta od altro, ma la concezione del tempo non era certamente uguale a quella che percepiamo noi qui con la materia. Pensate ad un malato in coma che improvvisamente si sveglia dopo anni da un incidente e ricorda tutta la vita precedente ad esso. Bene, per me fu così. Capì o ricordai la realtà, il perché della nascita in un corpo, da dove provenivo e dove sarei andato dopo la mia morte corporea. Nulla aveva più segreti, ma sapeste quant’è difficile spiegare in termini di dimensioni tridimensionali e di materia (mondo in cui tutti viviamo) che ci porta a pensare ed a vedere in questi termini solamente altre dimensioni completamente diverse dalla nostra, se non adimensionali in quanto prive di materia.
Volendo provare a fare questo sforzo, è quindi obbligatorio fare esempi che portino a pensare alle tre dimensioni (più il tempo) che noi viviamo e percepiamo. Quella fonte di energia che chiamiamo Dio era costituita da luce e vibrazione, luce bianca di un’intensità e qualità non riscontrabile nel nostro mondo. Nella sua parte più esterna vibrava in maniera quasi impercettibile, ma era palpabilissimo il senso di quiete, benessere e felicità che l’essere in esso estrinsecava. Ora questo sopra descritto, non essendo composto di materia, diciamo, per nostra comodità, per meglio poter capire a livello tridimensionale, che è come un globo collegato alla dimensione della materia con gli universi esistenti tramite questi tunnel che interagiscono tra le due diverse dimensioni, prendendo energia che dai corpi di tutte le più disparate specie viventi viene espulsa alla loro morte per rispedirle nel globo energetico. Quest’ultima una volta raggiunto il “globo energetico” viene a trovarsi nella sua parte di esterna dove si ha un senso di quiete e benessere dovuto ad una vibrazione a bassa intensità che lo caratterizza, per andare progressivamente sempre più al suo interno grazie alla continua quantità di energia che arriva incessantemente nella parte esterna da altre energie di corpi-materia che hanno concluso il loro ciclo spingendo all’interno quella che vi era prima giunta.
Con l’avanzamento all’interno del globo, si va incontro ad un progressivo e costante aumento della frequenza di vibrazione che provoca in maniera direttamente proporzionale l’aumento della percezione del piacere, fino a che si raggiunge il nucleo centrale della struttura energetica, dove le vibrazioni arrivano alla massima frequenza facendo fondere per poi riamalgamare una quantità “X” delle singole unità energetiche (come tante piccole palline di mercurio che si trovano improvvisamente a contatto tra loro diventando un tutt’uno con le altre) che implodono per poi esplodere violentemente (ed è qui che si prova il massimo dell’orgasmo del piacere), attraversando il globo in tutte le sue direzioni per poi riuscire da esso in singole unità energetiche che entrano nei feti delle varie specie viventi di tutti gli “universi circostanti”. Nel contempo l’altra energia che costituisce il globo, prova e trae anch’essa piacere nell’essere e nel sentirsi attraversata dalle violente esplosioni che avvengono nel nucleo. Per farvi meglio capire si può trovare una similitudine con le stelle che, attraverso le esplosioni che avvengono nel loro nucleo, espellono tramite lunghe lingue di fuoco parte della loro materia distribuendola poi nello spazio circostante.
Per quanto riguarda gli universi, con il trascorrere del tempo la quantità di materia che li formano, risucchiata dai buchi neri, diminuisce ogni qualvolta si scontrano tra loro galassie che ospitano al loro centro degli enormi buchi neri massivi, quieti ed inermi fino all’impatto delle galassie. Difatti quando queste entrano in collisione i buchi neri che sono al loro interno si fondono in uno unico più grande che si riattiva assorbendo moltissima materia delle due galassie per poi ridiventare inerme sino alla prossima collisone. Questa continua diminuzione di materia porta inevitabilmente alla diminuzione dei pianeti che ospitano la vita e contestualmente alla diminuzione di energia che dal globo energetico va in quell’universo. Oltre alla progressiva diminuzione della materia, che porta ad una diminuzione della forza di gravità, dopo qualche miliardo di anni dall’esplosione del Big Bang si assiste ad un’enorme accelerazione espansionale dell’universo che aumenta col tempo costantemente in maniera esponenziale, grazie all’ energia oscura che prende il sopravvento sulla forza di gravità esercitata dalla materia ordinaria ed oscura.
Alla fine l’universo (piatto con varie increspature nei suoi bordi esterni) sarà così dilatato che l’ energia oscura subirà un indebolimento e la forza gravitazionale degli ammassi galattici sarà ininfluente verso gli altri per l’enorme distanza. A quel punto la forza di gravità supererà quella dell’ energia oscura e le galassie si scontreranno tra loro formando buchi neri sempre più grandi e risucchieranno la materia e loro stessi fino alla fine dell’universo che si spegnerà gradatamente, affievolendosi fino a spegnere del tutto la sua luce come un fuoco d’artificio. Esaurita la materia, si assisterà alla contrazione di tutta l’ energia oscura dell’universo in un unico punto (come quando si spegne un vecchio televisore) per poi migrare in un altro spazio innescando un nuovo Big Bang e dando vita alla nascita di un nuovo universo. Ma, tornando alla singola unità energetica, se noi pensiamo alla mitosi cellulare dal suo inizio, e cioè quando ovulo e spermatozoo si incontrano per formare una cellula che poi inizia a moltiplicarsi per mitosi (attraverso la sua divisione) e poi differenziarsi fino al formarsi dell’embrione, questa resterebbe sempre materia inerte se ad un certo punto non entrasse in essa l’energia che la fa animare. Tutto il vissuto di questa mia esperienza è stato come l’assistere alla pellicola di un film di due ore in un secondo, riuscendo però a percepire il film per intero.
Un flash che ha riaperto la mia memoria (o almeno una parte di essa) così che la descrizione di eventi che durano miliardi di anni, si è contratta in un singolo evento temporale.
Se voi vi trovaste in un punto distante dagli universi esistenti e contraeste il tempo da miliardi di anni in pochi secondi, assistereste ad uno spettacolo pirotecnico come quello dei fuochi d’artificio, un’esplosione nello spazio che genera luce per poi diminuire d’intensità disperdendosi nello spazio fino a scomparire, seguita da altre esplosione per la nascita di altri universi. La materia dell’universo viene risucchiata, come abbiamo precedentemente detto, dai buchi neri. Essi si formano già nei primi istanti del Big Bang, ma di grandezza infinitesimale. Con il passare del tempo abbiamo detto che aumentano in numero e grandezza, ma che fine fa la materia che essi risucchiano? Dal mio “osservatorio fuori dal tunnel” ho visto che essi, nella loro parte finale erano bianchi ed espellevano la materia risucchiata trasformandola in energia (un’energia ovviamente diversa da quella che anima i corpi-materia).
Quest’energia, da vari buchi neri di vari universi, viene concentrata in un punto X di un nuovo spazio fino a che essa arriva ad un punto critico di quantità e densità che la fa vibrare sempre più velocemente fino a che implode per poi in seguito esplodere per formare un nuovo Biga Bang e quindi un nuovo universo. Come vedete c’è una similitudine tra l’esplosione del globo energetico nel suo nucleo e la formazione di universi, lo scorrere accelerato del tempo di farebbe assistere continuamente al formarsi e morire di universi. Il mio ricordo dentro il microcosmo è invece confuso, comunque non riuscirei mai a descrivere, scrivendole, le diverse dimensioni che si formano nell’infinitesimamente piccolo. È come essere dentro una busta di carta accartocciata e/o arrotolata in più punti, dove la parte più piccola della materia, o stringhe si può descrivere come un coriandolo di carnevale, che si chiama stella filante, arrotolata su se stessa e che srotolandosi si allunga a dismisura aumentando la sua vibrazione in maniera proporzionale al suo allungamento.
Dopo aver riaperto la mia memoria, mi sono sentito tirare violentemente dentro il tunnel e ricordo che volevo andare verso la luce, ma sentii una voce che mi disse: “sei troppo giovane per morire adesso”, e come per darmi conforto vidi l’immagine del dolore di mio padre e mia madre nel trovarmi morto nel letto. Mi sentii tirare giù nel tunnel ed in un attimo mi ritrovai dentro il corpo, gettai l’aria fuori dai polmoni, feci un nuovo respiro e sentii il mio cuore che riprese a battere. Ero sconcertato, non sapevo se essere felice per ciò che avevo visto, provato e vissuto, o infelice per essere rientrato nel corpo senza aver raggiunto la luce. Eppure avevo avuto una risposta a tutti i quesiti che da sempre assillano l’uomo: chi sono; da dove vengo; dove andrò dopo la morte; se mi sto illudendo che sopravvivrò ad essa o se con la morte del corpo cessa tutto definitivamente. No, non mi bastava aver dato una risposta a tutto questo per sentirmi compiaciuto di quest’esperienza. Ora la sensazione predominante era quella di sentirmi ingabbiato nel mio corpo, nello spazio e nel tempo, sia pure per un periodo transitorio che visto da lassù era mera illusione, un attimo insignificante, ma che vissuto in questa realtà, o dimensione, viene percepito in maniera profondamente diversa.
Pensare che a quell’età mi sentivo giovane e indistruttibile, e quando vedevo le persone anziane non riuscivo a concepire che anche per me il tempo sarebbe trascorso e che quel destino, la morte era inevitabile ed inesorabile. Ma ora, ora non aspettavo altro che il suo trascorrere per poter portare a termine il ciclo dentro il mio corpo che mi avrebbe restituito alla vita vera. Le cose per me si erano invertite, come se nella vita corporea ci fosse la morte o la limitazione al benessere dell’energia che mi ci fa vivere dentro e solo nella morte corporea essa comincia a vivere veramente ed a beneficiare del vero piacere. Tutto questo mi stava inevitabilmente portando ad un’evoluzione o, meglio ancora, diversificazione del modo di vivere e pensare degli altri. Ricordo che dopo pochi anni che avevo vissuto quell’esperienza morirono a distanza di poco tempo, l’uno dall’altro, due miei cugini, e quando mi diedero la notizia della loro morte rimasi impassibile, anzi, ero invidioso che loro avessero compiuto questo ciclo prima di me e li reputavo fortunati perché io non sapevo ed ancora non so quanto tempo ancora dovrò stare dentro questa gabbia corporale.
Eppure ci devo convivere, fare buon viso a cattiva sorte, mediare la mia esistenza in terra con gli altri e con il loro diverso approccio alla vita; dispiacermi verso i miei parenti per la morte dei loro cari, andare ad un funerale ed entrare in chiesa a pregare sapendo che tutto ciò è un’emerita idiozia. Questo processo mediatico andò avanti nel tempo, così mi sposai, ma ricordo che non volevo figli perché non concepivo di ingabbiare altra energia dentro dei corpi. Col tempo cedetti alla mediazione con mia moglie, riflettendo soprattutto sul fatto che la costruzione e progettazione di tutto ciò che esiste così era perché così da noi voluta. Non mi passò mai per la testa di raccontare ad altri questa esperienza per la paura di non essere creduto o di essere preso per pazzo. D’altronde trent’anni or sono ancora non si parlava di Big Bang, figuratevi poi di altri universi!
Come potevo esprimere e concettualizzare ciò che avevo visto dal momento che non si sapeva neanche se l’universo fosse finito o infinito? Però ricordo che iniziai subito a parlare della religione: lì i miei concetti si elaborarono molto più velocemente. Oggi forse con le scoperte dei buchi neri e delle ipotesi dell’esistenza del multiverso è maturato il tempo affinché chi si accinge a leggere questo racconto esperienziale possa avere una maggiore elasticità ed apertura mentale. L’altro motivo per cui mi sono deciso a raccontare la mia esperienza è che avevo aggirato l’ostacolo principale: non era più importante credere o no in ciò che avevo vissuto, ma ciò che contava erano le nuove concezioni, elaborazioni ed aperture mentali, che si apriranno coinvolgendovi in forti conflittualità con voi stessi e con gli altri e che inevitabilmente scaturiranno in seguito alla lettura delle argomentazione scientifiche della meccanica quantistica a supporto e conferma di quest’esperienza. Passiamo infatti a parlare della nostra realtà illusoria: l’universo o multiverso olografico e la natura della “materia”, o meglio l’ondaparticella generata dalla rotazione delle stringhe.
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